Considerate fondate le rimostranze di una donna, perplessa per la temperatura troppo bassa nell’abitazione. Origine del problema sono le bolle d’aria presenti nei termosifoni installati nell’appartamento, eppure non è giusto chiedere semplicemente all’inquilino di intervenire in maniera autonoma. Si tratta sempre di un impianto centralizzato di riscaldamento, gestito a livello condominiale, e quindi è obbligatorio l’intervento del condominio per porre rimedio al problema.
Appartamento freddo e invivibile? Riscaldamento poco efficace? Può bastare poco per risolvere il problema, questione di pochi minuti di lavoro sui termosifoni. Eppure l’operazione, per quanto semplice, non può essere affidata alla buona volontà della singolo persona. Piuttosto è necessario che sia il condominio a intervenire, perché pur sempre di impianto condominiale si tratta Cassazione, sent. numero 19616/2012, Seconda Sezione Civile, depositata oggi . Gradi pesanti Temperatura tra i 20 e i 22 gradi nell’appartamento della inquilina infreddolita, appena 1,5 gradi in meno rispetto alla media registrata nelle altre abitazioni del condominio. Tutto ciò basta, secondo l’amministratore, per considerare pienamente funzionante l’impianto centralizzato di riscaldamento. E questa tesi viene accolta dai giudici di Appello, che, riformando parzialmente la pronunzia emessa in Tribunale – favorevole alle rimostranze espresse dalla donna –, azzera l’ipotesi di interventi ad hoc sull’impianto centralizzato, ritenuto pienamente funzionale e «idoneo ad assicurare l’adeguato riscaldamento dell’appartamento» se solo chi vi abita «provvedesse, quando del caso, ad intervenire manualmente, con manovra semplicissima, sulle valvole di sfiato in dotazione a tutti i radiatori». Ciò consentirebbe di eliminare le bolle d’aria presenti nei termosifoni e di rendere più rapido e più efficace la fase di riscaldamento. Condominio uber alles. Ma la visione adottata dai giudici di Appello viene duramente contestata dalla inquilina dell’appartamento ‘incriminato’, soprattutto perché – viene chiarito nel ricorso proposto per cassazione – si afferma che l’impianto «funziona regolarmente» ed è «idoneo ad assicurare l’adeguato riscaldamento», da un lato, eppure si sostiene anche, dall’altro lato, che gli inconvenienti potrebbero essere risolti con un intervento manuale sulle valvole di sfogo dei termosifoni e che l’inquilina «corre il rischio, ogni volta che rientra nell’appartamento, di trovarlo non riscaldato». Troppe, e troppo evidenti, le contraddizioni, almeno per la donna E questa linea di pensiero viene seguita anche dai giudici della Cassazione, i quali, rispetto alla Corte d’Appello, chiariscono che «gli impianti e i servizi in un condominio, per essere perfettamente funzionali, cioè idonei allo scopo cui sono destinati, devono assicurare, alle stesse condizioni, la stessa prestazione, ovvero la stessa utilità, a tutti i condomini». Quindi non è pensabile che «un condomino possa o debba assumersi l’onere, ben poco conta se impegnativo o sopportabile, di effettuare uno o più interventi per rendere perfettamente funzionale un impianto condominiale, soprattutto quando esistono tecniche che consentono di escludere definitivamente, per la loro funzionalità, la necessità di un intervento umano». Per questo motivo, l’ottica dei giudici di secondo grado va ritenuta erronea conseguente è l’accoglimento del ricorso proposto dalla donna, e il riaffidamento della questione alla Corte d’Appello.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 11 ottobre – 12 novembre 2012, numero 19616 Presidente Rovelli – Relatore Scalisi Svolgimento del processo C.G., con atto notificato il 17 maggio 1999, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Chiavari il Condominio “Casa degli Ulivi” in Santa Margherita Ligure e premesso di essere usufruttuaria dell’unità abitativa int. 9 del caseggiato condominiale, che da tempo il predetto appartamento era riscaldato in modo insufficiente tanto da essere inabitabile, che tale inconveniente era dovuto all’insufficienza della caldaia per avere taluni dei condomini aumentato le rispettive superficie radianti, che aveva chiesto con lettera raccomandata che fosse discussa in assemblea la propria richiesta di verifica delle superficie radianti, di eventuale revisione della tabella millesimale del riscaldamento, di rilevamento delle temperature in ogni unità immobiliari e di adozione dei provvedimenti del caso, che l’assemblea del 17 aprile 1999 indicava nella presenza di bolle d’aria la causa dell’inconveniente de quo e invitava la signora C. rectius G. a provvedere allo sfiato dell’impianto. Tanto premesso, l’attrice chiedeva che il Tribunale dichiarasse nulla illegittima o inefficace la predetta delibera assembleare e condannasse il Condominio all’eliminazione di ogni deficienza strutturale o funzionale, dell’impianto nonché al risarcimento del danno. Si costituiva il Condominio, contestando la domanda attrice e ne chiedeva il rigetto. Il Tribunale di Chiavari con sentenza numero 734 del 2012 dichiarava inefficace ed illegittima la delibera assembleare del 17 aprile 1999 relativamente al punto 7 dell’ordine del giorno, condannava il convenuto Condominio ad eliminare l’inconveniente relativo all’impianto condominiale e, pertanto, ad eseguire le opere e gli interventi descritti dal CTU nella sua relazione peritale a ff. 4 e 5 sub a o in alternativa quelli descritti a ff. 5 e 6 sub o respingeva la domanda di risarcimento danni, condannava il Condominio al rimborso in favore dell’attrice della metà delle spese di causa in tale misura ridotta. Avverso tale sentenza proponeva appello il Condominio chiedendo in riforma della sentenza impugnata il rigetto della domanda attrice. Osservava che era stato accertato che l’impianto di riscaldamento funzionava regolarmente, considerato che