Sorpasso troppo stretto: camionista condannato per lesioni colpose al ciclista

L’imputato, alla guida del proprio autocarro, ha affiancato un ciclista durante una manovra di sorpasso, provocandone la caduta. Per i Giudici di legittimità è evidente la colpa del conducente del camion che viene dunque definitivamente condannato.

Sorpasso azzardato da parte del camionista, che con il suo autocarro affianca troppo da vicino il ciclista, provocandone la caduta mortale. Nessuna certezza su un eventuale contatto tra il veicolo e il velocipede, ma, secondo i Giudici del ‘Palazzaccio’, già la presenza ingombrante del camion è da ritenere sufficiente come causa della caduta dell’uomo in sella alla bici. Definitiva perciò la condanna dell’uomo alla guida dell’autocarro, obbligato anche a risarcire la famiglia del ciclista Cassazione, sentenza numero 25545/18, sez. IV Penale, depositata oggi . Sorpasso. Una volta ricostruito l’episodio, emerge in maniera chiara la condotta imprudente tenuta dal camionista, il quale ha «effettuato il sorpasso della bicicletta» che lo precedeva, avvicinandola eccessivamente e «senza rispettare la distanza di sicurezza laterale». Nonostante questo dato, però, il Giudice di Pace ritiene illogica una condanna nei confronti dell’uomo alla guida dell’autocarro, e osserva che la caduta del ciclista poteva essere stata causata «da uno sbandamento» o da «un urto contro una pietra» o da «un altro ostacolo» presente sulla strada. Di parere opposto sono invece i Giudici del Tribunale, che condannano il camionista, ritenendo «la grande sproporzione dimensionale tra il camion e la bici» sufficiente «a far oscillare il velocipede e a provocare la caduta a terra del conducente». Imprudenza. La valutazione compiuta in secondo grado è condivisa ora dai Giudici della Cassazione, che rendono definitiva la condanna del camionista. In particolare, vengono evidenziati i dati relativi alla «ampiezza della strada» e alla «somma degli ingombri affiancati dell’autocarro e del velocipede», e viene subito tratta la conclusione che «per effettuare il sorpasso in sicurezza il camion si sarebbe dovuto spostare almeno di un metro sulla sua sinistra ed invadere l’opposta corsia, manovra altamente pericolosa e non consentita in concreto in quel momento, a causa delle vetture in transito». Di conseguenza, è logico affermare, spiegano i Supremi Giudici, che «il camionista si è spostato certamente sulla sinistra ma soltanto di quel poco ritenuto da lui necessario e sufficiente per poter evitare una consistente invasione della corsia opposta e sorpassare il ciclista che con la sua andatura gli impediva di procedere ad alta velocità». Evidente, quindi, secondo i Giudici, che l’uomo alla guida dell’autocarro ha compiuto una imprudente manovra, caratterizzata da «un affiancamento eccessivo» tra il camion e la bici, affiancamento sufficiente, anche senza un contatto, a provocare «la caduta che aveva portato al decesso del ciclista».

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 aprile – 6 giugno 2018, numero 25545 Presidente Izzo – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Torino, con sentenza in data 13 dicembre 2016, in riforma della sentenza assolutoria resa dal Giudice di Pace di Moncalieri, accogliendo l'appello del P.M. e delle parti civili, pronunciava la condanna di Ta. Fi., quale responsabile del reato di lesioni colpose ai danni di Fo. Gi. condannava altresì l'imputato, in solido con il responsabile civile Groupama Assicurazioni S.p.a., al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, alle quali assegnava una provvisionale immediatamente esecutiva. 2. Riteneva il Tribunale che l'imputato, alla guida del proprio autocarro, procedendo sulla via Sestriere, avesse effettuato il sorpasso della bicicletta condotta dal Fo. senza rispettare la distanza di sicurezza laterale, così da provocare la caduta a terra del mezzo e del suo conducente. Escludeva invece ipotesi alternative dell'evento, quali uno sbandamento o un urto contro una pietra od altro ostacolo presente sulla corsia di percorrenza, sia perché generiche sia perché escluse da quanto risultante dalle foto dei luoghi scattate dalla Polizia Municipale, che mostravano il tratto di strada antecedente la caduta del ciclista privo di qualsivoglia difformità. Considerava infine verosimile la possibilità di un impatto anche lievissimo tra i due mezzi, sufficiente, data la grande sproporzione dimensionale tra il camion e la bicicletta, a far oscillare quest'ultima ed a provocare la caduta a terra del conducente. 3. Hanno proposto ricorso l'imputato ed il responsabile civile, tramite il comune difensore di fiducia, per due motivi. 3.1. Con il primo lamentano vizio di motivazione in relazione all'art.533, comma 1, c.p.p. per non avere il Tribunale rinnovato l'istruttoria dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti, le cui dichiarazioni erano state ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado. In particolare il ricorrente fa riferimento al testimone Jo. Po., che aveva assistito al sinistro in quanto marciava sulla corsia opposta, al teste Fr. Ar., agente della Polizia Municipale intervenuto nell'immediatezza del fatto, ed all'Ing. Gi. Ma., consulente delle parti civili, che aveva reso dichiarazioni in merito alla dinamica dell'incidente ed all'ingombro laterale dei due mezzi rispetto alla larghezza della carreggiata. Con un secondo motivo prospettano illogicità e contraddittorietà della motivazione con specifico riguardo a due affermazioni contenute a pag.7 ed a pag.9 della sentenza, laddove il Tribunale aveva ritenuto non attendibili le dichiarazioni dell'agente Ar. sulla dinamica del sinistro, in quanto persona non esperta, e laddove aveva ipotizzato uno spostamento del ciclista a destra per evitare di incappare in un ostacolo, ovvero una perdita di equilibrio per lo spavento o lo spostamento d'aria, ovvero un lieve urto tra i mezzi, ipotesi tutte già considerate dal Giudice di Pace e che lo stesso Tribunale aveva ritenuto inconferenti. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Con riferimento al primo motivo, in base alla nota sentenza Dasgupta S.U., numero 27620 del 28/4/2016, Rv.267491 e 267492 , è affetta da vizio di motivazione per mancato rispetto del canone di giudizio al di là di ogni ragionevole dubbio , di cui all'art.533, comma 1, c.p.p., la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell'imputato, in riforma di una sentenza assolutoria, operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell'art.603, comma 3, c.p.p. Nella medesima pronuncia si definiscono prove decisive, ai fini della valutazione della necessità di procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale delle prove dichiarative nel caso di riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado fondato su una diversa concludenza delle dichiarazioni rese, quelle che, sulla base della sentenza di primo grado, hanno determinato, o anche soltanto contribuito a determinare l'assoluzione e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo giudice di nullo o di scarso valore, siano invece, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti da sole o insieme ad altri elementi di prova, ai fini dell'esito della condanna. La cornice applicativa della prova dichiarativa delineata dalla sentenza Dasgupta riguarda espressamente i testimoni puri , i testimoni assistiti e i coimputati di reato connesso. E' stato pertanto già affermato da questa Corte che in caso di riforma in appello della sentenza di assoluzione, non sussiste l'obbligo per il giudice di procedere alla rinnovazione dibattimentale della dichiarazione resa dal perito o dal consulente tecnico, non trattandosi di una prova dichiarativa decisiva, assimilabile a quella del testimone. E ciò perché i periti ed i consulenti tecnici sentiti in dibattimento, pur se assumono la veste di testimoni e la loro relazione forma parte integrante della deposizione, sono chiamati a formulare un mero parere tecnico e ad esprimere le loro valutazioni alla luce di principi scientifici, ragione per la quale non possono essere assimilati alla prova dichiarativa tour court, tanto che nella motivazione della citata sentenza Dasgupta le Sezioni Unite, come già detto, nell'elencare i casi di prove dichiarative, non indicano i periti ed i consulenti tecnici Sez.3, numero 57863 del 18/10/2017, Rv.271812 . Giova ancora rimarcare che non sussiste l'obbligo di procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa quando l'attendibilità del testimone, non posta in dubbio, è valutata in una maniera del tutto identica dal giudice di appello, il quale si limita a procedere ad un diverso apprezzamento del complessivo compendio probatorio Sez.5, numero 33272 del 28/3/2017, Rv.270471 Sez.3, numero 42433 del 7/6/2016, Rv.267931 . 3. Dall'applicazione al caso di specie dei su richiamati principi di diritto, discende l'infondatezza del primo motivo di ricorso. Le dichiarazioni del testimone oculare Jo. Po. sono state richiamate nel contenuto sia dal Giudice di Pace sia dal Tribunale. Egli aveva riferito che il giorno dei fatti si trovava a transitare sulla via Sestriere che in senso contrario al suo vi era un signore in bicicletta che viaggiava sull'opposta carreggiata, tenendo la propria destra che era poi arrivato un camion che l'aveva sorpassato che si era accorto successivamente che il ciclista era andato letteralmente volato a terra ma non era in grado di dire se fosse stato o meno urtato dall'autocarro. Dunque nessuna incertezza sul contenuto di