La lite con la società a ristretta base azionaria precede la lite con il socio

Per decidere sulla fondatezza di un accertamento eseguito nei confronti di un socio di società di capitali a ristretta base azionaria, occorre attendere che il contenzioso nei confronti della società sia divenuto definitivo.

Il giudice tributario deve disporre la sospensione del giudizio nei confronti del socio in attesa delle definizione del reddito della società. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 1867, depositata l'8 febbraio 2012. Il caso. A una società di capitali è stato determinato in rettifica un maggior reddito e, conseguentemente, sul presupposto della ristretta base azionaria e della distribuzione occulta di dividendi,il fisco ha contestato un maggior reddito, pro quota, anche ai soci. Il giudice del gravame ha annullato l'accertamento nei confronti della società e, conseguentemente, pur non essendo definitiva tale pronuncia, ha annullato anche l'atto relativo al socio. Il fisco , nell'impugnare per cassazione la sentenza relativa al socio, ha evidenziato che il giudice del gravame ha applicato la pronuncia relativa alla società, a beneficio del socio, pur non essendo definitiva, anziché sospendere il procedimento art 295 c.p.c. . Sospendere il giudizio in attesa di quello «maggiore». La Cassazione ha accolto il ricorso precisando che, nel caso in questione, i due procedimenti erano legati da rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell'uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell'altro. Conseguentemente, il giudice di appello avrebbe dovuto disporre la sospensione del giudizio nei confronti del socio, in attesa della definizione del reddito della società a ristretta compagine sociale. Non avendo osservato tale principio, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Fisco. La sospensione è necessaria. L’ articolo 295 c.p.c. disciplina l’ipotesi in cui la decisione di una causa tributaria, pendente dinanzi ad un giudice tributario, dipenda dalla risoluzione di un’altra controversia tributaria, pure pendente dinanzi ad un altro giudice tributario cd. pregiudizialità interna in altri termini, qualora, dinanzi a differenti giudici tributari, siano pendenti controversie tra loro interdipendenti e non sia possibile procedere alla riunione dei procedimenti non trova applicazione la sospensione su istanza di parte articolo 296 c.p.c. , ma il disposto dell’articolo 295 del c.p.c Quest’ultimo si riferisce ad un rapporto di effettiva consequenzialità tra due emanande statuizioni e, quindi, non ad un mero collegamento tra loro esso concerne una situazione in cui uno dei due giudizi, oltre ad essere in concreto pendente e a coinvolgere le stessi parti, investa una questione di carattere pregiudiziale, cioè un indispensabile antecedente la pregiudizialità sussiste solo quando la definizione di una controversia costituisca l’indispensabile antecedente logico-giuridico dell’altra Cass. Sent. numero 7506/2001 . La pregiudizialità tra due controversie deve dimostrarla la parte che invoca la sospensione. Naturalmente, la parte che invochi la sospensione di un giudizio, ex articolo 295 c.p.c., ha l'onere di dimostrare la pendenza di un'altra controversia e la sussistenza di un rapporto di dipendenza tra i due giudizi Cass., sez. V, sent. numero 7506/2001 . Secondo un preciso orientamento del giudice di legittimità Cass. numero 16885/2003 , l’operatività della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extrabilancio è legittima anche quanto l’accertamento in capo alla società non sia definitivamente concluso con sentenza passata in giudicato oppure mediante definitività dell’avviso di accertamento in quanto decorsi i termini per la sua impugnazione. Quindi, l’Amministrazione finanziaria può parallelamente portare avanti le proprie pretese tributarie, sia nei confronti della società che dei soci, avvalendosi solo di presunzioni la ristretta base azionaria costituisce quel fatto noto che può legittimamente essere posto a base della presunzione di distribuzione. Occorre considerare, che l’attesa della definitività dell’accertamento in capo alla società potrebbe comportare, per il Fisco, la decorrenza dei termini per poter accertare i dividendi in capo ai soci. Secondo diverso orientamento la presunzione di distribuzione ai soci può ritenersi legittima solo in presenza di un valido accertamento a carico della società divenuto definitivo Non può considerarsi noto un fatto contenuto in un accertamento dell’ufficio in capo alla società e da ciò risalire al fatto ignoto dell’esistenza della distribuzione di maggiori utili in capo ai soci senza la preventiva verifica dell’avvenuta definitività dell’atto impositivo in capo alla società, per mancata impugnazione o per rigetto delle doglianze del contribuente con sentenza non più impugnabile. Solo in tale caso, infatti, l’accertamento dei maggiori ricavi non contabilizzati in capo alla società a ristretta base sociale acquista il carattere della certezza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 11 gennaio – 8 febbraio 2012, numero 1867 Presidente Merone – Relatore Di Blasi Svolgimento del processo e motivi della decisione Nel ricorso iscritto a R.G. numero 3533/2010, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione 1 - È chiesta la cassazione della sentenza numero 618/01/2009, pronunziata dalla CTR di Roma Sezione numero 01 il 06.10.2009 e DEPOSITATA il 25 novembre 2009. 2 - Il ricorso, che attiene ad impugnazione dell'avviso di accertamento IRPEF dell'anno 2002, censura l'impugnata decisione per violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. ed omessa applicazione dell'articolo 295 cpcomma 2 bis L'intimato resiste con controricorso e chiede che l'impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata. 3 - La questione posta con i due mezzi del ricorso va esaminata tenendo conto dell'ormai pacifico principio, secondo cui la sospensione necessaria del processo ex articolo 295 cod. proc. civ. si applica anche al processo tributario e ricorre qualora risultino pendenti davanti a giudici diversi procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell'uno costituisce indispensabile presupposto logico-giuridico dell'altro, nel senso che l'accertamento dell'antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l'ipotesi di conflitto di giudicati. Nel caso in specie, il Giudice di appello, riconoscendo effetti decisivi alla sentenza della CTR, non definitiva, che aveva annullato l'accertamento, relativo allo stesso anno, nei confronti della società e non disponendo la sospensione del giudizio nei confronti del socio, in attesa della definizione del reddito della società a ristretta compagine sociale sembra essersi discostata dal citato orientamento giurisprudenziale. 4 - Data la delineata realtà processuale, sulla base del richiamato principio, si propone, ai sensi degli artt.375 e 380 bis cpc, di trattare la causa in Camera di Consiglio, accogliendo il ricorso, per manifesta fondatezza. Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi . La Corte vista la relazione, il ricorso, il controricorso e gli altri atti di causa Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo la relazione ed il principio richiamato in relazione, ritiene di dover accogliere il ricorso, per manifesta fondatezza Considerato che, per l'effetto, va cassata l'impugnata decisione e che la causa va, quindi, rinviata ad altra sezione della CTR del Lazio, la quale procederà al riesame e, adeguandosi al richiamato principio, deciderà nel merito ed anche sulle spese del giudizio di legittimità, offrendo adeguata motivazione. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa l'impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio.