Confermata l’ammenda di 1000 euro per il condannato, ritenuto colpevole di uccellagione abusiva. Per i Giudici la norma prevede non solo la cattura di esemplari di volatili, ma anche di nidi e uova.
Corpo del reato ancora caldo tre nidi di cardellini contenenti uova appena depositate. Logico, secondo i Giudici, parlare di uccellagione abusiva. Definitiva perciò la condanna del cacciatore, beccato ad operare solo “con le mani”. Confermata la sanzione 1000 euro di ammenda Cassazione, sentenza numero 5072/18, sezione III Penale, depositata il 2 febbraio . Uccellagione abusiva. Scenario della vicenda è un piccolo paese della provincia di Benevento. Lì una macchina con dentro quattro persone viene fermata e controllata dai carabinieri, che scoprono «tre nidi di cardellini» per un totale di «nove uova appena depositate». E l’uomo che si assume la responsabilità di quei nidi viene accusato di «uccellagione abusiva». Per i Giudici del Tribunale non ci sono dubbi è legittima la condanna, con pena fissata in «1000 euro di ammenda». E questa visione viene condivisa ora dai Magistrati della Cassazione. Inutili le obiezioni proposte dal legale del cacciatore, obiezioni secondo cui «è priva di offensività la cattura di tre nidi», anche perché essa «non rientra tra le modalità di caccia». A queste osservazioni i Giudici del ‘Palazzaccio’ ribattono ricordando che col «reato di uccellagione» non è richiesta «l’effettiva apprensione dei volatili», e aggiungendo che «la norma è idonea a comprendere anche i nidi d’uccelli, ivi comprese le uova», ovviamente raggiungibili solo con le mani.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 ottobre 2017 – 2 febbraio 2018, numero 5072 Presidente Fiale – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Benevento con sentenza in data 23.5.2016 ha condannato Li. Pi., con la riduzione del rito, alla pena di Euro 1.000,00 di ammenda, oltre spese, per il reato di cui all'articolo 30, L. 157/1992, perché, prelevando nidi di cardellini contenenti uova appena depositate, aveva esercitato l'uccellagione abusiva, in Guardia Sanframondi il 13.4.2013. 2. Con un unico motivo, il ricorrente lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione della L. 157/92. Espone che, ai fini dell'integrazione della fattispecie criminosa, è necessario l'utilizzo di mezzi fissi, diversi dalle armi da sparo il cui impiego, non momentaneo, sia diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili, di modo da determinare un depauperamento, anche parziale, della fauna selvatica. Gli unici elementi in grado di disegnare il fatto storico invece erano, nella specie, l'autovettura occupata da lui insieme ad altre tre persone, i tre nidi contenenti, a loro volta, nove uova in totale, rinvenuti nel vano portaoggetti dell'auto, la gabbia e la scala riposte nel portabagagli. Orbene, le mani non potevano essere classificate come strumenti da caccia plurioffensivi, mentre la cattura di tre nidi con nove uova non aveva di per sé capacità plurioffensiva. Precisa che il reato di uccellagione si differenzia da quello della caccia con mezzi vietati per la diversa ratio normativa il primo mira a tutelare la conservazione delle specie, il secondo ha lo scopo di evitare che con l'uso di modalità non consentite siano inflitte agli animali inutili sofferenze. Se la materiale cattura dei nidi e delle uova non può rientrare tra le modalità di caccia legittimamente ammesse, ne consegue l'esclusione del reato contestato. Chiede pertanto la riforma della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Pacifici i fatti accertati, perché i Militi hanno sorpreso l'imputato in auto nel cui vano portaoggetti vi erano i nidi d'uccello, ritiene la Corte di dare continuità all'orientamento già espresso da questa Sezione, con sentenza 12.1.2016, numero 7861, Va., Rv 266278, secondo cui il reato di uccellagione previsto dall'articolo 30, comma primo, lett. e , della legge 11 febbraio 1992 numero 157, è configurato come fattispecie di pericolo a consumazione anticipata, per la cui integrazione è sufficiente qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialità offensiva indeterminata, non essendo invece richiesta l'effettiva apprensione dei volatili. Come spiegato nella citato precedente, la distinzione tra caccia in senso stretto e uccellagione non attiene soltanto all'oggetto che nella prima è ogni tipo di fauna selvatica, ad eccezione di talpe, ratti, topi e arvicole di cui all'articolo 2, comma 2, L. 157 del 1992 e nella seconda è solo ogni genere di uccelli , ma anche ai mezzi adoperati nella caccia si adoperano le armi da sparo, nella uccellagione si adopera qualsiasi altro mezzo, ivi comprese le mani, la gabbia e la scala quest'ultimi due oggetti rinvenuti nel corso della perquisizione . Inoltre, la norma, nella sua genericità è idonea a comprendere anche i nidi d'uccelli, ivi comprese le uova. E' stato già evidenziato nella giurisprudenza di legittimità che il reato previsto dall'articolo 30, comma primo lett. e , della legge 11 febbraio 1992 numero 157 esercizio di uccellagione non richiede la effettiva cattura di animali, essendo sufficiente la semplice predisposizione delle reti o di analoghi mezzi idonei alla cattura della fauna selvatica per ritenere consumato il reato Sez. 3, numero 19554 del 17/03/2004, Za., Rv. 228886 e che la distinzione fra caccia con mezzi vietati ed uccellagione è costituita dall'uso e dalla particolare offensività degli strumenti utilizzati, atteso che l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari, ivi compresi quelli dei quali la cattura è vietata in modo assoluto, mentre la caccia con mezzi vietati è diretta alla cattura di singoli e specifici esemplari Sez. 3, numero 17272 del 21/03/2007, Del Pe., Rv. 236497 . Sempre la citata sentenza Va. ha precisato che con la norma incriminatrice in esame, il legislatore si propone quindi di punire i sistemi di cattura con potenzialità offensiva indeterminata, tali anche da comportare il pericolo di un depauperamento della fauna e ciò, indipendentemente dall'abbattimento o meno degli animali, con la conseguenza che il reato si perfeziona anche nel caso in cui la cattura non si sia concretamente ancora verificata Sez. 3, numero 3090 del 12/01/1996, Ma., Rv. 205043 , con anticipazione pertanto della soglia di punibilità e con costruzione della fattispecie come reato di pericolo, poiché non si richiede l'effettiva cattura o l'abbattimento degli animali ma è sufficiente l'esposizione a pericolo del bene giuridico protetto, che non è il singolo animale, ma la fauna, pericolo quindi che, nel caso dell'uccellagione, si realizza tramite la predisposizione dei mezzi idonei al perseguimento di tale illecita finalità e non con l'effettivo danno arrecato alla fauna. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.