Rapina in banca: per il risarcimento al dipendente serve la prova del danno

La domanda risarcitoria proposta dal dipendente di una banca, a seguito di una rapina con sequestro di persona, deve essere fornita della prova dei danni alla salute subiti.

Il risarcimento dei danni biologico, esistenziale e morale, a seguito di una rapina con sequestro di persona, deve trovare giustificazione in una prova concreta e puntuale delle lesioni subite e delle stabili conseguenze negative nella vita quotidiana del lavoratore lo afferma la Corte di Cassazione nell'ordinanza numero 9954/11 depositata il 5 maggio.La fattispecie. La vittima di una rapina in banca con sequestro di persona si rivolge ai giudici per ottenere un risarcimento dei danni subiti, assumendo di aver contratto una grave sindrome ansioso-depressiva, e ritenendo responsabile il datore di lavoro, ai sensi dell'articolo 2087 c.c. La sua domanda viene, però, rigettata, tanto in primo grado quanto in sede di Appello propone, allora, ricorso per cassazione.La prova del danno. La S.C. ritiene adeguatamente motivata la sentenza della Corte territoriale, specialmente laddove afferma che la domanda risarcitoria è generica e priva di allegazioni, motivo per cui il ricorso deve considerarsi inammissibile. Per poter ottenere un risarcimento, infatti, è necessario fornire l'indicazione dell'entità effettiva del danno alla salute e della riconducibilità all'evento lesivo, nel caso in esame alle rapine subite. Il risarcimento dei danni, in altri termini, non è automatico.Con riferimento ai danni esistenziale e morale, il Collegio individua precisi elementi che devono essere indicati, a sostegno della loro sussistenza, quali ad esempio la durata, la gravità, gli effetti negativi e le ripercussioni nelle abitudini di vita quotidiane.Il requisito delle stabili conseguenze dannose. Nel caso di specie, il ricorrente non è stato in grado di fornire una valida prova, essendosi limitato a produrre un'unica deduzione, relativa a un disturbo da stress post-traumatico con deflessione dell'umore , accertato tre giorni dopo la rapina con sequestro, e pertanto non idonea a dimostrare la sussistenza di stabili conseguenze dannose a carico della vittima.Per questi motivi la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza del 7 marzo - 5 maggio 2011, numero 9954Presidente Battimiello - Relatore IannielloSvolgimento del processo e motivi della decisioneLa causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 7 a-prile 2011 ai sensi dell'articolo 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'articolo 380 c.p.c. Con ricorso notificato in data 29-30 aprile 2010, M.R.D. chiede, con sei motivi, la cassazione della sentenza depositata il 14 dicembre 2009 e notificata l'8 marzo 2010, con la quale la Corte d'appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado di rigetto delle sue domande nei confronti della datrice di lavoro Banca San Francesco s.c. a r.l., di risarcimento dei danni biologico, esistenziale e morale - per una grave sindrome ansioso-depressiva contratta a seguito di una rapina con sequestro di persona - da lui subiti in occasione di un trasporto di lire 50.000.000 dalla filiale della banca di OMISSIS a quella di OMISSIS in data 11 dicembre 1998 e aggravata da ulteriori tre rapine subite da quest'ultima filiale mentre lui vi prestava la propria attività lavorativa.I motivi di ricorso attengono al vizio di motivazione il 1^ , alla violazione degli articolo 2087 e 2697 c.c. il 2^ e alla violazione degli articolo 1175, 1375 e 2087 c.c. 3^ motivo , alla violazione dell'articolo 414 c.p.c. 6^ motivo , laddove la Corte territoriale aveva ritenuto di gravare il dipendente dell'onere di allegazione e prova che comunque sarebbe stato sufficientemente assolto nel ricorso introduttivo del comportamento negligente della società che peraltro sarebbe risultato dalle prove, senza che i giudici ne prendessero atto , anziché ritenere quest'ultima tenuta a dedurre e provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad evitare l'evento prova che sarebbe del tutto mancata in giudizio alla violazione dell'articolo 19 del C.C.N.L. Federcasse del 20.2.1997, 2087 c.c. e 112 c.p.c., per avere i giudici di merito erroneamente interpretato la indicata norma contrattuale