Sacchetti di plastica monouso: obbligo di utilizzo?

Laddove il consumatore non intenda acquistare il sacchetto ultraleggero commercializzato dall’esercizio commerciale per l’acquisto di frutta e verdura sfusa, possono essere utilizzati sacchetti in plastica autonomamente reperiti solo se comunque idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge.

Un business a favore di un’impresa amica. L’obbligo di adempiere a direttive comunitarie tenuto conto che nei confronti dell’Italia era stata già aperta una procedura di infrazione. Isole di plastica che stanno invadendo i mari. Mentre in Kenia le classiche buste della spesa usa e getta sono vietate dalla fine di agosto dello scorso anno a seguito di una normativa pesantissima perché chi viene trovato in possesso di questi contenitori o chi continua a fabbricarli e venderli, rischia una multa di 38mila dollari e fino a 4 anni di carcere. In Italia, dall’inizio dell’anno, ovvero dalla data di entrata in vigore dell’obbligo generalizzato di utilizzo delle borse di plastica biodegradabili e di inserimento, nello scontrino, del relativo costo, si è scatenato il finimondo, con provocatorie interrogazioni parlamentari . Ma, finalmente, pare che una soluzione razionale sia stata trovata, visto il parere che il Consiglio di Stato ha fornito al Ministero della Salute che, sulla questione specifica, aveva chiesto lumi. Soprattutto dopo che il Ministero dello Sviluppo Economico, con una circolare del 7 dicembre 2017, si era espresso favorevolmente sulla possibilità di portare da casa il contenitore da utilizzare e che quello dell’ambiente con circolare 4 gennaio 2018, prot. n. 130, abbia evidenziato che qualunque pratica volta a ridurre l’utilizzo di nuove borse di plastica risulta essere indubbiamente virtuosa sotto il profilo degli impatti ambientali. Fermo restando che, sul punto la competenza a valutarne la legittimità e la conformità alle normative igienico-alimentari spetti al Ministero della Salute. Limitare la diffusione indiscriminata dei sacchetti. A fronte dei quesiti posti dal Ministero in questione, la Commissione speciale, dopo aver richiamato il complesso quadro normativo di riferimento, ha affermato che il legislatore si è mosso al fine di perseguire lo scopo di limitare la diffusione indiscriminata delle borse in discorso. Nel senso che, piuttosto che introdurre una norma di divieto assoluto di utilizzazione, ha affiancato, ad una regolamentazione di chiara impronta pubblicistica circa le caratteristiche che le borse devono avere, uno strumento che rimette alla logica del mercato il disincentivo dell’utilizzazione esagerata delle borse in plastica, prevedendo che le stesse devono avere un prezzo, elevandole a bene necessariamente commerciabile essendone esclusa la cessione a titolo gratuito . Con tale tecnica, si è inteso sollecitare la presa di coscienza del consumatore circa il fatto che i sacchetti in plastica, anche quelli superleggeri strumentali all’acquisto di frutta e verdura, non costituiscono una risorsa illimitata, inducendolo dunque, auspicabilmente, a farne un uso attento anche dopo l’utilizzo principale, così da scongiurarne lo spreco irragionevole ciò, al fine ultimo di combattere la dispersione nell’ambiente del materiale plastico, al quale tutta la normativa è ispirata. Ma se la borsa in plastica è un bene di consumo autonomo, ha sottolineato il parere, non sembra consentito escludere la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate, non potendosi inoltre escludere, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario. Una diversa interpretazione, infatti, tradirebbe lo spirito stesso della norma, che è quello di limitare l’uso di borse in plastica. Anche se, con riferimento ai contenitori portati da casa, non ogni involucro risulta idoneo all’imballaggio degli alimenti. Invero, il legislatore ha detta regole relative ai materiali che possono venire a contatto diretto con alimenti o bevande, allo scopo di garantire che detti materiali siano adeguati e non rendano insicuri gli alimenti. In contradditorio con i presupposti degli obblighi imposti dall’inizio dell’anno, la Commissione ha, peraltro, ritenuto di non poter esimersi dall’osservare che le restrizioni relative alle borse ultraleggere non paiono imposte dal diritto comunitario. Invero, precisa in conclusione il parere, il paragrafo 1-bis dell’articolo 4 della direttiva 2015/720 si rivolge alle sole borse di plastica in materiale leggero mentre, il successivo paragrafo 1- ter consente non obbliga agli Stati membri di adottare misure, tra cui strumenti economici e obiettivi di riduzione nazionali, in ordine a qualsiasi tipo di borse di plastica, indipendentemente dal loro spessore.

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