Contratto di locazione: quando si esercita l’opzione per l’imposizione dell’IVA?

L’obbligo di registrazione telematica con facoltà di opzione per l’imposizione dell’IVA era previsto solo per i contratti precedenti all’entrata in vigore del d.l. numero 223/2006 misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale , mentre per quelli successivi essa andava esercitata direttamente nell’atto intervenuto tra le parti.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 12208, depositata il 12 giugno 2015. Il caso. Nel 2007, una s.r.l. conveniva in giudizio un’altra società, intimandole lo sfratto per morosità da un locale commerciale di sua proprietà. L’attrice sosteneva che, all’atto della registrazione telematica del contratto di locazione, aveva optato per l’assoggettamento dello stesso al regime fiscale dell’IVA ed aveva emesso delle fatture in relazione ai canoni pattuiti, applicando ad essi l’IVA dovuta la conduttrice non aveva provveduto a pagare i relativi importi 6400 euro . Mentre in primo grado il contratto veniva dichiarato risolto per inadempimento della conduttrice, la Corte d’appello di Napoli riformava la decisione e rigettava la domanda dell’attrice. Quest’ultima ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 35, comma 8, d.l. numero 223/2006 Misure di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale , convertito in l. numero 248/2006, e dell’articolo 8 della circolare 33/E dell’Agenzia delle Entrate del 16 novembre 2006 Registrazione telematica dei contratti di locazione di beni immobili in corso di esecuzione alla data del 4 luglio 2006 . Opzione per l’imposizione dell’IVA. La Corte di Cassazione ritiene che il ricorso sia infondato per due ragioni innanzitutto, la Corte d’appello ha correttamente reputato che l’opzione per l’imposizione dell’IVA andasse ricercata nel contratto di locazione, senza che assumesse rilievo la circostanza che tale opzione fosse poi stata esercitata all’atto della relativa registrazione telematica. Infatti, l’obbligo di registrazione telematica con facoltà di opzione era previsto solo per i contratti precedenti all’entrata in vigore del d.l. numero 223/2006, mentre per quelli successivi essa andava esercitata direttamente nell’atto intervenuto tra le parti, come previsto dall’articolo 35, comma 8, cit Inoltre, con motivazione alternativa, i giudici di merito avevano affermato che, pur volendo ritenere il pagamento dell’IVA oggetto dell’obbligazione del conduttore, il relativo inadempimento doveva qualificarsi in termini di scarsa importanza, trattandosi di un’obbligazione accessoria concernente una quota non rilevante dei canoni da pagarsi. Si tratta di un apprezzamento di fatto, sottratto al controllo della Corte di legittimità se esente da vizi logico-giuridici e correttamente motivato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 febbraio – 12 giugno 2015, numero 12208 Presidente Russo – Relatore Travaglino I fatti Nell'agosto del 2007 la s.r.l. IPA convenne dinanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere la Vetrone Motori, intimandole sfratto per morosità da un locale commerciale di sua proprietà. Espose l'attrice che, all'atto della registrazione telematica del contratto di locazione, aveva optato per l'assoggettamento dello stesso al regime fiscale dell'IVA e aveva emesso fatture in relazione ai canoni pattuiti applicando ad essi l'IVA dovuta, mentre la conduttrice non aveva provveduto a pagare i relativi importi, per un ammontare complessivo di 6.400 euro. Il giudice di primo grado dichiarò risolto il contratto per inadempimento della conduttrice. La corte di appello di Napoli accolse il gravame proposto da quest'ultima, rigettando la domanda proposta in prime cure dall'attrice. Per la cassazione della sentenza della Corte partenopea ricorre la IPA s.r.l. sulla base di 6 motivi di censura illustrati da memoria Resiste con controricorso, anch'esso illustrato da memoria, la Vetrone Motori. Le ragioni della decisione Il ricorso è infondato. