Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire, di per sé, fonte di prova della commissione del reato nel giudizio di merito, perché assumono esclusivamente il valore di dati di fatto che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro, che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa. Tuttavia, in fase cautelare, proprio in quanto dati di fatto oggetto di valutazione da parte del giudice, possono essere poste a fondamento dell’applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, a condizione che il giudice della cautela operi compiutamente e motivatamente una tale valutazione.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 19595, depositata il 13 maggio 2014. Il caso. Il tribunale di Reggio Calabria accoglieva la richiesta del pm di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni immobili di un imputato per il reato di dichiarazioni infedeli per evadere le imposte, ex articolo 4 d.lgs. n 74/2000 reati tributari . L’imputato ricorreva in Cassazione, affermando che l’evasione contestata trovava fondamento nelle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, in forza della presunzione legale relativa, prevista dall’articolo 32 d.P.R. numero 600/1973, in materia di accertamento delle imposte sui redditi. Perciò, l’ordinanza del tribunale risultava viziata perché basata esclusivamente su tale presunzione legale, che opera in campo tributario ma non in campo penale. Unici indizi le indagini della Guardia di Finanza. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che i giudici di merito avevano evidenziato che la difesa avrebbe dovuto produrre la documentazione su cui ritenere che le movimentazioni di denaro poste alla base della contestazione del reato non potevano costituire un elemento della fattispecie di reato contestato. Riguardo al fumus commissi delicti, il tribunale si limitava a ritenerne la sussistenza sulla base delle informative della Guardia di Finanza e dei relativi allegati, senza specificare, neanche in sintesi, il contenuto di questi atti e senza precisare il metodo utilizzato dagli accertatori per ritenere sussistente il reato. Presunzioni non utilizzabili in sede di merito. La Corte di legittimità ricordava che le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire, di per sé, fonte di prova della commissione del reato nel giudizio di merito, perché assumono esclusivamente il valore di dati di fatto che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro, che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa. Ma in fase cautelare possono servire. Tuttavia, in fase cautelare, proprio in quanto dati di fatto oggetto di valutazione da parte del giudice, possono essere poste a fondamento dell’applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, a condizione che il giudice della cautela operi compiutamente e motivatamente una tale valutazione. Nel caso di specie, il tribunale non aveva, neanche per sommi capi, richiamato le presunzioni legali applicate, né aveva proceduto ad una loro compiuta valutazione, neanche insieme ad altri elementi, peraltro non specificati dal tribunale, eventualmente emergenti dal quadro probatorio. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 febbraio– 13 maggio 2014, numero 19595 Presidente Squassoni – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 10 agosto 2013, il Tribunale di Reggio Calabria, in accoglimento dell'appello del pubblico ministero, ha annullato l'ordinanza del Gip del Tribunale di Palmi del 14 febbraio 2013, con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni immobili rientranti nella disponibilità dell'indagato, in relazione al reato di cui agli articolo 81, secondo comma, cod. penumero e 4 del d.lgs. numero 74 del 2002, contestatogli per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di evadere le imposte sui redditi, indicato nelle dichiarazioni riferite agli anni d'imposta dal 2007 al 2009, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo analiticamente elencati nel capo d'imputazione provvisoria , con un'imposta evasa superiore ad euro 103.291,38 per ogni annualità, in presenza di un ammontare degli elementi attivi sottratti all'imposizione superiore al 10% dell'ammontare complessivo indicato in dichiarazione. Il Gip aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo ritenendo sussistente il fumus del reato, ma considerando che l'articolo 322 ter cod. penumero consente la confisca per equivalente anche del profitto del reato solo a seguito della modifica normativa introdotta dall'articolo 1, comma 75, lettera o , della legge numero 190 dei 2012, mentre in precedenza era consentita la confisca solo in relazione al prezzo del reato. Il Tribunale del riesame ha invece condiviso la diversa ricostruzione in diritto proposta dal pubblico ministero, disponendo il sequestro degli immobili nella disponibilità dell'indagato e richiamando, quanto al fumus commissi delicti, gli atti di indagine e, in particolare, le note informative del 6 luglio 2012 e del 27 novembre 2012 della Guardia di Finanza e «relativi allegati da intendersi qui integralmente richiamati». 2. - Avverso l'ordinanza l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, rilevando, con unico motivo di doglianza, la violazione dell'articolo 321 cod. proc. penumero , nonché degli articolo 4 del d.lgs. numero 74 del 2000 e 32, comma 1, numero 2 , del d.P.R. numero 600 del 1973. Rileva la difesa che l'evasione contestata trova fondamento nelle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, in forza della presunzione legale relativa di cui all'articolo 32 del d.P.R. numero 600 del 1973 e che l'ordinanza del Tribunale sarebbe viziata proprio perché basata esclusivamente su tale presunzione legale, che opera in campo tributario ma non in campo penale. Il fatto che proprio tale presunzione, nascente dalle semplici movimentazioni finanziarie, sia stata posta a base del sequestro risulta - secondo la difesa del ricorrente - dal passaggio motivazionale in cui si dà conto dell'onere probatorio in termini di certezza gravante sulla difesa, che non avrebbe prodotto la documentazione in forza della quale ritenere che le movimentazione di denaro, poste alla base della contestazione del reato, non possono costituire elemento della fattispecie. Non si sarebbe, infine, considerato che, a distanza di circa un anno dalla contestazione, la stessa Agenzia delle entrate non ha dato corso all'accertamento, ma ha invitato lo stesso contribuente a fornire giustificazioni, proprio in considerazione della gran mole delle movimentazioni già giustificate con la documentazione prodotta. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è fondato. La difesa richiama un passaggio motivazionale dell'ordinanza, dal quale, in mancanza di elementi in senso contrario desumibili dal complesso dell'ordinanza stessa, sembra desumersi che il Tribunale abbia ritenuto sussistente il fumus dei reato sulla base delle presunzioni legali previsti dalle norme tributarie. Il Tribunale evidenzia, infatti, che la difesa avrebbe dovuto produrre la documentazione sulla base della quale ritenere che le movimentazioni di denaro poste alla base della contestazione del reato non possono costituire elemento della fattispecie di reato contestato. Lo stesso Tribunale, quanto al fumus del reato, fornisce una motivazione del tutto carente, perché si limita a ritenerne la sussistenza «sulla base degli atti di indagine» e, in particolare, delle informative della Guardia di Finanza del 6 luglio 2012 e del 27 novembre 2012 e dei relativi allegati, senza specificare, neanche in sintesi, il contenuto di tali atti e, soprattutto, senza precisare il metodo utilizzato dagli accertatori per ritenere sussistente il reato. Deve ricordarsi, del resto, che - secondo la giurisprudenza di questa Corte - le presunzioni legali previste dalle norme tributarie non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato nel giudizio di merito, perché assumono esclusivamente il valore di dati di fatto che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro, che diano certezza dell'esistenza della condotta criminosa. Esse possono però, in fase cautelare, proprio in quanto dati di fatto oggetto di valutazione da parte del giudice, essere poste a fondamento dell'applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex multis, sez. 3, 13 febbraio 2013, numero 7078 , a condizione che il giudice della cautela operi compiutamente e motivatamente una tale valutazione. Come sopra anticipato, Tribunale non ha fatto corretta applicazione di tali principi, sia perché non ha neanche per sommi capi richiamato le presunzioni legali applicate nel caso di specie, sia perché non ha proceduto ad una loro compiuta valutazione né in quanto tali, né unitamente agli altri elementi - non specificati dallo stesso Tribunale - che eventualmente emergano dal quadro probatorio. 4. - Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, perché proceda a nuovo giudizio, fornendo un'adeguata motivazione sulla sussistenza del fumus commissi delicti sulla base dei principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria.