Ai sensi dell’articolo 383 c.p.p. Facoltà d’arresto da parte dei privati l’arresto in flagranza può essere effettuato dai privati, nei casi previsti dall’articolo 380 c.p.p. Arresto obbligatorio in flagranza , nell’ipotesi in cui i delitti posti in essere siano perseguibili d’ufficio.
Così la Corte di Cassazione con sentenza numero 13094/18, depositata il 21 marzo. Il caso. Il Tribunale di Cosenza negava con ordinanza l’arresto in flagranza effettuato nei confronti dell’imputato che, dopo aver sottratto una carta di debito all’interno di un ufficio postale ad un cliente, si dava alla fuga procurando lesioni alla vittima del furto per poi essere inseguito, ricondotto e trattenuto all’interno dell’ufficio postale, grazie all’intervento di alcune persone presenti all’evento, sino all’arrivo delle forze dell’ordine che avevano poi proceduto all’arresto. Secondo il Tribunale, erano insussistenti i presupposti per l’arresto in flagranza in quanto gli agenti delle forze dell’ordine non avevano assistito ai fatti, né avevano rinvenuto nella disponibilità dell’imputato il profitto del reato, il quale era stato precedentemente strappato dalle mani dello stesso e riconsegnato alla vittima. Avverso l’ordinanza il PM presso il Tribunale di Cosenza ricorre per cassazione denunciando come erroneamente il Giudice avesse fondato la propria decisione sull’erroneo presupposto che l’arresto fosse stato effettuato sulle sole informazioni ricevute dalla forze dell’ordine da parte dei testimoni presenti al momento del fatto. Arresto in flagranza. Il Supremo Collegio ritiene non applicabile al caso di specie l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite per il quale non è possibile procedere ad arresto in flagranza sulla base delle dichiarazioni rese dalla vittima o da terzi nell’immediatezza dei fatti, poiché tale orientamento era stato espresso in relazione ad un’ipotesi totalmente diversa da quella oggetto di ricorso, in quanto relativa ad un arresto per lesioni personali effettuato successivamente ad un inseguimento investigativo della polizia e fondato sulle dichiarazioni dell’offesa. Nel caso al vaglio della Suprema Corte, nonostante le forze dell’ordine fossero intervenute dopo la commissione del fatto, lo stato di flagranza «era determinato dall’essere lo stesso imputato inseguito, immediatamente dopo i fatti, dalla persona offesa e da coloro che si trovavano all’interno dell’ufficio postale», pertanto, precisano i Giudici di legittimità, al momento dell’arresto l’imputato «si trovava dunque nello stato di flagranza normativamente definito in base al combinato disposto degli articolo 382 e 383 c.p.p.». Ciò posto, «l’arresto deve essere qualificato come legittimamente eseguito dai privati ex articolo 383 e 380, comma 2, lett. f , c.p.p., in esito all’inseguimento del pervenuto immediatamente dopo la commissione del reato, quando lo stesso si trovava nello stato di flagranza normativamente definito dall’articolo 382 c.p.p.». La Corte quindi annulla il provvedimento impugnato senza rinvio dichiarando legittimo l’arresto effettuato da parte dei privati.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 febbraio – 21 marzo 2018, numero 13094 Presidente Diotallevi – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto In data 11 novembre 2017 alcuni agenti della compagnia Carabinieri di Cosenza procedevano all’arresto obbligatorio in flagranza dei reati di cui agli articolo 628, comma secondo, c.p. e 582 c.p. di C.E. presso il locale Ufficio postale, arresto di fatto eseguito da alcuni cittadini. Come risulta dalle sit rese dalla persona offesa e da diversi testimoni oculari del reato, l’intervento dei militari era stato richiesto alle 10.30 da un dipendente dell’Ufficio postale, il quale aveva segnalato ai militari che una cittadina straniera, ivi presente, identificata poi nell’odierna imputata, versava in uno stato di evidente agitazione. In seguito, la C. aggrediva verbalmente i dipendenti dell’Ufficio postale, danneggiando anche un espositore, e, dopo aver sottratto una carta banco posta a B.F. , una cliente intenta ad effettuare un’operazione tramite POS, si dava alla fuga. La persona offesa inseguiva dunque la C. , tentando di trattenerla, ma quest’ultima, per assicurarsi il possesso della carta, strattonava la persona offesa e la spingeva con tanta violenza da farla cadere a terra. La C. veniva inseguita dalle persone presenti all’interno dell’Ufficio postale, le quali, dopo averla raggiunta all’esterno, recuperavano la carta, sottratta alla B. , e riconducevano l’imputata all’interno del menzionato ufficio. Contemporaneamente sopraggiungevano i Carabinieri, ai quali la C. veniva consegnata dai privati, che erano riusciti a bloccarla e trattenerla fino all’arrivo dei militari. Come risulta dal verbale di arresto, compilato dai Carabinieri intervenuti in loco, tutte