Investigatori privati: la rivoluzione del settore terziario determina un nuovo inquadramento dell’attività

L’attività di investigatore privato, volta alla produzione di un servizio di acquisizione di dati e di elaborazione degli stessi, va inquadrata a fini previdenziali ed assistenziali nel settore commercio. Chi esercita tale attività deve, quindi, iscriversi nella relativa gestione assicurativa.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3228 del 12 febbraio 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna accoglieva il ricorso di due investigatori privati proposto nei confronti dell’INPS, liberandoli dagli obblighi contributivi nei confronti dell’ente previdenziale fino a tutto il 1996 per tale loro qualità. Questo perché essa non era qualificabile come commerciale, consistendo nella effettuazione di valutazioni, elaborazione e sintesi dei dati raccolti con netta prevalenza dell’aspetto intellettuale su quello di mera prestazione materiale. L’INPS ricorre per cassazione, chiedendo se l’attività di investigatore privato svolta prima dell’entrata in vigore della l. n. 662/1996, rientrando nell’abito dell’art. 49, co. 1, lett. d , l. n. 88/1989 possa essere inquadrata a fini previdenziali nel settore commercio. Inquadramento dell’attività di investigatore privato. Il ricorso è fondato l’attività di investigatore privato, volta alla produzione di un servizio di acquisizione di dati e di elaborazione degli stessi, va inquadrata a fini previdenziali ed assistenziali nel settore commercio. Chi esercita tale attività deve, quindi, iscriversi nella relativa gestione assicurativa, in applicazione dell’art. 49, l. n. 88/1989 che, nel classificare a fini previdenziali e assistenziali le diverse attività lavorative e nell’includere nel settore terziario quelle commerciali, comprende in esse anche le attività che si concretizzano in una prestazione di servizi. L. n. 88/1989 un nuovo sistema classificatorio delle attività datoriali. La decisione della Suprema Corte si fonda sulla l. n. 88/1989 che ha introdotto un nuovo e più moderno sistema di classificazione delle attività datoriali idoneo a sostituire il precedente art. 2135 c.c. e a fornire una collocazione delle diverse imprese valida per tutti a fini previdenziali, indipendentemente dalla natura dei singoli contributi da prestare a fini assicurativi. Attualmente, l’art. 49 prevede cinque comparti – industria artigianato agricoltura terziario credito, assicurazione e tributi – e la riduzione dell’area delle attività industriali, essendo, ora, le attività di produzione di servizi ricomprese nel settore terziario. Una nuova fisionomia per il settore terziario. Pertanto, secondo l’art. 49, lett. d , l. n. 88/1989 sono ricomprese in quest’ultimo settore le attività commerciali, tra cui quelle turistiche, di produzione, intermediazione e prestazione di servizi anche finanziari, le attività professioni e artistiche e le relative attività ausiliarie. Vi fanno parte anche le attività professionali anche se svolte in forma di impresa. In particolare, l’attività di investigatore privato svolta in favore di quanti hanno necessità di acquisire notizie o conoscenze e che richiede apposita licenza oltre all’iscrizione nel registro delle imprese, rientra nel terziario così come anche quelle attività che in passato venivano normalmente attribuite all’industria leasing , factoring , marketing , organizzazione e consulenza aziendale, servizi di pulizia di uffici e stabilimenti, servizi di nettezza urbana, case di cura, servizi idrotermali, ecc . Nuovi criteri determinativi degli obblighi contributivi. In questo modo, il legislatore mira ad assimilare le attività commerciali, comprese quelle di prestazioni di servizi, alle attività professionali ed artistiche al fine di assicurare un’analoga tutela previdenziale. Tuttavia, vi è anche l’intento di differenziare la posizione di coloro che prestano un servizio dai professionisti in senso stretto. In conseguenza di tali modifiche, per quanto concerne i criteri determinativi degli obblighi contributivi, si fa riferimento ai comparti indicati nell’art. 49 correttamente, quindi, l’INPS