La normativa afferente il patrocinio dei non abbienti costituisce norma speciale rispetto alle norme di rito, pertanto sono previsti peculiari strumenti d’opposizione delle spese processuali.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con sentenza numero 4194 del 21 febbraio 2014. Il caso. In seguito a condanna per pluriomicidio, la Corte d’Assise di Trapani dispone a carico dell’imputato, oltre alla pena dell’ergastolo, anche il risarcimento del danno in favore dei familiari della vittima costituitesi parti civili. Inoltre, il Tribunale prevede anche il pagamento delle spese processuali in favore delle predette parti civili, tutte ammesse al gratuito patrocinio ed assistite e difese da un avvocato. Questi chiede con istanza la liquidazione di una somma per l’attività difensiva svolta, reclamando un compenso di gran lunga più elevato rispetto a quello stabilito in sentenza. Successivamente la Corte d’Assise, con ordinanza, rigetta la richiesta sul rilievo che in merito alla stessa aveva già provveduto con sentenza, e che le pretese dell’avvocato fossero irragionevoli, e soprattutto che l’avvocato non fosse legittimato a presentare opposizione, in quanto era onere delle parti civili impugnare il capo della sentenza relativo alla statuizione sulle spese processuali. Segue ricorso in Cassazione da parte dell’avvocato. Il patrocinio dei non abbienti costituisce norma speciale rispetto alla disciplina di rito. Il ricorrente osserva che il procedimento di cui al d.p.r. numero 115/2002 Testo unico in materia di spese di giustizia , costituisce norma speciale rispetto a quelle di cui al codice di rito, con distinti sistemi di impugnativa, e soprattutto destinato ad essere definito separatamente rispetto al procedimento penale a cui accede. Secondo la Suprema Corte, la censura dell’avvocato merita accoglimento, difatti, la condanna alle spese processuali della parte civile attiene al rapporto con l’altra parte processuale, e non a quello tra il difensore e il suo assistito. In particolare, con riguardo alla disciplina afferente al patrocinio per i non abbienti, essa costituisce normativa speciale, che prevede strumenti peculiari per la opposizione alla liquidazione delle spese processuali, di conseguenza la parte civile non era tenuta ad impugnare la sentenza della Corte d’Assise nella parte relativa alle spese che riguardavano lo Stato. In conclusione la Corte ammette che l’istanza dell’avvocato avrebbe dovuto essere esaminata separatamente, pertanto accoglie il ricorso, rinviando ad altro giudice la causa.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 novembre 2013 – 21 febbraio 2014, numero 4194 Presidente Bursese – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo Con sentenza del 6 marzo 2006 la Corte d'assise di Trapani condannò alla pena dell'ergastolo B.D. , ritenuto colpevole di due omicidi pluriaggravati, uno dei quali in pregiudizio di I.G. , e decise anche sulle domande di risarcimento del danno proposte dai familiari dello stesso I. , costituitisi parte civile, tra l'altro condannando l'imputato al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 9231,75, di cui Euro 1025,75 a titolo di rimborso spese, oltre IVA e CPA, in favore delle predette parti civili, tutte ammesse al gratuito patrocinio ed assistite e difese dall'avvocato M.A. . Questi, con atto depositato il 19 luglio 2006, chiese alla Corte d'assise che gli venisse liquidata la somma complessiva di Euro 85.773,52, oltre Iva e CPA, per l'attività difensiva prestata a favore dei congiunti dell'I. . Con ordinanza del 20 settembre 2006, la Corte d'assise rigettò l'istanza sul rilievo che in merito alla stessa aveva già provveduto con la sentenza, ed ordinò il pagamento della somma già liquidata in favore dell'avv. M. . Avverso tale provvedimento questi propose opposizione, che fu rigettata dal Tribunale di Trapani con decreto dell'1 ottobre 2007, nel quale si rilevava che l'avv. M. , quale difensore di parte civile, all'udienza di discussione del 1 marzo 2006 aveva formulato le proprie richieste, depositando comparsa conclusionale. Sulle richiesta di liquidazione la Corte d'assise aveva deciso con la sentenza depositata il 31 maggio 2006. Le parti civili non avevano impugnato tale capo della decisione, che, pertanto, non avevano più la possibilità di contestare. Il legale, con la richiesta del 19 luglio 2006, non aveva chiesto la liquidazione del compenso per ulteriori attività difensive, ma, reclamando un compenso di gran lunga