La continuità delle posizioni di garanzia può essere esclusa se …

In tema di nesso causale nel reato, ove vi sia successione nella posizione di garanzia, colui al quale altri succeda, non si libera da eventuali responsabilità, riconducibili alla sua condotta – attiva o omissiva – facendo affidamento sull’adempimento del proprio dovere da parte del successore, atteso che non può parlarsi di affidamento quando, colui che si affida, versi già in situazione di colposa omissione e, ciò nonostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini quella violazione, o ponga rimedio a quella omissione.

Per escludere la continuità delle posizioni di garanzia, è quindi necessario che il garante sopravvenuto abbia posto nel nulla le situazioni di pericolo create dal predecessore, o eliminandole o modificandole, in modo tale che non possano essere più attribuite al precedente garante. Lo ha stabilito la Quarta sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1194, depositata il 14 gennaio 2014. La giurisprudenza in tema di nesso causale e Come è noto, sul nesso di causalità si sono espresse, più di dieci anni or sono, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la nota sentenza Franzese del 10 luglio 2002, n. 30328. Secondo tale pronuncia, per accertare il nesso causale, occorre un doppio controllo non basta, infatti, verificare l’esistenza di una legge statistica astrattamente applicabile al caso singolo. E’ necessario un giudizio di alta probabilità logica, in base al quale verificare l’attendibilità, in concreto, della legge statistica individuata. Bisogna cioè verificare che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione doverosa omessa, esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, e considerate le prove processuali, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non si sarebbe verificato, sarebbe avvenuto molto dopo, o avrebbe comunque avuto minore intensità lesiva. Ove sussista un ragionevole dubbio circa la certezza processuale” del nesso causale nelle forme dell’insufficienza, contraddittorietà e/o incertezza probatoria , dovrà esserci assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p. posizione di garanzia. Con più specifico riguardo alla causalità omissiva, la dottrina penalistica ha da tempo elaborato la nozione di posizione di garanzia o di protezione . Versa in tale posizione chiunque abbia l’obbligo di tutelare determinati beni giuridici rispetto a tutti i pericoli che possono minacciarli. La posizione di garanzia permane fino a quando il bene giuridico resta nella sfera di protezione del garante. Ad esempio, ciò avviene nel caso del docente con i propri alunni, o degli organizzatori e gestori di attività sportive, nei confronti degli utenti delle infrastrutture, ma anche nell’ipotesi di assunzione volontaria di una posizione di protezione. Secondo l’impostazione tradizionale della dottrina, le fonti dell’obbligo giuridico di impedire l’evento sono la legge, il contratto anche se invalido, nullo o annullabile , ma anche come nella sentenza in commento la precedente attività pericolosa. In tali casi, si crea un vincolo di affidamento tra l’omittente e la vittima della condotta illecita di quest’ultimo c.d. teoria dell’affidamento del bene giuridico . A tal proposito, si è obiettato che spesso, in questi casi, dovrebbe più correttamente parlarsi di reato commissivo colposo. Per distinguere il reato commissivo colposo dall’illecito omissivo improprio, occorre perciò sempre verificare se sussisteva, a monte, una posizione di garanzia in capo all’agente, o se l’agente ha piuttosto violato una regola di diligenza. La testimonianza della persona offesa. La pronuncia in commento presenta anche interessanti spunti circa i parametri giurisprudenziali di valutazione della credibilità della testimonianza della persona offesa. Come è noto, in generale, nel nostro sistema processuale manca una specifica normativa dettata a tutela della vittima-testimone, la cui posizione viene sostanzialmente equiparata a quella di qualsiasi altro teste che debba essere escusso, e ciò ad eccezione delle sole regole dettate in tema di audizione del minore le quali, pertanto, possono ritenersi uniche eccezioni in materia. Tali regole infatti limitano, in considerazione della necessità di tutelare soggetti in condizioni di maggiore debolezza psichica, il diritto al pieno contraddittorio dell’imputato che, in sede dibattimentale, trova la sua espressione nella cross-examination di ciascuna fonte di prova orale. La decisività della deposizione dibattimentale, se da un lato esalta il principio del pieno contraddittorio nella formazione della prova dinanzi al Giudice, dall’altro espone la vittima del reato al pericolo di maggiori pressioni o sollecitazioni, al fine di ottenere una più o meno completa ritrattazione, aumentando così notevolmente la possibilità che, alle sofferenze patite al momento della consumazione dell’episodio delittuoso, ne seguano altre, ancor più penose, nel periodo antecedente l’audizione dibattimentale od anche in sede di incidente probatorio.