In tema di falsità documentali l’elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che consiste nella consapevolezza dell’ immutatio veri , non essendo richiesto l’ animus nocendi vel decipiendi . Tale dolo, tuttavia, non essendo in re ipsa , deve essere provato, dovendosi escludere il reato quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell’agente.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 23732 del 31 maggio 2013. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, di conferma di quella del Tribunale, riteneva alcuni medici dirigenti, direttori di Unità Operativa, primi e secondi operatori di una struttura ospedaliera colpevoli dei reati di cui agli artt. 476 e 479 c.p., per aver gli stessi, con diverse condotte, alterato i registri operatori di una serie di interventi chirurgici a cui avevano partecipato a vario titolo e omesso di dichiarare nei registri medesimi la partecipazione di altri medici ai predetti interventi. In particolare il giudice di primo grado con giudizio confermato in appello aveva ritenuto alcuni imputati responsabili della falsificazione, avvenuta nel luglio 2005, dei registri operatori mediante aggiunta senza data e firma , dopo l’originaria compilazione, degli elementi necessari riguardanti gli interventi chirurgici eseguiti, elementi che sin dall’inizio dovevano risultare dai suddetti documenti. La necessità di tale compilazione postuma si era resa necessaria a seguito del sequestro in copia conforme dei predetti registri da parte dei Carabinieri impegnati nelle indagini riguardanti un altro episodio , i quali, a seguito di una seconda acquisizione di dette copie novembre 2005 , avevano notato la diversità tra la prima versione e la seconda versione dei documenti in questione. Inoltre, in uno specifico episodio, nel registro operatorio era stata omessa, da parte di un dirigente medico, la verbalizzazione della partecipazione ad adiuvandum di un altro medico all’operazione ivi descritta avvenuta nel 2004 . Il tutto, al fine di non evidenziare il predetto aiuto, resosi necessario a causa delle difficoltà in cui si era venuto a trovare l’imputato durante lo svolgimento della su citata operazione. Avverso la sentenza della Corte d’Appello proponevano ricorso in Cassazione tutti gli imputati. Il medico accusato del delitto di cui all’art. 479 c.p. oltre a quello di cui all’art. 476 c.p. per l’omessa indicazione della partecipazione del suo collega ad una operazione chirurgica deduceva la insussistenza del reato ascrittogli, in quanto la presenza del medico aiutante , pur non riportata sul registro operatorio, era stata annotata nel registro della sala operatoria. In secondo luogo, non poteva esser degno di condivisione l’assunto della corte di merito, secondo la quale l’imputato, con la suddetta omissione, avrebbe voluto mascherare la propria difficoltà nello svolgere l’operazione per cui ha poi chiesto il sostegno del collega. In realtà, secondo la difesa, l’interesse dell’imputato aveva natura esattamente contraria, dovendosi ritenere che fosse stato più vantaggioso per lo stesso porre in evidenza il suo senso di responsabilità manifestatosi con la richiesta di soccorso . Tali elementi avrebbero dovuto, pertanto, dimostrare e dimostravano l’assenza di qualsiasi intento falsificatore, con conseguente assoluzione del medico per mancanza dell’elemento psicologico tipico del reato ascrittogli. Le doglianze degli altri imputati coloro che avevano proceduto alle compilazioni postume si basavano tutte sull’assunto per cui era da escludersi e il giudice di secondo grado aveva errato nel non farlo qualsiasi alterazione penalmente rilevante, in quanto le modifiche apportate ai registri non poggiavano su alcuna volontà riparatoria delle precedenti mancanze, con esclusione, quindi, di qualsiasi intenzione falsificatrice. E meno che mai dette alterazioni erano state dettate dall’esigenza di non incorrere in sanzioni disciplinari a seguito del primo accesso dei Carabinieri, accesso seguito dall’acquisizione delle copie incomplete dei registri. Infatti, l’obbligatorietà dell’inclusione degli elementi precedentemente omessi era emersa, per gli imputati, solo a seguito di alcune circolari emanate, successivamente al primo accesso degli uomini dell’Arma, dalla dirigenza del reparto. Da ciò avrebbe dovuto discendere, quindi, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, l’insussistenza del dolo di falsificazione necessario per la configurazione del delitto ex art. 476 c.p Tutti gli imputati, inoltre, eccepivano la non sussumibilità del registro operatorio nella categoria degli atti pubblici. La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi. Il registro operatorio è un atto pubblico La Suprema Corte, con un ampio richiamo alle proprie precedenti decisioni, si sofferma, in primis , sulla natura giuridica dei documenti oggetto della ritenuta falsificazione. Nel far proprie le considerazioni dei giudici di merito, la V sezione penale ribadisce che devono considerarsi pubblici anche gli atti che, come quello in questione, hanno una mera rilevanza interna alla pubblica amministrazione da cui provengono. Ciò, però, qualora il loro contenuto esplichi i suoi effetti anche su atti caratterizzati da rilevanza esterna. In particolare, il contenuto dei registri operatori viene trasfuso nelle cartelle cliniche, unico atto con efficacia esterna alla struttura ospedaliera. Ne deriva, perciò, che l’alterazione e l’erronea compilazione dei predetti registri, nel caso in questione, sono andate ad inficiare la genuinità delle cartelle cliniche, comportando la conseguenza dell’assimilazione, ai fini che in questa vicenda interessano, dei due tipi di documentazione. e il dolo di falso è generico. Analizzato e ritenuto perfettamente integrato l’elemento materiale dei reati contestati, sia per quanto riguarda il delitto di cui all’art. 476 c.p. che per ciò che concerne quello previsto dal successivo art. 479 c.p., i giudici di legittimità si soffermano sulle censure riguardanti i profili psicologici delle condotte incriminate. In particolare, come supra riferito, tutti gli imputati ritenevano con configurabile a loro carico i reati de quibus , in quanto le condotte poste in essere non sarebbero state sorrette da alcun intento falsificatore o, comunque, non avrebbero teso a nessun particolare fine che potesse giustificare la falsificazione. In sostanza, quindi, secondo le prospettazioni delle difese, i delitti in questione si caratterizzerebbero per la necessità del dolo specifico. Non basterebbero, cioè, la mera difformità tra il dichiarato nell’atto pubblico e l’accaduto art. 479 c.p. o l’alterazione fisica dell’atto stesso art. 476 c.p. , ma occorrerebbe uno scopo ulteriore, che vada al di là della condotta ex se considerata. La Corte di Cassazione smentisce questa ricostruzione, ribadendo anche in questo caso con un ampio richiamo ai propri precedenti che, ai fini della configurabilità dei delitti in questione, è sufficiente il dolo generico, inteso come consapevolezza di dichiarare il falso o di alterare un documento, non essendo richiesto alcun animus nocendi o decipiendi . La convinzione di non arrecare danno, quindi, non scrimina la condotta falsificatrice materiale o ideologica . Per quanto riguarda la vicenda in commento, evidente appare secondo la Corte di legittimità la consapevolezza degli imputati di compiere delle azioni che avrebbero minato la genuinità dei documenti dagli stessi redatti. Sia il medico che ha omesso di indicare la partecipazione di un suo collega ad un intervento chirurgico sia gli altri operatori sanitari che hanno modificato i registri operatori sapevano benissimo che quelle alterazioni o quell’omissione erano ben più che semplici irregolarità e ciò, secondo la sentenza in commento, è sufficiente affinché esse possano portare ad un giudizio di colpevolezza.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 febbraio - 31 maggio 2013, n. 23732 Presidente Zecca Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. F.N. , A.F.M. , G.G. , S.S.I. , N.N. e Gu.Ma. , medici ospedalieri presso il nosocomio omissis , erano chiamati a rispondere, innanzi al Tribunale di quella stessa città, dei reati di seguito indicati A1 A.F.M. . ai sensi degli artt. 81 cpv. 328, comma 1 cod. pen., in qualità di dirigente medico e primo operatore negli interventi chirurgici effettuati sui paziente I C. , S S. , G L.C. per mancata integrale compilazione del registro operatorio . B1 N.N. . Ai sensi degli artt. 81 cpv e 328 comma 1 cod. pen., quale Direttore dell'unità operativa di Chirurgia Generale I dell'Azienda Ospedaliera omissis , ed in qualità di primo operatore degli interventi chirurgici effettuati sui pazienti R T. , B.S. , E B. , P P. , P U. , M.F. e G A. , per mancata integrale compilazione del registro operatorio B2 M A.F. e N N. . Ai sensi degli artt. 61 numero , 110 e 476 cod. pen., perché, in concorso tra loro, al fine di occultare il delitto di cui al capo di imputazione B1 , limitatamente