Per quanto riguarda le cose comuni, che si tratti di maggior utilizzo da parte di un condomino o di innovazione, il criterio è sempre quello di rispettare il pari diritto degli altri condomini a utilizzarle a propria volta nonché di salvaguardare il decoro architettonico e la stabilità dell’innovazione.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 11445 depositata il 3 giugno 2015. Il caso. Intervenendo in merito a diverse questioni riguardanti i rapporti fra un condomino ed il condominio di appartenenza, la Corte di Cassazione ha avuto modo di ribadire, nel “correggere” le sentenze emesse da Tribunale e Corte di Appello, i seguenti condivisibili principi di diritto e prima ancora di buon senso . Ogni condomino può ampliare una preesistente apertura sul muro condominiale purché non venga alterata la destinazione del muro stesso e non venga impedito agli altri condomini di farne parimenti uso. La prima questione sottoposta al vaglio della Corte riguardava un ampliamento della apertura che permette alla condomina di attraversare il muro condominiale per accedere alla propria parte esclusiva di immobile ampliamento ovviamente ritenuto lecito dalla condomina che lo aveva praticato, e altrettanto ovviamente ritenuta nefasta dal condominio in quanto ne risultava «alterato il decoro architettonico e reso impossibile il pari uso agli altri condomini». La Suprema Corte, intervenendo sul punto, dava ragione alla condomina osservando come l’errore del giudice di secondo grado fosse stato quello di ritenere tale opera semplicemente illegittima in quanto, trattandosi di innovazione, «non era stata sottoposta a delibera condominiale per l’approvazione». Il giudice d’appello, viceversa, osserva opportunamente la Corte di Cassazione, avrebbe dovuto limitarsi ad accertare se l’opera in questione che trattandosi semplicemente di un “uso più intenso di una cosa comune” e non di innovazione non necessitava di alcuna decisione assembleare ledeva o meno in qualche modo i diritti degli altri condomini. La distinzione, in effetti piuttosto evidente, in altre parole è fra utilizzo di una cosa comune in modo da trarne un maggior vantaggio da parte di un singolo condomino, e la modifica stessa della destinazione della parte comune nel primo caso andranno rispettati i presupposti già detti in precedenza e cioè il pari diritto degli altri condomini , mentre nel secondo sarà l’assemblea a doversi pronunciare. Quale ulteriore forse persino superflua a questo punto specificazione, la Corte Suprema ricorda anche alcune sue precedenti decisioni, con le quali si era ritenuto che non dovessero essere sottoposte al vaglio dell’assemblea decisioni inerenti alla trasformazione da parte di un condomino di luci in vedute su un cortile comune – il taglio parziale del tetto per ricavarne un terrazzo – l’apertura nell’androne condominiale di un nuovo ingresso a favore dell’immobile di un condominio. In tutti questi casi, si ripete, il limite da rispettare è quello del diritto degli altri condomini a farne parimenti uso, e non quello previsto per la validità delle delibere assembleari in materia di innovazioni. Collegamento fra la previsione dell’articolo 1120 cod. civ. relativo alle innovazioni e l’articolo 1102 relativo all’utilizzo da parte del singolo delle parti comuni la lesione del decoro architettonico. La Corte, infine, dedica una ultima utile annotazione ad un punto di contatto esistente fra le due norme citate del codice civile che seppure riferite a fattispecie diverse, comporta che il principio espresso dall’articolo 1120 relativo al divieto di innovazioni illecite o perché ledono il decoro architettonico del fabbricato, o perché addirittura ne mettono a repentaglio la sua stessa stabilità trovi applicazione anche nelle fattispecie inerenti all’articolo 1102. In altre parole, è del tutto ovvio che non è che quello che non si può fare con le innovazioni tipo per utilizzare un esempio assurdo deliberare di togliere tutti i muri maestri a rischio di far crollare il palazzo possa essere consentito al singolo condomino che voglia trarre un migliore utilizzo della cosa comune. Quale conclusione