Il d.lgs. numero 222/2016, entrato in vigore l’ 11 dicembre scorso, completa, per un certo verso, il percorso avviato con il d.lgs. numero 216/2016 del 30 giugno di quest’anno in attuazione della cosiddetta Legge Madia l. numero 124/2015 che la Corte Costituzionale, con la sentenza 251 depositata il 25 novembre, ha bocciato nella parte in cui la legge in questione non ha tenuto conto della necessità o, meglio ancora, degli obblighi connessi al rispetto di quella che la giurisprudenza della medesima Corte ha definito «leale collaborazione» tra Stato e Regioni soggetti in sostanza che in base all’articolo 117 Cost. sono pariordinati e di conseguenza nelle ipotesi in cui una disposizione di legge riguarda le rispettive competenze, la stessa deve essere prioritariamente oggetto di una specifica intesa.
Il d.lgs. numero 222/2016 contiene rilevanti novità, a prescindere dalla Tabella A che compendia in un unicum tutti gli adempimenti connessi all’inizio di una attività di impresa per quanto riguarda le attività commerciali in senso lato , ma anche gli adempimenti connessi all’attività edilizia. Trasversale, in ordine alle SCIA, è la questione relativa ai controlli di competenza della PA, soprattutto in relazione al fatto che – su questo fronte – il legislatore nazionale non ha percorso un’univoca strada. A tale proposito va chiarito, innanzitutto, che la formulazione dell’articolo 19 l. numero 241/1990 che ha introdotto la DIA, sostituita oggi dalla SCIA, ha fatto maturare in molti il convincimento che poco o nulla sia cambiato nel passaggio dalla DIA alla SCIA. Mentre, in realtà, si è passati da un procedimento che presupponeva una verifica ex post , ad un procedimento la cui istruttoria è antecedente alla presentazione della SCIA ed è svolta direttamente dal futuro prestatore e dai suoi tecnici. Oggi, o meglio dal pronunciamento del Consiglio di Stato, Adunanza plenaria cfr. sentenza 29 luglio 2011 numero 15 non c’è più alcuna ombra di dubbio su questo fronte la SCIA disciplinata dall’articolo 19 l. numero 241/1990 è un mero adempimento attraverso il quale il prestatore informa la PA onere amministrativo circa la sussistenza in capo al medesimo dei requisiti e dei presupposti necessari per l’esercizio legittimo dell’attività obblighi informativi . Peraltro, va rilevato che la grande vera rivoluzione non è arretrata al mutare nel tempo del nomen iuris denuncia, dichiarazione, segnalazione. Già nell’attività sottoposta a dichiarazione di inizio attività, infatti, il diritto del privato non era più fondato sul consenso della PA, secondo lo schema “norma-potere-effetto”. Ciò in quanto il diritto scaturisce direttamente dalla legge, secondo lo tale schema. In sostanza, è la legge stessa a disciplinare l'esercizio del diritto rimuovendo l'intermediazione del potere autorizzatorio dell’amministrazione. Perché al potere autoritativo è subentrata l’autoresponsabilità del privato. Autoresponsabilità che nella SCIA si sostanzia nelle dichiarazioni sostitutive ex articolo 46 e 47 d.P.R. numero 445/2000 e nelle connesse sanzioni penali per le dichiarazioni mendaci. E ciò dovrebbe far riflettere circa il fatto che con la DIA prima e con la SCIA ora, le attività inserite – allo stato attuale – nella tabella A che forma parte integrante del d.lgs. numero 222/2016, non sono state “liberalizzate”. Ciò in quanto non sono stati rimossi i requisiti ed i presupposti previsti dalle diverse discipline, ma è soltanto stato applicato il sopraindicato schema “norma-fatto-effetto”. In altri termini è soltanto venuta meno la necessità di un provvedimento amministrativo formale per l’esercizio legittimo dell’attività. E questa specificazione è utile per riaffermare quanto, invece, molti uffici hanno sottovalutato nell’ottica di una inesistente liberalizzazione, portando a ritenere possibile l’effettuazione di verifiche a campione delle dichiarazioni fornite dal denunciante prima e dal dichiarante poi anche se la legge non lo prevedeva e non lo prevede più in via generale, ma soltanto per alcune specifiche fattispecie, a decorrere dall’entrata in vigore del d.lgs. numero 222/2016. I controlli delle dichiarazioni. Premesso che il primo periodo del comma 3 dell’articolo 19 