Consegna a persona incapace: non sta all’ufficiale giudiziario dare un giudizio

In tema di validità della notificazione, lo stato di capacità di intendere e di volere della persona che riceve l’atto si presume fino a prova contraria, poiché l’indicazione di capacità contenuta nella relazione dell’ufficiale giudiziario prescinde da un accertamento specifico, dovendo conformarsi solo a quanto stabilito dall’articolo 157, comma 4, c.p.p., che gli vieta di consegnare la copia ad una persona che si trovi in uno stato di manifesta incapacità.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 26306, depositata il 18 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Milano condannava un uomo per il reato di rapina. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che i giudici di merito non avevano considerato che la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado doveva essere considerata nulla, in quanto effettuata a mezzo posta e consegnata a mani ad una persona il cognato manifestamente affetta da infermità mentale. Non solo incapacità, ma manifesta incapacità. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, in tema di validità della notificazione, lo stato di capacità di intendere e di volere della persona che riceve l’atto si presume fino a prova contraria, poiché l’indicazione di capacità contenuta nella relazione dell’ufficiale giudiziario prescinde da un accertamento specifico, dovendo conformarsi solo a quanto stabilito dall’articolo 157, comma 4, c.p.p., che gli vieta di consegnare la copia ad una persona che si trovi in uno stato di manifesta incapacità. Nel caso di specie, anche se l’imputato aveva provato che il cognato fosse affetto da infermità mentale, non aveva, però, dimostrato che tale invalidità fosse manifesta al momento della notifica, cioè che fosse tale da poter essere immediatamente riconoscibile da parte dell’ufficiale giudiziario. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 maggio – 18 giugno 2014, numero 26306 Presidente Gentile – Relatore Rago Fatto 1. Con sentenza del 17/07/2012, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza con la quale, in data 15/02/2007, il Tribunale della medesima città, aveva ritenuto T.L. colpevole del reato di rapina ai danni di M.L. . 2. Avverso la suddetta sentenza, l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi 2.1. violazione dell'articolo 171 lett. d cod. proc. penumero il ricorrente sostiene che la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado, sarebbe nulla, in quanto effettuata a mezzo posta e consegnata a mani di persona il cognato del ricorrente manifestamente affetta da infermità mentale. Nonostante la suddetta eccezione fosse stata dedotta in appello, la Corte l'aveva respinta in modo laconico 2.2. violazione dell'articolo 603 cod. proc. penumero per non avere la Corte rinnovato l'istruttoria al fine di sentire in contraddittorio la persona offesa 2.3. violazione dell'articolo 192 cod. proc. penumero per avere la Corte affermato la responsabilità del ricorrente sulla base di emergenze prive di valenza probatoria tale non potendosi considerare la denuncia della parte offesa. Diritto 1. VIOLAZIONE DEGLI articolo 157/4 - 171 LETT. D COD. PROC. PEnumero la doglianza è infondata. Da un controllo degli atti processuali, è risultato che la notifica fu effettuata a mani di familiare convivente - cognato . Il ricorrente ha eccepito e documentato che il suddetto famigliare è affetto da infermità mentale. Sennonché, in punto di diritto, deve osservarsi che l'incapacità che rende nulla la notifica dev'essere manifesta e dev'essere provata dalla parte che l'eccepisce “in tema di validità della notificazione, lo stato di capacità d'intendere e di volere della persona che riceve l'atto si presume fino a prova del contrario, atteso che l'indicazione di capacità contenuta nella relazione dell'ufficiale giudiziario prescinde da un accertamento specifico e deve solo conformarsi al dettato dell'articolo 157, comma 4, cod. Proc. Penumero , il quale fa divieto al suddetto di consegnare copia a persona che si trovi nello stato di manifesta incapacità” Cass. 22651/2001 Rv. 219008. Orbene, nel caso di specie, se è vero che l'imputato ha provato che il cognato è affetto da infermità mentale, non ha però provato che quella invalidità fosse al momento della notifica manifesta e cioè tale da poter essere immediatamente riconoscibile da parte dell'organo notificatore dal che consegue il rigetto della doglianza. 2. Violazione dell'articolo 603 cod. Proc. Penumero la censura è manifestamente infondata, in quanto, risulta dallo stesso ricorso che la difesa del ricorrente, nel giudizio di primo grado, non si oppose all'acquisizione della comunicazione della notizia di reato. Non è chiaro, quindi, il motivo per cui il giudice di appello avrebbe dovuto effettuare quella istruttoria probatoria alla quale lo stesso ricorrente aveva rinunciato nel giudizio di primo grado e cioè nella fase processuale deputata alla formazione della prova la rinnovazione in appello è l'eccezione e non la regola. 2. Violazione dell'articolo 192 cod. Proc. Penumero la censura va disattesa per le ragioni di seguito indicate. Nel giudizio di primo grado, l'imputato fu riconosciuto colpevole sulla base delle dichiarazioni rese dalla parte offesa che aveva denunciato che “era stato avvicinato da un uomo di sua conoscenza, tale T.L. , quarantenne di omissis , il quale gli aveva intimato di seguirlo in una vicina stradina poco illuminata”, dove, con minacce, lo aveva costretto a consegnargli un telefono cellulare del valore di Euro 155,00 oltre ad un pacchetto di sigarette. La suddetta parte offesa, poi, il 29/08/2005, riconosceva nella foto numero 3 di un album fotografico che gli veniva posto in visione, l'effigie raffigurante l'imputato. Il giudice, infine, spiegava le ragioni per cui le dichiarazioni rese dal M. , fossero credibili pag. 2 sentenza . In sede di appello, l'imputato aveva dedotto una generica doglianza in merito alla pretesa inattendibilità delle suddette dichiarazioni, alla quale la Corte rispose, ribadendo la motivazione del primo giudice. In questo grado, il ricorrente ha dedotto una censura meramente reiterativa con la quale, però, non risultano evidenziati vizi motivazionali di alcun genere. In altri termini, la censura deve ritenersi manifestamente infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento” infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. numero 47891/2004 rv 230568 Cass. 1004/1999 rv 215745 Cass. 2436/1993 rv 196955. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.