di questa premessa, la Corte di Cassazione ha pertanto affermato che i giudici di merito hanno errato nel non accertare se di fatto l’opera famoso ampliamento della apertura sul muro condominiale posta in essere dalla condomina fosse o meno opera tale da mettere a repentaglio la sicurezza del fabbricato o comunque da alterarne il decoro architettonico. Da qui la decisione della Suprema Corte di rinviare la causa ritenuta evidentemente e per i motivi detti non sufficientemente istruita ad altro giudice, al quale viene espressamente dato mandato di attenersi al seguente principio di diritto ogni condomino, nel caso in cui il cortile esclusivo o comune sia munito di recinzione confinante con area pubblica o altra area dello stesso condominio, può apportare a tale recinzione, se di proprietà condominiale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modifiche che gli consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini e, quindi, procedere anche all’apertura o all’ampliamento di un varco di accesso al cortile condominiale o alla sua proprietà esclusiva, purché tale varco non alteri la destinazione del muro e delle altre cose comuni, non comprometta il diritto al pari uso e non arrechi pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e decoro architettonico del fabbricato.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 25 febbraio – 3 giugno 2015, numero 11445 Presidente Bucciante – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo Sono ancora contese, a partire dal 1992, alcune questioni condominiali relative al Condominio di via omissis . Davanti al locale tribunale sono state riunite due cause la prima, iniziata il 16.12.1992 da Hansalop Anstalt, per impugnare la delibera assembleare del 20 ottobre 1992. La seconda, avviata dal Condominio contro Hansalop, per ottenere la eliminazione di un secondo cancello di accesso carrabile aperto dalla convenuta nel muro condominiale per negare il collegamento idrico e fognario della c.d. stanza autisti di proprietà Hansalop alla rete fognaria per avere quest'ultima ampliato il c.d. chalet, appoggiandolo al muro di cinta. Stando alla sentenza impugnata, il tribunale di Roma - ha ritenuto legittimo l'ampliamento del vano di accesso da pedonale a carrabile - ha ritenuto illegittima la delibera condominiale che limitava alla Hansalop di usufruire dell'area comune, sottoposta a recinzioni e catene con la consegna delle chiavi solo a portiere e amministratore - ha affermato il diritto di Hansalop di godere dell'impianto di riscaldamento nel locale autisti e di installarvi un bagno collegato alla rete fognaria - ha respinto la domanda del Condominio relativa all'appoggio dello chalet. La Corte di appello con sentenza 17 dicembre 2008, in accoglimento dell'appello principale spiegato da Hansalop, ha annullato la deliberazione limitatamente alla parte relativa all'uso della piazzola comune e ha condannato il Condominio alla consegna delle chiavi di recinzioni e catene. Ha annullato la delibera anche nella parte in cui limitava l'uso del viale e della piazzola solo per le situazioni di emergenza. Ha condannato il Condominio a consentire il riallaccio dell'impianto di riscaldamento nel locale autisti. Ha rigettato la doglianza relativa alle spese. In accoglimento dell'appello incidentale del Condominio, la Corte di appello ha condannato Hansalop a ripristinare le dimensioni del secondo cancello carrabile, qualificandolo come innovazione che avrebbe dovuto essere approvata con la maggioranza di cui all'articolo 1120 c.c Ha rigettato le doglianze del Condominio relative al bagno e alla trasformazione interna del locale autisti e all'ampliamento dello chalet. Hansalop ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 14 ottobre 2009, con due motivi. Il Condominio, oltre a resistere, ha svolto ricorso incidentale spiegando sette censure, alle quali Hansalop ha opposto controricorso. Nel dicembre 2009 il Condominio ha depositato verbale assembleare che autorizza l'amministratore alle difese in cassazione. È pervenuta memoria della ricorrente principale. Motivi della decisione 2 Infondatamente parte ricorrente