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 novembre 2013 - 14 gennaio 2014, n. 1194 Presidente Zecca – Relatore Iannello Ritenuto in fatto 1. B.L. e Z.S. venivano tratte a giudizio avanti il Tribunale di Udine per rispondere a del reato p. e p. dall'art. 677 commi primo, secondo e terzo, cod. pen. per aver omesso, in qualità di proprietarie sino all'8 aprile 2008 dell'immobile sito in Udine via Sondrio 53, di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo di rovina dello stesso lavori poi eseguiti dal nuovo proprietario in data 23 luglio 2008 essendo derivato dal fatto pericolo per le persone e b del reato di cui all'art. 590 cod. pen. per avere, in concorso, per colpa, nonché non provvedendo ai lavori necessari per rimuovere il pericolo di rovina dell'edificio, cagionato a P.D. lesioni personali giudicate guaribili in due mesi fatto avvenuto il OMISSIS . Con sentenza del 2 dicembre 2011 il Tribunale di Udine dichiarava le due imputate colpevoli dei reati ascritti e, concesse le attenuanti generiche ritenute prevalenti sulle aggravanti di cui al secondo capo d'imputazione, le condannava alla pena di Euro 400,00 di ammenda per la contravvenzione sub a e alla pena di giorni 20 di reclusione, sostituiti con Euro 760,00 di multa, per il delitto sub b . Condannava altresì le imputate al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita da liquidarsi in separata sede. Rigettava la richiesta di provvisionale e riconosceva il beneficio della non menzione della condanna alle condizioni di legge. 2. Proposto appello dalle imputate - che lamentavano in buona sintesi l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie per essere le stesse insufficienti a dimostrare sia la storicità del fatto lesivo, sia comunque la loro responsabilità l'inattendibilità della persona offesa la mancata valorizzazione di emergenze processuali idonee a dimostrare l'assenza di condizioni di pericolo nell'immobile fino alla data in cui esse ne erano rimaste proprietarie - la Corte d'appello di Trieste, con sentenza resa in data 7 gennaio 2013, rigettava il gravame condannando le appellanti al pagamento delle spese processuali e alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile. 3. Avverso tale decisione propongono personalmente ricorso per cassazione entrambe le imputate, denunciando erronea applicazione dell'art. 533 cod. proc. pen. con riferimento all'art. 606 lett. b cod. proc. pen. illogicità manifesta e contraddittorietà della motivazione con riferimento all'art. 606 lett. e cod. proc. pen. ”. Le ricorrenti illustrano tali motivi con una serie di doglianze e argomentazioni che possono ordinarsi e sintetizzarsi nei termini seguenti - i giudici di merito hanno posto a base del loro convincimento le dichiarazioni rese alla persona offesa che ha riferito di essere stato colpito, mentre lavorava in giardino, da una porzione di tetto staccatasi dalla contigua proprietà , omettendo di sottoporle a un vaglio di credibilità che invece si imponeva particolarmente rigoroso e penetrante, tenuto conto anche delle fondamentali divergenze tra quanto da lui asserito e quanto emerso nel processo ” e considerate anche le ragioni di astio tra la stessa e le imputate legate all'interesse manifestato dal predetto di rendersi acquirente dell'immobile, poi invece ceduto, a prezzo maggiore rispetto a quello da lui offerto, ad altri - la decisione impugnata non spiega quali ragioni militerebbero a favore della credibilità della tesi resa dalla parte civile piuttosto che di quella sostenuta dai tecnici e dai testimoni introdotti dalla difesa e riposa su argomentazioni in buona misura ipotetiche e dubitative, come tale insufficienti a giustificare un convincimento al di là di ogni ragionevole dubbio - in particolare, le dichiarazioni della persona offesa non sono intrinsecamente idonee a giustificare la ritenuta riconducibilità causale alla caduta di porzione di tetto del riscontrato dolore in sede rachide dorsale imputato in sentenza ad un brusco movimento di avvitamento , atteso che il P. non ha mai affermato di essersi accorto della caduta del materiale e di aver fatto un brusco movimento per evitarlo inoltre è poco credibile che l'essere stato colpito da blocchi di cemento, tegole e travetti caduti da un'altezza non esigua, non abbia causato al P. , oltre al fatto contusivo, una minima rottura dei tessuti, neanche sulla mano che non era protetta dai vestiti pare assai più verosimile che il P. mentre tagliava quella che lui ha definito siepe, ma che in realtà erano alberelli di 3 metri, sia caduto dalla scala colpendo terra con la spalla e la mano - come riferito dai testi M.A. e D.P.D. , nessuno ha rinvenuto né prima né dopo il 5/5/2008 un distacco di cemento, tegole e tavelle dal tetto dell'immobile - non sussiste l'asserito contrasto tra la deposizione del teste D.P. che ha dichiarato di non aver riscontrato distacco di parti del tetto e la fattura da lui emessa il 23/7/2008 il fatto che in tale fattura si dia atto della revisione di tetto e tegole non costituisce, infatti, in alcun modo, elemento contraddittorio con quanto dichiarato in giudizio, essendo quella contenuta in fattura una dicitura solitamente utilizzata in campo edile per descrivere l'esecuzione di un semplice sopralluogo sulla copertura - né può rappresentare smentita delle testimonianze favorevoli alle imputate la circostanza che il 17.11.2008 vi sia stato un intervento dei Vigili del Fuoco, per dei fatti che sono accaduti ben 6 mesi dopo la patita lesione e per i quali il nuovo proprietario dell'immobile, sig. M. , ha proposto querela contro ignoti per atti di danneggiamento - la Corte d'Appello ha ritenuto provata la penale responsabilità delle imputate per il reato di lesioni colpose ritenendo queste conseguenza diretta dell'accertata sussistenza della contravvenzione, così operando un salto logico in mancanza di un positivo accertamento della sussistenza del nesso causale - oltre che dal D.P. , intervenuto sui luoghi in data 23/7/2008, la sussistenza di un palese stato di rovina era stato escluso anche dai VV.FF. intervenuti su esposto del P. , come desumibile dalla comunicazione in data 8/3/2008 della Polizia Municipale di Udine, dove si legge che i VV.FF non intervenivano [sull'immobile, n.d.r.] in quanto lo stesso non metteva a rischio la pubblica incolumità ” . - convergente dichiarazione in tal senso è stata anche resa dal teste, geom. Po. - erra inoltre la Corte d'appello a riferire, oltre che alle dichiarazioni della persona offesa, anche alla diretta percezione dei luoghi avuta dagli agenti della polizia municipale, il contenuto della relazione di servizio richiamata nell'ingiunzione notificata alle imputate il 22/4/2008, rilevandosi piuttosto da quella relazione che anche le notizie in quella sede apprese dagli agenti provenivano dalla stessa persona offesa - con specifico riferimento alla ritenuta responsabilità per la contravvenzione prevista dall'art. 677 cod. pen., la situazione di incertezza emergente dalle richiamate deposizioni dei testimoni a favore avrebbe dovuto condurre ad escludere l'elemento psicologico del reato stante il legittimo convincimento delle imputate, sulla base di accertamenti effettivamente fatti svolgere da persone competenti, che non vi fosse alcuno stato di pericolo per terzi. Considerato in diritto 3. Va preliminarmente rilevata l'intervenuta prescrizione del reato contestato al capo a dell'imputazione, avuto riguardo al tempus commissi delicti 8 aprile 2008, cessazione della permanenza per effetto della vendita dell'immobile minacciante rovina , al titolo del reato contravvenzione ex art. 677 cod. pen. ed alla pena edittale per lo stesso prevista pena detentiva massima di 6 mesi di arresto . Dalla predetta decorrenza, infatti, ad oggi è maturato il termine massimo di prescrizione pari a 5 anni 4 anni + un quarto per gli atti interattivi , dettato dall'art. 157 cod. pen. nel testo - applicabile nella specie ratione temporis - risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 c.d. ex Cirielli pur tenendo conto della sospensione del decorso della prescrizione i per 14 gg. per effetto del rinvio dell'udienza del 14/4/2011 in conseguenza dell'adesione del difensore delle imputate all'astensione dalle udienze proclamata per quel giorno dalle associazioni di categoria ii per un mese e 6 gg. a causa di istanza di rinvio avanzata dalla difesa all'udienza del 26/10/2011. Né si ravvisano nei motivi di ricorso profili di inammissibilità ostativi al rilievo della prescrizione in quanto maturata successivamente alla sentenza impugnata. Quest'ultima va pertanto per tale parte annullata, con la conseguente eliminazione della pena correlata pari ad Euro 400,00 di ammenda. 