Rilevabile per la prima volta anche in sede di legittimità il difetto di rappresentanza

Qualora sorga in sede di legittimità la contestazione esplicita del potere rappresentativo del soggetto che ha agito in giudizio o stia resistendo, la prova documentale della sussistenza della legittimazione processuale può essere fornita anche in tale sede, ai sensi dell’articolo 372 c.p.c

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza numero 4248/16, depositata il 4 marzo. L’eccezione relativa ben può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità trattandosi di questione fondamentale, condizione stessa dell’esercizio dell’azione e quindi determinante affinché il processo possa concludersi con una decisione nel merito stabile e non inutiliter data. In mancanza di sanatoria deriva la nullità di tutti gli atti del giudizio svoltosi su impulso processuale viziato. Il caso. In primo grado il Tribunale accoglieva la domanda di usucapione di un immobile svolta dall’attore tramite proprio procuratore speciale. La decisione veniva confermata in appello. Parte soccombente proponeva così ricorso in Cassazione affidando le proprie ragioni a undici motivi. Sul primo motivo la Seconda sezione Civile ravvisava un contrasto giurisprudenziale e rimetteva così la decisione alle Sezioni Unite. La decisione delle Sezioni Unite. Il motivo che ha suscitato l’intervento delle Sezioni Unite è relativo all’eccezione svolta per la prima volta in sede di legittimità della mancanza di un «potere rappresentativo di natura sostanziale» in capo all’attore. Parte ricorrente infatti afferma che il procuratore dell’attore non aveva mai prodotto in nessun grado di giudizio la procura speciale dalla quale sarebbero emersi i poteri sostanziali e processuali per agire in nome e per conto del soggetto rappresentato. Secondo la Cassazione in tema di rappresentanza processuale la mancanza dei poteri si pone come causa di esclusione della legitimatio ad processum del rappresentante. Poiché l’accertamento relativo riguarda un presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale esso può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio, anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto. Proprio su tale aspetto si rileva il contrasto giurisprudenziale. Secondo Cassazione numero 23035/2009 il giudicato copre non solo le questioni proposte e fatte valere in giudizio, ma anche quelle che, pur non espressamente dedotte, costituiscono il necessario presupposto della pronuncia di merito alla quale il giudicante è comunque pervenuto. Da tale considerazione la Corte in quella decisione ha dedotto che non si possono sollevare in sede di legittimità difetti di rappresentanza non fatti valere nei precedenti gradi di giudizio che si erano comunque conclusi con provvedimenti di merito. In parole povere il ragionamento è il seguente se il giudicante ha comunque adottato una decisione nel merito della vicenda, significa che quella questione processuale, anche se non espressamente sollevata, è stata comunque risolta “implicitamente” con esito positivo, altrimenti non si sarebbe giunti a un provvedimento nel merito conclusione basata sull’estensione della regola del “giudicato implicito di giurisdizione” prevista dall’articolo 37 c.p.c. . Secondo invece il contrapposto orientamento, il difetto di rappresentanza non può essere sollevato nei successivi gradi di giudizio solo se sulla questione si è formato un giudicato interno, non semplicemente implicito. Ciò si determina solo se la questione in ordine alla rappresentanza sia stata appositamente denunciata e quindi espressamente negata dal giudice di merito, oppure vi sia stata omessa pronuncia sul punto senza che tale mancanza sia stata impugnata in appello così Cassazione, sezione Lavoro, 28078/2011 . In tale “scia” già Cassazione 10027 del 29.4.2009 aveva spiegato che non è configurabile un giudicato implicito in relazione a questioni pregiudiziali all’esame di merito o alle questioni relative alla proponibilità dell’azione quando – una volta intervenuta la decisione sul merito della domanda – la parte soccombente abbia impugnato le sole statuizioni di merito in essa contenute. Ciò di fatto impedisce la formazione del giudicato esplicito su almeno una questione un accertamento