La cessione intrafamiliare di una azienda è un atto presuntivamente gratuito

Qualora l’Ufficio finanziario equipari a una cessione d’azienda il trasferimento della licenza taxi, il recupero della plusvalenza è illegittimo se non c’è prova del pagamento di un prezzo. Ciò a maggior ragione se il trasferimento della licenza avvenga nell’ambito di un nucleo familiare nella specie da un padre a un figlio . Prima di recuperare a tassazione una plusvalenza è bene accertarsi se il trasferimento di ricchezza si è effettivamente realizzato o no. Occorre, infatti, escludere che si sia trattato di un atto a titolo gratuito che insieme al trasferimento per causa di morte non costituisce realizzo di plusvalenza. Se, poi, la cessione è avvenuta tra padre e figlio, l’accertamento è reso più agevole, trattandosi «di un elemento di fatto che certo avrebbe dovuto indurre il giudicante ad una specifica attenzione alle modalità con le quali la cessione si è concretamente realizzata».

Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 29 settembre 2014 numero 20533. Il caso. Il giudice tributario del gravame ha dichiarato legittimo un avviso di accertamento per IRPEF con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione la plusvalenza asseritamente derivata dal trasferimento di una licenza comunale per l’esercizio dell’attività di taxi. Infatti, «la cessione della licenza taxi è configurabile come cessione d’azienda» pertanto, l’eventuale plusvalenza realizzata «costituisce reddito fiscalmente rilevante». Licenza ceduta con atto gratuito. Gli Ermellini hanno appurato che il contribuente aveva evidenziato di aver ceduto la licenza al proprio figlio con atto gratuito sicché non si era generata alcuna plusvalenza imponibile. Il giudice del gravame ha, tuttavia, ugualmente ritenuto fondata la pretesa erariale senza però accertare se un trasferimento di ricchezza si fosse effettivamente realizzato. Ciò, secondo la suprema Corte, ha inficiato sentenza impugnata sotto il profilo motivazionale. In particolare, la CTR ha respinto l’appello del contribuente sulla scorta del puro e semplice assunto che la plusvalenza realizzata a mezzo di cessione d’azienda costituisce reddito fiscalmente rilevante «senza in alcun modo avere motivato il proprio convincimento in ordine alla natura onerosa della cessione di cui trattasi, e ciò per quanto la parte appellante avesse specificamente evidenziato che la cessione è intervenuta all’interno del nucleo familiare, elemento di fatto che certo avrebbe dovuto indurre il giudicante ad una specifica attenzione alla modalità con le quali la cessione qui oggetto di esame si è concretamente realizzata». Le affermazioni della CTR, secondo cui il contribuente si era sottratto all’onere di produrre «qualunque scritto potesse attestare il valore della transazione», ovvero «la documentazione idonea alla determinazione del corrispettivo conseguito», altro non dimostrano se non di aver dato per implicitamente presupposta la natura onerosa della cessione, senza in alcun modo giustificare tale «presupposizione». La controversia è stata decisa in camera di consiglio per manifesta fondatezza dell’impugnazione, con conseguente restituzione della lite alla CTR Lazio in funzione di giudice del rinvio, affinchè rinnovi l’apprezzamento sulle censure di gravame. Cessione della licenza del servizio taxi. La cessione della licenza del servizio taxi configura una cessione d’azienda tuttavia, quando avviene da padre a figlio, il trasferimento si presume a titolo gratuito, senza corrispettivo. Il trasferimento di licenza per il servizio taxi configura una cessione di azienda, che non richiede la forma scritta ad substantiam, essendo questa prevista solo per il trasferimento di immobili e di alcuni altri beni particolari. La cessione presuppone, naturalmente, la realizzazione di una plusvalenza da assoggettare a imposizione. Il rapporto di parentela tra padre e figlio costituisce, una presunzione di gratuità dell'atto. È presumibile, infatti, che il trasferimento tra due soggetti legati da un così stretto vincolo di parentela sia avvenuto senza corrispettivo. CTR, sez. VI Roma, numero 24/2011 In base all'articolo 54 d.p.r. numero 597/1973, la donazione di un'azienda ai figli non costituisce realizzo di plusvalenze dell'azienda stessa Cass., sez. Trib., sent. numero 6837/2001 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 10 luglio – 29 settembre 2014, numero 20533 Presidente Cicala – Relatore Caracciolo Osserva La CTR di Roma ha respinto l’appello di C.R. -appello proposto contro la sentenza numero 67/32/2010 della CTP di Roma che aveva già respinto il ricorso della parte contribuente, cosi confermando l’avviso di accertamento concernente IRPEF per l’anno 2001, avviso a mezzo del quale era stato recuperata a tassazione la plusvalenza imponibile accertata con modalità induttiva asseritamente derivata dal trasferimento a favore di C.S. della licenza comunale numero 4925 per l'esercizio di attività di tassista in Roma. La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che il trasferimento a terzi della licenza taxi è configurabile come cessione d’azienda e l’eventuale plusvalenza realizzata dal titolare a seguito della vendita costituisce reddito fiscalmente rilevante ed imponibile ai finì delle imposte dirette in base al disposto degli articolo 86 e 58 del TUIR , A tal proposito il contribuente aveva non solo omesso di rispondere al questionario inviatogli, ma aveva anche taciuto l’importo incassato così come omesso di produrre la documentazione idonea alla determinazione del corrispettivo conseguito , ed in specie l’atto di cessione della licenza taxi ovvero qualunque scritto potesse attestare il valore della tassazione . Pertanto, si