Nessun dubbio sull’attribuzione dell’assegno divorzile a favore della donna. Ma il quantum è sicuramente da rivedere. Troppo bassa la soglia fissata in Appello davvero pochi 500 euro mensili, considerando innanzitutto la sproporzione reddituale tra gli ex coniugi.
Sproporzione clamorosa fra i redditi degli oramai ex coniugi lui viaggia sugli 80mila euro all’anno, lei si tiene più bassa, sui 15mila euro all’anno. Quadro chiarissimo, che legittima l’assegno divorzile a carico dell’ex marito. Ma per stabilire il quantum vanno considerati anche altri riferimenti, come, ad esempio, la dedizione mostrata dalla donna, durante la vita coniugale, nella cura della prole. Cassazione, sent. n. 21604/2013, Sezione Prima Civile, depositata oggi . Storia chiusa. Pietra tombale, quella posta dai giudici, sul rapporto di una coppia il sigillo è la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario . Storia chiusa, quindi, ma restano ancora alcuni strascichi Più precisamente, resta da affrontare il capitolo, delicato, dei rapporti economici tra gli ex coniugi. Per i giudici di primo grado non vi sono dubbi va tutelata soprattutto la donna. A quest’ultima viene assegnata la casa coniugale per abitarvi con i due figli, sino al raggiungimento dell’autonomia economica da parte loro , mentre sulle spalle dell’uomo viene caricato l’obbligo di un assegno divorzile di 300 euro e di un assegno di 1.100 euro per il mantenimento dei due figli . Quadro, questo, modificato, parzialmente, dai giudici di secondo grado da un lato, viene dimezzato l’assegno per i figli, avendo uno dei due lasciato la residenza della madre , e, dall’altro, viene elevato a 500 euro mensili l’assegno divorzile . Decisivo, per l’incremento dell’assegno a favore della donna, il conteggio dei redditi prodotti dai coniugi per tre anni consecutivi l’uomo medico radiologo primario ospedaliero è arrivato a sfiorare i 90mila euro, mentre la donna ha raggiunto i 20mila euro come soglia massima. Ricalcolo. Ma proprio il quantum dell’assegno, deciso in Appello, viene mal digerito dalla donna. Secondo quest’ultima, in sostanza, l’aumento stabilito dai giudici di secondo grado è comunque risibile, soprattutto tenendo presente la sproporzione reddituale rispetto all’ex marito. Per giunta, sottolinea ancora la donna dinanzi ai giudici della Cassazione, è davvero limitativo soffermarsi, come fatto dai giudici della Corte d’Appello, solo e soltanto sui redditi prodotti, non tenendo in considerazione altri fattori. Quali? Ad esempio, la accertata e incontestata dedizione alla cura dei figli che, spiega la donna, ne ha pregiudicato la crescita professionale, e, quindi, economica . Ebbene, le rimostranze espresse dalla donna vengono ritenute legittime dai giudici della Cassazione, i quali evidenziano come in Appello si sia errato nell’escludere elementi quali ragioni della decisione che ha sancito la cessazione del matrimonio , contributo personale dato alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e durata del matrimonio . Assolutamente parziale, e quindi da rivedere, la decisione emessa in secondo grado, perché fondata solo sul criterio reddituale, che evidenziava una notevole sperequazione tra le parti, non riequlibrata dall’entità dell’assegno di 500 euro mensili. Doppia lacuna da colmare, quindi compito, questo, affidato nuovamente ai giudici della Corte d’Appello, che dovranno tenere conto delle indicazioni arrivate dalla Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 aprile 20 settembre 2013, n. 21604 Presidente Salmè Relatore De Chiara Svolgimento del processo Il Tribunale di Trapani, nel pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario tra il sig. G.C. e la sig.ra R.L., assegnò la casa coniugale alla ex moglie per abitarvi con i due figli sino al raggiungimento dell'autonomia economica da parte loro e pose a carico dell'ex marito un assegno divorzile di 300,00 e un assegno di 1.100,00 per il mantenimento dei due figli. La Corte di Palermo, in parziale accoglimento dell'appello del sig. C., ha dimezzato l’assegno per i figli, avendo uno dei due lasciato la residenza della madre, ed ha elevato ad 500,00 mensili l'assegno divorzile comparando i redditi degli ex coniugi negli anni 2005, 2004 e 2003, pari rispettivamente ad 13.608,00, 12.799,00 ed 20.283,00 per la ex moglie e ad 89.636,00, 88.108,00 e 74,826,00 per l'ex marito, medico radiologo primario ospedaliero. La sig.ra L. ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura. Il sig. C. si è difeso con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con i due motivi di ricorso viene censurata, rispettivamente sotto il profilo dalle violazione di legge e del vizio di motivazione, la determinazione dell'assegno divorzile in favore della ricorrente in soli 500,00 euro mensili. La ricorrente lamenta che la Corte d'appello abbia preso in considerazione il solo criterio dei redditi delle parti ed abbia omesso del tutto di considerare gli altri criteri previsti dall'art. 5 l. 1 dicembre 1970, n. 898, ossia quello delle ragioni della decisione, che il Tribunale aveva individuato in comportamenti del sig. C. contrari ai doveri del matrimonio quello del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione della vita matrimoniale e alla formazione del patrimonio comune e individuale dei medesimi, e dunque della accertata e incontestata dedizione della sig.ra L. alla cura dei figli, che ne aveva pregiudicato la crescita professionale e quindi economica quello, della durata del matrimonio, nella specie trentennale. Con il secondo motivo si aggiunge a tali considerazioni anche l'interna contraddittorietà della decisione, la quale, dopo aver registrato un divario amplissimo tra i redditi delle parti, pretende dì colmarlo con il riconoscimento di un assegno di soli 500,00 euro mensili, del tutto inadeguato al fine - che, pure, la Corte d'appello espressamente ribadisce - di consentire alla ex moglie il godimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio quale desumibile dai redditi complessivi della coppia. 2. - I due motivi, da esaminare congiuntamente attesa la loro connessione, sono fondati. La liquidazione in concreto dell'assegno di divorzio, che ha la funzione di tendenziale ripristino delle precedenti condizioni economiche dei coniugi, per ristabilire un certo equilibrio, deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio , con riguardo al momento della pronuncia di divorzio e anche se è vero che il giudice di merito non è tenuto ad utilizzare tutti i suddetti criteri, anche in relazione alle deduzioni e richieste delle parti, è tuttavia necessaria che dia adeguata giustificazione della prevalente o esclusiva rilevanza attribuita ad uno di essi ex multis, Cass. 317/1998, 3019/1992, 11490/1990 . Nella specie, invece, la Corte d'appello si è affidata, senza darne giustificazione alcuna, al solo criterio reddituale, che evidenziava una notevole sperequazione tra le parti all'evidenza non riequilibrata dall'entità dell'assegno come da essa determinato. 3. - La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale rideterminerà l'ammontare dell'assegno secondo i criteri di legge sopra ricordati. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196/2003.