di merito che costituiscono il presupposto del giudicato implicito. Peraltro prosegue la decisione citata se il giudice decide esplicitamente una questione, risolvendone implicitamente un'altra rispetto alla quale la prima si ponga in rapporto di dipendenza e la decisione viene impugnata sulla questione risolta esplicitamente, non è configurabile un giudicato implicito sulla questione risolta implicitamente, essendo lo stesso precluso dall'impugnazione sulla questione dipendente, atteso che il giudicato implicito presuppone il passaggio in giudicato della decisione sulla questione dipendente decisa espressamente. Di fatto, secondo tale orientamento, la regola del giudicato implicito prevista dall’articolo 37 c.p.c. non sarebbe estensibile al di fuori dei casi relativi all'eccezione ed al rilievo del difetto di giurisdizione. Richiamando poi il precedente di Cassazione 26019/2008, gli Ermellini hanno ricordato che il potere di controllo delle nullità non sanabili e non sanate è possibile in sede di legittimità anche se la questione riguardante ipotesi di violazione del contraddittorio non è mai stata sollevata prima poiché ciò è conforme al principio del giusto processo emergente dall’articolo 111 Cost Esistono cioè questioni processuali “fondanti” che non si possono considerare “implicitamente risolte”, ma sono soggette al vaglio specifico dei Giudici di legittimità perché servono a salvaguardare l’ordinamento dal rischio di sentenze inutiliter datae . Si tratta cioè di questioni “vitali” la Cassazione cita ad esempio la capacità di agire, il litisconsorzio, il giudicato che se non risolte porterebbero a decisioni nel merito “instabili” e “ingiuste”. Difetto di rappresentanza. Su questo discorso si innesta la mancanza del potere di rappresentanza volontaria, quale questione fondamentale riguardante le condizioni stesse dell’azione. Tale importanza giustifica dunque il rilievo officioso in sede di legittimità anche se non vi è stata contestazione nei gradi di merito. Anzi, nel precedente di Cassazione Sezioni Unite 11377/2015 , si è rilevato che, a tutela dei traffici giuridici, il difetto di rappresentanza risultante dagli atti deve essere tenuto in considerazione dal giudice anche in assenza di una specifica richiesta di parte. Gli Ermellini osservano inoltre che simile rigore è simmetrico alle ampie possibilità di sanatoria dei vizi di rappresentanza come prevede l’articolo 182 c.p.c. oggi modificato dalla legge 69/2009 . Il secondo comma in particolare dispone che se il giudice rileva un difetto di rappresentanza o di assistenza o di autorizzazione deve assegnare un termine alla parte interessata per regolarizzare la costituzione in giudizio. Da simile contesto deriva nel caso di specie che, una volta eccepito il difetto di rappresentanza validamente sollevato per la prima volta in sede di legittimità dunque , l’originario attore avrebbe dovuto provvedere immediatamente alla sanatoria relativa con produzioni documentali necessarie allo scopo. Ciò non risulta essere stato fatto, anzi nella sentenza si legge che la parte non ha prodotto nulla a conferma dei propri poteri e si è trincerata semplicemente dietro l’eccezione di novità della questione. Gli Ermellini quindi, rilevato il vizio di rappresentanza non sanato, cassano la sentenza impugnata e dichiarano la nullità di tutti gli atti del giudizio svoltosi su impulso processuale viziato.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 22 settembre 2015 – 4 marzo 2016, numero 4248 Presidente Rovelli – Relatore D’Ascola Esposizione del fatto 1 Con sentenza numero 3263/2005 il Tribunale di Salerno - adito da A.D. , rappresentato dal suo procuratore speciale A.G. , nei confronti di G.M.T. e R. - accolse le domande dell’attore, dirette ad ottenere l’accertamento dell’avvenuta usucapione di un locale terraneo in e la dichiarazione di nullità dell’atto di divisione intercorso tra le convenute il 20 maggio 1992, nella parte in cui il bene in questione era stato assegnato alla prima di loro. Il Tribunale rigettò la domanda riconvenzionale, avente per oggetto la condanna dell’attore alla rimozione di un lucchetto che aveva apposto a chiusura dell’immobile, al rilascio di questo, al risarcimento di danni. Impugnata da