inquadra coloro che forniscono un servizio investigativo a persone o enti nella gestione dei commercianti, non potendo considerarsi costoro liberi professionisti, né potendo essere inquadrata la loro attività alla stregua delle libere professioni intellettuali ex art. 2229 c.c., per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi. L. n. 335/1995. In tale ottica si inserisce anche il disposto dell’art. 2, co. 26, l. n. 335/1995, che persegue la finalità di riconoscere un trattamento pensionistico in favore di quei liberi professionisti che, seppur iscritti in appositi albi professionali, risultavano all’epoca sprovvisti di una cassa previdenziale e che quindi non godevano di una analoga tutela rispetto a coloro che erano iscritti ad una propria cassa. Ecco perché la sentenza impugnata va cassata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 dicembre 2013 – 12 febbraio 2014, numero 3228 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Napoletano Svolgimento del processo Con la sentenza di cui si chiede la cassazione la Corte di Appello di Bologna, confermando la sentenza del Tribunale di Ravenna, accoglieva il ricorso di G.T. e G.T., proposto nei confronti dell'INPS, diretto ad ottenere la declaratoria che essi ricorrenti non erano tenuti, quali investigatori privati, agli obblighi contributivi nei confronti dell'INPS fino a tutto il 1996 con conseguente condanna dell' Istituto convenuto a restituire le somme corrisposte a titolo di contributi. A base del decisum la Corte del merito poneva il fondante rilievo secondo il quale l'attività d'investigatori privati svolta dai T. non era qualificabile commerciale poiché gli stessi, muniti di due autorizzazioni rilasciate dal Prefetto di Ravenna, non si erano limitati ad una semplice raccolta d'informazioni commerciali, ma, nell'eseguire le investigazioni, avevano attuato valutazioni, elaborazione e sintesi dei dati raccolti con netta prevalenza dell'aspetto intellettuale su quello di mera prestazione materiale. Avverso questa sentenza l'INPS ricorre in cassazione sulla base di un'unica censura. Resistono con controricorso le parti intimate. Motivi della decisione Con l'unica censura l'INPS, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della legge numero 613 del 1966, 29, comma l, della legge numero 160 del 1975, 29 della legge numero 1397 del 1960, 49, lett. d , nonché della legge numero 662 del 1996, formula il seguente interpello l'attività d'investigatore privato svolta prima dell'entrata in vigore della legge numero 662 del 1966, consistente nella raccolta ed elaborazione di informazioni da comunicare al soggetto committente, in quanto sostanzia una delle attività dell'art. 49, comma 1, lett. d l. numero 88/8, può essere inquadrata, sotto il profilo della tutela previdenziale, nel settore commercio? . Il ricorso, alla luce di specifico precedente di legittimità, pienamente condiviso dal Collegio, è fondato. Questa Corte, infatti, con sentenza del 5 agosto 2008 numero 21137 ha sancito il principio secondo cui l’attività di investigatore privato, volta alla produzione di un servizio di acquisizione di dati e di elaborazione degli stessi, va inquadrata ai fini previdenziali ed assistenziali nel settore del commercio, con la conseguenza che chi esercita tale attività deve iscriversi non alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge numero 335 del 1995 - non essendo le professioni intellettuali oggetto di detta normativa assimilabili all'attività professionale svolta dall'investigatore privato - ma nella gestione assicurativa degli esercenti le attività commerciali, in applicazione del disposto della lett. d dell'art. 49 della legge numero 88 del 1989, che, nel classificare ai fini previdenziali ed assistenziali in forza di una norma generale ed esaustiva della materia, come tale modificabile solo attraverso successive norme speciali le diverse attività lavorative e nell'includere nel settore terziario quelle commerciali, comprende in esse anche le attività che si concretizzano in una prestazione di servizi. Tanto questa Corte fonda, nella citata sentenza,sulla considerazione