Hansalop ha eccepito l'inammissibilità del controricorso del Condominio con riguardo alla delibera dell'amministratore. La delibera di ratifica adottata il 10 dicembre 2009, con la presenza di 8 condomini su 11 e la maggioranza espressa da 866 millesimi di proprietà, con la conferma della difesa condominiale affidata all'avv. Lepri per resistere al ricorso e proporre ricorso incidentale, rende vane, per quanto necessario, tutte le osservazioni contenute nel controricorso incidentale, comunque inconsistenti con riguardo alla adozione dell'autorizzazione iniziale perché rilasciata dai singoli condomini e non dal Condominio e al mandato allo Studio Roma Lepri e partners e non all'avvocato Lepri. Cass. SU 18331/10 ha chiarito che l'amministratore può validamente intraprendere o costituirsi nel giudizio di cassazione, salva produzione della successiva ratifica del suo operato da parte dell'Assemblea. Invano quindi Hansalop afferma che si tratterebbe di atto non ricompreso tra quelli ammessi ex articolo 372 c.p.c 3 Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1102, 1120 e 1139 cc contraddittoria motivazione. La Corte di appello ha condannato Hansalop a ripristinare il cancello pedonale trasformato in carrabile, accogliendo la censura relativa ad un ampliamento effettuato “senza autorizzazione del condominio”. Ha ritenuto che trattasi di innovazione per la quale occorre la maggioranza qualificata, perché si tratterebbe di opera nuova che altera la cosa comune, modificandone la forma, come tale preclusa ancorché la modificazione sia volta a migliorarne il godimento. Parte ricorrente con puntuale quesito ha chiesto che sia affermato che ogni condomino può ampliare una preesistente apertura sul muro condominiale, che delimita la proprietà condominiale, onde accedere attraverso essa all'interno della proprietà esclusiva, situata all'interno del complesso condominiale tenuto conto che tale ampliamento non altera la destinazione del muro stesso e non impedisce agli altri condomini di farne paramenti uso secondo il loro diritto . 3.1 La doglianza è fondata. Contrariamente a quanto sostenuto in controricorso, la Corte di appello non ha accertato, come avrebbe dovuto fare, se l'ampliamento dell'apertura avesse alterato la destinazione d'uso della cosa comune, che è, si badi, il muro e non il varco né ha stabilito se fosse stato alterato il decoro architettonico del fabbricato o sia stata reso impossibile il pari uso del bene agli altri condomini. Ha infatti equiparato l'opera del singolo sul bene comune ad una innovazione e l'ha ritenuta soggetta a delibera condominiale maggioritaria. Sono stati così violati gli articolo 1102 e 1120 c.c Il disposto dell'articolo 1102 cod. civ. è nel senso che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un'utilità più intensa o anche semplicemente diversa da quella ricavata eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso. A tal fine il singolo condomino può apportare alla cosa comune le modificazioni del caso, sempre sul presupposto che l'utilità, che il condomino intenda ricavare dall'uso della parte comune, non sia in contrasto con la specifica destinazione della medesima Cass. 12310/11 o, a maggior ragione, che essa non perda la sua normale ed originaria destinazione Cass. 1062/11 . Pertanto si è comunemente ritenuto che l'apertura di finestre ovvero la trasformazione di luci in vedute su un cortile comune rientra nei poteri spettanti ai singoli condomini ai sensi dell'articolo 1102 cod. civ. Cass. 13874/10 si è considerato compatibile con il disposto dell'articolo 1102 c.c. il taglio parziale del tetto per ricavarne un terrazzo Cass. 14102 e 14107/12 2500/13 . Si è affermato, con singolare consonanza al caso odierno, che l'apertura nell'androne condominiale di un nuovo ingresso a favore dell'immobile di un condomino è legittima, ai sensi dell'articolo 1102 cod. civ., in quanto, pur realizzando un utilizzo più' intenso del bene comune da parte di quel condomino, non esclude il diritto degli altri di farne parimenti uso e non altera la destinazione del bene stesso Cass. 42/2000 8591/99 24295/14 . 