Il diritto di nomina del difensore di fiducia deve essere effettivo

In tema di diritto di difesa, e segnatamente di garanzia della difesa tecnica, va annullata la sentenza emessa a conclusione del grado di appello, relativa ad un procedimento penale nel quale l’imputato appare – sulla carta – assistito da un difensore di fiducia, dichiarato assente” in udienza, ma in realtà mai nominato, o addirittura deceduto prima dello svolgimento dell’udienza preliminare. In tal caso, la lesione del diritto di difesa si verifica quando risulta nominato, volta per volta ed in ciascuna udienza, un difensore di ufficio sempre diverso.

Lo ha stabilito la Seconda sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36625, depositata il 6 settembre 2013. Il rapporto fiduciario fra imputato e difensore. La pronuncia de qua pone l’accento sull’indispensabile carattere di stabilità del rapporto fra l’imputato ed il proprio difensore di fiducia, necessario al fine di garantire l’assunzione di adeguate iniziative a tutela della posizione dell’accusato. Fra gli aspetti più rilevanti della difesa tecnica fiduciaria rientra sicuramente la conoscenza di atti del procedimento da parte dell’imputato. Tale conoscenza può essere dedotta - da un lato - dall’obbligo deontologico del difensore di portare a conoscenza degli atti il proprio assistito cfr. art. 40 del Codice Deontologico Forense dall’altro, dall’obbligo speculare dell’imputato di mantenere i contatti con il proprio difensore cfr., nella giurisprudenza di legittimità, Cass. pen., Sez. I, 16 gennaio 2008, Cierlantini . Peraltro, anche nel caso in cui la notifica dell’atto all’imputato sia effettuata presso il domicilio eletto nello studio del difensore d’ufficio, essa deve ritenersi idonea a determinare la conoscenza effettiva al destinatario. Ciò in quanto il difensore di ufficio originariamente nominato, ancorchè sostituito da altro difensore per la mancata comparizione all’udienza, resta titolare della difesa ed è pertanto l’unico legittimato a ricevere la notifica di atti destinati al difensore dell’imputato nella fattispecie estratto contumaciale di sentenza soggetta ad impugnazione Cass. pen., sez. I, 6 ottobre 2004, n. 49244 . A ciò va aggiunto che l’elezione di domicilio è una dichiarazione di volontà dell’indagato/imputato, consistente nella scelta di una persona nell’esempio fatto prima, del difensore di ufficio investita del potere di ricevere la notificazione degli atti del procedimento, in un luogo diverso dalla casa di abitazione o dal luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa cioè lo studio del difensore cfr. Cass. pen., sez. I, 21 febbraio 2006, n. 10297 Cass. pen., sez. II, 9 maggio 2006, n. 15903 . Le garanzie difensive previste dall’art. 6 CEDU La sentenza in commento richiama in motivazione l’articolo 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti Umani e delle libertà fondamentali di solito brevemente indicata come Cedu . Tale norma prevede una serie di garanzie difensive fondamentali in favore tanto dell’indagato quanto dell’imputato, le quali sono state successivamente mutuate nella Carta Costituzionale italiana, all’interno del più volte criticato art. 111. Nel quadro delle guarentigie difensive, assume particolare rilievo il diritto dell’accusato di difendersi con l’assistenza di un difensore di propria scelta . Stando al dictum dei giudici della seconda sezione del Supremo Collegio, proprio tale diritto è stato negato all’imputato, non avendo questi potuto procedere alla nomina di un difensore di fiducia, ed essendosi perciò visto nominare, di volta in volta in ciascuna udienza, un diverso difensore di ufficio. e la valenza giuridica della CEDU rispetto al diritto interno. Stando alla giurisprudenza amministrativa per tutte, Consiglio di Stato, sezione IV, 2 marzo 2010, n. 1220 , le norme della Cedu non costituiscono più soltanto norme internazionali e parametro interposto di legittimità costituzionale di norme domestiche, come previsto dall’art. 117, comma 1, Cost., bensì norme comunitarie fatte proprie con l’art. 6 del Trattato di Lisbona sull’Unione Europea le quali, in virtù del primatodel diritto comunitario, legittimano alla non applicazione di norme interne con esse contrastanti. Secondo parte della dottrina, siffatta visione dell’efficacia della Cedu, rispetto al diritto interno degli Stati aderenti alla Convenzione, contrasta con il dato per cui l’”accoglimento”, quali principi generali, delle norme Cedu attiene al soggetto internazionale Unione Europea”, e non ai singoli Stati membri dell’Unione. Ne consegue che non si può rinvenire una limitazione di sovranità di tali Stati, poiché appare problematico rinvenire in capo ad essi una volontà idonea ad autorizzare” siffatte limitazioni. Sempre secondo tale dottrina, diverso sarebbe stato se fosse stata prevista espressamente, nel Tratto di Lisbona sull’Unione Europea, l’equiparazione del valore giuridico tra le norme comunitarie e quelle della Cedu, così come già avvenuto per le disposizioni della Carta di Nizza del 2000. Ed infatti, in relazione a tale Carta, l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea recita espressamente che L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre2007 aStrasburgo,che ha lo stesso valore giuridico dei trattati .