G.M.T. , la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Salerno, che con sentenza numero 449 del 29 aprile 2008 ha rigettato il gravame. G. nel febbraio 2009 ha proposto ricorso per cassazione, in base a undici motivi. A.G. , in rappresentanza di A.D. , si è costituito con controricorso. G.R. non ha svolto attività difensiva. Con ordinanza numero 25353 del 2014 la Seconda sezione civile ha trasmesso gli atti al Primo Presidente della Corte, il quale ha assegnato la causa alle Sezioni Unite, affinché in relazione al primo motivo sia risolto un contrasto di giurisprudenza rilevante per la decisione. La causa è stata nuovamente discussa alla odierna udienza. È stato dato avviso al difensore del controricorrente, che ha eletto domicilio in OMISSIS , sia con comunicazione presso la cancelleria della Corte di Cassazione, sia al numero di fax Cass. SU 10143/12 7658/13 . Motivi della decisione 2 Con il primo motivo inosservanza, violazione, falsa applicazione degli articolo 77 e 100 c.p.c. viene denunciato che il procuratore A.G. non ha prodotto in nessun grado di giudizio la procura notaio Barela del 2001 dalla quale dovrebbe derivare il suo potere sostanziale e processuale di rappresentare il sig. D. . Parte ricorrente ne inferisce la mancanza in capo all’istante di un potere rappresentativo di natura sostanziale e ne chiede la verifica. 2.1 L’ordinanza 25353/14 ha rilevato che il resistente ha replicato che l’eccezione di cui si tratta non può avere ingresso in questa sede, in quanto è stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità e implica la necessità di accertamenti e valutazioni di merito che l’obiezione del controricorrente non è fondata quanto a quest’ultimo profilo, essendo stato dedotto un vizio di natura processuale, in relazione al quale la Corte di Cassazione è giudice anche del fatto che con riguardo al profilo relativo alla novità della questione - non prospettata e non rilevata nei gradi di giudizio di merito - la giurisprudenza di legittimità non è univoca. In particolare la Seconda sezione ha ricordato che SU 24179/09 in tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, con la conseguenza che il difetto di poteri siffatti si pone come causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto, e con possibilità di diretta valutazione degli atti attributivi del potere rappresentativo . La Sezione ha osservato che le Sezioni Unite non hanno però precisato se la formazione del giudicato sul punto debba derivare dall’affermazione del giudice circa la sussistenza del potere rappresentativo in chi agisce in giudizio in nome altrui, o se possa desumersi senz’altro dall’avvenuta decisione nel merito della causa . L’ordinanza di rimessione ha aggiunto che in proposito, nell’ambito delle sezioni semplici, si è delineato un contrasto di giurisprudenza poiché la Prima sezione con la sentenza 30 ottobre 2009 numero 23035 e la sezione Lavoro con la sentenza 21 dicembre 2011 numero 28078 si sono orientate, rispettivamente, nel senso della sufficienza di giudicato implicito e nel senso della necessità del giudicato esplicito . In particolare la sentenza 23035/09 ha affermato che il limite della rilevanza del difetto di valida rappresentanza processuale è costituito dal formarsi del giudicato, il quale impedisce il riesame non solo delle ragioni o questioni giuridiche che sono state proposte e fatte valere in giudizio, ma anche di quelle che, seppure non espressamente dedotte o rilevate, costituiscono il necessario presupposto, anche di ordine processuale, della pronuncia di merito cd. giudicato implicito conseguentemente, è inammissibile nel giudizio di legittimità il motivo di ricorso con il quale si deduce il vizio di rappresentanza di un ente collettivo nei precedenti gradi del giudizio, quando lo stesso non sia stato mai dedotto nel corso dei medesimi” . Per contro, secondo la massima della citata sentenza della Sezione Lavoro numero 28078/11 poiché la delega del presidente dell’Inpdap ad un direttore di sede periferica, per agire in giudizio, attiene al momento genetico del processo e alla valida instaurazione del contraddittorio, la procura da questi conferita al difensore dichiarando di agire per l’Inpdap, senza neppure dedurre di averne ricevuto i poteri rappresentativi in base alla suddetta delega, determina la nullità del giudizio, rilevabile d’ufficio sempreché, sulla specifica questione, non si sia formato il giudicato interno, che si determina allorché la carenza del potere rappresentativo sia stata appositamente denunciata e, quindi, sia stata espressamente negata dal giudice di merito ovvero sia rimasta senza esplicita risposta e tale omessa pronuncia non sia stata poi oggetto di appello . 