Zero limiti alla negoziabilità degli interessi nei rapporti anteriori alla legge antiusura

Le norme introdotte dalla l. 7 marzo 1996 numero 108 in materia di usura non sono retroattive.

E, pertanto, con riferimento ai rapporti esauriti prima dell’entrata in vigore della legge stessa, la pattuizione di interessi ultralegali non è di per sé viziata da nullità, essendo consentito alla parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta e sussistendo l’illiceità del negozio soltanto nel caso in cui si ravvisino gli estremi del reato di usura. Così la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 603, depositata l’11 gennaio 2013, si è espressa al termine del giudizio promosso da un soggetto contro un istituto di credito al fine di respingere le pretese creditorie sorte in virtù di un contratto di mutuo nel quale erano stati pattuiti interessi ad un tasso ultralegale che, alla luce della disciplina introdotta dalla l. 108/1996, superava il tasso soglia usura. Sopravvenuta usurarietà degli interessi pattuiti prima della l. 108/1996 nei rapporti ancora pendenti. Il ricorrente aveva censurato la pronuncia di merito in ragione della mancata dichiarazione di nullità della pattuizione inerente interessi usurai con conseguente applicazione del tasso soglia in sostituzione dei tassi usurai. Sul punto giova ricordare che la disciplina in materia di usura è stata profondamente riformata dalla l. 108/1996 che, oltre a definire dei criteri fissi per l’accertamento della natura usuraria degli interessi, ha modificato l’articolo 1815, comma 2, c.c., sostituendo all’originario meccanismo della riduzione del tasso usuraio alla misura legale, la previsione secondo cui in caso di pattuizione di interessi usurai, la relativa clausola è da considerarsi nulla e non sono dovuti interessi. A seguito della riforma, in mancanza di una disciplina transitoria, si è acceso un intenso dibattito in merito alla disciplina applicabile nei casi di sopravvenuta usurarietà degli interessi pattuiti nei contratti di finanziamento stipulati prima delle legge e nei rapporti a lunga durata. La questione è stata affrontata e risolta dal legislatore per il tramite della l. 24/2001 di conversione del d.l. 394/2000 di interpretazione autentica della l. 108/1996 che ha previsto la possibilità, in questi casi, di rinegoziare le condizioni contrattuali, divenute usurarie, con l’applicazione di un tasso di sostituzione, salvo l’esistenza di una pattuizione più favorevole per il debitore. Alla luce di siffatta disciplina la Suprema Corte ha dunque affermato che, in caso di rapporti non ancora esauriti al momento dell’entrata in vigore della l. 108/1996, la pattuizione di interessi a tasso superiore alla soglia antiusura è illegittima e, anche se compiuta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge, comporta l’applicazione del tasso soglia in sostituzione del tasso usurario, anche ai sensi del combinato disposto degli articolo 1419, comma 2, e 1339 c.c. nullità parziale sopravvenuta e sostituzione automatica di clausole nulle . e nei rapporti già conclusi. La particolarità del caso esaminato dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento è da rinvenire nel fatto che il rapporto contrattuale tra le parti del giudizio era del tutto esaurito al momento dell’entrata in vigore della l. 108/1996. Alla luce di ciò, i giudici di legittimità hanno dichiarato che, diversamente da quanto avviene nei rapporti ancora pendenti, trattandosi di fattispecie ormai definita, in mancanza di una previsione di retroattività delle norme introdotte dalla l. 108/1996, la pattuizione di interessi ultralegali non è viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta. L’illiceità, in tali fattispecie, deve ritenersi ravvisabile solo ove sussistano gli estremi del reato di usura ex articolo 644 c.p., ossia il vantaggio usuraio, lo stato di bisogno del soggetto passivo e l’approfittamento di tale stato da parte dell’autore del reato. La previsione di un piano di ammortamento nel mutuo non esclude la violazione del divieto di anatocismo. Degna di nota è, infine, la motivazione con cui la Suprema Corte