Countdown contributivo: comunicazione ed errata corrige dell’INPS. Nessun risarcimento per il pensionato

Spostamento forzato, di dodici mesi, per il percepimento della pensione da parte di un uomo. Rilevante l’errore, doppio, di calcolo compiuto dall’Inps sul fronte dei contributi mancanti. Ciò nonostante, respinta la richiesta di risarcimento avanzato dal pensionato.

Errore di calcolo dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, e i tempi per la pensione si allungano Esemplare la vicenda vissuta da un uomo – classe ’35 – che si è visto ‘aggiornare’ due volte il quantum dei contributi ancora da versare, non riuscendo, proprio per questo, a colmare la lacuna con i versamenti volontari. Ciò ha comportato lo slittamento del pensionamento dal 1° gennaio 2000 al 1° gennaio 2001. Nonostante tutto, però, l’oramai pensionato non può pretendere ristoro – morale e materiale – dall’INPS Cassazione, sentenza numero 10713, sez. Lavoro, depositata oggi . Contributi. Davvero complicato il rapporto di un uomo con l’INPS Egli presenta «istanza di pensione di anzianità», ma l’Istituto gliela respinge «specificandogli la relativa carenza» a livello di contributi. Allora l’uomo si arma di pazienza, e, soprattutto, di soldi, e provvede ad «eseguire versamenti contributivi volontari per 364 settimane», e presenta poi «la seconda istanza di pensionamento». Ma, a sorpresa, anche questa seconda richiesta viene respinta dall’Istituto, e, ancor più a sorpresa, sempre per «insufficienza dei contributi». Ciò perché, in sostanza, era erronea la prima «indicazione sulla entità» dei «contributi» mancanti. Secondo l’uomo, l’«errore» dell’INPS ha dato il ‘la’ ad una ‘reazione a catena’ che ha comportato lo «spostamento della decorrenza del pensionamento di un anno, cioè dal 1° gennaio 2000 data di perfezionamento del ‘monte contributivo’ utile per la pensione, indicato erroneamente dall’INPS al 1° gennaio 2001 raggiungimento del limite anagrafico per la pensione di vecchiaia da lavoro autonomo ». E, sempre secondo l’uomo, tutto ciò gli ha causato «danni» notevoli. Tutto corretto, secondo i giudici di merito, nella ricostruzione fatta dal pensionato, ma va, comunque, respinta la sua richiesta di «risarcimento». Per una semplice constatazione «lo spostamento» del pensionamento «non era dipeso dall’errore dell’INPS» bensì dal fatto che l’uomo «non aveva ancora maturato il requisito contributivo». Peraltro, aggiungono i giudici, l’uomo «avrebbe potuto versare in ogni momento i contributi mancanti al pensionamento», e, comunque, non può «ritenersi causa di danno il solo fatto dell’erronea indicazione dei contributi mancanti per il pensionamento». Pensionamento. La visione tracciata in Appello viene duramente contestata dall’uomo, il quale, decidendo di proporre ricorso in Cassazione, sottolinea, innanzitutto, il fatto che «l’obbligo di comunicazione dell’entità dei contributi versati, incombente sull’INPS» non può non generare «un affidamento, essendo legittimo aspettarsi, dall’ente gestore della previdenza, la dovuta diligenza». Inoltre, viene aggiunto, «il danno prodotto per effetto dell’erronea comunicazione dei contributi ancora da versare era irreparabile nel momento della scoperta del relativo errore del calcolo», soprattutto perché, spiega l’uomo, «a quella data non era più possibile» per lui «conseguire il pensionamento al sessantaquattresimo anno d’età con la sola contribuzione da lavoro dipendente e volontaria, in quanto bisognava attendere il compimento del sessantacinquesimo anno d’età ed il versamento dei contributi per le ottantadue settimane mancanti, con la conseguenza che l’accesso alla pensione si rendeva possibile attraverso il ricorso alla contribuzione aggiuntiva derivante dallo svolgimento del lavoro autonomo». Nonostante tutto, però, anche per i giudici del ‘Palazzaccio’ elemento decisivo è «il requisito contributivo per il conseguimento della pensione», requisito che «non era stato di fatto raggiunto» dall’uomo. Allargando l’orizzonte, poi, non è stata provata, aggiungono i giudici, «la sussistenza di una relazione causale tra l’errore di comunicazione dell’INPS e lo spostamento della decorrenza della prestazione», ben potendo l’uomo «procedere al versamento dei contributi mancanti per l’accesso al trattamento pensionistico dal 1° gennaio 2000». Anche perché, va aggiunto, «non era stato frapposto alcun impedimento, da parte dell’ente previdenziale, all’intendimento» dell’uomo di «effettuare il versamento dei contributi mancanti per il conseguimento della pensione». Per i giudici, quindi, «la mancata integrazione contributiva su base