Adempimento dell’obbligazione contributiva: l’avvocato presenta la documentazione e non apre due volte il portafoglio

Con il ricorso per cassazione, la Cassa Forense non può sopperire in sede di legittimità alle carenze di allegazione e di prova evidenziate nel giudizio di merito e non può richiedere nuove questioni ai giudici di legittimità.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 14368, depositata il 25 giugno 2014. Il caso. Il Giudice di primo grado accoglieva parzialmente l’opposizione, proposta da un avvocato, contro le cartelle esattoriali con le quali gli era stato intimato il pagamento di una somma, per i contributi soggettivi, integrativi e di maternità, le relative sanzioni e le sanzioni per il mancato invio di modelli 5/93 e 5/94. In particolare, annullava le cartelle esattoriali e condannava l’avvocato al pagamento di una somma in favore della Cassa Nazionale di Previdenza ed assistenza Forense. Il soccombente proponeva allora appello. I Giudici territoriali, in riforma della pronuncia di primo grado, annullavano la cartelle esattoriali e lo condannava al pagamento in favore della Cassa Forense dei soli contributi per indennità di maternità. I crediti risultano determinabili sulla base delle cartelle esattoriali. La Cassa ricorreva allora in Cassazione. Dal momento che l’opposizione era stata parzialmente accolta, in una certa misura in primo grado, e per un’ulteriore quota in secondo, la ricorrente deduceva che la sentenza d’appello avrebbe dovuto necessariamente rideterminare il credito nel suo preciso ammontare. Il Collegio non ritiene meritevole di accoglimento questo primo motivo. La decisione del giudice di secondo grado, per quanto riguarda i crediti riconosciuti e indicati, ha confermato la decisione di primo grado, con la conseguenza che gli stessi crediti risultavano facilmente determinabili con riferimento alle rispettive somme chiaramente indicate nelle cartelle opposte. Con il ricorso per cassazione non possono essere proposte nuove domande Col secondo motivo, la Cassa lamentava la mancanza del calcolo dell’ammontare dei contributi integrativi, oggetto dell’opposizione esattoriale. La ricorrente, poi, deduceva che la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se l’importo pagato in autoliquidazione fosse compreso o meno nell’importo complessivo statuito ed accertare altresì i titoli dei versamenti, non potendosi confondere le eccedenze di conguaglio con i minimi. Sul punto, la sentenza impugnata ha rilevato che la Cassa, attraverso il competente Servizio contributi stava provvedendo a verificare l’esatto importo dovuto dal Professionista, alla luce di quanto da quest’ultimo sostenuto. Dal momento che la Cassa non aveva fornito alcuna precisazione in ordine all’esecuzione degli esiti di tale verifica, e poiché vi erano documenti che dimostrano l’avvenuto adempimento dell’obbligazione contributiva e non essendoci stata alcuna contestazione da parte della Cassa, la Corte territoriale aveva concluso che nulla era dovuto dall’avvocato. Agli occhi della Corte, tale motivazione appare congrua e sufficiente e per tali motivi resiste alle censure della ricorrente, che si risolve in una inammissibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio e di riesame del merito. Infatti la non riferibilità delle somme versate in autoliquidazione, ai minimi del contributo integrativo, della quale non vi è traccia nella sentenza impugnata risulta nuova e come tale inammissibile, poiché in sostanza la Cassa tenta di sopperire in sede di legittimità alle carenze di allegazione di prova evidenziate dai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 30 aprile – 25 giugno 2014, numero 14368 Presidente Miani Canevari – Relatore Nobile Svolgimento del processo Con sentenza numero 64/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Agrigento, in parziale accoglimento dell'opposizione proposta dall'avv. B.G.G. avverso le cartelle esattoriali numero ri omissis notificategli il 5-5-2003, con le quali gli era stato intimato il pagamento della somma di Euro 18.336,47, per contributi soggettivi, integrativi e di maternità e relative sanzioni per gli anni 1992, 1995, 1996, 1997, 1999 oltre alle sanzioni per il mancato invio dei modelli 5/93 e 5/94, annullava le cartelle esattoriali opposte e condannava il B. a pagare alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense la somma di Euro 14.401,07 oltre le spese di lite. Il B. proponeva appello avverso tale pronuncia, deducendone la