4. Il ricorso è nella restante parte infondato. Questa Corte, chiamata ad esaminare la denunciata contraddittorietà e la carenza motivazionale, non può invero fare a meno di rilevare l'infondatezza di ciascuna delle diverse censure al riguardo proposte, atteso che la coerenza logica del percorso argomentativo della impugnata sentenza emerge in maniera del tutto chiara, anche laddove ha fatto proprie le motivazioni, in fatto ed in diritto, del giudice di primo grado, pur criticamente valutandole alla luce dei motivi d'appello. Sul punto vale peraltro rammentare che, secondo noto e consolidato principio di matrice giurisprudenziale c.d. della doppia conforme , quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, sicché è possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado colmare eventuali lacune della sentenza di appello v. Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145 conf. Sez 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906 Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti, Rv. 225671 Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079 Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007, Conversa, Rv. 236181 . 4.1. In particolare, in punto di credibilità della persona offesa, l'ipotesi che la querela del P. abbia natura calunniosa e ritorsiva per la mancata acquisizione della porzione d'immobile in questione, risulta specificamente e attentamente considerata dal Tribunale, che l'ha tuttavia giudicata non sostenibile ” alla stregua di un giudizio di attendibilità della deposizione del predetto adeguatamente motivato in ragione dell'esistenza di una serie di plurimi e convergenti riscontri successivamente come tali apprezzati anche dalla Corte d'Appello. Tra questi anzitutto la certificazione medica rilasciata nell'immediatezza, dalla quale obiettivamente emergono ematomi compatibili con la dinamica riferita ”. Al riguardo, gli elementi additati a motivo di inverosimiglianza della riconducibilità causale delle lesioni al denunciato crollo la mancata affermazione da parte del P. di aver fatto un brusco movimento allo scopo di evitare il materiale crollato e la mancata attestazione di ferite lacero-contuse non appaiono dotati di tale univocità e pregnanza logico dimostrativa da imporsi quali fattori di per sé ostativi alla credibilità della dichiarazione resa. Non risulta per vero posta al teste specifica domanda circa i movimenti da lui fatti al momento del crollo e, del resto, trattandosi di trauma improvviso e inaspettato ben potrebbe essersi trattato di un movimento istintivo, inavvertito e/o cagionato dall'inerzia stessa del colpo. Quanto alla mancata attestazione di ferite lacero contuse, la stessa non toglie che le certificazioni mediche raccolte attestino comunque il verificarsi di un trauma da impatto con oggetti e/o superfici dure, postulato del resto anche nell'alternativa spiegazione causale ipotizzata dalle ricorrenti. 4.2. Come detto, peraltro, i giudici di merito fanno specifico riferimento ad altre obiettive emergenze processuali plausibilmente giudicate idonee a fornire riscontro alle dichiarazioni della persona offesa. Tali in particolare a la raccomandata a.r. spedita il 16 novembre 2007 dal legale del P. alle odierne ricorrenti, nella quale si denunciavano espressamente le disastrate condizioni ” del tetto dell'immobile di loro proprietà e del muro esterno che delimita la proprietà dal giardino retrostante che rendono urgente un intervento di messa in sicurezza dell'opera ” b la relazione dell'agente della Polizia Municipale di Udine che, all'esito del sopralluogo effettuato a seguito di segnalazione del P. in data 6/3/2008, constatò la carente manutenzione della porzione disabitata ed evidenziò specifiche situazioni di pericolo ” l'assunto delle ricorrenti secondo cui anche tale constatazione in realtà sarebbe da considerare una mera presa d'atto di quanto all'agente denunciato dallo stesso P. non trova alcun fondamento – come già evidenziato dalla Corte d'appello - nel chiaro tenore della relazione, nella quale invero si usano locuzioni quali mi mostrava ”, mi evidenziava ” che esprimono piuttosto una percezione visiva delle condizioni dei luoghi oggetto del sopralluogo, bensì guidata dal denunciante, ma pur sempre diretta e personale dell'agente c l'ordinanza-ingiunzione emessa in data 3/4/2008 dal Comune di Udine che, sulla base delle detta relazione, intimava alle odierne ricorrenti di porre in essere quanto necessario a eliminare lo stato di pericolo accertato il 6 marzo precedente ” valutazione questa che di per sé vale certamente a riscontrare il dato oggettivo e cronologico della risalenza già ad epoca antecedente la vendita dell'immobile di condizioni tali da rendere urgente l'esecuzione di interventi volti a prevenire pericolo di rovina, restando pertanto del tutto irrilevante, ai fini che qui interessano, il fatto che tale ingiunzione sia stata notificata alle odierne ricorrenti solo in epoca successiva d le dichiarazioni dello stesso geom. Po. questi invero, tecnico incaricato dalle odierne ricorrenti, nel