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 maggio - 6 settembre 2013, n. 36625 Presidente Esposito – Relatore Fiandanese Svolgimento del processo La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 16 dicembre 2011, confermava la condanna pronunciata il 29 aprile 2009 dal Tribunale di Palermo nei confronti di P.C. , dichiarato colpevole del delitto di riciclaggio di autovettura provento di furto. Propone ricorso per cassazione l'imputato personalmente, deducendo il seguente motivo nullità della sentenza in relazione agli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost., 96, 91, 125, 111, 118, comma 1, lett. c , 119, 181, comma 2, 484 c.p.p Il ricorrente rileva che nella richiesta di rinvio a giudizio e in tutto il primo grado di giudizio viene indicato quale difensore di fiducia l'avv. L A. , senza che risulti dagli atti la nomina di costui da parte dell'imputato e senza che sia stata preso in considerazione il fatto del decesso del suddetto avvocato con cancellazione dall'albo il 17 giugno 2005, prima ancora della celebrazione dell'udienza preliminare. Il ricorrente censura l'affermazione della sentenza impugnata secondo la quale l'indicazione dell'avv. A. quale difensore di fiducia dell'imputato nel corso del giudizio di primo grado sia stato frutto di un mero errore materiale e che all'imputato è stato nominato un difensore d'ufficio nel corso dell'udienza preliminare sostiene che tutto il giudizio di primo grado è stato celebrato senza consentire all'imputato di esercitare il suo diritto di difesa. Con memoria depositata dal difensore di fiducia vengono ribadite le esposte censure anche con riferimento alla violazione dell'art. 6 della CEDU. Motivi della decisione Il motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto. Emerge dagli atti che nella richiesta di rinvio a giudizio del 18 maggio 2005 l'imputato risultava difeso di fiducia dall'avv. A.L. , la cui nomina, peraltro, come ammesso dalla sentenza impugnata, non è agli atti che, alla data dell'udienza davanti al G.I.P., il 14 giugno 2007, lo stesso imputato, dichiarato contumace, risultava difeso d'ufficio. Come ammesso sempre dalla stessa sentenza impugnata, alla data della suddetta udienza l'avv. A. era già deceduto, mentre non è confermato quanto ritenuto in via puramente congetturale dalla Corte di Appello che il G.I.P. avesse proceduto alla nomina del difensore d'ufficio verosimilmente dopo avere preso atto del decesso del difensore di fiducia o della mancata nomina . Certo è che nel giudizio davanti al Tribunale di Palermo l'imputato, dichiarato contumace, risulta assistito e difeso dal difensore di fiducia avv. L A. , indicato come assente , con la conseguente nomina, volta per volta e in ciascuna udienza, di un difensore d'ufficio sempre diverso. La vicenda processuale, così sinteticamente descritta, non può degradarsi, come vorrebbe la sentenza impugnata, a semplice errore di verbalizzazione, che di fatto non ha cagionato pregiudizio all'imputato . Certamente vi è stata un lesione del diritto di difesa, quale riconosciuto dall'art. 24 Cost. e dall'art. 6, p.3, lett. c della CEDU, poiché non è stata garantita all'imputato l'effettività della difesa, essendo stato nominato, di volta in volta, nelle diverse fasi processuali, un difensore d'ufficio sempre diverso, che non poteva assicurare la indispensabile stabilità del rapporto con l'imputato stesso e l'assunzione di adeguate iniziative a tutela della posizione dell'accusato, e ciò sulla base della erronea rappresentazione da parte dei giudici di merito dell'esistenza di una nomina a difensore di fiducia di un avvocato in realtà o addirittura mai nominato, come affermato dal ricorrente, o, comunque, deceduto come risulta certo dagli atti. Pertanto, la radicale violazione di diritti fondamentali, riconducibili al concetto di equo processo cfr. Corte EDU, Sannino c. Italia del 27/04/2006 , comporta l'annullamento non solo della sentenza impugnata, ma anche di quella di primo grado, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e quella di primo grado e rinvia al Tribunale di Palermo per nuovo giudizio.