all'intervento chirurgico eseguito su R T. N N. quale direttore dell'U.O. di Chirurgia generale I, primo operatore, ed istigatore della condotta M A.F. , quale secondo operatore e materiale esecutore della falsificazione, alteravano il registro operatorio dell'intervento chirurgico effettuato su R T. il omissis - acquisito in copia conforme il omissis - aggiungendovi in seguito numerosi elementi. In , tra il omissis data di acquisizione in copia conforme della pagina del registro operatorio mancante delle indicazioni e omissis data di accertamento delle avvenute aggiunte illecite . B3 Gu.Ma. e N.N. . Ai sensi degli articolo numero , 110 e 476 cod. pen. perché, in concorso tra loro, al fine di occultare il delitto di cui al capo di imputazione B1 in relazione all'intervento chirurgico su P.P. N N. quale direttore dell'U.O. di Chirurgia generate I, primo operatore dell'intervento chirurgico, ed istigatore della condotta Ma Gu. quale secondo operatore nell'intervento chirurgico e materiale esecutore della falsificazione alteravano il registro operatorio dell'intervento chirurgico effettuato su P P. l’ - acquisito in copia conforme il omissis - aggiungendovi in seguito numerosi elementi. In , tra il omissis data di acquisizione in copia conforme della pagina del registro operatorio mancante delle indicazioni ed il omissis data di accertamento delle avvenute aggiunte illecite . B3 G.G. e N.N. . ai sensi degli artt. 61 numero , 110 e 476 cod. pen., perché in concorso tra loro, al fine di occultare il delitto di cui al capo d'imputazione B1 in relazione all'intervento chirurgico su M.F. N N. quale direttore dell'U.O. di Chirurgia generale I, primo operatore, ed istigatore della condotta G G. quale secondo operatore nell'intervento chirurgico e materiale esecutore della falsificazione alteravano il registro operatorio dell'intervento chirurgico effettuato su F M. il omissis - acquisito in copia conforme il omissis - aggiungendovi in seguito numerosi elementi. In , tra il omissis data di acquisizione in copia conforme della pagina del registro operatorio mancante delle indicazioni e il omissis data di accertamento delle avvenute aggiunte illecite . C1 F.N. . Ai sensi degli artt. 81 cpv e 328 comma 1 cod. pen., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale dirigente medico dell'Unita operativa di Chirurgia Generate I dell'Azienda Ospedaliera omissis , ed in qualità di primo operatore degli interventi chirurgici effettuati sui pazienti R C. , R.C. , B I. e R P. , per omessa integrale compilazione del registro operatorio. C2 F.N. e N.N. . Ai sensi degli artt. 40 cpv, 61 numero , 81 cpv, 110 e 476 cod. pen., perché in concorso tra loro, al fine di occultare il delitto di cui al capo di imputazione C1, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso N F. nella qualità indicata al capo di imputazione C1 e materiale esecutrice della falsificazione N.N. quale direttore dell'UO di Chirurgia Generate I, responsabile della corretta compilazione, tenuta e conservazione del registro operatorio, non impedendo, nonostante fosse a ciò giuridicamente obbligato, la falsificazione di seguito indicata, alteravano i registri operatori meglio indicati nel capo di imputazione C1 - acquisiti in copia conforme il omissis - aggiungendovi in seguito numerosi elementi. In , tra il omissis data di acquisizione in copia conforme della pagine del registro operatorio mancanti delle indicazioni e il omissis data di accertamento delle avvenute aggiunte illecite . D S.S.I. . ai sensi degli artt. 476 e 479 cod. pen., perché in qualità di Dirigente medico dell'Unita Operativa di Chirurgia Generale dell'Azienda Ospedaliera omissis , e di primo operatore dell'intervento di colecistectomia effettuato sul paziente C.S. , ometteva di indicare nel registro operatorio la partecipazione all'operazione del Dott. G M. , che, intervenuto su sollecitazione dello stesso S. - in difficoltà per un sanguinamento eccessivo proveniente dal letto della colecisti - procedeva a terminare le operazioni di scollamento della colecisti, ad arrestare un copioso sanguinamento proveniente da alcuni vasi ed a legare un dotto biliare secondario. In , il omissis . A.F.M. e N.N. rich. rinvio a giud. del 3/10/2006 ai sensi degli artt. 110 e 328 comma 1 c.p., perché in concorso tra loro, il primo quale Direttore dell'Unità operativa di Chirurgia Generale I dell'Azienda Ospedaliera OMISSIS , ed in qualità di primo operatore dell'intervento chirurgico effettuato sul paziente C L.T. , ed il secondo quale chirurgo e secondo operatore del medesimo intervento chirurgico, per omessa integrale compilazione del registro operatorio. 