ha accolto la censura mossa dal ricorrente alla pronuncia impugnata nella parte in cui la stessa aveva escluso l’esistenza di anatocismo sul presupposto che, nel caso di specie, si trattava di un contratto di finanziamento nel quale la restituzione di singole rate di mutuo costituiva l’adempimento di un’unica obbligazione, determinata fin dall’inizio sia nel capitale che negli interessi, secondo il piano di ammortamento contrattualmente stabilito. Ebbene siffatta argomentazione è stata ritenuta del tutto irrilevante dalla Cassazione in virtù del fatto che, in qualsiasi contratto di mutuo o finanziamento, è possibile distinguere capitale ed interessi corrispettivi compresi nel piano di ammortamento ma ciò non esclude la possibile violazione dell’articolo 1283 c.c., ai sensi del quale è ammesso l’anatocismo solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla scadenza degli interessi stessi sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi salvo usi contrari.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 novembre 2012 - 11 gennaio 2013, numero 603 Presidente Fioretti – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con atto di citazione in data 22 ottobre 1996, W.G.M.U. proponeva opposizione avverso decreto ingiuntivo, emesso dal Presidente del Tribunale di Roma in data 11/06/1996 ed integrato in data 10/07/1996, con cui egli era stato condannato a pagare alla Banca Nazionale del Lavoro la somma di lire 650.450.206, oltre interessi. Costituitasi, la Banca chiedeva rigettarsi l'opposizione. Il Tribunale di Roma, con sentenza numero 1819/1999 rigettava la domanda. Avverso la predetta sentenza proponeva appello il W.G Si costituiva la Banca, che chiedeva il rigetto dell'appello. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza 26/01/ - 13/09/2005, accoglieva parzialmente l'appello, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l'appellante al pagamento della somma di Euro. 529.660, oltre interessi. Ricorre per cassazione il W.G Resiste, con controricorso, e propone ricorso incidentale la Banca Nazionale del Lavoro SpA. Resiste con controricorso al ricorso incidentale il W.G Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente principale lamenta violazione dell'articolo 1283 c.c. nonché vizio di motivazione in punto capitalizzazione degli interessi passivi. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli articolo 1815, 1284, 1339 e 1419 c.c., e della L. 07/03/1996 numero 108, nonché vizio di motivazione, in ordine alla applicazione del tasso soglia in sostituzione dei tassi usurari e alla mancata applicazione del tasso legale. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione, circa l'omesso esame delle contestazioni sollevate sulla consulenza tecnica e l’acritica adesione ad essa. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la Banca Nazionale del Lavoro lamenta violazione degli articolo 183, 189, 342, 345 c.p.c. essendo stata sollevata la questione dell'anatocismo, per la prima volta soltanto in comparsa conclusionale di appello. Con il secondo, violazione degli articolo 1418 e 1815 c.c., della L. numero 108/1996 e del D.L. numero 394 del 2000, circa l'illegittimità della pattuizione concernente gli interessi convenzionali anteriormente alla L. 108 del 1996. Per ragioni sistematiche va innanzi tutto esaminato il primo motivo del ricorso incidentale, che va rigettato in quanto infondato. Non sussiste, nella specie, alcuna preclusione del giudice di appello ad esaminare la questione relativa all'anatocismo. La stessa Corte di merito, con motivazione adeguata e non illogica, precisa che già in atto di opposizione si affermava che l'estratto conto bancario non indicava la misura dell'addebito degli interessi e la loro decorrenza si trattava, all'evidenza, di una generale contestazione degli interessi. Senza contare che la questione dell'anatocismo, secondo giurisprudenza consolidata per tutte, Cass. numero 6518/2011 può essere considerata anche d'ufficio. Quanto al primo motivo del ricorso principale, va precisato che la Corte di Appello esclude, nella specie, l'esistenza di anatocismo non vi sarebbero