Si accorge dell’errore del collega ma non lo avvisa: comportamento scorretto, notaio censurato

I rapporti tra notai devono essere improntati a principi di massima correttezza e riservatezza. Per questi motivi, legittima è la sanzione della censura comminata ad un professionista che, accortosi di un errore del collega, nel redigere un atto di compravendita, non solo non l’ha avvistato ma ne ha stigmatizzato la condotta con il cliente e la banca erogante il mutuo.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 1943 del 29 gennaio 2014. Il fatto. La Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina per la Circoscrizione del Piemonte e della Valle d’Aosta irrogava a un notaio la sanzione della censura, in quanto aveva notato un errore nell’atto redatto da un collega relativo alla provenienza di un immobile di cui doveva attestare la vendita e non l’aveva avvisato in modo da metterlo nelle condizioni di correggerlo. Come se non bastasse, aveva verbalmente segnalato la svista alla venditrice e all’istituto di credito che doveva concedere il mutuo agli acquirenti, segnalando di aver verificato il mancato rispetto, nelle carte di provenienza, di tutti gli adempimenti previsti dalla l. n. 47/1985 contenente norme in materia urbanistico-edilizia . Come si può ben capire, aveva dato rilevanza esterna all’errore, senza preoccuparsi di contattare il collega pur avendone il dovere deontologico e l’occasione . Per la cassazione della sentenza, il notaio propone ricorso. I comportamenti scorretti tenuti sono indiscutibili Il ricorrente fa notare l’assenza di prove in merito ad apprezzamenti irriguardosi sull’operato del collega e, quindi, dei presupposti per la censura. Di contrario avviso Piazza Cavour rimangono motivatamente indicati ed individuati diversi, anche cronologicamente, comportamenti dell'incolpato in violazione dei principi di correttezza, di collaborazione e di solidarietà nei rapporti con il collega, rinvenibili nella prima relazione redatta dal notaio per la banca, nella segnalazione dell'omissione alla venditrice e nella seconda relazione sempre alla banca. così come la volontà di mettere in cattiva luce il collega. La critica all’operato del collega è palese in quanto il ricorrente ha insistito sulla necessità di integrare gli atti, non essendo stati rispettati gli adempimenti prescritti dalla l. n. 47/1985. Né la condotta può essere ritenuta occasionale, essendo stato l’operato criticato davanti a più clienti e in diversi contesti temporali. Logica appare, pertanto, la conclusione, alla quale è pervenuta la Corte territoriale, in ordine alla comprovata sussistenza di una insistente volontà del notaio Battaglia di porre in cattiva luce la professionalità del collega e ciò in violazione del codice deontologico che fa obbligo al notaio di comportarsi, nei rapporti con i colleghi, secondo i principi di correttezza, di collaborazione e di solidarietà, imponendogli di informare il collega, con la dovuta riservatezza, di possibili errori od omissioni nei quali si ritenga che egli sia incorso, e preclude di esprimere di fronte al cliente in qualsiasi forma valutazioni critiche sull'operato e sul comportamento dei colleghi Per i giudici, quindi, la critica al lavoro del collega è fin troppo chiara e questo giustifica il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 giugno 2013 – 29 gennaio 2014, n. 1943 Presidente Bucciante – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - La Commissione amministrativa regionale di disciplina per la circoscrizione del Piemonte e della Valle d'Aosta in data 13 luglio 2011 ha irrogato al notaio B.A. la sanzione della censura per avere il medesimo omesso di comunicare, in via riservata, ad un collega il possibile errore in cui quest'ultimo era incorso in un atto di provenienza dell'immobile non contenente l'indicazione di tutti i provvedimenti edilizi in forza dei quali esso era stato costruito e modificato del cui atto di vendita era stato officiato, e per avere espresso apprezzamenti irriguardosi sull'operato di colleghi che avevano rogato gli atti di provenienza, e ciò in più occasioni oralmente alla venditrice dell'immobile e per iscritto alla banca erogatrice del mutuo per l'acquisto dell'immobile , ricorrendo il presupposto della non occasionalità della violazione delle norme deontologiche, richiesta dall'art. 147, comma 1, lettera b , della legge notarile. 