dicembre del 2007, della verifica dello stato dei luoghi, sentito in dibattimento, pur avendo escluso di aver rilevato in quella occasione l'esistenza di situazioni di pericolo, ha comunque riferito che l'immobile abbisognava di manutenzione straordinaria, riguardo in particolare al tetto, soprattutto per quanto riguarda il manto la copertura e soprattutto quei travicelli che vengono appoggiati sulle travi di maggiore spessore ” e gli esiti del successivo sopralluogo operato in data 17/11/2008 dai Vigili del fuoco, i quali constatarono il dissesto statico di entrambe le coperture, la presenza di travi lignee esterne marcescenti, la formazione di muffe sulle pareti, il parziale e iniziale distacco di elementi costituenti la canna fumaria esterna ”, ossia - nota il primo giudice – una situazione speculare a quella verificata dalla polizia municipale all'incirca otto mesi prima, assai poco compatibile con le argomentazioni svolte in sede di esame dall'interessato [il nuovo proprietario, M.A. , n.d.r.], il quale ha parlato dell'opera vandalica di terzi ” vds. sentenza di primo grado, pag. 7 . 4.3. Anche le deposizioni dei testi M. , nuovo proprietario dell'immobile, e D.P. , tecnico da questo incaricato di eseguire i lavori necessari di messa in sicurezza - deposizioni richiamate a proprio favore dalle odierne ricorrenti - sono state specificamente vagliate dai giudici di merito e giudicate con motivazione congrua e coerente subvalenti rispetto alle emergenze probatorie di diverso segno già sopra considerate e ciò anche in ragione della contraddittoria indicazione contenuta nella fattura emessa dal D.P. il 23/7/2008 circa l'oggetto della prestazione resa lavori di sistemazione delle tegole e di revisione del tetto , difficilmente traducibile, sul piano lessicale, come espressive di un semplice sopralluogo, come sostenuto dalle ricorrenti e avallato dallo stesso teste . Appare pertanto di tutta evidenza che, data la completezza e intima coerenza delle motivazioni addotte dai giudici di merito in relazione a tutti i profili in contestazione, le critiche mosse dalle ricorrenti alla sentenza impugnata si risolvono in censure che, a tutto concedere, tendono sostanzialmente ad una diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita nel giudizio in Cassazione. È noto invero che in tema di sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, ma solo quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, dandone una corretta e logica interpretazione, con esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti se abbiano, quindi, correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 - dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203428 Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260 . E poiché il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità deve, per espressa previsione normativa, risultare dal testo del provvedimento impugnato, o - a seguito della modifica apportata all'art. 606 comma 1, lett. e cod. proc. pen., dall'art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 - da altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame ”, tanto comporta, quanto al vizio di manifesta illogicità, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un'altra interpretazione o di un altro iter, quand'anche in tesi egualmente corretti sul piano logico ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorché, in tesi, munite di eguale crisma di logicità cfr. Sez. U, n. 30 del 27/9/1995 Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997 Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 in termini sostanzialmente identici, ancorché con riferimento alla materia cautelare, Sez. U, n. 16 del 19/6/1996, Di Francesco, Rv. 205621 e non dissimilmente, Sez. U, n. 30 del 27/9/1995, Mannino, Rv. 202903 Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, De Lorenzo, Rv. 199391 e, con riguardo al giudizio, Sez. U, n. 930/96 del 13/12/1995, cit. Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, cit. . Inoltre, l'illogicità della motivazione, censurabile a norma dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen , è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , proprio perché l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi - come s'è detto - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003 Petrella, Rv. 226074 Sez. 1, n. 5854 del 30/11/2000 - dep. 12/02/2001, Andretta, Rv. 218119 Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, cit. . Ebbene una siffatta evidente illogicità non è certamente predicabile rispetto alla decisione qui impugnata. 