Liquidazione del compenso del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato risultata vittoriosa

Qualora nel procedimento civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ai sensi dell’articolo 133 d.P.R. numero 115/2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articolo 82 e 130 del medesimo d.P.R

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza numero 777/21, depositata il 19 gennaio. Il Tribunale di Brindisi rigettava l’opposizione proposta avverso il decreto di liquidazione dei compensi a favore di un avvocato in relazione ad un procedimento civile per il quale la parte era stata ammessa al gratuito patrocinio. Veniva dunque confermata la dimidiazione dei compensi richiesti dal difensore rispetto a quelli liquidati dalla sentenza a favore della controparte risultata vittoriosa. L’avvocato ha proposto ricorso in Cassazione. Il ricorso viene rigettato avendo il Giudice di merito correttamente ritenuto che non vi fosse necessità di equivalenza tra le due somme, in conformità con il consolidato orientamento di legittimità sul punto. Il Collegio richiama un importante precedente relativo alla regolamentazione delle spese nel processo penale nel quale si affermava che «qualora nell’ambito del giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ec articolo 133 d.P.R. numero 115/2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articolo 82 e 103 del medesimo decreto, al fine di evitare che l’eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente, ovvero, al contrario, di danno erariale» v. Cass.Civ. numero 18167/16 . Ciò posto, la pronuncia in commento ricorda come la successiva evoluzione giurisprudenziale abbia chiarito la differenza fra meccanismi di liquidazione delle spese nel processo civile e penale. Difatti «in tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato del d.P.R. numero 115/2002, ex articolo 133 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articolo 82 e 130 del medesimo d.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato articolo 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità» v. Cass.Civ. numero 22017/18 . In conclusione, avendo il ricorrente peraltro sottolineato il mutamento giurisprudenziale in punto di coincidenza delle due liquidazioni, principio che in sede civile non trova più applicazione, la Corte non può che rigettare il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 settembre 2020 – 19 gennaio 2021, numero 777 Presidente Di Virgilio – Relatore Oricchio Considerato in fatto è stata impugnata da S.A. l’ordinanza, D.P.R. numero 115 del 2002, ex articolo 84 e 170, D.Lgs. numero 150 del 2011, articolo 15 e articolo 702-ter c.p.c., emessa il 3 marzo 2017 dal Tribunale di Brindisi. Con tale provvedimento veniva rigettata l’opposizione proposta avverso il decreto di liquidazione dei compensi in favore dell’avv. S. in relazione al procedimento civile numero 2354/2016 R.G. Lav. nel quale era parte ammessa a gratuito patrocinio l’assistita D.C. . Il ricorso è fondato su un unico articolato motivo e non è resistito dalle parti intimate. Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue. La gravata ordinanza, in particolare, confermava l’impugnato decreto di liquidazione, che aveva dimidiato i compensi richiesti dal difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio rispetto a quelli liquidati nella sentenza di cui al citato procedimento in favore della controparte risultata vittoriosa in giudizio. L’esame del ricorso, già assegnato alla Sezione Sesta civile - II veniva, con ordinanza interlocutoria del 15 marzo 2018, rinviato alla pubblica udienza. Parte ricorrente ha depositato memoria. Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto del ricorso. Ritenuto in diritto 1.- Col motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, il vizio di violazione del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 82, 130 e 133, in relazione all’articolo 360 c.p.c., numero 3. Nella sostanza parte ricorrente lamenta la subita diminuzione delle spese liquidate rispetto a quelle dovute da parte del soccombente nella causa in cui veniva espletata la difesa in favore dell’ammesso al gratuito patrocinio. 