3.2 La Corte di appello ha quindi sbagliato, commettendo un errore di sussunzione falsa applicazione di legge , nell'affermare che l'opera denunciata costituisce innovazione ai sensi dell'articolo 1120 c.c Detta norma, va ripetuto, si riferisce non alle opere intraprese dal singolo per realizzare un miglior uso della cosa comune ai sensi dell'articolo 1102 c.c., ma a quelle volute dall'assemblea condominiale con la maggioranza prescritta. Nondimeno, l'articolo 1120, comma 2 - nella parte in cui vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico - è applicabile all'ipotesi di opera, come quella in esame, effettuata con le finalità di cui all'articolo 1102 c.c. Cass. 3084/94 . Questa affermazione è comune nella giurisprudenza della Corte, per quanto concerne la lesione del decoro architettonico Cass. 14607/12 12343/03 . Essa trova fondamento soprattutto nel collegamento che deve farsi tra gli articolo 1102, 1120 e, quando si tratti di opere eseguite sulla porzione di proprietà esclusiva, 1122 c.c L'articolo 1120 c.c., comma 4, è la norma che ha individuato gli interessi condominiali che non possono essere lesi neppure con le innovazioni deliberate a maggioranza dall'assemblea condominiale. Ne consegue dal punto di vista logico che è giustificata l'applicabilità di questa norma sia alle modifiche che il singolo partecipante apporta alla cosa comune per servirsene più intensamente, sia alle attività del singolo su cosa propria comunque finalizzate all'uso più intenso della cosa comune cfr Cass. 18350/13 . Ne è stato consapevole anche il legislatore della riforma legge 11 dicembre 2012 numero 220, entrata in vigore il 17 giugno 2013 , che ha completato l'articolo 1122, recependo nel testo novellato l'insegnamento giurisprudenziale che aveva già interpretato la norma nel senso prima esposto. Nel caso di specie la Corte di appello, distratta dall'applicazione dell'articolo 1120 cc sotto il profilo delle maggioranze assembleari, diposizione ritenuta erroneamente assorbente, non ha neppure tratteggiato con precisione le caratteristiche dell'opera e dei diritti vantati da Hansalop proprietà esclusive, servitù, etc. . Restano però rimarchevoli le circostanze riferite in ricorso, relative alla preesistenza di altro cancello oggi occluso da una pianta posta all'ingresso, e ogni elemento afferente alla stabilità, alla sicurezza e al decoro dell'edificio condominiale. È su questi aspetti, di ricognizione della fattispecie e valutazione delle modifiche, che dovrà essere portato, se necessario, il riesame in sede di rinvio, nel quale il giudice si atterrà al seguente principio di diritto “Ogni condomino, nel caso in cui il cortile esclusivo o comune sia munito di recinzione confinante con area pubblica o altra area dello stesso condominio, può apportare a tale recinzione, se di proprietà condominiale, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modifiche che gli consentono di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini e, quindi, procedere anche all'apertura o all'ampliamento di un varco di accesso al cortile condominiale o alla sua proprietà esclusiva, purché tale varco non alteri la destinazione del muro e delle altre cose comuni, non comprometta il diritto al pari uso e non arrechi pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e decoro architettonico del fabbricato”. L'accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta l'assorbimento del secondo, che è relativo al regolamento globale delle spese di lite. 4 Ricorso incidentale del Condominio. I primi tre motivi del ricorso del Condominio riguardano la regolamentazione limitativa del viale e della piazzola comune. In proposito la sentenza di appello ha annullato la deliberazione condominiale, che prevedeva l'apposizione di catene e paletti per impedire l'accesso ai condomini stabiliva la consegna delle chiavi solo all'amministratore e al portiere consentiva l'uso del viale e della piazzola solo in situazioni di emergenza. La Corte di appello ha però prima confermato, respingendo un profilo di impugnazione di Hansalop, la sussistenza del potere dell'assemblea ha reputato che la materia era stata validamente