2. - La Corte d'appello di Torino, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 28 marzo 2012, ha rigettato il reclamo proposto dal notaio. La Corte distrettuale ha a tal fine rilevato - che il notaio B. , incaricato di redigere l'atto di compravendita di un immobile di proprietà di T.A. e da questa acquistato nel 1999 con rogito del notaio A.C.P. di Nucetto , aveva redatto una prima relazione per la Banca Popolare di Novara - BPN, erogatrice del mutuo in favore degli acquirenti G.D. e P.S. , nella quale lo stesso notaio confermava di avere verificato che negli atti di provenienza non erano stati rispettati tutti gli adempimenti prescritti dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 - che, nonostante sapesse che l'ultimo atto di compravendita era stato rogato dal collega A.C. di Nucetto nel 1999, il notaio B. non aveva sentito il bisogno di comunicare in via riservata al collega i suoi dubbi su possibili errori commessi da quest'ultimo nel rogare detto atto - che lo stesso notaio B. aveva chiaramente espresso alla venditrice T. la presenza di tale omissione negli atti di provenienza, invitandola a recarsi in Comune per effettuare le verifiche urbanistiche ed edilizie del caso - che nel corso dell'incontro professionale del 5 agosto 2010 tra il notaio A. e la T. per la redazione dell'atto di conferma, quest'ultima telefonava, dallo studio del notaio A. , al notaio B. , comunicandogli che stava redigendo un atto di conferma che avrebbe sanato ogni problema ed in tale circostanza il notaio B. non solo non riteneva di farsi passare al telefono il collega né lo contattava successivamente per avere uno scambio di vedute sulla validità della soluzione che poteva essere data, ma anche, nella seconda relazione alla banca redatta il giorno dopo, affermava che la soluzione di integrare soltanto l'ultimo atto e non quelli precedenti, perché anteriori al ventennio era un escamotage che nel migliore dei casi peccava di faciloneria . La Corte di Torino ne ha tratto la insistente volontà del notaio B. di porre in cattiva luce il comportamento del collega che invece aveva prontamente posto rimedio, con l'atto di conferma del 5 agosto 2010, alla mancanza di indicazione di alcuni provvedimenti amministrativi inerenti l'immobile in un atto avente rilevanza esterna perché diretto alla banca e senza alcun reale confronto dialettico con lo stesso collega, pur avendone il dovere deontologico e anche l'occasione. 3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello il notaio B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 21 novembre 2012, sulla base di due motivi. Il Consiglio notarile distrettuale di Asti vi ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositate memorie illustrative in prossimità della camera di consiglio. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto art. 115 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ci si duole che la sentenza impugnata non abbia motivato sul perché ha ritenuto di dare per acquisita, senza neppure farne oggetto di prova, la circostanza, contestata, della telefonata avvenuta il giorno 5 agosto 2010 tra la T. e il notaio B. , mentre la prima si trovava nello studio del notaio A. di Ceva di Nucetto, circostanza tra l'altro dedotta dal Consiglio notarile per la prima volta nel giudizio di reclamo dinanzi alla Corte d'appello. Non essendo dimostrato che il notaio B. , nel precedente colloquio con la venditrice, avesse espresso apprezzamenti irriguardosi sull'operato del collega, eliminando la telefonata del 5 agosto 2010 e, con essa, la conoscenza del fatto che il collega A. si fosse attivato per risolvere il problema, cadrebbe, ad avviso del ricorrente, cigni presupposto per censurare il comportamento dell'incolpato, in quanto avvenuto in un unico contesto. 