3 Il quesito posto dalla Seconda Sezione va esaminato, giacché la questione, che è anche rilevabile d’ufficio, consente alla Corte le verifiche di fatto indispensabili allo scopo, in quanto ha natura processuale cfr. tra le tante Cass. 17653/12 12664/12 8077/12 1221/06 . Consta pertanto, dall’esame del fascicolo, che parte controricorrente non ha versato in atti la procura generale con la quale A.D. avrebbe investito il figlio G. del potere rappresentativo ora contestato dal ricorrente. Lo stesso controricorso, che tace sul punto, e si trincera dietro la novità della questione sollevata con il primo motivo, non ha negato la mancanza della produzione. Neanche in corso di trattazione il controricorrente, che era gravato dell’onere di documentare la esistenza dei propri poteri di rappresentanza, ha provveduto a darne documentazione o a dedurre in ordine al testo della procura o alle modalità di rilascio. 4 Il tema del giudicato implicito sulle questioni processuali ha trovato rinnovata ampia trattazione a partire dalla svolta giurisprudenziale, concretizzatasi con Cass. Sez. Unumero 24883/08, in tema di applicazione dell’articolo 37 c.p.c., norma secondo la quale il difetto di giurisdizione è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo . La Corte ha in quella circostanza stabilito che l il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’articolo 38 cod. proc. civ. non oltre la prima udienza di trattazione , fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado 2 la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione 3 le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità 4 il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum , non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito . 4.1 Questo orientamento è stato tenuto fermo dalle Sezioni Unite SU 8075/15 22745/14 9693/13 9594/12 , nonostante le opinioni dottrinali, restie ad accettare un uso improprio del giudicato implicito e in particolare che il vincolo dei principi prevalga su quanto desunto dalle regole positivamente stabilite. Esso costituisce ormai diritto vivente cfr. Cass. SU 29/2016 ed è stato recepito dal codice del processo amministrativo all’articolo 9. 4.1.1 Le Sezioni Unite, poche settimane dopo aver reso la sentenza 24883/08, hanno precisato la portata della novità immessa nel sistema. Nei paragrafi da 3.5 a 3.11 , la sentenza 26019/2008 ha affermato che il potere di controllo delle nullità non sanabili o non sanate , esercitabile in sede di legittimità, mediante proposizione della questione per la prima volta in tale sede, ovvero mediante il rilievo officioso da parte della Corte di Cassazione, va ritenuto compatibile con la prospettiva del giusto processo di cui all’articolo 111 cost., allorché si tratti di ipotesi concernenti la violazione del contraddittorio - in quanto tale sistema di verifica consente di evitare che la vicenda si protragga oltre il giudicato, attraverso la successiva proposizione dell’ actio nullitatis o del rimedio impugnatorio straordinario ex articolo 404 c.p.c. da parte del litisconsorte pretermesso - ovvero di ipotesi riconducibili a carenza assoluta di potestas iudicandi , come il difetto di legitimatio ad causam o dei presupposti dell’azione, la decadenza sostanziale dall’azione per il decorso di termini previsti dalla legge, la carenza di domanda amministrativa di prestazione previdenziale, od il divieto di frazionamento delle domande, in materia di previdenza ed assistenza sociale. La Corte ha osservato che in tutte queste ipotesi si prescinde dal vizio relativo all’individuazione del giudice , poiché si tratta non già di provvedimenti emanati da un giudice privo di competenza giurisdizionale, bensì di atti che nessun giudice avrebbe potuto pronunciare, difettando i presupposti o le condizioni per il giudizio . 