nell’appartamento dell’attrice era stata accertata una temperatura compresa tra i 20 e 22 gradi inferiore di solo l,5 gradi rispetto alla media rilevata negli altri appartamenti. Si costituiva la G. chiedendo il rigetto del gravame. La Corte di Appello di Genova con sentenza numero 539 del 2006 accoglieva l’appello e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda di G. di condanna del Condominio all’esecuzione sull’impianto centralizzato di riscaldamento degli interventi indicati nella relazione del CTU. Secondo la Corte genovese l’impianto sorto con le caratteristiche descritte nella relazione del CTU funzionava regolarmente ed era idoneo ad assicurare l’adeguato riscaldamento dell’appartamento dell’attrice sol che costei provvedesse quando del caso ad intervenire manualmente con manovra semplicissima sulle valvole di sfiato in dotazione a tutti i radiatori. E’ certo possibile - scrive la Corte genovese - un’iniziativa del condominio intesa ad ottenere l’eliminazione dei gas che nel tempo si fossero formati all’interno dell’impianto con interventi sulle parti comuni dell’impianto, ma accorreva al riguardo la discrezionale decisione dell’assemblea dei condomini cui non può sostituirsi, atteso il regolare funzionamento dell’esistente impianto, la volontà del giudice. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da G.C. con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. Il condominio di via Privata Pastine 25 di Santa Margherita Ligure ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo C.G. lamenta un vizio motivazionale su un punto decisivo della controversia articolo 360 numero 5 cpc . Secondo la ricorrente, la Corte genovese avrebbe ragionato in modo contraddittorio, dato che a l’enunciato secondo cui “l’impianto funziona regolarmente” sarebbe in aperta contraddizione con gli inconvenienti accertati dal CTU e ammessi dallo stesso Giudicante b l’enunciato secondo cui la ricorrente dovrebbe intervenire manualmente sulle valvole di sfiato sarebbe in insanabile contraddizione con gli enunciati dalla CTU accertati secondo cui potrebbe essere eliminato con l’adozione di uno dei due interventi che venivano indicati c l’enunciato secondo cui l’impianto è idoneo ad assicurare l’adeguato riscaldamento sarebbe in contraddizione con quello successivo della stessa Corte, secondo cui la ricorrente corre il rischio ogni volta che rientra nell’appartamento, di trovarlo non riscaldato. 1.1. - Il motivo è fondato. A ben vedere, la Corte genovese, pur avendo accertato che nei radiatori dell’appartamento dell’attrice sito al piano attico a causa della tipologia dell’impianto si accumulava una notevole quantità di gas che impediva la circolazione dell’acqua calda, ha egualmente ritenuto che l’impianto di riscaldamento, di cui si dice, fosse perfettamente funzionante. Non solo, ma la Corte genovese pur avendo accertato che per un perfetto funzionamento, era necessario sfiatare i radiatori ovvero intervenire sui radiatori per procedere allo spurgo del gas che si era formato, ha, comunque, ritenuto che tale interevento manuale e da effettuare con manovra semplicissima poteva e doveva essere eseguito dalla stessa G. Epperò, la Corte di merito non si è avveduta che gli impianti ed i servizi in un condominio per essere perfettamente funzionali, cioè, idonei allo scopo cui sono destinati, devono assicurare, alle stesse condizioni, la stessa prestazione, ovvero, la stessa utilità a tutti i condomini. Né è pensabile che un condomino possa o debba assumersi l’onere, ben poco conta se impegnativo o sopportabile, di effettuare uno o più interventi per rendere perfettamente funzionale un impianto condominiale, soprattutto, quando esistono tecniche - e, per il caso in esame il CTU le ha indicate - che consentono di escludere, per la loro funzionalità, definitivamente la necessità di un intervento umano. 2. - Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione di legge articolo 1140, 1123, 1137, 2043, 2048 in relazione all’articolo 360 numero 3 cpc. Avrebbe errato la Corte genovese, secondo la ricorrente, nell’aver ritenuto che eventuali iniziative sull’impianto fossero di competenza dell’assemblea e che attesa l’inesistenza della violazione del diritto del condomino di usufruire del riscaldamento la Corte potesse sostituirsi alla decisione dell’assemblea stessa, perché a tutela di un suo diritto il singolo condomino può provocare una delibera condominiale attinente agli interventi da effettuarsi in ordine ad un impianto o struttura condominiale o rivolgersi direttamente all’autorità giudiziaria a tutela del suo diritto leso. 2.1. - Anche questo motivo è fondato. Va qui osservato che il condomino, a tutela del suo diritto ad ottenere che una struttura o un impianto condominiale sia strutturato e condotto in modo da assicurare l’utilità cui è destinato, può provocare una delibera condominiale attinente agli eventuali interventi necessari per la piena funzionalità dell’impianto o della struttura oppure può rivolgersi direttamente all’autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento che obblighi il condominio ad adottare i provvedimenti necessari per sopperire guasti o deficienze di impianti o strutture condominiali ed eventualmente, ove ne ricorrono i presupposti, richiedere il risarcimento del danno. Ora, nell’ipotesi in esame, la sg.ra G., aveva sollecitato una delibera condominiale e impugnava la relativa delibera, assunta dal condominio il 17 aprile 1999, che aveva negato alla stessa l’intervento richiesto di adeguare l’impianto di riscaldamento in modo tale che lo stesso assicurasse, anche alla sua unità abitativa, l’utilità cui quell’impianto era destinato. In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Genova anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di Appello di Genova anche per il regolamento delle spese.