2. Con sentenza del 13/11/2008 il Tribunale dichiarava Gu.Ma. , G.G. e S.S.I. colpevoli dei reati loro rispettivamente ascritti, nonché N.N. colpevole dei reati ascritti ai capi B2 , B3 , B4 erroneamente indicato come B3 e C2 , unificati per continuazione F.N. colpevole del reato continuato ascrittole al capo C2 ed A.F.M. colpevole del reato ascrittogli al capo B2 , esclusa per tutti l'aggravante di cui all'art. 61 n. 2 cod. pen. e, concesse ai predetti imputati le circostanze attenuanti generiche, condannava, con il beneficio della sospensione condizionale per tutti, - N. alla pena di anno uno di reclusione - F. e S. alla pena di mesi dieci di reclusione ciascuno - Gu. , G. ed A.F. alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno, oltre consequenziali statuizioni. Assolveva, invece, il N. , la F. e l'A.F. dai restanti reati, loro rispettivamente ascritti, con formula perché il fatto non costituisce reato. Dichiarava, altresì, la falsità dei documenti indicati ai capi B2 , B3 , B4 , C2 e D . 2.1 La sentenza di primo grado fondava il giudizio di penale responsabilità sulle seguenti risultanze processuali l'acquisita documentazione della struttura sanitaria ove prestavano servizio gli imputati le dichiarazioni dei testi e degli imputati di reato connesso nonché le ammissioni degli stessi imputati. Da tale insieme probatorio il primo giudice aveva tratto il convincimento che costoro, nelle qualità indicate in rubrica, avessero provveduto alla materiale falsificazione del registro operatorio dell'Unità Operativa di Chirurgia Generate I dell'Ospedale omissis , aggiungendo, dopo l'originaria compilazione, gli elementi essenziali riguardanti gli interventi chirurgici praticati, e che rispetto a detta attività il N. avesse assunto il ruolo di istigatore e gli altri imputati - diversi dallo S. - quello di meri esecutori materiali. Il Tribunale aveva, invece, assolto gli stessi imputati dal reato di omissione di atti d'ufficio, pure ad essi ascritto, per ritenuta mancanza dell'elemento psicologico. 3. Pronunciando sui gravami proposti dai difensori, la Corte d'Appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione impugnata, con ulteriori statuizioni di legge. 4. Avverso l'anzidetta pronuncia i difensori di F.N. , A.F.M. , G.G. , S.S.I. , N.N. e Gu.Ma. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, ciascuno affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva. Considerato in diritto 1. Con unico motivo d'impugnazione il difensore di N F. denuncia erronea applicazione della norma penale mancanza o contraddittorietà di motivazione ed erronea valutazione delle risultanze di causa, ai sensi dell'art. 606 lett. b ed e , in riferimento all'art. 476 cod. pen. Contesta, in particolare, la lettura delle risultanze processuali resa dal giudice a quo, che aveva ravvisato gli estremi del reato di falso nel completamento del registro ospedaliero, mediante trascrizione di dati veri - peraltro già trasfusi nelle cartelle cliniche - in origine mancanti, secondo le successive prescrizioni del dirigente del reparto, prof. N. , con nota del OMISSIS , che aveva raccomandato la completa compilazione, e che la sola irregolarità commessa consisteva nella mancata annotazione - nell'aggiunta apportata - del nome dell'autore e della data, così come prescritto con successiva nota omissis della dr.ssa M.G F. , direttore sanitario del presidio ospedaliero omissis . Contesta, poi, l'argomento del giudice di appello, che, in ordine all'elemento soggettivo, aveva fatto riferimento ad asserita finalità dell'integrazione, consistente nell'intendimento di evitare sanzioni disciplinari, in quanto mai nessuna contestazione era stata fatta od avrebbe potuto essere fatta essendo decorsi i termini previsti dalla contrattazione collettiva a far tempo dalla data in cui la direzione dell'ente aveva avuto contezza dell'incompleta compilazione del registro ospedaliero. Lo stesso assunto argomentativo, secondo cui la falsità avrebbe potuto essere evitata solo mediante apposizione di data, poteva semmai valere a dimostrare la leggerezza con la quale l'imputata aveva agito, nel pieno convincimento di non arrecare danno ad alcuno. 