Disoccupata, sotto sfratto e con una figlia incinta: l’elettricità non è indispensabile

Donna condannata per furto di energia elettrica. Respinta l’ipotesi dello stato di necessità”. Per i giudici l’elettricità non è un bene primario.

Disoccupata, sotto sfratto, e madre di una ragazza incinta. Evidente la situazione difficile affrontata da una donna, che però non può così giustificare, sanciscono i giudici, la scelta di rubare energia elettrica attraverso un allaccio abusivo per far funzionare gli elettrodomestici di casa. Respinta l’ipotesi dello stato di necessità”, poiché, sempre secondo i giudici, l’elettricità non è un bene indispensabile alla vita Cassazione, sentenza n. 39884, sez. Feriale Penale, depositata oggi . Danno. Linea di pensiero comune per i giudici del Tribunale e per quelli d’Appello la persona sotto accusa, una donna, va condannata per il reato di furto di energia elettrica , concretizzatosi attraverso un allacciamento abusivo . Per l’avvocato della donna, però, è stato trascurata la precaria situazione affrontata dalla sua cliente, cioè il fatto di essere sfrattata, priva di lavoro e con una figlia incinta . Secondo il legale è evidente come la scelta di usufruire dell’energia elettrica senza pagare è conseguenza di un chiaro stato di bisogno economico . Questa obiezione, in apparenza plausibile, viene respinta a sorpresa dalla Cassazione, che conferma la condanna della donna. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, la mancanza di energia elettrica non comportava nessun pericolo attuale di danno grave alla persona, trattandosi di bene non indispensabile alla vita , poiché l’elettricità veniva utilizzata anche per muovere i numerosi elettrodomestici della casa . In sostanza, secondo i magistrati ci si trova di fronte a un mezzo idoneo a procurare agi ed opportunità che fuoriescono dal concetto di incoercibile necessità . Caduta, quindi, l’ipotesi dello stato di bisogno”, è inevitabile la conferma della condanna nei confronti della donna, colpevole, senza dubbio, di furto di energia elettrica .

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 31 agosto – 4 settembre 2017, n. 39884 Presidente Di Tomassi – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Lecce ha, con la sentenza impugnata, confermato il giudizio di responsabilità formulato dal giudice di prima cura a carico di Ca. Co. per il reato di furto di energia elettrica e - escluda l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen. - ha, su appello dell'imputata, ridotto la pena a lei irrogata. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l'imputata dolendosi del giudizio di responsabilità contro di lei formulato e della ritenuta sussistenza dell'aggravante dell'art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen Sotto il primo profilo lamenta che le condizioni certamente precarie e faticose dell'imputata - sfrattata e priva di lavoro, con una figlia incinta -riconosciute dal giudicante, avrebbero dovuto portare all'assoluzione per mancanza di colpevolezza, in applicazione del principio di cui all'art. 54 cod. pen Sotto il secondo profilo, che l'allacciamento abusivo, effettuato senza rompere o trasformare la destinazione del cavo , non è comprensivo dell'aggravante contestata e ritenuta in sentenza. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. L'esimente dello stato di necessità postula il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non scongiurabile se non attraverso l'atto penalmente illecito, e non può quindi applicarsi a reati asseritamente provocati da uno stato di bisogno economico, qualora ad esso possa comunque ovviarsi attraverso comportamenti non criminalmente rilevanti ex multis, Cass., n. 35590 del 11/5/2016 . Nella specie, la mancanza di energia elettrica non comportava nessun pericolo attuale di danno grave alla persona, trattandosi di bene non indispensabile alla vita, nel senso sopra specificato infatti, l'energia elettrica veniva utilizzata anche per muovere i numerosi elettrodomestici della casa semmai idoneo procurare agi ed opportunità, che fuoriescono dal concetto di incoercibile necessità, insito nella previsione normativa. Quanto all'aggravante del mezzo fraudolento, corretta è la spiegazione fornita dal giudicante, secondo cui l'allaccio abusivo alla rete, in qualunque modo effettuato, integra la fraudolenza sanzionata dall'art. 625, n. 2. Non può accedersi alla conclusione del procuratore generale d'udienza -che ha instato per una pronuncia di estinzione del reato per prescrizione - in quanto la sentenza d'appello è intervenuta prima dello spirare del termine prescrizionale il 28 settembre 2016, laddove la prescrizione ordinaria - senza tener conto delle sospensione, pur verificatesi - sarebbe maturata il 20 ottobre 2016 . La insuperabile inammissibilità del ricorso impedisce, pertanto, per pacifica giurisprudenza, di tener conto delle cause estintive maturate dopo la pronuncia impugnata. Consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che, tenuto conto della natura delle doglianze sollevate, si reputa equo quantificare in Euro 2.000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 alla Cassa delle ammende. Motivazione semplificata. Motivazione semplificata.