Respinta la richiesta della donna. Corretta la decisione dell’INPS, che ha negato la ‘reversibilità’ alla nipote della pensionata deceduta. Non decisivo il richiamo alla precaria condizione fisica ed economica della donna.
Orfana di padre, invalida al 100% e legatissima alla nonna materna, con cui ha convissuto per diversi anni. Tutti elementi significativi umanamente, ma non sufficienti a consentire alla nipote di rivendicare la pensione di reversibilità della nonna Cassazione, ordinanza numero 3025/2016, depositata oggi . Reversibilità. Nessun dubbio per i giudici di merito prive di fondamento le pretese della donna, che ha proposto «domanda di riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità della nonna». Legittimo, quindi, il rifiuto opposto dall’‘Istituto nazionale di previdenza sociale’. In premessa viene ricordato che «presupposto per ottenere la pensione di reversibilità» è che il richiedente «fosse a carico del pensionato» al momento del suo decesso. Di conseguenza, rilevante la constatazione che la nipote ha convissuto sì «con la nonna» ma solo «sino al 2002». Rapporto. Pronta la replica del legale della donna. Sul tavolo, innanzitutto, il richiamo alla equiparazione tra «nipoti in linea retta, minori o maggiorenni inabili e viventi a carico dell’ascendente» e «figli legittimi, anche se non formalmente affidati». Allo stesso tempo, viene evidenziato che la nipote è «invalida al 100 per cento, con diritto all’indennità di accompagnamento» ed era, in passato, «vivente a carico della nonna», pur non risultando a lei «formalmente affidata». E, per completare il quadro, viene anche ricordato che «gli unici redditi posseduti» dalla donna sono «la quota parte della ‘pensione superstiti lavoratori dipendenti’, integrata al trattamento minimo». Chiaro, secondo il legale, lo stato di «mancanza di autosufficienze economica» della donna. Ma ogni obiezione si rivela inutile. E finanche il richiamo ai «rapporti interpersonali tra nipote e nonna», con particolare riferimento al «comportamento» della anziana nei confronti della donna, non serve a scalfire le valutazioni compiute dai giudici di merito, valutazioni ora condivise dai giudici della Cassazione. Tutto ciò conduce alla conferma della decisione dell’INPS niente «pensione di reversibilità» alla nipote.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 16 dicembre 2015 – 17 febbraio 2016, numero 3025 Presidente Curzio – Relatore Arienzo Fatto e diritto La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 16 dicembre 2015, ai sensi dell'articolo 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione, redatta a norma dell'articolo 380 bis c.p.c. La Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 7.1.2014, rigettava il gravame proposto da P.V. nei confronti dell'Inps avverso la pronuncia di prime cure che aveva respinto la sua domanda di riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità della nonna. A sostegno dei decisum la Corte territoriale osservava che presupposto per ottenere la pensione di reversibilità era che gli istanti fossero, al momento del decesso del beneficiario della pensione, a carico di quest'ultimo posto che era pacifico che l'appellante, convivente con la nonna sino al 2002, non lo era più stato da quell'epoca, né aveva dimostrato altri elementi che potessero confermare la vivenza a carico dell'ascendente, essendo stata la prova testimoniale richiesta reputata del tutto generica in quanto non riportava le circostanze concrete oggetto della stessa, riteneva l'infondatezza del gravame. Per la cassazione di tale decisione ricorre la P., affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l'INPS. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando errata interpretazione e applicazione dell'articolo 13 dei R.D.L. 636/39 convertito in legge 6 luglio 1939 numero 1272, come modificato dall'articolo 22 della legge 903/65 articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 , deduce che con sentenza numero 180/1999 dei Giudice delle Leggi era stata equiparata la posizione dei nipoti in linea retta minori o maggiorenni inabili e viventi a carico dell'ascendente a quella dei figli legittimi, anche se non formalmente affidati, e che nel caso in esame le condizioni per la concessione della pensioni di reversibilità a favore della nipote non formalmente affidata erano la inabilità alla data della morte dell'ascendente e la vivenza a carico dell'ascendente. Osserva che alla morte della nonna materna essa ricorrente era invalida al 100% con diritto all'indennità di accompagnamento e che gli unici redditi posseduti erano la quota parte della pensione SO integrata al trattamento minimo, sicchè dovevano ritenersi sussistenti le condizioni erroneamente escluse dal giudice del gravame, dello stato di mancanza di autosufficienza economica e del reale comportamento del genitore. Con il secondo motivo, con il quale censura la violazione dell'articolo 116 cpc, con riferimento al dovere del giudice di valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti, rileva che i rapporti interpersonali tra nipote e nonna ed in particolare il comportamento della stessa nei confronti della discendente minore o maggiorenne inabile, orfana di padre, appartiene a quella sfera intima e personalissima, difficilmente dimostrabile con prova diretta ma soltanto attraverso la prova testimoniale, la quale insieme ad altri indizi, può realizzare una prova iena idonea a riconoscere la prestazione e che la mancata ammissione della prova per testi ha determinato una violazione di legge. Secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, in caso di morte dei pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico dei genitore al momento dei decesso di questi, laddove il requisito della vivenza a carico , se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza, ne' con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva in via continuativa e in misura quanto meno prevalente al mantenimento del figlio inabile cfr, ex plurimis, Cass., nnumero 5008/1994 15440/2004 11689/2005, 14.2.2013 numero 3678 . Erroneo è pertanto, il riferimento, quale condizione per godere della pensione, al comportamento dell'ascendente. La sentenza impugnata si è, al contrario, sostanzialmente conformata ai principi sopra richiamati, dal che discende l'infondatezza della doglianza, svolta con il primo motivo, di violazione di norme di diritto. Il rilievo relativo alla mancata ammissione della testimonianza volta alla dimostrazione del mantenimento del ricorrente da parte dell'ascendente defunta ed alla mancata valutazione di indizi concorrenti in una valutazione complessiva delle emergenze probatorie deve ritenersi ugualmente infondato e, prima ancora, inammissibile. Al riguardo non è stata formulata, invero, una pertinente critica, con riferimento alla norma invocata, posto che non si indicano in modo autosufficiente gli indizi ed i capi di prova articolati, dei quali il giudice dei gravame aveva rilevato la genericità. Va, peraltro, considerato che, in tema di prova per presunzioni, deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand'anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall'altro in un rapporto di vicendevole completamento cfr. Cass. 6.6.2012 numero 9108 . Non è questa l'oggetto della doglianza, che, per quanto detto, si limita genericamente a censurare la valutazione del giudice del gravame, senza prospettare alcuna deviazione da parte della stessa dei canoni di giudizio anzidetti e senza riprodurre, come già osservato, i capi di prova dei quali si sostiene la illegittima mancata ammissione. Per le esposte considerazioni, si propone il rigetto del ricorso . Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sul rigetto del ricorso. Non vi è luogo alla condanna della parte soccombente alle spese processuali, considerato che la stessa ha reso la dichiarazione prevista per l'esonero dal nuovo testo dell'articolo 152 disp. att. c.p.c. 20.5.2014 e che analoga dichiarazione, debitamente sottoscritta, era stata resa in calce al ricorso introduttivo. L'ammissione della P. al gratuito patrocinio a spese dello Stato in base a delibera agli atti dei 4.6/8.72014 comporta il venir meno dell'obbligo al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 Cass. numero 18523 del 2014 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dichiara irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell'articolo 13, co. 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.