Massimo Ponzellini, ex presidente di BPM, era agli arresti domiciliari per le indagini in corso nei suoi confronti per i reati di corruzione tra privati ed associazione a delinquere. Mentre la Cassazione ha espresso dubbi circa i gravi indizi di colpevolezza rispetto al secondo reato, per il primo li ha ritenuti sussistenti, poiché un danno all’immagine può concretizzare il «nocumento» richiesto dall’articolo 2635 c.c
Con la sentenza numero 14765, depositata il 29 marzo 2013, la Corte di Cassazione, il 13 novembre 2012, ha annullato l’ordinanza confermativa degli arresti domiciliari rispetto al reato associativo. Arresti domiciliari comunque «scaduti» il 26 novembre 2012, per decorso del termine massimo di sei mesi previsto dall’articolo 303 c.p.p Finanziamenti illeciti. Nell’ambito di un’inchiesta su finanziamenti illeciti ai partiti è indagato Massimo Ponzellini, ai tempi dei fatti presidente di BPM. Nel maggio 2012 viene disposta la misura degli arresti domiciliari, decisione confermata dal Tribunale del Riesame. La Cassazione si è dovuta esprimere al riguardo nel novembre 2012, quando poco dopo sarebbero comunque scaduti i termini massimi di detenzione preventiva. Il ricorrente sostiene che non ci sarebbero i gravi indizi di colpevolezza necessari a legittimare gli arresti domiciliari, per nessuno dei due reati al centro dell’indagine. La nozione di «nocumento» ex articolo 2635 c.c La Corte di Cassazione respinge il ricorso rispetto al delitto di concorso in infedeltà a seguito di dazione o promesse di utilità, aggravato dall’articolo 2635 c.c Scavando nella nozione di «nocumento» alla società, previsto dalla norma, la S.C. arriva a delinearne i confini, affermando quindi che un danno all’immagine può ben rilevare al fine della concretizzazione di tale nocumento. «Deve peraltro trattarsi di un danno effettivo e non meramente ipotizzato», e nel caso concreto gli elementi indicano una lesione già avvenuta, come correttamente sottolineato dal GIP, che richiama un «danno reputazionale di straordinario rilievo, derivante dalla cattiva amministrazione e dalle ricadute d’immagine della società». Non rilevati gravi indizi di colpevolezza rispetto al reato associativo. Rispetto al reato associativo di cui è indagato l’ex presidente di BPM, la Corte non ne rileva i gravi indizi di colpevolezza, poiché non emerge con certezza «l’esistenza di un sodalizio criminoso organizzato», e anche se ci fosse non si capirebbe perché solo uno dei corruttori di Ponzellini ne farebbe parte. La Corte non può che accogliere la tesi difensiva secondo cui, in base agli elementi a disposizione, «si è dinanzi ad un caso di reato continuato plurisoggettivo a concorso necessario, dove in ipotesi l’extraneus può avere concordato con i “corrotti” di dare corso a più condotte infedeli dietro promessa o dazione di utilità. Si aggiunga che, ragionando altrimenti, si giungerebbe alla inaccettabile conclusione di ritenere il dolo di partecipazione ad un reato associativo connotato da requisiti meno stringenti rispetto ad una fattispecie di semplice concorso esterno». Rispetto a questo punto la S.C. annulla l’ordinanza e rinvia per un nuovo esame al Tribunale del Riesame.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 novembre 2012 – 29 marzo 2013, numero 14765 Presidente Zecca – Relatore Micheli