5. Tanto deve affermarsi anche con riferimento alla ritenuta sussistenza di un nesso causale tra la condotta omissiva contestata alle odierne ricorrenti e già integrante il reato omissivo proprio di cui alla prima imputazione e l'evento lesivo ai danni delle persona offesa, aspetto per vero di delicata ricostruzione concettuale, investendo il tema della causalità omissiva in caso di successione nella posizione di garanzia, al quale mette conto dedicare specifica attenzione. La decisione impugnata, nel ritenere a tal fine privo di rilievo impeditivo alla configurazione del reato oggetto della seconda imputazione la circostanza che questo si sia consumato successivamente all'alienazione dell'immobile da parte delle imputate a terzi, si rivela nei suoi esiti in linea con consolidato indirizzo di questa Corte. Il principio in questione è quello secondo il quale qualora l'obbligo di impedire l'evento ricada su più persone in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva del titolare di una posizione di garanzia e l'evento stesso non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41, primo comma, cod. pen. Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002 - dep. 13/02/2003, Loi, Rv. 223754 sulla base di tale principio è stata in quel caso ritenuta inidonea ad escludere la responsabilità, per la morte di alcuni paracadutisti derivata dall'adozione di innovative tecniche di lancio incompatibili con le attrezzature in dotazione, da parte del comandante di brigata che quelle tecniche aveva introdotto, la circostanza che, all'epoca dei fatti, quest'ultimo avesse da tempo dismesso tale carica nella quale gli erano succeduti altri militari e non avesse pertanto più alcuna possibilità di intervenire per modificare o sospendere tali tecniche, tale potere avendolo invece i suoi successori che nondimeno le avevano lasciate sostanzialmente inalterate . In questa ipotesi, la mancata eliminazione di una situazione di pericolo derivante dal fatto omissivo dell'agente , ad opera di terzi, non è una distinta causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, ma una causa/condizione negativa grazie alla quale la prima continua ad essere efficace Sez. 4, n. 43078 del 28/04/2005, Poli, Rv. 232416 affermazione resa nell'ambito di un procedimento penale per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose provocati dal mal funzionamento di una caldaia installata in un appartamento, addebitato alla condotta colposa di colui che aveva rilasciato erroneamente la dichiarazione di idoneità dell'impianto e di coloro che avevano eseguito in modo analogamente erroneo alcuni lavori di manutenzione che non avevano rimosso la condizione di pericolo derivante dalle condizioni dell'impianto v. anche, conf., Sez. 4, n. 37992 del 11/07/2012, De Angelis, Rv. 254368 Sez. 4, n. 7725 del 07/11/2001 - dep. 27/02/2002, Burali, Rv. 220954 . In base a tale consolidato principio, la successione nella posizione di garanzia non può dunque elidere la responsabilità inerente a situazioni di pericolo colposamente scaturite nel mentre i danti causa ne erano titolari questa, infatti, continua a gravare sui prevenuti, pur essendosi l'evento di danno concretizzato in un secondo tempo a posizione cessata v. Sez. 4, n. 27959 del 05/06/2008, Stefanacci, Rv. 240519 . Né il subingresso di altro soggetto quale titolare di una propria posizione di garanzia, può essere ritenuto idoneo ad esonerare i predecessori da responsabilità, in quanto tale circostanza serve semmai ad ampliare la platea di coloro che sono tenuti a rispondere delle conseguenze della omissione ove anche alla condotta colpevole del secondo sia da imputare il perdurare della situazione antigiuridica, non potendo all'uopo essere invocato il principio dell'affidamento dal momento che ciascuno dei titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento è, per intero, destinatario di quell'obbligo cfr. Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990 - dep. 29/04/1991, Bonetti, Rv. 191802 . Non assume dunque rilievo impeditivo della configurazione del nesso causale nemmeno la circostanza, apprezzabile nel caso di specie, che, con la alienazione del bene cui è riferita la posizione di garanzia sub specie di posizione di controllo, viene anche meno ogni potere dispositivo sul bene medesimo e con esso ogni possibilità per le alienanti di porre in essere gli interventi atti a prevenire il pericolo determinato dalla precedente e prolungata incuria, intervento che per contro resterebbe ben possibile da parte del nuovo proprietario e in grado di eliminare il pericolo medesimo rendendo ininfluente la precedente condotta omissiva. Le ragioni concettuali di tale asserto sono state evidenziate nella già citata sentenza Loi di questa sezione Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002, Rv. 223754 , che a sua volta ha