trattata, essendo stata posta all'ordine del giorno la disciplina della sistemazione e regolamentazione degli accessi alla proprietà condominiale. Il Condominio ravvisa in questa decisione a contraddittorietà della motivazione, perché prima avrebbe affermato il potere di deliberare e poi lo avrebbe negato con l'annullamento di quanto deliberato, b contraddittorietà tra motivazione e dispositivo e interna al dispositivo, con conseguente nullità della decisione, perché in un capo del dispositivo si riferisce solo all'uso della piazzale e in un altro anche all'uso del viale gli annullamenti contenuti nel dispositivo contrasterebbero con quelli argomentati in motivazione. c insufficienza della motivazione nella parte in cui, annullando la delibera, non avrebbe considerato che essa era finalizzata a garantire un interesse comune e che in tale ottica era giustificato l'affidamento delle chiavi all'amministratore e al portiere non sarebbe stato quindi ponderato l'interesse di tutta la collettività condominiale . 4.1 Le censure sono infondate. Va premesso che non sussiste alcuna contraddizione intima della sentenza, nel punto sub a , giacché essa ha affermato che sussisteva il potere di deliberare dell'Assemblea in materia di regolamentazione degli accessi e dell'uso di viale e piazzola, in quanto regolarmente convocata, ma ciò non implicava la legittimità dei deliberati, soggetti a specifico sindacato di legittimità. È bene poi chiarire lo ricorda il controricorso a pag. 6 che il tribunale aveva già dichiarato illegittima la deliberazione, nella parte in cui aveva soppresso di fatto la facoltà di godimento dei condomini, mediante la consegna delle chiavi soltanto al portiere e all'amministratore . La pronuncia di appello, nell'accogliere l'impugnazione proposta da Hansalop, ha precisato, completando l'avaro dictum della sentenza del giudice onorario aggregato, che l'appellato Condominio era tenuto a consegnare all'appellante principale le chiavi delle catene e dei paletti apposti sulla piazzola, dei quali il tribunale si era limitato a dichiarare l'illegittimità. Ha inoltre aggiunto che la delibera era da annullare nella parte in cui consentiva l'uso del viale e della piazzola soltanto in situazioni di emergenza. Le doglianze di parte ricorrente quanto al punto b sono smentite dalla complessiva portata della motivazione, coerente con quanto osservato in ordine alla materia della convocazione, che ha preso in esame tutta la regolamentazione degli accessi e dell'uso degli spazi, viale e piazzola, cosicché la precisazione di essi vale solo a esplicitare la materia del contendere e della decisione. Le doglianze sono poi infondate laddove lamentano la mancata considerazione degli interessi condominiali e tornano a sostenere la legittimità della restrizione della disponibilità delle chiavi. È proprio questa la ratio ineccepibile che sorregge il necessario annullamento della delibera, sia quanto alla consegna delle chiavi a due fiduciari, sia la limitazione di uso, sempre previa disponibilità di costoro, ai casi di emergenza. 4.2 È innegabile che la motivazione della Corte di appello sia sul punto alquanto sbrigativa, ma si può desumere, dalle espressioni usate, che il fondamento della decisione riposi nell'aver ritenuto illegittima la delibera relativa alla consegna delle chiavi, in quanto comprime in modo radicale il diritto di comproprietà dell'istante fino a compromettere la libera facoltà di Hansalop di liberamente accedere alla propria porzione immobiliare”. Infatti tanto nel rigettare l'appello del Condominio circa la delimitazione della piazzola pag. 13 punto 2 , quanto nell'accogliere la impugnazione Hansalop relativa all'uso in condizioni di emergenza, è stato fatto richiamo alla parte di motivazione relativa alla detenzione delle chiavi e alle conseguenze connesse. In particolare sul secondo punto pag. 15 in fine è stato ribadito il richiamo all'articolo 1102 già esposto in conclusione dell'argomentazione sul punto relativo alle chiavi. 