volontaria» elide «il nesso causale tra la mancata corresponsione della prestazione pensionistica nel momento auspicato del sessantaquattresimo anno d’età e la comunicazione erronea sul dato contributivo, fornita dall’ente di previdenza». E non si può ignorare che l’uomo non ha provato di «aver subito danni per l’abbandono prematuro del lavoro o per la rinunzia ad altre forme di reddito per aver confidato in una più favorevole decorrenza della pensione». Tirando le somme, sono da confermare le valutazioni e la decisione dei giudici d’Appello nessun «risarcimento», quindi, per il pensionato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 gennaio – 25 maggio 2015, numero 10713 Presidente Stile – Relatore Berrino Svolgimento dei processo M.V., premesso di aver provveduto ad eseguire versamenti contributivi volontari per 364 settimane, dopo che l'Inps gli aveva respinto l'istanza di pensione di anzianità specificandogli la relativa carenza retributiva, e precisato che anche la seconda istanza di pensionamento gli era stata rigettata per insufficienza dei contributi, in quanto l'indicazione sulla loro entità in precedenza espressa era erronea, chiese al giudice del lavoro del Tribunale di Bari la condanna dell'Inps al risarcimento dei danni causatigli per effetto dello spostamento della decorrenza dei pensionamento di un anno, cioè dal 1 ' gennaio 2000 data di perfezionamento del monte contributivo utile per la pensione indicato erroneamente dall'Inps al 1 ° gennaio 2001 raggiungimento del limite anagrafico per la pensione di vecchiaia da lavoro autonomo . Con sentenza del 612 - 16/2/2012, la Corte d'appello di Bari, investita dall'impugnazione dei M. avverso la sentenza del Tribunale di Bari che gli aveva respinto la domanda, ha rigettato il gravame dopo aver rilevato che lo spostamento della decorrenza della prestazione richiesta non era dipeso dall'errore dell'Inps, ma dal fatto che il ricorrente non aveva ancora maturato il requisito contributivo. Invero, secondo la Corte territoriale, il ricorrente avrebbe potuto versare in ogni momento i contributi mancanti al pensionamento e, in ogni caso, il medesimo non aveva allegato e provato le circostanze che avrebbero potuto far ricondurre il lamentato ritardo della erogazione della pensione ad una responsabilità dell'ente previdenziale, non potendo ritenersi causa di danno il solo fatto dell'erronea indicazione dei contributi mancanti per il pensionamento. Per la cassazione della sentenza ricorre il M. con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c. Resiste con controricorso I'Inps. Motivi della decisione Col primo motivo il M. denunzia la violazione e/o falsa applicazione elo interpretazione degli articolo 1175, 1176, 1218 e 1223 cod. civ., dell'articolo 54 della legge 913189 numero 88 e dell'articolo 97 della Costituzione, anche in relazione all'articolo 7 della legge numero 1432 dei 1971. Sostiene il ricorrente che la Corte d'appello ha violato le predette norme nel momento in cui gli ha imputato la responsabilità del mancato pensionamento a far tempo dal gennaio del 2000, in conseguenza dell'errata indicazione da parte dell'ente di previdenza, mentre egli avrebbe dovuto essere esonerato, quale danneggiato, dall'onere di provare la colpa dell'autore del fatto dannoso, trattandosi di ipotesi di colpa presunta riconducibile al comportamento dell'inps. A tal riguardo il ricorrente precisa che l'obbligo di comunicazione dell'entità dei contributi versati, incombente sull'lnps, non poteva non aver generato un affidamento, essendo legittimo aspettarsi dall'ente gestore della previdenza la dovuta diligenza. Inoltre, il danno prodottogli per effetto della erronea comunicazione dei contributi ancora da versare era irreparabile nel momento della scoperta dei relativo errore di calcolo. Invero, a quella data non era più possibile conseguire per il ricorrente il pensionamento al sessantaquattresimo anno d'età con la sola contribuzione da lavoro dipendente e volontaria, in quanto bisognava attendere il compimento dei sessantacinquesimo anno di età ed il versamento dei contributi per le ottantadue settimane mancanti, con la conseguenza che l'accesso alla pensione si rendeva possibile attraverso il ricorso alla contribuzione aggiuntiva derivante dallo svolgimento dei lavoro autonomo. In ultima analisi, secondo il M., l'interruzione dei versamento di ulteriori contributi indotta dall'erronea indicazione fornita dall'inps era riconducibile ad un illecito contrattuale ricollegabile all'inadempimento dell'obbligo dell'ente previdenziale di informare l'assicurato sulla sua posizione