che la l. 9 marzo 1989 numero 88 ha introdotto un nuovo e più moderno sistema classificatorio delle attività datoriali idoneo, per un verso, a sostituire il precedente art. 2135 cc e, dall'altro, ad assumere una valenza generale per fornire una collocazione delle diverse imprese valida per tutti i fini previdenziali, con l'abbandono di un assetto ordinamentale che presentava l'inconveniente di apprestare criteri di inquadramento delle imprese tra loro divergenti, a seconda della natura dei singoli contributi da versare ai diversi enti assicurativi. Con l'art. 49 della citata legge,si precisa nella sentenza in parola, sono stati così fissati come criteri classificatori - validi a tutti i fini previdenziali ed assistenziali - cinque distinti e ben specificati comparti industria, artigianato, agricoltura, terziario, credito assicurazione e tributi , e per di più si è proceduto rispetto al passato ad una riduzione dell'area delle attività industriali perché le attività di produzioni di servizi, con la normativa di cui trattasi, concorrono ora a formare il settore del terziario , che con il passare del tempo è venuto ad acquisire, nell'economia del paese, spazi sempre più crescenti e rilevanti anche in termini occupazionali. Pertanto, secondo questa Corte, ex art. 49, lett. d della l. numero 88 del 1989, sono classificabili nel settore terziario le attività commerciali, ivi comprese quelle turistiche, le attività di produzione, intermediazione e prestazione di servizi anche finanziari, e le attività professionali ed artistiche nonché le relative attività ausiliarie. L'indicata onnicomprensività della disciplina prescritta, che ha ad oggetto più che le imprese i datori di lavoro - perché si prescinde dall'esercizio in forma imprenditoriale delle diverse attività prese in considerazione - porta ad includere, si afferma nella sentenza di cui trattasi, nel terziario pure le attività professionali anche se le stesse vengono svolte in forma di impresa. Corollario di quanto sinora rilevato e, più specificamente, del più volte rimarcato carattere generale della disciplina in esame, è che nella individuazione di criteri determinativi e regolatori degli obblighi contributivi non può che farsi riferimento - in assenza di norme successive dotate di una peculiare specificità - ai comparti indicati nell'art. 49 con la conseguenza che correttamente, si sottolinea nella menzionata sentenza, l'INPS procede all'inquadramento di coloro che forniscono un servizio investigativo a persone o enti a ciò interessati nella gestione dei commercianti, non potendosi costoro considerarsi liberi professionisti, come tali iscrivibili nella gestione separata per i lavoratori autonomi di cui al del D.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, art. 49 e dalle successive modifiche. Neppure è condivisibile, si rimarca nella sentenza in parola, la tesi volta ad equiparare, ai fini previdenziali, l'attività svolta dall' investigatore privato a quella caratterizzante le libere professioni intellettuali ex art. 2229 cc, per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi ed elenchi. Infatti, non può trascurarsi la considerazione che nel nostro ordinamento è con frequenza riscontrabile una classificazione di una stessa attività lavorativa in forme divergenti a seconda delle differenziate finalità cui è funzionalizzata la classificazione stessa, come è dimostrato tra l'altro dall'indirizzo giurisprudenziale secondo cui la classificazione di una impresa ai fini del beneficio della cassa integrazione guadagni si pone in termini distinti rispetto all'inquadramento della stessa impresa ai fini, invece, previdenziali Cfr. al riguardo Cass. 5 marzo 2004 numero 4335 ed in epoca più recente Cass. 25 gennaio 2007 numero 1675 . Del resto, sottolinea questa Corte nella sentenza in parola, non può negarsi una netta distinzione tra le professioni intellettuali che richiedono ex art. 2229 cc l'iscrizione in appositi albi ed elenchi, e quella di investigatore privato che presta i suoi servizi a favore di quanti hanno necessità di acquisire notizie o conoscenze, e che per il disposto del R.D. 18 