4.3 L'annullamento relativo all'uso solo emergenziale si poneva quindi quale necessario e consequenziale corollario di una delibera di cui era venuto a mancare il costrutto portante. Ciò perché ogni deliberazione assembleare sull'uso della cosa comune non deve comunque incidere sui diritti dei singoli condomini, né sottrarre il bene alla sua destinazione principale cfr utilmente Cass. 144/12 7711/07 o comunque risolversi in un'amputazione anomala delle facoltà d'uso dei beni comuni. I giudici di merito hanno invece ritenuto, conformemente a legge e in modo del tutto logico e coerente dunque non sindacabile da parte del giudice di legittimità , che nella specie sussistano tali violazioni e che quindi sia illecito escludere di fatto i condomini dall'accesso a un viale e a una piazzola comune – cioè da beni per vocazione destinati al passaggio e alla sosta sia pure temporanea e regolamentata -. Ciò è quanto inevitabilmente accade allorquando, come nella specie, l'uso sia subordinato alla presenza e al consenso di due fiduciari e quanto si può per conseguenza ritenere allorché, in detta condizione, sia consentito, con evidente arbitrio e casualità, un uso ristretto a una impalpabile condizione di emergenza , espressione che nel contesto condominiale dell'uso di questi beni assume la portata descritta dalla Corte di appello nel passo soprariportato nel paragrafo 4.2 . 5 Il quarto motivo denuncia insufficiente motivazione in ordine alla denuncia di illegittimità dell'allaccio all'impianto di riscaldamento condominiale del radiatore della c.d. stanza autisti di Hansalop. Secondo il Condominio la Corte non avrebbe adeguatamente considerato che dette stanze erano catastalmente individuate come cantine contraddistinte da una dichiarazione del Sindaco che nel 1964 definiva l'uso di autorimessa privata prive del certificato di abitabilità. Anche in questo caso la motivazione resa dalla Corte di appello, che ha riconosciuto il diritto di Hansalop all'allacciamento, è asciutta, ma incensurabile si basa sulla configurazione di tale allacciamento quale corollario del diritto di proprietà e del conseguente godimento delle parti e dei servizi comuni . Va infatti ribadito che, ai sensi dell'articolo 1102, 1 comma, c.c. ciascun condomino e libero di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, purché non alteri la destinazione della cosa comune e consenta un uso paritetico agli altri condomini. Giova ricordare, con Cass. civ., sez. II, 17-10-2007, numero 21832 che in tema di condominio, l'allaccio di nuove utenze ad una rete non costituisce di per sé una indebita modifica della stessa, perché una rete di servizi - sia fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo - è per sua natura suscettibile di accogliere nuove utenze è pertanto onere del condominio, che ne voglia negare l'autorizzazione, dimostrare che, nel caso particolare, l'allaccio di una sola nuova utenza incide nella funzionalità dell'impianto, non potendo opporsi che il divieto all'allaccio sia finalizzato ad impedire un mutamento di destinazione della unità immobiliare. Quale sia poi l'utilizzo del bene, e in particolare l'osservanza della legislazione urbanistica, è questione che esula dall'obbligo del giudice di merito di motivare oltre. Non è stato infatti a lui denunciato - e qui riproposto - un nuovo uso della porzione esclusiva, che si ripercuota illecitamente sui beni comuni, ma solo l'illegittimità dell'allaccio, che è invece consentito. 6 Quinto e sesto motivo del ricorso del Condominio sono invece fondati. Essi concernono l'ampliamento del corpo di fabbrica definito chalet . Di tale ampliamento, eseguito sino ad arrivare al muro di confine di proprietà condominiale, il Condominio si era doluto in appello, come viene riferito diligentemente in sede di ricorso incidentale, il che è puntualmente verificabile. Ivi, nel dolersi dell'appoggio di detto ampliamento al muro condominiale, il Condominio ha dedotto quanto a suo avviso non era stato compreso dal primo giudice, cioè che l'autorizzazione data nel 1972 ad Hansalop non riguardava l'ampliamento, ma solo altre opere e che l'esecuzione dell'ampliamento contestato era incontroversa, perché ammessa da Hansalop. La sentenza di appello si è sbarazzata di questa censura osservando