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2495 secondo comma c.c., 300 primo comma c.p.c., 81 c.p c. omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2495, 2189 c.c., 81 c.p.c Le censure - con cui si reitera la doglianza, già rappresentata dinanzi alla Corte di merito, di inammissibilità dell'appello per effetto della cancellazione della società appellante dal registro delle imprese - sono privi di pregio. Contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente in memoria, la circostanza dell'avvenuta cancellazione della cancellazione della società ex articolo 2191 c.c., attestata dalla documentazione allegati dalla società resistente, è causa, sia pur in parte qua, della cessazione della materia del contendere, rendendone ammissibile la relativa produzione. Non essendo a dubitarsi della retroattività della cancellazione della cancellazione della società Cass. ss.uu. 8426/2010 , la questione della legittimazione attiva della Vetrone Motori deve dirsi ormai risolta ex actis. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli arti. 112 c.p.c., 416 primo comma, 419, 417 bis c.p.c Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2945 II comma c.c. omessa motivazione su di un controverso e decisivo per il giudizio. I motivi, da esaminarsi congiuntamente attesane la intrinseca connessione -- con i quali si lamenta, da un canto, la illegittimità per tardività dell'intervento in giudizio dei soci Noschese e Vetrone il primo anche in veste di liquidatore della società , dall'altro, la illegittima estensione della potestas agendi dei soci a casi non espressamente codificati dalla norma di cui all'articolo 2945 c.c. - non hanno giuridico fondamento. Era, difatti, nel potere della Corte di merito qualificare giuridicamente la veste degli interventori, al di la della prospettazione di parte, in termini di successori della società cancellata, senza per ciò incorrere in alcuna violazione del principio di cui all'articolo 112 c.p.c., mentre la legittimazione processuale da parte dei soci scaturiva ipso facto dalla già ricordata vicenda della cancellazione della cancellazione della società, del tutto indipendentemente dalle limitazioni imposte ai soci stessi dall'articolo 2945 secondo comma c.c. Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 35 comma 8 del D.L. 223/2006 convertito nella legge 248/2006 e dell'articolo 8 della circolare 33/E dell'agenzia delle entrate del 16.11.2006 omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un controverso e decisivo per il giudizio. La censura - con la quale si ripropone la medesima doglianza già formulata in sede di merito - è infondata. Sotto un duplice, concorrente profilo. Il primo, quello secondo cui correttamente la Corte, nella sua insindacabile attività di interpretazione della normativa citata, ha ritenuto che l'opzione per l'imposizione dell'IVA andasse ricercata nel contratto di locazione, senza che assumesse rilievo la circostanza che tale opzione fosse poi stata esercitata all'atto della relativa registrazione telematica, poiché l'obbligo di registrazione telematica con facoltà di opzione era previsto soltanto per i contratti precedenti all'entrata in vigore del decreto de quo, mentre per quelli successivi essa andava esercitata direttamente nell'atto intervenuto tra le parti, come testualmente previsto dall'articolo 35 comma 8 Il secondo, di carattere assorbente, per cui, con motivazione alternativa, il giudice d'appello ha ritenuto che, pur volendo ritenere il pagamento dell'IVA oggetto dell'obbligazione del conduttore, il relativo inadempimento doveva qualificarsi in termini di scarsa importanza, trattandosi di un'obbligazione accessoria concernente una quota non rilevante dei canoni da pagarsi. Apprezzamento di fatto, quest'ultimo, che, esente da vizi logico giuridici e correttamente motivato, si sottrae tout court al vaglio di questa Corte regolatrice, così dovendosi respingere il sesto motivo di ricorso, che, invocando in questa sede null'altro che una rivisitazione di merito dei fatti di causa sul punto della rilevanza e importanza dell'inadempimento, non si sottrae alla scure della inammissibilità. Il ricorso è pertanto rigettato. Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della soccombenza. Liquidazione come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in complessivi euro 3200, di cui 200 per spese.