1.1. - Il motivo è inammissibile, stante la non decisività, nel contesto della motivazione della sentenza impugnata, della circostanza della telefonata effettuata il 5 agosto 2010 da parte della T. nello studio del notaio A.C. di Nucetto al notaio B. . Invero, anche eliminando il riferimento alla telefonata in contestazione, nel testo della sentenza impugnata, recante il rigetto del reclamo proposto dal notaio B. avverso la decisione della Commissione amministrativa regionale di disciplina, rimangono motivatamente indicati ed individuati diversi, anche cronologicamente, comportamenti dell'incolpato in violazione dei principi di correttezza, di collaborazione e di solidarietà nei rapporti con il collega A.C. di Nucetto, rinvenibili nella prima relazione redatta dal notaio B. per la BPN, nella segnalazione dell'omissione alla venditrice T. e nella seconda relazione per la BPN. 2. - Il secondo mezzo violazione e falsa applicazione dell'art. 147, comma 1, lettera b, della legge notarile e degli artt. 19 e 20 del codice deontologico, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio lamenta che la Corte d'appello non abbia considerato che il notaio B. non aveva inteso criticare l'operato del collega, ma soltanto stigmatizzare una tesi giuridica, riportata dalla venditrice che, con l'evidente intenzione di sottrarsi alle spese necessarie per porre rimedio a carenze degli atti anteriori, aveva invocato l'avvenuta usucapione. Ad avviso del ricorrente, si sarebbe trattato, in ogni caso, di una condotta occasionale, essendo tutto avvenuto in un medesimo contesto, senza soluzione di continuità, scaturendo la vicenda, svoltasi nell'arco di pochi giorni, nell'ambito di un preciso incarico professionale. 2.1. - Il motivo è infondato. La Corte d'appello ha già preso in esame il rilievo del ricorrente, e l'ha rigettato, sottolineando, con argomentazione congrua ed esente da vizi logici e giuridici, che l'espressione escamotage che, nel migliore dei casi, mi sembra peccare di faciloneria va intesa, non come dissenso rispetto ad una tesi giuridica espressa dalla parte venditrice, ma come critica all'operato del collega notaio A. , tanto che, al termine della seconda relazione contenente quella espressione, il notaio B. ha insistito sulla necessità dell'integrazione di tutti gli atti precedenti, ribadendo che, nonostante l'atto di conferma, in essi non risultavano essere stati rispettati tutti gli adempimenti prescritti dalla legge n. 47 del 1985. Né merita accoglimento la censura relativa alla non occasionalità della condotta, perché essa non tiene conto che dal testo della sentenza impugnata risulta che le valutazioni critiche sull'operato del collega sono state espresse a più clienti la venditrice T. e l'Istituto di credito ed in diversi contesti temporali nella prima relazione scritta per la BNP, nel colloquio avuto con la T. e nella seconda relazione per la medesima Banca. Logica appare pertanto la conclusione, alla quale è pervenuta la Corte territoriale, in ordine alla comprovata sussistenza di una insistente volontà del notaio B. di porre in cattiva luce la professionalità del collega e ciò in violazione del codice deontologico, che fa obbligo al notaio di comportarsi, nei rapporti con i colleghi, secondo i principi di correttezza, di collaborazione e di solidarietà, imponendogli di informare il collega, con la dovuta riservatezza, di possibili errori od omissioni nei quali si ritenga che egli sia incorso, e preclude di e-sprimere di fronte al cliente in qualsiasi forma valutazioni critiche sull'operato e sul comportamento dei colleghi. A fronte della articolata motivazione in base alla quale la Corte territoriale ha dato conto del conseguito convincimento sulla sussistenza dell'addebito contestato e sulla sua rilevanza disciplinare, con la proposta doglianza il ricorrente, pur apparentemente prospettando vizi di violazione e falsa applicazione di legge e motivazionali, tende, in realtà, a rimettere in discussione, contrapponendovene uno difforme, l'apprezzamento in fatto del giudice del merito. 3. - Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Consiglio notarile controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per compensi, oltre ad accessori di legge.