l. numero 241/1990 dispone che «L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. []» dovrebbe essere sufficiente a rilevare che, per tutte le SCIA, la PA ricevente avvia immediatamente la procedura per la verifica della veridicità delle dichiarazioni fornite al fine di accertare la effettiva sussistenza dei requisiti e presupposti prescritti dalla disciplina di riferimento che legittima l’esercizio dell’attività alle schema “norma – fatto SCIA – effetto inizio attività ”. In sostanza, cade in errore il responsabile del procedimento il quale, ritiene applicabile anche al caso delle SCIA, l’articolo 71 Modalità dei controlli d.P.R. numero 445/2000, il quale dispone che «Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47». Ciò in quanto la norma generale di natura regolamentare viene superata dalla norma superiore ma anche speciale per le dichiarazioni che corredano la SCIA. Relativamente a tale aspetto va anche considerato quanto disposto dal comma 2- ter dell’articolo 21 l. numero 241/1990, aggiunto dall'articolo 3, comma 1, lett. e , d.lgs. numero 126 del 2016. Quest’ultima disposizione dovrebbe fugare ogni dubbio interpretativo circa l’obbligatorietà delle verifiche sui contenuti delle dichiarazioni. Prevede, infatti, che «La decorrenza del termine previsto dall'articolo 19, comma 3, e la formazione del silenzio assenso ai sensi dell'articolo 20 non escludono la responsabilità del dipendente che non abbia agito tempestivamente nel caso in cui la segnalazione certificata o l'istanza del privato non fosse conforme alle norme vigenti». Le eccezioni per l’edilizia Una novità sul fronte delle dichiarazioni ed i relativi obbligatori controlli è contenuta nel d.lgs. numero 222/2016 nella parte in cui va a modificare il testo unico per l’edilizia d.P.R. numero 380/2001. Infatti, il comma 7 dell’articolo 3 Semplificazione di regimi amministrativi in materia edilizia dispone che «Le Regioni, le Province autonome, i Comuni e le Città metropolitane, nell'ambito delle proprie competenze, disciplinano le modalità di effettuazione dei controlli, anche a campione e comprensivi dell'ispezione delle opere realizzate». Inoltre, il nuovo articolo 6- bis . Interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata , prevede, al comma 4, lett. b che «Le regioni a statuto ordinario disciplinano le modalità di effettuazione dei controlli, anche a campione e prevedendo sopralluoghi in loco». L’autotutela. A proposito delle verifiche sui contenuti della SCIA, va richiamato quanto recentemente affermato dal Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza numero 4610/16 depositata il 3 novembre scorso a proposito della tutela del terzo. «Se quest’ultimo - ha precisato il Collegio - potesse sollecitare i poteri inibitori senza limiti temporali e di valutazione dell’incidenza sulle posizioni del privato che è ricorso a questo modulo di azione verrebbero frustrate le ragioni della liberalizzazione, in quanto l’interessato, anche molto tempo dopo lo spirare dei trenta o sessanta giorni previsti dalla legge per l’esercizio dei poteri in esame, potrebbe essere destinatario di atti amministrativi inibitori dell’intervento posto in essere. La qualificazione del potere come potere di autotutela costituisce invece, da un lato, maggiore garanzia per il privato che ha presentato la SCIA, in quanto l’amministrazione deve tenere conto dei presupposti che legittimano l’esercizio dei poteri di autotutela e, in particolare, dell’affidamento ingenerato nel destinatario dell’azione amministrativa, dall’altro, non vanifica le esigenze di tutela giurisdizionale del terzo che può comunque fare valere, pur con queste diverse modalità, le proprie pretese». In sostanza, scaduti i termini per l’esercizio del potere di controllo stabiliti dall’articolo 19 l. numero 241/1990, l’inizio di un procedimento di autotutela amministrativa deve essere finalizzato a verificare non soltanto l’asserita illegittimità dell’attività posta in essere dalla SCIA ma anche la sussistenza degli ulteriori presupposti costituiti dalla sussistenza di un interesse concreto e attuale all’esercizio dei poteri PA e dalla mancanza di un legittimo affidamento nel frattempo intervenuto in capo al privato.