assicurativa e pensionistica. In particolare, il ricorrente evidenzia che nel dicembre del 1999, epoca in cui riceveva la seconda comunicazione da parte dell'Inps, con la quale veniva indicato l'esatto numero dei contributi da lavoro dipendente versati, non poteva più integrare la contribuzione volontaria per espresso disposto dell'articolo 7 della legge numero 1432 dei 1971 che riconosce la facoltà di contribuire volontariamente nelle assicurazioni obbligatorie solo per i periodi successivi e non anche per quelli passati. Oltretutto, aggiunge il ricorrente, il versamento dei contributi volontari relativi alle 82 settimane mancanti sarebbe terminato successivamente al gennaio del 2001, mese in cui maturava l'età per la posizione assicurativa di vecchiaia da lavoro autonomo, con ciò svanendo ogni utilità connessa alla contribuzione volontaria. Coi secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione, il ricorrente adduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il comportamento assunto dall'Inps nei suoi confronti era stato impeditivo dell'esercizio del diritto al raggiungimento anticipato del montante contributivo per il pensionamento. Inoltre, il ricorrente rileva che, contrariamente a quanto ritenuto nell'impugnata sentenza, l'oggetto del giudizio non era costituito dal riconoscimento dei diritto alla pensione di vecchiaia, bensì dalla richiesta di risarcimento del danno patito per la mancata percezione, a causa delle erronee indicazioni fornite dall'Inps, della pensione di vecchiaia in relazione al periodo 11112000 - 3111212000. Osserva la Corte che i due motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione, essendo sostanzialmente unitaria la questione da trattare. Il ricorso è infondato. Invero, le censure non consentono di ritenere superato il dato di fondo, correttamente valutato dalla Corte di merito, per il quale il requisito contributivo per il conseguimento della pensione non era stato di fatto raggiunto dal M Le stesse doglianze non consentono, tantomeno, di superare la considerazione logica, basata sulla valutazione degli elementi istruttori, che nemmeno era stata provata la sussistenza di una relazione causale tra l'errore di comunicazione dell'Inps e lo spostamento della decorrenza della prestazione, ben potendo l'interessato procedere al versamento dei contributi mancanti per l'accesso al trattamento pensionistico dal 1 ° gennaio del 2000. Infatti, come la Corte di merito ha giustamente fatto rilevare, non era stato frapposto alcun impedimento da parte dell'ente previdenziale all'intendimento dell'assicurato di effettuare il versamento dei contributi mancanti per il conseguimento della pensione. Nè ha rilievo la considerazione attuale del ricorrente in base alla quale al momento della scoperta dell'errore di calcolo dell'Inps egli aveva ormai compiuto l'età dei 64 anni entro la quale si era inizialmente prefisso di completare il versamento contributivo necessario pèr il conseguimento sin da quel momento del trattamento pensionistico, considerato che trattasi di una circostanza casuale verificatasi nell'ambito di un meccanismo facoltativo di integrazione contributiva senza alcuna imposizione da parte dell'istituto previdenziale. In definitiva, la mancata integrazione contributiva su base volontaria, così come riscontrata di fatto dai giudici del merito, finisce per elidere il nesso causale tra la mancata corresponsione all'assicurato della prestazione pensionistica nel momento auspicato del sessantaquattresimo anno di età e la comunicazione erronea sul dato contributivo fornita dallo stesso ente di previdenza. Tra l'altro, come evidenziato correttamente dalla Corte di merito, l'ente di previdenza non aveva impedito all'assicurato di versare i contributi mancanti al raggiungimento del montante contributivo e, da parte sua, quest'ultimo non aveva allegato e, tantomeno, provato di aver subito danni per l'abbandono prematuro del lavoro o per la rinunzia ad altre forme di reddito per aver confidato in una più favorevole decorrenza della pensione. Pertanto, il ricorso va rigettato. Nulla va disposto per le spese del presente giudizio ai sensi dell'articolo 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente all'epoca della proposizione della domanda giudiziaria. Sussistono, invece, i presupposti, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115/2002, per il versamento da parte della soccombente del contributo unificato di cui al dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater dei d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dei comma 1-bis dello stesso articolo 13.