4.2 La dottrina ha colto, nel trittico di sentenze del 2008 va ricordata anche la numero 29523/08 e nella approfondita pronuncia in tema di ricorso incidentale SU numero 5456/09 , la quale pure ha escluso 10.2 che sussista una decisione implicita sulle questioni processuali diverse dalla giurisdizione, i segni dell’adesione alla teoria del c.d. doppio oggetto del processo, descritta da SU numero 6737/02, in un passo testualmente ripreso da SU numero 24883/08. Non è qui il caso di soffermarsi su questo profilo teorico giova ai nostri fini rilevare che è stato comunque confermato, al di là dei perduranti dissensi dottrinali sul giudicato implicito in ordine alla giurisdizione, che ha pregio la distinzione tra diverse soluzioni quella riservata alla questione di giurisdizione e quella che è prospettata da SU numero 26019/08 per le questioni processuali fondanti . Queste ultime non si possono considerare implicitamente risolte, ma sono soggette alla verifica dei giudici delle impugnazioni, perché servono a salvaguardare l’ordinamento dal disvalore di sistema costituito dall’emissione di sentenze inutiliter datae . È stato prospettato che solo per le questioni pregiudiziali di rito di minor rilievo, che non condizionino cioè l’efficacia e l’utilità stessa della decisione , vi sarebbe materia per un ripensamento a livello normativo, che muova dalla riscrittura dell’articolo 37. Resta invece consolidato l’insegnamento che vuole sempre riesaminabili, salvo che in sede di rinvio, le questioni vitali capacità di agire, litisconsorzio, giudicato, etc. individuate da Cass. 26019/08, non esplicitamente risolte. Una malintesa visione della ragionevole durata del processo non deve condurre a sormontare la giustezza del processo, che è tale se si evita di far nascere occasionalmente una sentenza instabile, perché facilmente sottomessa alle folgori dell’opposizione ex articolo 404 c.p.c. o del contrasto con il precedente giudicato cfr supra, SU 26019/08, 3.5 . 4.3 In questa direzione cospira, se ve ne fosse bisogno, anche quanto le Sezioni Unite hanno avuto modo di osservare, occupandosi delle impugnative negoziali SU 26242/14 , sul tema del giudicato implicito. Ivi è stato affermato che nel nostro sistema positivo non è riconosciuta l’idea di un giudicato implicito che postuli il rigoroso e ineludibile rispetto dell’ordine logico-giuridico delle questioni . E se questa considerazione cadeva a proposito di una questione di merito e si riferiva al controverso operare del meccanismo del c.d. dedotto e deducibile, rivisto alla luce delle dottrine di matrice tedesca sul motivo portante del giudicato, ancor più appropriata suona con riguardo alle questioni processuali tra le quali si pone quella esaminata, che concerne la sussistenza del potere di rappresentanza in capo a colui che abbia agito in giudizio in nome di altri. 5 La mancanza del potere di rappresentanza, essendo quest’ultima una delle condizioni di esistenza del potere di azione, giustifica il rilievo officioso in sede di legittimità1anche se non vi sia stata contestazione nei gradi di merito. Va dunque ribadito quanto già appartiene all’insegnamento manualistico all’indispensabilità della qualità di rappresentante sostanziale oltre a SU 24179/09 cit., v. Cass. 16274/15 e 4248/13 fa riscontro anche la necessità di conferire per iscritto articolo 77 c.p.c la legittimazione processuale, così come quest’ultima non può esistere senza la prima. È utile ricordare che proprio con una giustificazione di sicuro taglio processuale le Sezioni Unite hanno rivisto l’inquadramento del rilievo della inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator . A tutela della sicurezza dei traffici giuridici, si è osservato, è stato posto nell’ambito delle mere difese il potere della parte di rilevare il difetto di rappresentanza, della cui assenza, risultante dagli atti, il giudice deve peraltro tener conto anche in mancanza di una specifica richiesta di parte SU 11377/15 . 5.1 A questo inevitabile rigore fa da riscontro simmetricamente, come vuole parte della dottrina, la ampia sanabilità del vizio della rappresentanza volontaria di cui qui si tratta - l’odierna sentenza non tratta infatti dei vizi della procura - ammessa dall’articolo 182 c.p.c Deve essere in proposito rammentato che secondo le Sezioni unite Cass. 9217/10 , già in controversia instaurata prima della novella numero 69 del 2009, l’articolo 182, secondo comma, cod. proc. civ., secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione può assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’articolo 46, comma secondo, della legge numero 69 del 2009, nel senso che il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali . 5.1.1 Questo principio va in linea di principio confermato, con la precisazione che qualora il rilievo del vizio non sia officioso, ma venga per la prima volta sollevato in sede di legittimità dalla controparte, sorge immediatamente per il rappresentato l’onere di procedere alla sanatoria, con la produzione necessaria allo scopo. Non v’è infatti luogo per assegnare un termine, a meno che non sia motivatamente richiesto, allorquando il rilievo non sia officioso e quindi nuovo , perché il giudice è stato preceduto dal rilievo di parte, sul quale l’avversario è chiamato a contraddire cfr infra sub 5.3 . 5.2 La opzione interpretativa avviata nel 2010 riconosciuta anche da Cass. 23670/08 7529/09 più di recente cfr Cass. 11898 del 28/05/2014 , che è intesa a favorire la celebrazione del processo al fine di giungere a una stabile soluzione di merito, è sicuramente nel senso che si può desumere dal disposto vecchio e nuovo dell’articolo 182 c.p.c Esso mira, oggi più esplicitamente, a consentire che sia posto rimedio alla nullità rilevante. Occorre perciò evitare per quanto possibile, in funzione della pienezza del rimedio, disarticolazioni nei vari gradi di giudizio fra rilevabilità e sanabilità del difetto . È stato sostenuto in dottrina, per contestare la sanabilità in sede di impugnazione del difetto di legittimazione processuale che il rilievo in appello potrebbe incidere sul principio di parità delle parti. Sarebbe infatti consentito al falso rappresentato, e non all’altra parte, di giovarsi, con la ratifica, solo dei giudizi in cui la sua posizione sia risultata vittoriosa, rigettando le conseguenze della soccombenza. L’osservazione non è convincente l’altra parte ha comunque interesse ad una pronuncia che non sia esposta a impugnazioni straordinarie, ma venga utilmente reincanalata inoltre potrà pur sempre rivalersi sul falso rappresentante, se ve ne sono le condizioni. Peraltro anche la dottrina più perplessa ma le perplessità concernono soprattutto la diversa materia dei vizi della procura riconosce che le situazioni contemplate dall’articolo 182 sono molteplici non è questa l’occasione per compilarne una mappa, ognuna potendo meritare una riflessione, pur alla luce del principio generale adottato. 5.3 Tirando le fila del discorso che si è condotto, occorre quindi respingere le posizioni rispecchiate in precedenza da Cass. 17893/09 e Cass. SU 23019/05, restie alla sanatoria in grado di impugnazione, e riaffermare l’opposto principio, secondo il quale è possibile la sanatoria del difetto di rappresentanza, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie v. Cass. 22099/13 798/13 . Giova chiarire che qualora sorga in sede di legittimità la contestazione esplicita del potere rappresentativo del soggetto che ha agito in giudizio, o stia resistendo, la prova documentale della sussistenza della legittimazione processuale puoi essere fornita anche in questa sede, ai sensi dell’articolo 372 cod. proc. civ v. Cass. 12547/03 24813/13 . La mancanza di ogni produzione impone, nel caso odierno, di adottare la soluzione in rito di cassazione della sentenza impugnata, dichiarando la nullità di tutti gli atti del giudizio svoltosi su impulso processuale viziato. 6 Resta assorbito l’esame degli altri motivi di ricorso. Le spese dei giudizi di merito possono essere equamente compensate tra le parti, poiché parte G. non ha verificato in quella sede il potere rappresentativo dell’attore, pervenendo all’eccezionale situazione della contestazione tardiva. Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, in relazione al valore della controversia. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara la nullità di tutti gli atti del giudizio. Dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito. Condanna parte resistente alla refusione delle spese di questo grado di giudizio liquidate in Euro 3.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.