parziale erroneità. La Cassa appellata resisteva al gravame. La Montepaschi Serit s.p.a. restava contumace. La Corte d'Appello di Palermo, con sentenza depositata il 13-12-2007, in riforma della pronuncia di primo grado, annullava le cartelle esattoriali opposte e dichiarava che il B. era tenuto al pagamento in favore della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense soltanto dei contributi per indennità di maternità, per gli anni 1995 – 1996 – 1997 - 1999, oltre interessi legali e correlative sanzioni, nonché delle sanzioni dovute per il mancato invio dei modelli 5/LO degli anni 1993 e 1994. La Corte condannava altresì la Cassa al pagamento dei due terzi delle spese di entrambi i gradi. Per la cassazione di tale sentenza la Cassa ha proposto ricorso con tre motivi. Il B. ha resistito con controricorso. La Montepaschi Serit s.p.a. è rimasta intimata. La Cassa ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. e il B. ha depositato un atto denominato comparsa conclusionale . Motivi della decisione In primo luogo vanno esaminate le eccezioni preliminari avanzate dal controricorrente, riguardanti la inammissibilità del ricorso per asserita inesistenza della notificazione avvenuta non alla parte personalmente, ma al semplice domiciliatario, e per di più non procuratore, non avente alcun tipo di relazione o collegamento con l'intimato e la improponibilità del ricorso per acquiescenza avendo la Cassa, subito dopo la notifica della sentenza, provveduto al pagamento delle spese alle quali era stata condannata . Entrambe tali eccezioni risultano infondate. Sulla prima, premesso che vedi sentenza impugnata l'avv. B. dinanzi alla Corte d'Appello era rappresentato e difeso da sé stesso e dall'avv. Teresa Agnello, giusta procura in calce al ricorso in appello ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Michelle Roccella, in Palermo, via Telesino 26 , osserva il Collegio che la notifica all'avv. B. , costituito anche in proprio, tra l'altro, è stata ritualmente effettuata al nuovo indirizzo risultante dal mutamento di domicilio dell'avv. Roccella ed ha avuto esito positivo in data 26-3-2008. Del tutto infondata è quindi l'eccezione di inesistenza della notifica stessa. Parimenti non può di certo ritenersi che la Cassa abbia prestato acquiescenza alla sentenza per il semplice fatto di aver provveduto al pagamento delle spese alle quali era stata condannata con la sentenza stessa. Come è stato affermato da questa Corte v. Cass. S.U. 1-12-2000 numero 1242, Cass. 11-6-2009 numero 13630 , il pagamento, anche senza riserva, delle spese processuali liquidate in una sentenza d'appello o, comunque, esecutiva, non può comportare acquiescenza a detta sentenza, neppure quando la relativa effettuazione sia antecedente alla minaccia di esecuzione o all'intimazione del precetto . Con il primo motivo, denunciando violazione dell'articolo 112 c.p.c., la ricorrente, premesso che il presente procedimento è nato da un'opposizione dell'avv. B. alla cartella esattoriale emessa per la riscossione del credito previdenziale ed ha comportato un accoglimento parziale in una certa misura in primo grado, e per un'ulteriore quota in secondo grado della pretesa dell'opponente il cui debito è stato ridotto, la ricorrente deduce che la sentenza di appello avrebbe dovuto necessariamente, rideterminare il credito nel suo preciso ammontare. In particolare la detta sentenza di appello, avendo annullato le cartelle esattoriali ed avendo mantenuto ferma la condanna di primo grado al pagamento del contributo di maternità per gli anni 1995 – 1996 – 1997 - 1999, oltre interessi e correlative sanzioni, nonché delle sanzioni dovute per il mancato invio dei modelli 5/LO degli anni 1993 e 1994, secondo la ricorrente avrebbe dovuto necessariamente verificare e quantificare quale fosse la quota parte di tale condanna rispetto alla maggiore condanna di primo grado per Euro 14.401,07. Il motivo non merita accoglimento in quanto la Corte d'Appello, in sostanza, per quanto riguarda i crediti riconosciuti e specificamente indicati ha confermato la pronuncia di primo grado, con la conseguenza che i crediti stessi risultavano facilmente determinabili con riferimento alle rispettive somme chiaramente indicate nelle cartelle opposte e relative in particolare ai contributi per indennità di maternità, per gli anni 1995, 1996, 1997 e 1999, oltre interessi legali e sanzioni, nonché alle sanzioni dovute per il mancato invio dei modelli 5/LO degli anni 1993 e 1994. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, lamenta che la sentenza impugnata non ha calcolato l'ammontare dei contributi integrativi, oggetto dell'opposizione esattoriale, né per quanto riguarda il capitale, né per quanto riguarda le sanzioni e gli interessi relativi. La ricorrente deduce, poi, che la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare se l'importo pagato in autoliquidazione fosse compreso o meno nell'importo complessivo di Euro 14.401,07 ed accertare altresì specificamente i titoli dei versamenti non potendo confondersi le eccedenze a conguaglio con i minimi . Anche tale motivo non merita accoglimento. Sul punto la sentenza impugnata, nell'accogliere il relativo motivo di appello, ha affermato che il B. sin dal giudizio di primo grado, ha depositato una copiosa documentazione costituita dai mod. 5/LO per gli anni in questione, corredati dalle ricevute dei bollettini di versamento delle somme autoliquidate ed ha rilevato che la Cassa, con la memoria di costituzione in appello, ha dedotto in proposito che il competente Servizio contributi stava provvedendo a verificare l'esatto importo dovuto dal professionista, alla luce di quanto da quest'ultimo sostenuto . La Corte territoriale, quindi, poiché la Cassa nel corso del giudizio non ha, tuttavia, fornito alcuna precisazione in ordine all'esecuzione ed agli esiti di tale verifica , in presenza di documenti che dimostrano l'avvenuto adempimento dell'obbligazione contributiva e in difetto di qualsiasi contestazione da parte della Cassa circa la congruità dei pagamenti effettuati , ha concluso che nulla era dovuto dall'avv. B. per tale titolo. Tale motivazione, concernente un accertamento di fatto, risulta senz'altro congrua e sufficiente, e resiste alla censura della ricorrente, che, in sostanza si risolve in una inammissibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio e di riesame del merito, non sussumibile nel controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'articolo 360 numero 5 c.p.c. v., fra le altre, Cass. 7-6-2005 numero 11789, Cass. 6-3-2006 numero 4766 . Peraltro la questione circa la non riferibilità, delle somme versate in autoliquidazione, ai minimi del contributo integrativo della quale non vi è traccia nell’impugnata sentenza e sulla quale manca in ricorso qualsiasi indicazione specifica in ordine all'avvenuta deduzione davanti ai giudici di merito risulta nuova e come tale inammissibile v. Cass. 15-2-2003 numero 2331, Cass. 10-7-2001 numero 9336 , giacché, in sostanza, la Cassa tenta di sopperire per la prima volta in questa sede di legittimità alle carenze di allegazione e di prova evidenziate dai giudici di merito. Con il terzo motivo, denunciando vizio di motivazione e violazione dell'articolo 21 della legge numero 576 del 1980, la ricorrente lamenta che la Corte di merito non si è pronunciata sulla debenza delle sanzioni e degli interessi relativi al contributo soggettivo e deduce che l'omissione è ancora più grave perché l'infondatezza della pretesa della Cassa per il contributo soggettivo, a fronte della domanda di restituzione ex articolo 21 citato, non si poteva estendere anche alle sanzioni ed interessi relativi v. Cass. numero 10190/2002 . Tale motivo, a parte la formulazione impropria del vizio denunciato - omessa pronuncia dedotta, anche nella sostanza della censura, come omessa motivazione e violazione di legge, cfr. da ultimo Cass. S.U. 24-7-2013 numero 17931 risulta inammissibile perché del tutto privo di autosufficienza. La ricorrente, infatti, nel ricorso non indica né specifica in alcun modo le singole poste dei crediti vantati che sono oggetto della censura. Peraltro la Corte d'Appello, sul punto, ha affermato che essendo stata accertata l'infondatezza della pretesa della Cassa per il contributo soggettivo come affermato dal giudice di primo grado, con statuizione non impugnata dalla Cassa e per quello integrativo, le sanzioni saranno dovute soltanto limitatamente al contributo per maternità, nonché per il mancato invio dei mod. 5/LO degli anni 1993-1994 , per cui è tale statuizione che avrebbe dovuto essere specificamente censurata. Il ricorso va pertanto respinto. Infine, considerata la infondatezza delle eccezioni preliminari sollevate dal controricorrente, le spese vanno compensate tra le parti costituite, mentre non deve provvedersi sulle spese nei confronti della Serit Sicilia s.p.a. già Montepaschi Serit s.p.a. , che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti costituite.