superiore a quanto liquidato in sentenza, aveva in sostanza contestato la legittimità della originaria statuizione sulle spese, surrettiziamente proponendo contro di esso una impugnazione non consentita dalla legge. Per la cassazione di tale decreto propone ricorso l'avv. M. sulla base di un unico motivo. Motivi della decisione Con l'unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 170, comma 3, del d.lgs. numero 115 del 2002. Premesso che alla data del provvedimento impugnato 1 ottobre 2007 la sentenza della Corte d'assise di Trapani, che aveva, tra l'altro, statuito sulle spese del procedimento, non era più esistente, essendo stata integralmente annullata dalla Corte d'assise di appello di Palermo con sentenza del 31 maggio 2007, di assoluzione del B. per non aver commesso il fatto, osserva il ricorrente che tale annullamento avrebbe travolto ogni statuizione relativa alle parti civili costituite sicché il Tribunale di Trapani avrebbe dovuto decidere autonomamente in ordine all'ammontare delle spese di parte civile. Né il ricorrente avrebbe potuto impugnare la statuizione sulle spese di parte civile ai sensi dell'articolo 576 cod. proc.penumero non rientrando tra i capi della sentenza di condanna riguardanti l'azione civile quello relativo alla quantificazione delle sole spese, che si sarebbe potuto impugnare solo unitamente a quello relativo all'ammontare del risarcimento danni, nella specie integralmente satisfattivo per le parti civili. Inoltre - si osserva - la condanna alle spese processuali della parte civile attiene al rapporto esterno, cioè al rapporto con l'altro soggetto processuale, e non ai rapporti tra il cliente e il suo difensore. Infine rileva il ricorrente che il procedimento di cui al D.p.r. numero 115 del 2002, costituisce norma speciale rispetto a quelle di cui al codice di rito, con un proprio procedimento e distinti sistemi di impugnativa, destinato ad essere definito separatamente rispetto al procedimento penale cui accede. La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'articolo 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis “Dica la Suprema Corte di Cassazione se la normativa afferente il patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato di cui al decreto legislativo numero 115 del 2002 debba essere considerato norma speciale rispetto alle norme del codice processuale di rito penale e l'articolo 110 interpretato nel senso che il beneficiario del provvedimento di ammissione, che si dolga della liquidazione effettuata, possa e/o debba utilizzare per l'opposizione soltanto gli strumenti previsti dal predetto decreto legislativo, ovvero sia obbligato a far valere tale suo diritto necessariamente attraverso l'impugnazione della sentenza relativo al capo delle sole spese processuali, specie quando riveste la qualità di parte civile”. La censura merita accoglimento. Ha errato il Tribunale di Trapani nel ritenere che l'attuale ricorrente avrebbe dovuto impugnare la statuizione della Corte d'assise nella parte relativa alla liquidazione delle spese per la costituzione della parte civile. In realtà, la condanna alle spese processuali della parte civile attiene al rapporto con l'altra parte processuale, e non a quello tra il difensore ed il suo assistito. In particolare, poi, il procedimento di cui al d.lgs. numero 115 del 2002, che disciplina il patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, concesso nella specie, costituisce, come correttamente sottolineato dal ricorrente, normativa speciale, che prevede strumenti peculiari per la opposizione alla liquidazione delle spese processuali. Ne consegue che la parte civile non era tenuta ad impugnare la sentenza della Corte d'assise nella parte relativa alle spese che riguardavano lo Stato. L'istanza dell'avvocato andava dunque esaminata separatamente. Senza considerare che la predetta sentenza era stata integralmente riformata in secondo grado con sentenza del 31 maggio 2007, anteriore al provvedimento impugnato, di assoluzione del B. per non aver commesso il fatto. In definitiva, il ricorso deve essere accolto. Il provvedimento impugnato deve essere cassato, e la causa rinviata ad un altro giudice - che viene individuato nel Tribunale di Trapani in persona di diverso magistrato, cui è demandata altresì la regolamentazione delle spese del presente giudizio - che la riesaminerà alla stregua dei rilievi sopra formulati. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Trapani in persona di diverso magistrato.