richiamato il precedente di Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990 - dep. 29/04/1991, non mass. sul punto, sul disastro di Stava. Se ne rende opportuna qui di seguito una sintesi dei più importanti passaggi argomentativi onde evidenziarne la piena pertinenza al caso di specie, con le sole precisazioni in ultimo segnalate. a Il problema della posizione di garanzia è strettamente connesso al problema della causalità l'obbligo di garanzia costituisce infatti lo strumento per ricollegare, da un punto di vista obiettivo, il verificarsi di un accadimento ad un non tacere ed è indipendente dall'esistenza della colpa che può anche mancare in dottrina è stato fatto il caso del bagnino che non sente le grida del bagnante in pericolo per il rumore provocato da mezzi meccanici fermo restando l'obbligo di garanzia - e quindi il rapporto di causalità materiale tra l'omissione del bagnino e l'evento - può essere invece esclusa la colpa perché il bagnino non è venuto meno all'obbligo di diligenza b nel caso di successione nella posizione di garanzia colui al quale altri succeda, non si libera da eventuali responsabilità, riconducibili alla sua condotta - azione o omissione - facendo affidamento sull'adempimento del proprio dovere da parte del successore, atteso che il principio dell'affidamento comporta soltanto che, di regola, non si ha l'obbligo di impedire che realizzino comportamenti pericolosi terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili, sicché non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida versi già in situazione di colposa omissione e, ciò nonostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini quella violazione o ponga rimedio a quella omissione ove anche per l'omissione del successore si produca l'evento che una certa azione avrebbe dovuto impedire, quell'evento avrà due antecedenti causali, perché è da escludere che la seconda omissione sia fatto eccezionale sopravvenuto da solo sufficiente a produrre l'evento v. anche conf. sul punto sez. 4, n. 7725 del 7 novembre 2001, Burali n. 8006 del 26 maggio 1999, Cattaneo n. 11444 del 1 ottobre 1998, Bagnoli nel caso dunque in cui l'affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante la condotta colposa dell'affidato, anch'essa con efficacia causale nella determinazione dell'evento, non vale ad escludere la responsabilità del primo in base al principio dell'equivalenza delle cause e dell'efficacia non esclusiva della causa sopravvenuta c quanto poi al concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento ai sensi dell'art. 41, secondo comma, cod. pen., è noto che, secondo del tutto prevalente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, se da un lato la citata norma non può essere interpretata nel senso che il rapporto di causalità possa essere escluso solo nel caso di un processo causale del tutto autonomo che altrimenti si tratterebbe di una disposizione sostanzialmente inutile perché, in questi casi, all'esclusione si perverrebbe anche con l'applicazione del principio condizionalistico e se pertanto deve pur sempre postularsi un processo non completamente avulso dall'antecedente, dall'altro deve però in esso individuarsi un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale deve cioè trattarsi di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta v., tra le numerose altre, sez. 1, n. 11024 del 10 giugno 1998, Ceraudo n. 11124 del 12 novembre 1997, Insirello sez. 4, n. 10760 del 21 ottobre 1997, Lini n. 578 del 19 dicembre 1996, Fundarò n. 4793 del 6 dicembre 1990, Bonetti n. 12048 del 12 luglio 1990, Gotta d a fronte di una tale ricostruzione dello schema causale, non vale obiettare dunque che il garante - una volta che abbia cessato dai poteri e dai doveri che fondano la sua posizione di garanzia - non ha più la possibilità di intervenire per eliminare la situazione di pericolo. Ciò non ha rilievo né per quanto riguarda l'aspetto soggettivo, perché la colpa non viene meno per questa circostanza, né, a maggior ragione, per quanto riguarda il rapporto di causalità che, per quanto si è detto, permane. Appare dunque evidente, in base ai richiamati principi, qui condivisi, che non può escludersi efficacia causale nel caso di un comportamento colposo che abbia creato i presupposti per il verificarsi dell'evento dannoso e sul quale non siano intervenute modifiche rilevanti per eliminare le situazioni di pericolo che questo comportamento aveva creato o esaltato. Tale esclusione potrebbe predicarsi soltanto se il giudice di merito avesse accertato che l'evento, pur riconducibile alle condizioni preesistenti, costituiva la conseguenza di una causa successiva del tutto eccezionale ed imprevedibile per es., nel nostro caso, la