1.1- L’impugnata ordinanza ha ritenuto che non vi era necessità di equivalenza fra le due suddette entità delle spese. La decisione gravata risulta conforme all’orientamento, ormai consolidato ed in questa sede ribadito, che esclude la necessità -quanto al giudizio civile - della necessaria coincidenza delle liquidazioni dei compensi in favore dello Stato e del difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio. Per la verità - quanto al giudizio penale - è nota l’interpretazione, in punto di liquidazione delle stesse, data a suo tempo da questa Corte Cass. civ., Sez. VI - 2a, Ord. 16 settembre 2016 numero 18167 . Con quella ordinanza, con specifico riguardo alla regolamentazione delle spese nel processo penale, si affermo che qualora nell’ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, del D.P.R. numero 115 del 2002, ex articolo 133 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articolo 82 e 103 del medesimo Decreto, al fine di evitare che l’eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente ovvero, al contrario, di danno erariale . Tale decisione traeva, invero, spunto da precedente sentenza la numero 46537/2011, citata e, peraltro, ampiamente riportata nella parte motiva della stessa succitata ordinanza , con la quale si sanciva il principio che qualora, nell’ambito di un giudizio penale, l’imputato sia condannato anche alla refusione delle spese giudiziali in favore della parte civile ammessa a gratuito patrocinio, la quantificazione degli onorari e delle spese ex articolo 82 e segg. T.U., liquidate dallo Stato a favore del difensore del non abbiente, deve necessariamente corrispondere alla quantificazione delle somme dovute dall’imputato allo Stato anticipatario, secondo il meccanismo dell’articolo 110 T.U. . Orbene la sentenza, citata nella detta ordinanza del 2016, ha dato modo a questa stessa Corte di puntualizzare, con successiva e consolidata giurisprudenza, la differenza al riguardo fra i meccanismi di quantificazione delle spese nell’ambito del processo civile e penale. Ed, infatti, si è di seguito chiarito che in tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato del D.P.R. numero 115 del 2002, ex articolo 133 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli articolo 82 e 130 del medesimo D.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato articolo 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità Cass. civ., Sez. seconda, Ord. 11 settembre 2018, numero 22017 . Questo orientamento è stato, di seguito, costantemente confermato Cass., Sez. Sesta - Lav., Ord. 3 maggio 2019, numero 11590, nonché Cass. numero ri 19/2020 e 136/2020 . La stessa parte ricorrente ammette espressamente di aver preso atto che il Supremo Collegio ha cambiato orientamento in punto di coincidenza delle due liquidazioni, affermando che in sede civile non troverebbe applicazione il suddetto principio, valevole, unicamente, nei giudizi penali cfr. memoria ex articolo 378 c.p.c., p. 2 . Orbene e come rilevato dal P.G. , poiché la ratio della gravata decisione finisce per andare proprio nel senso delle anzidette pronunce dal 2018 in poi di questa Corte, l’articolato motivo del ricorso non può ritenersi fondato. A nulla, in senso contrario, può valere la prospettazione da ultimo formulata dalla odierna parte ricorrente e secondo cui sarebbe intervenuto il giudicato in tema di necessaria coincidenza delle liquidazioni giacché la ragione della decisione impugnava verteva sul difetto di interesse del difensore a dolersi della svolta e contestata liquidazione. Per la verità la questione dell’interesse ad agire fu, con l’ordinanza impugnata, svolta con riferimento alla posizione, in quel procedimento, della parte D.C. ritenuta mancante di legittimazione ad agire ai sensi e conformemente a Cass. numero 10705/2014 secondo cui è il solo difensore e non la parte personalmente a poter legittimamente impugnare il decreto di liquidazione del compenso . Neppure la mera affermazione, di cui nel testo della motivazione del provvedimento gravato, di non condividere il ragionamento seguito dal Giudice del lavoro , che – aveva già ritenuto la non applicabilità anche al processo civile della necessaria coincidenza delle liquidazioni valevole per il procedimento penale - può ritenersi costituire giudicato che consenta oggi l’accoglimento con pronunzia contraria a principio di diritto ed alla esplicita ratio, quantomeno del primo giudice del motivo qui in esame. Quest’ultimo va, quindi, respinto. 2.- Il ricorso deve, dunque, essere rigettato. 3.- Nulla per le spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Amministrazione intimata. 4.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.