giugno 1931 numero 773, art. 134, richiede, invece, apposita licenzia e l'iscrizione nel registro delle imprese. Tutto ciò porta a concludere che nel settore terziario confluiscono, oltre alle tradizionali attività del commercio, del turismo, dei pubblici esercizi, dei professionisti e degli artisti, tutte le attività di produzione e prestazione dei servizi alle imprese e di intermediazione nella produzione e prestazione dei servizi stessi, sicché per effetto di tale definizione di settore confluiscono ora nel terziario le attività che, prima dell'entrata in vigore della L. numero 88 del 1989, art. 49, venivano normalmente attribuite alla industria, quali quelle di leasing, di factoring, di marketing, di organizzazione e consulenza aziendale, di servizi di pulizia di uffici e stabilimenti, di servizi di nettezza urbana e similari, di stabilimenti idropinici e idrotermali, nonché delle case di cura e degli istituti di vigilanza. D'altro canto dalla l. numero 88 del 1989, art. 49,lett. d , emerge la volontà del legislatore di equiparare ed assimilare le attività commerciali, comprese quelle di prestazione di servizi, alle attività professionali ed artistiche al fine di assicurare, anche a queste ultime attività, una analoga tutela previdenziale, ma nello stesso tempo emerge l'intento di differenziare la posizione di coloro che prestano un servizio, sia pure di natura professionale, dai professionisti in senso stretto quali, ad esempio, gli avvocati , non bisognosi di alcuna tutela perché già scritti ad un albo ed ad una cassa previdenziale. In tale ottica ricostruttiva va, secondo questa Corte, individuata la ratio del disposto della l. numero 335 del 1995, art. 2, comma 26, rappresentata, non certo dalla volontà di abrogare in via espressa o implicita la generale ed esaustiva normativa dettata dalla L. numero 88 del 1989, art. 49, nella parte in cui assegna al commercio ogni attività di produzione di servizi quale quella dell'investigatore privato , ma dalla diversa volontà di riconoscere un trattamento pensionistico in favore di quei liberi professionisti che, seppure iscritti in appositi albi professionali, risultavano all'epoca sprovvisti di una cassa previdenziale quali ad esempio gli psicologi e che, quindi, non avevano a livello previdenziale ed assistenziale una tutela efficacie come quei professionisti già iscritti, invece, ad una propria cassa. In tale assetto va letto anche il disposto del comma 202 della L. 23 dicembre 1996, numero 662, art. 1 - a norma del quale A decorrere dal 1 gennaio 1997 l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui alla L. 22 luglio 1966, numero 613, e successive modificazioni ed integrazioni, è estesa ai soggetti che esercitino in qualità di lavoratori autonomi le attività di cui alla L. 9 marzo 1989, numero 88, art. 49, comma 1, lett. d , con esclusione dei professionisti ed artisti - che non può essere considerato come modificativo, ai fini previdenziali ed assistenziali, della classificazione delle attività operato dalla L. numero 88 del 1989, ma anzi va configurato come norma di chiusura dell'intero sistema, volta così ad attestare, in via definitiva, come l'iscrizione nel settore commercio debba contemplarsi anche per quei lavoratori autonomi che spiegano una attività di cui alla L. numero 88 del 1989, art. 49, comma 1, lett. d e che, quindi, svolgano una attività professionale che, seppure qualificata per l'apporto intellettuale che richiede, non è però inquadrabile in quella propria dei professionisti . Alla stregua delle riportate considerazioni, che in questa sede vanno ribadite, la sentenza impugnata, espressione di un diverso principio, va, conseguentemente cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendosi, ex art. 384, ° comma, cpc, nel merito va rigettata la originaria domanda degli attuali resistenti. Le spese dell'intero processo considerato il diverso orientamento espresso dal Tribunale e dalla Corte di appello nonché l'epoca del richiamato intervento di questa Corte vanno compensate. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di T.G. e T.G. e compensa le spese dell'intero processo.