in ordine ai compiti degli addetti alla cassa, che secondo il ricorrente non comprenderebbero il trasporto valori all'esterno dell'azienda in ogni caso, secondo il ricorrente, la diversa interpretazione della norma contrattuale non escluderebbe l'obbligo per la datrice di lavoro di rispettare l'articolo 2087 c.c. 4^ motivo alla violazione dell'articolo 112 c.p.c., per non essersi la Corte d'appello pronunciata in ordine alla richiesta di ammissione di C.T.U. per accertare il danno patito dal lavoratore ed il nesso causale di tale danno con gli eventi criminosi indicati 5^ motivo .La società intimata resiste alle domande del dipendente con controricorso.Ambedue le parti hanno depositato memorie.Il procedimento è regolato dagli articolo 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni apportate dalla legge 18 giugno 2009 numero 69.Il ricorso è inammissibile e va pertanto trattato in camera di consiglio.La Corte territoriale, oltre a ritenere non sufficientemente sostenuta in ricorso, sul piano dell'allegazione e della prova, la riferibilità alla società dell'evento rapina a norma dell'articolo 2087 c.c. e a valutare come non provata in giudizio la presenza in azienda del ricorrente in occasione delle tre rapine successive a quella del'11 dicembre 1998, ha infatti affrontato anche il tema, pur subordinato all'accertamento della responsabilità aziendale, della sussistenza di stabili conseguenze dannose a carico del M.R., derivanti dagli episodi indicati.In proposito, la Corte ha affermato che anche la domanda risarcitoria è, ancor prima di essere sfornita di prova, generica e priva di allegazioni e ha rilevato come nel ricorso introduttivo mancasse l'indicazione dell'entità effettiva del danno alla salute e della sua riconducibilità alle rapine e, quanto ai danni esistenziale e morale, l'indicazione di precisi elementi, quali durata, gravità, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita etc. , a sostegno dell'esistenza degli stessi.Un tale accertamento, posto dalla Corte territoriale a fondamento autonomo del rigetto delle domande, non è stato specificatamente impugnato in questa sede dal ricorrente, il quale si limita, col quinto motivo, a censurare la mancata ammissione di C.T.U. tesa ad accertare genericamente l'entità del danno patito e il nesso causale di tale danno con gli eventi criminosi.Se una tale censura può essere tutt'al più riferita all'accertamento della sentenza sopra indicato quanto al danno alla salute accertamento autonomamente rilevante e peraltro non investito direttamente e specificatamente dal ricorso, come sarebbe stato necessario , va comunque rilevato che la mancata considerazione della relativa istanza istruttoria da parte della Corte territoriale appare pienamente giustificata dal fatto che l'unica deduzione di sostegno in proposito rilevata dai giudici di merito pag. 2 della sentenza e l'unica specifica risultante dallo stesso ricorso per cassazione seconda pagina del ricorso, mentre gli ulteriori richiami a certificati medici prodotti, effettuata nel quinto motivo, è del tutto generica, non rispettando la regola della autosufficienza del ricorso è quella di un disturbo da stress post-traumatico con deflessione dell'umore , accertato tre giorni dopo la prima rapina con sequestro di persona e che come tale non meritava alcun accertamento aggiuntivo utile per le finalità del ricorso introduttivo. Tanto più che i giudici di merito hanno comunque accertato che alle successive tre rapine in banca non era stato provato che fosse presente il M.R. e anche tale accertamento non è stato specificatamente da questi contestato.Alle considerazioni svolte consegue l'inammissibilità del ricorso, la fondatezza delle cui censure non potrebbe infatti condurre all'annullamento della sentenza impugnata .Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.Il Collegio condivide il contenuto della relazione, che il contenuto dell'ultima memoria non appare in grado di contrastare in maniera efficace.Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese, operato, con la relativa liquidazione, in dispositivo.P.Q.M.La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla Banca le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 6.000,00, oltre 12,50%, IVA e CPA, per onorari.