cattiva esecuzione di lavori di modifica o ristrutturazione del tetto o dei parapetti da parte del nuovo proprietario . In altre parole, per escludere la continuità in esame, è necessario che la condotta sopravvenuta abbia fatto venir meno la situazione di pericolo ovvero l'abbia in tal modo modificata da escludere la riconducibilità al precedente garante della scelta operata. Occorre cioè che le nuove scelte si siano sostanzialmente sovrapposte a quelle precedenti innovando totalmente la situazione che aveva generato la situazione di pericolo anche se, in ipotesi, talune caratteristiche del precedente assetto non fossero state modificate . È necessario, in definitiva, per escludere la continuità delle posizioni di garanzia, che il garante sopravvenuto abbia posto nel nulla le situazioni di pericolo create dal predecessore o eliminandole o modificandole in modo tale che non possano essere più attribuite al precedente garante. 5.1. In tale prospettiva, nel caso qui considerato di lesioni cagionate da rovina di edificio per omessa manutenzione, può solo ipotizzarsi una peculiare rilevanza del fattore tempo, essendo evidente che ad esso si accompagna anche una naturale evoluzione peggiorativa delle condizioni dell'immobile, ove lasciate immutate da chi succeda nella posizione di garanzia, e dunque un aggravamento della situazione di pericolo. Tale aggravamento, quanto più ci si allontani dal momento della cessione dell'immobile da parte del precedente proprietario, di per sé assume i connotati di un processo causale in continua evoluzione peggiorativa, fino al limite a porsi in termini di autonomia ed eccezionalità rispetto al percorso già maturato anteriormente. Elementi d'indagine rilevanti saranno in tal senso pertanto la durata nel tempo dell'omissione colpevole, ossia il tempo durante il quale, essendosi resi evidenti i segnali di pericolo, il precedente proprietario abbia omesso ogni intervento la gravità dei segnali percepiti e/o percepibili il tempo trascorso dopo l'alienazione dell'immobile e prima dell'evento il manifestarsi, successivamente a tale cessione, di altri e più gravi segnali di pericolo. Sotto altro profilo, per quanto sul punto siano state espresse perplessità, può altresì ragionevolmente ipotizzarsi che colui il quale è sostituto nella garanzia, una volta persa per ciò stesso la possibilità di dominare la fonte del pericolo, si attivi perché il successore provveda alla eliminazione in tal senso v., in motivazione, Sez. 4, n. 8006 del 26/05/1999, Cattaneo, non mass. sul punto contra, incidentalmente Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002, Loi, entrambe già sopra citate nel caso in esame, ad esempio, espressamente evidenziando in contratto all'acquirente l'esistenza delle condizioni di pericolo e la necessità di interventi urgenti, specie se tale indicazione venga espressamente valorizzata anche nel sinallagma contrattuale e nella ponderazione economica delle rispettive prestazioni. Una tale segnalazione potrebbe avere a ben vedere un rilievo non solo sul piano dell'elemento soggettivo, ma anche su quello del nesso causale, ponendosi al tempo stesso quale strumento di esercizio dell'obbligo di controllo e di trasferimento del rischio non diversamente, a ben vedere, da quanto si dovrebbe affermare nel caso in cui il proprietario dell'immobile pericolante affidi ad impresa edile i lavori di messa in sicurezza e nondimeno, successivamente alla consegna del cantiere, si determini l'evento lesivo . Nei caso di specie, proprio alla luce di tali criteri, non può non concludersi che la condotta omissiva addebitata alle odierne ricorrenti, in quanto accertata e risalente alla stregua delle richiamate emergenze, assuma rilievo causale nella determinazione dell'evento lesivo addirittura preponderante rispetto all'omissione addebitabile al nuovo proprietario avuto riguardo al minor tempo - meno di un mese - nel quale, prima dell'evento, quest'ultimo si trovò nella disponibilità dell'immobile, ed al ben maggiore lasso di tempo durante il quale, in precedenza, si erano resi evidenti segnali di pericolo , e riveli anche un più marcato profilo di colpevolezza avendo le stesse non solo omesso di operare gli opportuni interventi, ma anche di segnalarne l'urgenza al momento della cessione del bene . 6. In conclusione, con riferimento al secondo capo d'imputazione, il ricorso va rigettato. Non va pronunciata condanna delle ricorrenti alle spese, stante il parziale annullamento della sentenza impugnata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa alla contravvenzione addebitata perché estinto il reato per intervenuta prescrizione. Elimina la pena correlata pari ad Euro 400,00 di ammenda. Rigetta nel resto.