1.1. Il ricorso in favore di M A.F. e di G.G. lamenta, con unico motivo, violazione dell'art. 606 lett. b cod. proc. pen., per erronea interpretazione ed applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 476 e 51 comma 3 cod. pen., nonché violazione dello stesso art. 606 lett. e del codice di rito, per manifesta illogicità e contraddittorietà di motivazione. Nel ripercorrere lo svolgimento dei fatti, i ricorrenti segnalano che le aggiunte contestate erano state apportate nel registro ospedaliero dopo che i Carabinieri avevano proceduto all'acquisizione di copia dello stesso registro, in esito alla quale il dirigente aveva inviato nota con cui raccomandava la completezza delle annotazioni. La sola manchevolezza, nell'aggiunta apportata, consisteva nell'omessa apposizione di firma e data, ma tanto valeva a dimostrare la perfetta buona fede degli autori, sebbene, ai fini dell'integrazione del reato di falso, fosse sufficiente il solo dolo generico. 1.2. Il primo motivo del ricorso in favore di S.S.I. deduce violazione dell'art. 606 lett. b ed e cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 476 e 47 cod. pen. e delle circolari ministeriali specificamente indicate nonché illogicità manifesta o contraddittorietà di motivazione. Lamenta, in particolare, che sia stata disattesa la doglianza difensiva, espressa nell'atto di appello, in ordine all'insussistenza del falso ideologico, posto che il nome del dr. G M. , intervenuto nell'operazione, risultava comunque dal registro della sala operativa. Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 606 lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 42, 476 e 479 cod. pen., contestando l'assunto argomentativo del giudice di appello secondo cui la consapevolezza del falso sarebbe desumibile dall'interesse a tenere nascosto l'intervento del collega dr. M.G. , laddove l'effettivo interesse era semmai l'esatto contrario, ossia quello di evidenziare il suo comportamento lodevole e scrupoloso, consistente nella sollecitata partecipazione all'intervento di altro collega, più esperto, appositamente convocato. Deduce, comunque, che il percorso motivazionale era contraddittorio ed illogico, per nulla aderente alle risultanze processuali specificamente allegate. 1.3. Il ricorso in favore di N N. e di Gu.Ma. deduce violazione dell'art. 125, comma 3, e 546 lett. e cod. proc. pen. nonché dell'art. 476 cod. pen. Contesta, in particolare, la valutazione delle risultanze di causa in base alle quali era stata ritenuta la sussistenza del reato in contestazione, con particolare riferimento all'elemento psicologico, che, nella specie, era invece da escludere sia perché, come da corrispondenza in atti, la direzione amministrativa era al corrente dell'incompleta compilazione del registro sia perché l'obbligo del relativo completamento, con apposizione di firma e data, era sorto solo a seguito della circolare OMISSIS della dr.ssa F.M.G. , dopo il secondo accesso dei Carabinieri. 2. Dallo sviluppo della narrativa, sulla base di incontestata ricostruzione effettuata dai giudici di merito, a sostegno del ribadito giudizio di colpevolezza, emergono due vicende sostanziali, distinte anche cronologicamente, pur se fra di loro in qualche modo connesse. La prima riguarda, in via esclusiva, l'imputato S.I.S. , imputato del reato di cui al capo D , ai sensi degli artt. 476 e 479 cod. pen., nella sua qualità di dirigente medico, primo operatore di un intervento di colecistectomia. L'addebito a suo carico consiste nell'omessa indicazione nel registro operatorio della partecipazione all'intervento di altro sanitario, il più esperto dr. G M. , la cui collaborazione era stata richiesta dallo stesso imputato per fronteggiare le difficoltà insorte nel corso della anzidetto intervento chirurgico. Il fatto risaliva al omissis . La seconda vicenda riguarda, invece, tutti gli altri sanitari coinvolti, nella loro qualità di primo o secondo operatore di interventi chirurgici, in un'attività di postuma manomissione del registro operatorio, allo scopo di integrarne l'incompleta redazione, con necessarie informazioni suo tempo omesse. Si è, infatti, verificato che, nel corso di indagini preliminari compiute a seguito di denunce relative ad un intervento chirurgico, eseguito nella stessa struttura sanitaria, la polizia giudiziaria, in data 21/07/2005, aveva sequestrato in copia l'intero registro operatorio. Saputo dell'intervenuto accesso, i chirurghi operatori di tutti gli altri interventi chirurgici annotati nel registro si erano affrettati a completare le annotazioni prima mancanti nei termini di cui si è detto. Non potevano, ovviamente, immaginare che la PG, da lì a poco, esattamente il OMISSIS , avrebbero effettuato un secondo accesso, procedendo all'estrazione di ulteriori copie dello stesso registro operatorio. Sulla base del raffronto tra le copie estratte nella prima occasione e quelle successivamente acquisite era ottenuta prova incontrovertibile dell'intervento manipolatorio posto in essere nell'arco di tempo intercorrente tra i due accessi. Da qui la pacifica - ed incontestata - riferibilità della manomissione ai chirurghi, odierni ricorrenti, chiamati a rispondere del reato di cui all'art. 476 cod. pen. per alterazione del registro operatorio. 