che l'ampliamento non era stato oggetto della consulenza tecnica e che in ogni caso il ctu avrebbe potuto accertare l'attuale situazione di fatto ma non quella originaria da comparare a quella presente. Pertanto non può dirsi raggiunta una prova certa e tranquillante al riguardo . Come dedotto da parte ricorrente incidentale, tale motivazione è gravemente insufficiente. Non ha infatti tenuto conto del fatto, potenzialmente decisivo, che è stato valorizzato in appello e ribadito in questa sede, che era stata la stessa Hansalop ad ammettere che la esecuzione dei lavori di cui trattasi risaliva al 1972, cioè a epoca successiva alla costruzione originaria. Lo aveva fatto a pag. 8 in principio della comparsa di risposta in tribunale e negli altri atti indicati dal Condominio, sostenendo che era stata autorizzata. I giudicanti di merito dovevano quindi valutare solo se sussistesse la autorizzazione invocata o altro titolo legittimante il mantenimento dell'opera. Errato e illogico, perché contrastante con l'ammissione della parte esecutrice dell'ampliamento, è invece. il rilievo della Corte d'appello che non sia stata data prova della situazione originaria, potendo essa scaturire da dette dichiarazioni. Si impone quindi sul punto un completo riesame del motivo di appello del Condominio, sede in cui potranno trovare considerazione le argomentazioni esposte in controricorso circa le ragioni che vengono opposte esempio usucapione, risultanze testimoniali all'accoglimento del gravame. 7 Infondato è il settimo motivo, che riguarda omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione sull'allaccio del bagno realizzato nella stanza autisti all'impianto fognario condominiale. Il Condominio sostiene che nell'atto di appello aveva denunciato che la lamentela riguardava la trasformazione della stanza autisti in abitazione senza autorizzazione del Condominio. Hansalop ha replicato controricorso pag. 14 che tale domanda - nuova e inammissibile - era stata svolta solo nella comparsa di risposta in appello, cui era seguito il rifiuto del contraddittorio. In realtà la questione della trasformazione della stanza autisti in unità abitativa risulta già trattata dal tribunale nella penultima pagina della sentenza. Ivi il tribunale ha respinto le lamentele del Condominio osservando che trattasi di questione di natura pubblicistica su cui deve pronunciarsi la P.A. alla quale era stato richiesto il condono. Questa ratio è stata confermata dalla Corte di appello, la quale ha anche ripetuto, con più espliciti accenti, che l'allaccio del bagno creato ex novo da Hansalop non comporta aggravio alcuno all'impianto fognario condominiale. In questa sede si deve ribadire quanto già osservato al paragrafo 5 circa l'impianto di riscaldamento condominiale. L'allaccio della unità immobiliare di proprietà esclusiva alla rete fognaria non è di per sé vietato. Né il condominio può opporsi a un utilizzo del bene, sol perché sia improprio dal punto di vista urbanistico. Per farlo deve dedurre e dimostrare un pregiudizio delle cose comuni, potendo altrimenti la modifica di destinazione d'uso giustificare la revisione delle tabelle millesimali. Consta infatti che trattavasi di un locale condominiale legittimamente edificato, tradizionalmente frequentato da persone - tanto da essere chiamato appunto stanza autisti - e dunque da dotare di servizi igienici. Non si ravvisano quindi le insufficienze motivazionali lamentate dal Condominio, che, si badi, non ha denunciato una violazione di legge ed ha del tutto genericamente esposto che l'uso del bene privato sia in contrasto con il regolamento condominiale, profilo che non risulta trattato dai giudici di merito, con la conseguente inammissibilità Cass. 20518/08 18440/07 in questa sede. La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo esame dei profili delle impugnazioni relativi ai motivi accolti o rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale assorbito il secondo. Accoglie quinto e sesto motivo del ricorso incidentale, respinti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per spese ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.