L’illecito penale è “progressivo” rispetto a quello amministrativo

C’è una differenza sostanziale fra i mancati versamenti periodici e l’omesso versamento delle somme risultanti da dichiarazione. I primi configurano un semplice illecito amministrativo, il secondo, se l’importo è superiore a 50.000 euro, un reato.

A ribadirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 46167 del 18 novembre 2013. La questione si era già posta ed era stata risolta dalla Cassazione in passato. Laddove in un periodo d’imposta nel caso di specie il 2005 non fossero state ancora in vigore le disposizioni di cui all’art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000, ma fossero entrate in vigore alla data 27 dicembre 2006 in cui doveva essere versato l’acconto per il periodo successivo, l’illecito penale sarebbe comunque sussistito. In realtà tale interpretazione non è soltanto utile in funzione delle violazioni del 2005, ma anche per la definizione del corretto momento in cui viene a perfezionarsi l’illecito. Il fenomeno omissivo è evidentemente unico, e si forma per effetto del mancato versamento dell’imposta dovuta risultante dalle singole liquidazioni periodiche mensili o trimestrali , ma sino al 27 dicembre dell’anno successivo, il soggetto passivo ha ancora facoltà di non incorrere in conseguenze di natura penale. Esiste una progressione” fra i due illeciti. Gli elementi costitutivi del reato si collocano in un’ottica di implementazione e di aggravamento dell’illecito amministrativo”. L’illecito penale contiene quello amministrativo, ma lo arricchisce, se così si può dire, di ulteriori elementi la presentazione della dichiarazione annuale, il superamento della soglia stabilita € 50.000 , il termine più lungo. Non è dunque il semplice” mancato versamento a portare al perfezionamento del reato, ma la successiva omissione nella scadenza più estesa il termine per il versamento dell’acconto Iva relativo al periodo successivo . Nel fatto di causa, dunque, pur se nel periodo d’imposta cui i versamenti si riferivano non trovava ancora applicazione, come detto, il disposto di cui all’art. 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000, la violazione penale si configurava, in ragione del fatto che il contribuente avrebbe potuto procedere al versamento sino al 27 dicembre 2006, data in cui il decreto citato era in piena vigenza, e non lo ha fatto. Non può essere dunque sollevata, nel caso di specie, alcuna questione di retroattività. fonte www.fiscopiù.it