2.1 Le due vicende - solo all'apparenza analoghe - sono in realtà diverse sia per l'epoca di realizzazione la prima, riferibile al solo S. , risale al omissis l'altra, ascrivibile invece a tutti gli altri ricorrenti, si colloca - come da rubrica - nel lasso di tempo tra il OMISSIS , data del primo accesso della PG, ed il omissis , data del secondo accesso sia per modalità ed intrinseco contenuto la prima consiste, infatti, in un falso per omissione, per avere lo S. omesso di indicare nel registro operatorio la partecipazione all'intervento chirurgico di altro sanitario, da lui stesso sollecitata la seconda riguarda, invece, la materiale alterazione del registro operatorio per aggiungervi postume annotazioni ed ovviare quindi all'iniziale incompletezza. 3. Questi, dunque, i fatti nella loro dimensione fenomenica, i giudici di merito erano chiamati a verificarne la sussumibilità nel paradigma degli artt. 476 - 479 cod. pen. per lo S. , e dell'art. 476 cod. pen., per tutti gli altri imputati. La risposta positiva dagli stessi resa, con conforme statuizione nei due gradi di giudizio, è fatta, ora, oggetto di critiche da parte dei ricorrenti. 4. Tanto premesso, si osserva che le doglianze formulate in distinti ricorsi, in quanto accomunate da identica ratio contestativa, in funzione - come si è detto - della negata configurabilità degli estremi dei falsi in contestazione, possono essere congiuntamente esaminate. Orbene, le stesse sono tutte infondate, in quanto la risposta motivazionale del giudice a quo alle problematiche giuridiche ancor oggi sollevate al riguardo appare congrua e formalmente ineccepibile. 4.1. Il primo profilo di diritto che entrambe le vicende sostanziali ponevano riguardava la natura giuridica del registro operatorio. Correttamente la Corte territoriale ha ravvisato in detto registro la natura di atto pubblico, in ciò confortata da indiscussa lezione giurisprudenziale di questo Giudice di legittimità, che, in più occasioni, si è espressa nel senso di siffatta qualificazione, in ragione dell'intrinseca natura e della precipua finalità dell'atto in questione al soddisfacimento di esigenze di pubblica fede, in funzione della necessaria documentazione ed informazione del tipo di intervento invasivo praticato ai pazienti, delle modalità con cui è stato posto in essere, degli operatori che vi hanno preso parte, con specifica indicazione delle attività da ciascuno espletate cfr., nei termini della riferita qualificazione giuridica, Cass. Sez. 6, n. 15953 del 05/04/2012, rv. 252596 id. Sez. 5, n. 11366 del 21/04/1989, rv. 181981 . A fugare ogni eventuale perplessità in proposito, connessa al fatto che l'atto di evidenza esterna è solo la cartella clinica, è sufficiente rilievo che la detta cartella deve riprodurre integralmente il contenuto del registro operatorio, di guisa che, con riferimento a quest'ultimo, è anche pertinente il richiamo ad indiscusso insegnamento giurisprudenziale in ordine alla natura di atto pubblico degli atti interni della pubblica amministrazione, destinati a costituire ineludibili presupposti, di fatto o giuridici, di provvedimenti successivi cfr., proprio in riferimento al registro operatorio, il datato precedente Cass. Sez. 3, n. 8998 del 22/07/1987, rv. 176532, secondo cui sono atti pubblici anche quegli atti della P.a. meramente interni documenti compilati a fini contabili amministrativi, registri predisposti per la documentazione delle operazioni effettuate che siano idonei a provare l'attività svolta dal P.U. nell'esercizio delle sue funzioni nella specie pubblico impiegato, di un ente autarchico di diritto pubblico, qual’è un ospedale nell'attuale organizzazione sanitaria e la regolarità delle operazioni da lui compiute per la realizzazione dei compiti istituzionali affidatigli. Gli ospedali, quali persone giuridiche pubbliche, agiscono attraverso atti amministrativi e, per quanto riguarda le situazioni amministrative-contabili