doveva considerare legittimo il ricorso dell’ufficio all’accertamento con modalità induttiva sulla base di presunzioni anche prive del requisito della gravità, precisione e concordanza, a cui il contribuente non aveva contrapposto idonea prova contraria. Nella specie di causa l’accertamento si era basato principalmente sulle risultanze dell’attività investigativa svolta dall'Ufficio Analisi e Ricerca della Direzione Regionale del Lazio che si era servito di numerosi elementi, indispensabili ad una corretta e precisa individuazione della fattispecie e solo marginalmente sugli esiti dell’indagine condotta in maniera indipendente da docenti dell'Università della Tuscia , peraltro depositata in giudizio e quindi conosciuta dal contribuente. La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. L’Agenzia non si è difesa, se non con atto finalizzato alla sola partecipazione all’udienza di discussione. Il ricorso ai sensi dell’articolo 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’articolo 376 cpc può essere definito ai sensi dell’articolo 375 cpc. Infatti, con il primo motivo di impugnazione centrato sulla violazione dell’articolo 26 comma I del DPR numero 602/1973 la parte ricorrente sì duole dell’omesso rilievo ex officio del vizio di inesistenza della notifica, effettuata a mezzo di semplice raccomandata postale da parte della G. Spa della cartella identificata con il suo numero con cui era stato intimato il pagamento della somma di € 27.521,51. Trattasi di motivo inammissibilmente proposto, atteso che la parte ricorrente non ha detto se dove e quando la menzionata cartella sarebbe stata fatta oggetto del contraddittorio giudiziale nel presente procedimento nel quale a desumere da ciò che si dice nella sentenza impugnata si è fatto solo riferimento all'impugnazione di un avviso di accertamento, tanto che la menzionata G. che avrebbe provveduto alla notifica neppure risulta essere stata convenuta in giudizio. Con il secondo motivo di impugnazione centrato, contempo, sulla violazione dell’articolo 58 comma 1 del TUIR ma anche sull’insufficiente motivazione della sentenza la parte ricorrente si duole della violazione della menzionata disposizione di legge e comunque dell’insufficiente motivazione della sentenza per avere il giudicante eluso il dovere di previamente acclarare se -a fronte della cessione della licenza un trasferimento di ricchezza si fosse effettivamente realizzato, anche in considerazione del fatto che la cessione era avvenuta tra padre e figlio ed avvalendosi della clausola del regolamento comunale che consentiva il trasferimento per atto tra vivi a persona determinata a richiesta dell’interessato, a persona da ultimo designata , e perciò con atto presuntivamente gratuito, inidoneo a generare qualsivoglia plusvalenza imponibile. Ed invero, a mente della predetta disposizione di legge, il trasferimento per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenza. Il motivo appare manifestamente fondato, alla luce della pregressa giurisprudenza di questa Corte per tutte Cass. Sez. 1, Sentenza numero 2067 del 25/02/1998 secondo la quale E denunziabile in sede di legittimità, ai sensi dell'articolo 360 comma primo numero 5 cod. proc. civ., il vizio di omessa motivazione della sentenza qualora la stessa si fondi su motivazione omessa o apparente , qualora, cioè, il giudice di merito pretermetta del tutto la indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza, peraltro, compierne alcuna approfondita disamina logica e giuridica . Nella specie di causa il giudicante si è indotto a respingere l'appello della parte contribuente sulla scorta del puro e semplice assunto che fa plusvalenza realizzata a mezzo di cessione di azienda costituisce reddito fiscalmente rilevante, senza in alcun modo avere motivato il proprio convincimento in ordine alla natura onerosa della cessione di cui trattasi, e ciò per quanto la parte appellante avesse specificamente evidenziato che la cessione è intervenuta all'interno del nucleo familiare, elemento di fatto che ceno avrebbe dovuto indurre il giudicante ad una specifica attenzione alle modalità con le quali la cessione qui oggetto di esame si è concretamente realizzata. E d’altronde, non ci si può esimere dal considerare che anche in merito agli elementi presuntivi che si assumono debitamente considerati dal l'Agenzia ai fini del ricorso al metodo induttivo dì accertamento, la motivazione della sentenza appare apodittica ed illogica, avendo il giudicante ritenuto che la parte contribuente si sia sottratta all’onere di produrre qualunque scritto potesse attestare il valore della transazione ovvero la documentazione idonea alla determinazione del corrispettivo conseguito , così dimostrando di avere dato per implicitamente presupposta la natura onerosa della cessione, senza però esplicitare le ragioni di una tale dirimente presupposizione. Non par dubbio che siffatte motivazioni risultino apparenti più che apodittiche, e comunque insufficienti a consentire a questa Corte di assolvere al dovere di controllo della coerenza logica del provvedimento giudiziale. Pertanto, si ritiene che la controversia possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza dell’impugnazione, con conseguente restituzione della lite alla CTR Lazio in funzione di giudice del rinvio, affinchè rinnovi l’apprezzamento sulle censure di gravame. Roma, 30 marzo 2014 ritenuto inoltre che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti clic non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto che le spese di lite possono essere regolate dal giudice dei rinvio. P.Q.M. Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lazio che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del presente giudizio.