tali dichiarazioni né sull'attendibilità del teste. Quanto alle dichiarazioni del teste Fr. Ar., agente della Polizia Municipale intervenuta dopo il sinistro, il Giudice di Pace ne ha escluso la rilevanza probatoria, affermando che gli operanti non erano stati in grado di ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente, non avendo in particolare individuato segni di collisione tra i due mezzi, e che sul verbale di accertamento era scritto che le cause della caduta del velocipede potevano ipoteticamente essere molteplici . Il Tribunale, a pag.4 della sentenza, riteneva che tutte le valutazioni espresse in dibattimento dall'agente Ar. sulla dinamica del sinistro non potessero essere in alcun modo utilizzate, in quanto effettuate da persona non esperta e non basate su dati oggettivamente riscontrabili. Entrambi i giudici di merito quindi, oltre ad esprimere il medesimo giudizio valutativo sul detto teste, hanno concordemente escluso la decisività delle sue dichiarazioni. Infine, per quanto attiene alla deposizione del consulente tecnico della parte civile, Ing. Ma., entrambi i giudici di merito hanno trascritto in sentenza i dati oggettivi da lui riscontrati in loco e le misurazioni sia della strada sia dell'ingombro dei mezzi sulla stessa. Ed allora, conclusivamente, e richiamata la notazione in diritto sulla non inclusione del consulente nella categoria dei testimoni, nel senso e per gli effetti indicati dalla sentenza Dasgupta, deve escludersi che il Tribunale avrebbe dovuto rinnovare l'istruzione dibattimentale non avendo egli apprezzato in maniera diversa rispetto al primo giudice l'attendibilità del Po. e dell'Ar., né ritenuto decisive le dichiarazioni del secondo. 4. Anche il secondo motivo di ricorso è privo di fondamento. A fronte di una motivazione carente del Giudice di Pace, che ha elaborato personali e fantasiose ipotesi alternative sulla dinamica del sinistro, senza confrontarsi con lo stato dei luoghi rilevato dalla Polizia Municipale, il Tribunale ha esposto in maniera approfondita, oltre che con estrema chiarezza e precisione, le ragioni dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, ricostruendo la dinamica causale dell'evento in base al materiale probatorio a disposizione. Partendo dal dato obiettivo dell'ampiezza della strada e della somma degli ingombri affiancati dell'autocarro e del velocipede, ha considerato che il camion, per effettuare il sorpasso in sicurezza, si sarebbe dovuto spostare almeno di un metro sulla sua sinistra ed invadere l'opposta corsia, manovra, oltre che altamente pericolosa, in quel momento in concreto non consentita a causa delle vetture in transito, tra cui quella del teste Po Il Ta. quindi si era spostato certamente sulla sinistra, ma soltanto di quel poco ritenuto necessario e sufficiente per poter, da un lato, evitare una consistente invasione della corsia di marcia opposta alla sua, e, dall'altro, sorpassare il ciclista che con la sua andatura gli impediva di procedere ad una certa velocità. L'imputato dunque, nonostante il tratto rettilineo, le buone condizioni di luce diurna e l'assenza di qualsivoglia ostacolo, avendo avvistato tempestivamente il ciclista sulla sua destra, aveva posto in essere una consapevole e volontaria manovra di sorpasso, in violazione degli articolo 140 e 148 Cd, che stabiliscono le regole prudenziali da osservare durante la circolazione e, in particolare, in caso di sorpasso di altri mezzi. L'affiancamento eccessivo del ciclista da parte del conducente dell'autocarro, indipendentemente da un contatto tra i due veicoli, anche solo per lo spostamento d'aria, aveva dunque costituito la causa della caduta che aveva portato al decesso del Fo L'ipotesi della possibile interferenza della ruota del velocipede con qualche ostacolo presente sul ciglio della strada, avallata dal Giudice di Pace, era - secondo il Tribunale - una mera congettura, che non solo non aveva trovato alcun riscontro processuale, ma era esclusa dalle fotografie scattate dalla Polizia Municipale, che mostravano il tratto di strada antecedente la caduta del ciclista privo di pietre o ghiaia o qualsivoglia elemento di disturbo alla regolare marcia. Si tratta di un ragionamento logico ineccepibile, frutto dell'elaborazione di obiettivi accertamenti e riscontri in fatto, immune dal vizio di legittimità prospettato dal ricorrente. 5. I ricorsi dell'imputato e del responsabile civile Groupama Assicurazioni S.p.a. debbono per tali considerazioni essere rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali, nonché in solido alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché in solido alla rifusione delle spese in favore delle parti civili costituite, che liquida in complessivi Euro 4.377,36 già comprensivi di accessori di legge.