le persone ivi presenti, sentite a sit, dichiaravano di aver avuto diretta percezione del reato posto in essere dalla C. e di averla inseguita sia all’interno sia all’esterno dell’ufficio postale, per impedirne la fuga e consegnarla alle forze dell’ordine. In sede di giudizio per direttissima, il Tribunale di Cosenza, in composizione collegiale, non convalidava l’arresto, formalizzato dagli Agenti della Compagnia dei Carabinieri di , ritenendo insussistenti i presupposti della flagranza di reato di cui all’articolo 382 c.p.p., in quanto i militari intervenuti non avevano assistito allo svolgimento dell’episodio criminoso né avevano rinvenuto direttamente il profitto del reato sulla persona della C. , poiché un dipendente dell’ufficio postale era riuscito a strapparle dalle mani la carta banco posta, sottratta alla persona offesa. Avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Cosenza non convalidava l’arresto della C. proponeva ricorso per Cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale cosentino, lamentando l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e delle norme processuali, ex articolo 606 lett. b e c c.p.p Secondo il ricorrente il Tribunale era pervenuto alla conclusione dell’insussistenza dello stato di flagranza, partendo da un presupposto non corrispondente a realtà, ovvero che i militari avessero arrestato la prevenuta sulla base delle sole informazioni ricevute dai testimoni del fatto e, dunque, in seguito ad un inseguimento meramente investigativo , ritenuto dalla Suprema Corte a Sezioni Unite inidoneo a configurare l’ipotesi di flagranza ex articolo 382 c.p.p All’odierna udienza camerale, celebrata ex articolo 127 c.p.p., è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato e merita accoglimento. A giustificazione della mancata convalida dell’arresto, il Collegio giudicante ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite numero 39131/2016, secondo la quale non può procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nell’immediatezza dei fatti . Tuttavia, alla base della menzionata pronuncia delle Sezioni Unite, vi era l’arresto dell’autore del reato di lesioni personali, eseguito dalla polizia giudiziaria in seguito ad un inseguimento investigativo , effettuato sulla base delle dichiarazioni della persona offesa. In quel caso, dunque, non sussistevano i presupposti dell’arresto in flagranza di cui all’articolo 382 c.p.p., in quanto non solo la polizia giudiziaria non aveva colto la persona nell’atto di commettere il reato né aveva sorpreso la stessa con tracce della perpetrazione del crimine, ma l’arrestato non era stato neppure inseguito nell’immediatezza del fatto dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da terzi. Diverso è invece il caso in esame. Difatti, dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dai testimoni, presenti all’interno dell’Ufficio postale, nonché dal verbale di arresto della prevenuta risulta evidente che, sebbene i Carabinieri fossero intervenuti solo post crimen patratum e senza rinvenire alcuna traccia della consumazione del reato da parte della C. poiché la carta sottratta alla B. era stata prontamente recuperata da uno dei dipendenti dell’Ufficio postale, dopo aver arrestato la fuga della prevenuta , tuttavia lo stato di flagranza della C. era determinato dall’essere stata la stessa inseguita, immediatamente dopo i fatti, dalla persona offesa e da coloro che si trovavano all’interno nell’Ufficio postale. Al momento dell’arresto la C. si trovava dunque nello stato di flagranza normativamente definito in base al combinato disposto degli articolo 382 c.p.p. e 383 c.p.p Il pubblico ministero ricorrente correttamente ha rilevato che l’arresto della C. non è stato posto in essere dai Carabinieri intervenuti dopo la commissione del reato in virtù delle sole informazioni sull’accaduto, ottenute dai presenti, ma è invece avvenuto ai sensi dell’articolo 383 c.p.p., ovverosia nell’esercizio da parte di privati della facoltà di procedere all’arresto in flagranza degli autori di reati perseguibili d’ufficio, nei casi in cui la polizia giudiziaria sia obbligata a procedere in tal senso ex articolo 380, comma secondo, lettera f , c.p.p. Sent. Cass. Sez. II Penumero , 18.11.2014, numero 50662 . Alla luce delle precedenti considerazioni, l’arresto della C. deve essere qualificato come legittimamente eseguito dai privati ex articolo 383 c.p.p. e 380, comma secondo, lettera f c.p.p. in esito all’inseguimento della prevenuta immediatamente dopo la commissione del reato, quando la stessa si trovava nello stato di flagranza normativamente definito dall’articolo 382 c.p.p L’ordinanza deve essere pertanto annullata senza rinvio e l’arresto, operato dai privati, deve dichiararsi legittimo. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dichiara legittimo l’arresto da parte dei privati.