accertate e documentate con attività demandate e svolte dal P. U. per mezzo di atti pubblici, nella specie finalizzati alla successiva emissione di mandati di pagamento in favore di terzi, fattispecie relativa a buoni di ricezione e visti di regolarità di merci ritenute falso ideologico in atto pubblico -, id Sez. 5, n. 10149 del 16/10/1984, rv. 166727 è atto pubblico, agli effetti delle norme sul falso documentale, il registro operatorio di un ospedale civile destinato a documentare il numero e le modalità esecutive degli interventi chirurgici, a nulla rilevando che la sua tenuta non sia espressamente prevista da alcuna disposizione di legge o regolamentare, che sia atto interno da riprodurre nelle cartelle cliniche aventi efficacia esterna e che non sia sottoscritto. Sulla natura, in genere, di atto pubblico degli atti interni di un procedimento amministrativo , cfr. pure, Cass. Sez. 5, n. 7636 del 12/12/2006 rv. 236515 id, numero del 06/10/2003. Rv 227659 . 4.2. È, poi, pacifica la specificità della condotta materiale nel primo caso, un'attività omissiva, consistente nella mancata annotazione dell'intervento partecipativo di altro chirurgo, che aveva compiuto la parte più delicata dell'operazione nel secondo caso, un'alterazione materiale del registro operatorio ai fini della postuma aggiunta di informazioni essenziali, prima omesse. In entrambe le ipotesi. La configurazione giuridica proposta dai giudici di merito è certamente corretta. Nulla questio sulla sussistenza, nella prima ipotesi, della condotta materiale propria del falso ideologico per omissione, trattandosi di omessa indicazione di un momento essenziale del fatto rappresentato, i fini del soddisfacimento di quelle esigenze di pubblica fede cui in precedenza si è fatto riferimento. In tal senso, questa Corte regolatrice si è già pronunziata rilevando che in tema di falso documentale, integra i delitti di falsità materiale e ideologica per omissione, commessa dal pubblico ufficiale, la condotta di colui che in qualità di medico ospedaliero, ometta di attestare in sede di cartella clinica - atto pubblico assistito da fede privilegiata - che l'intervento chirurgico ivi descritto e subito dalla paziente non è avvenuto in ospedale ma nella abitazione di quest'ultima, trattandosi di omissione concernente un enunciato significativo, considerato che l'abitazione privata non costituisce di norma sede deputata al compimento di interventi chirurgici cfr. Cass. Sez. 5, n 12132 dell'01/12/2011, dep. 30/03/2012, Rv. 252162 cfr. pure, id. Sez. 5, n. 18191 del 09/01/2009, Rv. 243774, secondo cui l'incompletezza di una attestazione da luogo ad una falsità ideologica qualora il contesto espositivo dell'atto sia tale da far assumere all'omissione dell'informazione, relativa ad un determinato fatto, il significato di negazione della sua esistenza id. Sez. 1, n. 46966 del 17/11/2004, Rv. 231183 secondo cui la falsità ideologica di un atto può derivare anche dall'omissione o dalla incompletezza dei dati in esso illustrati, quando il contesto espositivo sia tale che la parzialità dell'informazione si risolve nella mendace negazione dell'esistenza di un fatto . Parimenti pacifica, nella seconda vicenda, è la falsità materiale - integrata dall'attività manipolatoria del registro operatorio - commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, sensi dell'art. 476 cod. pen., così come esattamente ritenuto dai giudici di merito. Ineccepibile, dunque, in entrambi i casi, la ritenuta sussistenza del presupposto materiale dei reati in contestazione, risulta parimenti immune da critiche anche l'individuazione della componente soggettiva, consistente, pacificamente, nel dolo generico. Ed infatti, in tema di falsità documentali, ai fini dell'integrazione del delitto di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici art. 476 cod. pen. , l'elemento soggettivo richiesto è il dolo generico, che consiste nella consapevolezza della immutatio veri , non essendo richiesto l animus nocendi vel decipiendi non si tratta, tuttavia, di un dolo in re ipsa , in quanto deve essere provato, dovendosi escludere il reato quando il falso derivi da una semplice leggerezza dell'agente cfr. Cass. Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Rv. 248264 . Identica affermazione vale per il reato di cui all'art. 479 cod. pen. cfr. Cass. Sez. 5, n. 6182 del 03/11/2010 dep. 18/02/2011 Rv. 249701, sul riflesso che, ai fini dell'elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, consistente nella rappresentazione e nella volontà dell' immatio veri , mentre non è richiesto l’ animus nocendi né l animus decipiendi , con la conseguenza che il delitto sussiste non solo quando la falsità sia compiuta senza l'intenzione di nuocere ma anche quando la sua commissione sia accompagnata dalla convinzione di non produrre alcun danno cfr., pure, id Sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, Rv. 232138 . Orbene, nel caso di specie, l'elemento soggettivo è stato adeguatamente ritenuto provato sulla scorta delle pacifiche peculiarità della fattispecie, tali da escludere - nell'una e nell'altra vicenda - che la falsità fosse imputabile a mera negligenza o ad incompleta conoscenza od errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, alla negligente applicazione di una prassi amministrativa, rivelando, piuttosto, compiuta e piena consapevolezza di un'incompleta rappresentazione del fatto da rappresentare vicenda S. e dell'indebita attività manipolatoria posta in essere nell'altra vicenda . Nel primo caso, infatti, ogni profilo di buona fede è stato, plausibilmente, escluso in ragione del significato e della rilevanza della contestata omissione, di cui lo S. , nella sua qualità di esperto dirigente medico dell'unità operativa di chirurgia generale di un importante nosocomio, non poteva non essere avvertito. Era di tutta evidenza infatti che l'omissione - e dunque l'incompleta rappresentazione del vero - era, oggettivamente, intesa ad oscurare la partecipazione all'intervento di altro chirurgo, appositamente sollecitata. La circostanza, la cui evidenza pubblica avrebbe sotteso implicita ammissione di incapacità di far fronte a determinate difficoltà insorte nel corso dell'operazione, era potenzialmente pregiudizievole per lo stesso dirigente, per possibili riflessi negativi ai fini delle periodiche valutazioni di professionalità o, quanto meno, per il prestigio e l'orgoglio professionale dello stesso sanitario. Ne vale replicare, come si è fatto anche all'odierna udienza, che la partecipazione del dr. G M. risultava comunque dal registro di sala operatoria. Ed infatti, quest'ultimo registro, tenuto dal personale infermieristico, aveva rilevanza solo interna per mere esigenze gestionali ed organizzative, senza essere in alcun modo destinato a costituire presupposto di alcun successivo atto o a costituire momento rilevante di alcuna sequela procedimentale. Consisteva, infatti, nella quotidiana annotazione degli interventi eseguiti nella sala operatoria, della tipologia degli stessi, del personale anche paramedico coinvolto, ma soprattutto nel monitoraggio degli stock di medicinali e presidi di sala operatoria utilizzati, al fine di un costante controllo delle relative riserve, al fine di assicurarne il tempestivo approvvigionamento. È appena il caso di osservare che la l'annotazione nel registro della sala operatoria della presenza del dr. M. all'intervento chirurgico costituiva prova non già della buona fede del dr. S. , quanto piuttosto della falsità del registro operatorio, il solo che per preciso obbligo giuridico dei suoi compilatori - avrebbe dovuto dar atto di quella partecipazione. Anche in riferimento alla seconda vicenda è stato, argomentatamele, escluso ogni atteggiamento di buona fede negli imputati, odierni ricorrenti, ed ogni rilevanza al fatto che, solo con circolare del omissis , l'Azienda ospedaliera avesse raccomandato al personale medico che ogni successiva correzione del registro ospedaliere fosse effettuata con annotazione a margine della data e dell'autore della stessa modifica. Ed infatti, per la loro qualità di operatori di collaudata esperienza, ben consapevoli della valenza probatoria ed attestativa del registro operatorio, i ricorrenti erano di certo avvertiti dell'immodificabilità delle relative attestazioni e che ogni successivo intervento di correzione avrebbe dovuto essere effettuato con modalità di trasparenza e non già in forma surrettizia. Era del resto regola ordinaria di esperienza e di radicata prassi amministrativa, al di là di qualsivoglia formale consacrazione pur successivamente intervenuta , che la correzione di un atto formale, dotato di valenza fidefacente, avrebbe dovuto essere effettuata con modalità tali da consentirne l'agevole individuabilità e la riferibilità al suo autore. 5. Per quanto precede, tutti i ricorsi devono essere rigettati, nei termini di cui in dispositivo. P.Q.M. Rigetta i ricorsi condanna ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali.