Scende dal pullman e cade: risarcimento anche dal Comune che ha organizzato il viaggio

Sconfitta definitiva per l’ente pubblico. Esso, assieme alla società proprietaria dell’autobus preso a noleggio, dovrà provvedere a versare quanto stabilito dai giudici come ristoro per le lesioni subite dalla donna.

Brutta caduta per un’anziana donna. Fatale la discesa dal minibus. Il veicolo è stato noleggiato dal Comune per la realizzazione di un viaggio. E anche l’ente pubblico – oltre alla società di trasporti proprietaria del ‘quattro ruote’ – deve provvedere al risarcimento dei danni Cassazione, sentenza numero 681, sezione Terza Civile, depositata oggi . Trasporto. Passaggio centrale nella battaglia giudiziaria è la decisione emessa in Appello. Lì i magistrati sanciscono la condanna del «Comune» e dell’imprenditore – titolare della società di trasporti – essi debbono sobbarcarsi «il risarcimento dei danni patiti da una donna per una caduta» verificatasi «durante un viaggio» organizzato dall’ente pubblico e realizzato con l’«autobus» dell’azienda privata. Decisiva la ricostruzione del fattaccio. La donna è finita a terra «mentre scendeva dall’autobus». Per i giudici di secondo grado, quindi, è indiscutibile che «il sinistro» si sia verificato «durante una delle attività indispensabilmente connesse all’esecuzione del contratto di trasporto». E tale visione viene ora condivisa dalla Cassazione. Respinte le obiezioni mosse dai legali del Comune. Per chiudere la vicenda è sufficiente il buon senso non può «neppure immaginarsi», spiegano i Giudici, «come non coessenziale all’esecuzione del contratto di trasporto anche la condotta di salita e di discesa della persona trasportata dal veicolo». Anche perché, senza «salita» e senza «discesa», è lapalissiano, «il passeggero non potrebbe nemmeno fruire del trasporto», e, anzi, neanche si potrebbe parlare di «trasporto». Va aggiunto poi che vanno considerati come «verificatisi durante il viaggio anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere, del trasporto, e durante le fermate», quindi anche in occasione di «salita o discesa». Tutto ciò consente di ritenere responsabile, per la disavventura vissuta dalla donna, anche il Comune, che, peraltro, non ha minimamente provato a dimostrare che la caduta fosse addebitabile a «fatto imprevedibile e non evitabile con la normale diligenza».

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 novembre 2015 – 18 gennaio 2016, numero 681 Presidente Vivaldi – Relatore De Stefano Svolgimento del processo § 1. - II Comune di Gaeta ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza numero 5060 del 12.10.12 della corte di appello di Roma, con cui, in accoglimento dei gravame avvero la sentenza dei tribunale di Latina - sez. dist. di Gaeta numero 356/08, è stata accolta la domanda di Gerlanda Casa, quale erede di M.D., di condanna dei medesimo Comune e di F.P. al risarcimento dei danni patiti dalla D. per una caduta, durante un viaggio organizzato dal primo, dall'autobus dei secondo convenuto. Gli intimati non notificano controricorso. Motivi della decisione § 2. - Il ricorrente articola due motivi, dolendosi, col primo, di violazione dell'articolo 1681 c.c. e, col secondo, di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio sostanzialmente censurando la ricostruzione della corte di merito in punto di carenza di prova liberatoria per il vettore. § 3. - Il primo motivo è infondato correttamente la corte territoriale ha fondato la sua decisione in punto di an debeatur sulla mancanza della prova liberatoria, altrettanto correttamente - in conformità alla giurisprudenza di questa Corte - addossandone l'onere al vettore e risultando evidente come il sinistro, occorso alla D. mentre scendeva dall'autobus, sia accaduto durante una delle attività indispensabilmente connesse all'esecuzione dei contratto di trasporto, non potendo - intuitivamente - neppure immaginarsi come non coessenziale a tale esecuzione anche la condotta di salita e di discesa dei trasportato dal veicolo, senza le quali il passeggero non potrebbe nemmeno fruire del trasporto ed anzi nessun trasporto vi potrebbe nemmeno essere. Infatti, nel contratto di trasporto di persone regolato dal codice civile, il viaggiatore, che abbia subito danni a causa del trasporto quando cioè il sinistro è posto in diretta, e non occasionale, derivazione causale rispetto all'attività di trasporto , ha l'onere di provare il nesso eziologico esistente tra l'evento dannoso ed il trasporto medesimo dovendo considerarsi verificatisi durante il viaggio anche i sinistri occorsi durante le operazioni preparatorie o accessorie, in genere, del trasporto e durante le fermate e comprese la salita o la discesa Cass., ord. 30 aprile 2011, numero 9593 , essendo egli tenuto ad indicare la causa specifica di verificazione dell'evento, mentre incombe, invece, sul vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità a suo carico gravante ai sensi dell'articolo 1681 cod. civ., l'onere di provare che l'evento dannoso costituisce fatto imprevedibile e non evitabile con la normale diligenza da ultimo, v. Cass. 20 luglio 2010, numero 16893 Cass. 17 luglio 2003, numero 11194 . E la corte di merito, con valutazione in questa sede insindacabile in quanto scevra da vizi logici o giuridici, ha rilevato come l'onerato vettore non abbia fornito alcuna prova in tal senso, indicando analiticamente cosa avrebbe invece dovuto allegare e provare mentre le censure dell'odierno ricorrente non solo non si appuntano contro il principio di diritto sopra ricordato, ma neppure si fanno carico della contestazione specifica e punto per punto di quali concreti positivi elementi in contrario, a favore della liberazione del vettore dalla sua responsabilità, sarebbero stati pretermessi dalla corte di merito. Il motivo va pertanto disatteso. § 4. - Il secondo motivo è inammissibile viene invocato il vecchio testo dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., nonostante alla fattispecie, essendo stata pubblicata la sentenza di secondo grado dopo il giorno 11.9.12, si debba applicare il nuovo testo, che ammette censure alla ricostruzione dei fatti solo limitatamente all'omesso esame di un punto decisivo e che è ricostruito con estremo rigore dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte per tutte Cass. Sez. Unumero , 7 aprile 2014, numero 8053 Cass. Sez. Unumero , 22 settembre 2014, numero 19881 , secondo parametri che non sono rispettati dalla complessiva contestazione delle conclusioni raggiunte dalla Corte di merito sull'assenza di prova liberatoria. § 5 - Il ricorso va rigettato ma, se non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità per non avervi svolto attività difensiva gli intimati, trova comunque applicazione l'articolo 13, co. 1-quater, dei d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall'articolo 1, co. 17, della l. 24 dicembre 2012, numero 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione norma in forza della quale il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest'ultima, a dare atto - senza possibilità di valutazioni discrezionali Cass. 14 marzo 2014, numero 5955 - della sussistenza dei presupposti rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione per il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, a norma del co. 1-bis del detto articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso ai sensi dell'articolo 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modif. dalla I. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dei co. 1-bis dello stesso articolo 13.