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 ottobre - 18 novembre 2013, n. 46167 Presidente Squassoni – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 ottobre 2011 il Tribunale di Orvieto ha assolto perché il fatto non costituisce reato N.L. , imputato del reato di cui all'articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 per aver omesso, in qualità di legale rappresentante di EGO s.r.l., di versare, entro il termine 27 dicembre 2006 previsto per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale termine di presentazione 31 ottobre 2006 relativa all'anno di imposta 2005 per una somma superiore ad Euro 50.000 Euro 58.180 . Il Tribunale ha negato l'applicabilità di della norma entrata in vigore il 5 luglio 2006, laddove il debitore ha di regola a disposizione un periodo di almeno dodici mesi dalla chiusura del periodo d'imposta precedente per pagare evitando la responsabilità penale, mentre per l'imposta dovuta per l'anno 2005 la norma coprirebbe soltanto il periodo dal 5 luglio al 27 dicembre 2006. Esclude inoltre il dolo il fatto che al momento della chiusura del periodo d'imposta la fattispecie non era ancora prevista come reato. L'entrata in vigore della norma il 5 luglio 2006, quando il periodo di imposta 2005 era ormai chiuso, non ha consentito poi all'imputato di scegliere se e come regolare il proprio volume d'affari in modo da evitare il superamento della soglia di punibilità di Euro 50.000 di Iva da versare . 2. Ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Orvieto adducendo violazione dell'articolo 10 ter d.lgs. 74/2000, degli articoli 2 c.p. e 25 Cost. nonché degli articoli 43 e 5 c.p., rilevando che l'articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 è entrato in vigore il 4 luglio 2006 laddove il delitto si perfeziona il 27 dicembre 2006, consumandosi posteriormente all'entrata in vigore della legge che lo prevede Corte Costituzionale ord. 319/2010 , né richiedendo dolo specifico o intenzionale ma solo il dolo diretto che si qualifica nella coscienza e volontà di perseguire l'evento tipicizzato nella norma penale e non potendosicomunque ritenere in buona fede l'imputato solo perché la soglia di punibilità è stata superata nella dichiarazione o perché non ha potuto regolare il suo volume d'affari per non superarla. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. La questione suscitata dagli articoli 10 bis e 10 ter d.lgs. 74/2000 sotto il profilo della irretroattività delle fattispecie penali da essi introdotte e delineate è stata, all'esito di un dibattito forse più dottrinale che giurisprudenziale, risolta dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte. Con la sentenza del 28 marzo 2013 n. 37424, Romano, relativa proprio all'articolo 10 ter, le Sezioni Unite hanno riconosciuto l'applicabilità della norma anche per il periodo di imposta del 2005, sulla base di un approfondito ragionamento in ordine al rapporto tra l'illecito amministrativo preesistente alla fattispecie penale di cui all'articolo 13, primo comma, d.lgs. 471/1997 - che non è stato abrogato e sanziona l'omesso versamento alle previste scadenze mensili o trimestrali del debito Iva - e la fattispecie penale di cui appunto all'articolo 10 ter. Hanno evidenziato le Sezioni Unite che quest'ultima norma ha introdotto una specifica fattispecie penale, ruotante sì nell'ambito dello stesso fenomeno omissivo ma ancorata a presupposti fattuali e temporali nuovi e diversi . Non si configura, pertanto, una successione di norme sanzionatorie, bensì una tematica di eventuale concorso apparente di norme, che non riguarda solo il periodo di imposta 2005 ma anche gli anni successivi. In generale detto concorso è regolato dal principio di specialità di cui all'articolo 9, primo comma, L. 689/1981, che trova poi specifica espressione nel settore penale tributario dall'articolo 19, primo comma, d.lgs. 74/2000. Peraltro, all'esito di un analitico iter interpretativo, le Sezioni Unite hanno ritenuto non ricorrente una fattispecie di specialità tra l'illecito amministrativo e quello penale. Invero, sono stati confrontati gli elementi costitutivi dell'illecito omissivo i presupposti, cioè la situazione tipica da cui sorge l'obbligo d'agire, la condotta omissiva e il termine, esplicito o implicito, la cui scadenza comporta la consumazione dell'illecito omissivo nella fattispecie penale e nella fattispecie di illecito amministrativo. Mentre in quest'ultimo il presupposto è rappresentato dal compimento di operazioni imponibili da cui deriva l'obbligo di versamento periodico dell'Iva, la condotta è il mancato versamento e il termine scade il giorno 16 del mese o trimestre successivo a quello di maturazione del debito Iva articolo 1, commi primo e quarto, d.p.r. 100/1998 , nell'illecito penale il presupposto è costituito sia dal compimento di operazioni imponibili comportanti l'obbligo di versamento periodico di Iva, sia dalla presentazione, ex articolo 8, comma primo, d.p.r. 322/1998, della dichiarazione annuale Iva relativa all'anno precedente, la condotta è il mancato versamento dell'Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale per un ammontare superiore a Euro 50.000 e il termine è quello previsto per il versamento dell'acconto Iva relativo al periodo d'imposta successivo. La sussistenza di elementi costitutivi dell'illecito penale che si collocano in un'ottica di implementazione e di aggravamento dell'illecito amministrativo, si ripete non abrogato, ha condotto le Sezioni Unite a individuare non un rapporto di specialità tra i due illeciti, bensì di progressione il reato costituisce violazione normativa più grave dell'illecito amministrativo e, pur contenendo quest'ultimo, lo arricchisce di elementi essenziali dichiarazione annuale, soglia di rilevanza, termine allungato che non sono complessivamente riconducibili alla specialità la quale, se sussistesse, condurrebbe all'applicazione esclusivamente dell'illecito penale , perché recano decisivi segmenti comportamentali temporalmente posteriori al compimento dell'illecito amministrativo. Ne deriva la concorrente applicazione di entrambi gli illeciti. Ciò non conduce alla violazione del principio del ne bis in idem il fatto non è identico, a tacer d'altro né alla violazione del principio di irretroattività della norma penale per applicazione alle omissioni verificatesi, in riferimento alla scadenza del termine periodico, nel 2005. Sotto quest'ultimo profilo, le Sezioni Unite evidenziano che alla scadenza del termine fiscale il reato ancora non esisteva, ma la condotta penalmente rilevante non è l'omissione del versamento periodico nel termine tributario, bensì il mancato versamento dell'Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale nel maggior termine stabilito per il versamento dell'acconto Iva relativo al periodo d'imposta per l'anno successivo. Pertanto, chi aveva omesso i versamenti periodici per il 2005 nel termine tributario ben poteva astenersi dalla condotta penalmente illecita, vale a dire poteva fino al 27 dicembre 2006 assumere le proprie determinazioni in ordine all'effettuazione di un versamento dei debiti che, in relazione al quantum risultante dalla dichiarazione annuale da lui stesso presentata, mantenesse l'omissione non oltre la soglia dei cinquantamila Euro . La risoluzione di non provvedere in tal senso, che da luogo alla commissione del reato, si colloca dunque in epoca ampiamente successiva all'introduzione della fattispecie penale, e perciò non incorre in retroattività. Che il termine di cinque mesi e mezzo lasciato per valutare se compiere o meno l'illecito penale sia intrinsecamente congruo , d'altronde, rilevano ancora le Sezioni Unite, è stato già affermato dalla Corte Costituzionale che, con l'ordinanza 25/2012, non vi ha letto alcuna lesione dell'articolo 3 Cost. in raffronto con il termine disponibile per gli anni successivi. Né, infine, è ravvisabile, tenuto conto anche della congruità appena evidenziata, un problema di impossibilità di conoscenza del precetto tale da escludere l'attribuibilità del reato alla volontà dell'interessato in relazione al principio di colpevolezza di cui all'articolo 27 Cost. cfr. la nota sentenza 364/1988 della Corte Costituzionale . In conclusione, essendo l'insegnamento delle Sezioni Unite pienamente condivisibile, articolo 10 ter d.lgs. 74/2000 è applicabile nel caso in esame, non essendovi alcuna violazione del principio di irretroattività, per cui il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Terni. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Terni.