illegittime forme di capitalizzazione degli interessi, trattandosi di contratto di finanziamento, nel quale la restituzione di singole rate di mutuo costituirebbe l'adempimento di una unica obbligazione, determinata fin dall'inizio sia nel capitale che negli interessi, secondo il piano di ammortamento contrattualmente stabilito. L'argomentazione non ha pregio a nulla rileva l'eventuale ammortamento comprendente capitale ed interessi. In qualsiasi contratto di mutuo o finanziamento, è sempre possibile distinguere capitale ed interessi corrispettivi. Il divieto di produzione di interessi su interessi è fissato dall'articolo 1283 c.c., ai sensi del quale è ammesso soltanto dal giorno della domanda giudiziale o per l’effetto di convenzione posteriore alla scadenza degli interessi stessi sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi salvo usi contrari ma dovrà trattarsi di usi normativi, e non negoziali o interpretativi . Il motivo è dunque fondato e va accolto. Quanto al secondo motivo, va precisato che giurisprudenza ormai consolidata da ultimo Cass. numero 25182 del 2010 precisa che, con riferimento a fattispecie anteriore come - pacificamente - nel caso che ci occupa alla L. 108 del 1996 disciplina anti - usura , in mancanza di una previsione di retroattività, la pattuizione di interessi ultralegali non è viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso di interesse superiore a quello legale, purché ciò avvenga in forma scritta l'illiceità si ravvisa soltanto ove sussistano gli estremi del reato di usura ex articolo 644 c.p. vantaggio usurario, stato di bisogno del soggetto passivo, approfittamento di tale stato da parte dell'autore del reato. Valide dunque le predette clausole contrattuali, è esclusa l'automatica sostituzione del tasso originariamente determinato con quello legale. Al contrario, trattandosi di rapporti non esauriti al momento dell'entrata in vigore della L. 108 con la previsione di interessi moratori fino al soddisfo , va richiamato l'articolo 1 L. numero 108 del 1996 che ha previsto la fissazione di tassi soglia successivamente determinati da decreti ministeriali , al di sopra dei quali, gli interessi corrispettivi e moratori, ulteriormente maturati, vanno considerati usurari al riguardo, Cass. numero 5324 del 2003 e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi degli articolo 1419, secondo comma e 1319 c.c., circa l'inserzione automatica di clausole, in relazione ai diversi periodi, dai tassi soglia. Il motivo va dunque rigettato in quanto infondato. Per ragioni sistematiche, va esaminato il secondo motivo del ricorso incidentale, anch'esso relativo agli interessi usurari. Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto non coglie il senso dell'argomentazione censurata. Non afferma la sentenza impugnata la nullità delle pattuizioni anteriori alla L. 108 del 1996, ma ne precisa correttamente l'illegittimità degli effetti, relativamente ai rapporti non ancora esauriti, con sostituzione automatica del tasso divenuto usurario con il tasso soglia, di cui all'articolo 1 predetta legge e successivi decreti ministeriali . Quanto al terzo motivo del ricorso principale esso consiste sostanzialmente in una critica all'operato ed ai conteggi del CTU, in parte circostanziata, in parte generica, a fronte di una motivazione adeguata, particolarmente analitica e non illogica della sentenza impugnata in essa si precisa che il CTU, sulla base della documentazione prodotta, con ragionamento immune da errori e vizi logici ha accertato che la Banca ha applicato interessi moratori superiori a quanto pattuito nonché al tasso - soglia di cui alla L. 108/1996, e ha effettuato i relativi conteggi, che vengono ampiamente richiamati. Il motivo va pertanto rigettato in quanto infondato. Conclusivamente va accolto il primo motivo del ricorso principale, rigettati gli altri, nonché il ricorso incidentale, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà a quanto sopra indicato e pure si pronuncerà sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale rigetta gli altri nonché il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.