Interviene la scriminante ai sensi dell’articolo 4 d.lgs. numero 288/1944, quando il pubblico ufficiale non solo ecceda arbitrariamente i limiti della sue attribuzioni, ma quando tenga anche una condotta improntata a malanimo, capriccio, sopruso e prepotenza verso il soggetto privato.
E’ stato così affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 28140, depositata il 30 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Napoli, confermando la decisione di primo grado, condannava l’imputato perché ritenuto colpevole in riferimento agli articolo 337 c.p Resistenza a pubblico ufficiale e 651 c.p. Rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale . Il soccombente ricorreva per cassazione lamentando manifesta illogicità della motivazione, avendo il giudice di secondo grado travisato la prova in relazione alla deduzione difensiva circa l’irrilevanza causale della condotta ascritta all’imputato e l’impedimento di un atto d’ufficio, poiché la condotta contestata era avvenuta dopo la procedura di identificazione. La Corte territoriale, nel considerare non ancora avvenuta tale procedura, avrebbe travisato il contenuto del verbale di arresto dell’imputato, che invece dava per avvenuta l’identificazione. Lamentava inoltre la mancanza di motivazione rispetto la doglianza posta in appello circa l’arbitrarietà dell’accompagnamento in vinculis perché non giustificata da elementi che potessero far ritenere che l’indagato avesse fornito false generalità. Il ricorso è da ritenersi inammissibile, poiché è volto a riprodurre una questione di fatto analoga a quella proposta in appello, rispetto la quale la Corte territoriale, nel rigettarla, aveva dato risposta motivata ed argomentata. Nel caso di specie, i Giudici hanno rilevato che le minacce e le violenze poste in essere dal ricorrente erano state proposte nel corso della procedura di identificazione e prima che questa si completasse. Da considerare la condotta del pubblico ufficiale. La Corte, inoltre, in riferimento al secondo motivo, ricorda che al fine dell’applicazione della causa di giustificazione ex articolo 4 d.lgs. numero 288/1944 «Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 del codice penale quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni» non è sufficiente che il pubblico ufficiale ecceda dai limiti delle sue attribuzioni, essendo necessario che tenga una condotta prepotente e improntata a sopruso nei confronti del privato destinatario Cass., numero 5414/2009 . Sulla base di tale precedente, il motivo in esame è infondato non è infatti rilevabile nessuna arbitrarietà dell’accompagnamento, essendo stato giustificato dall’assenza di documenti che comprovassero l’identità del soggetto, in un contesto preceduto dal rifiuto di rendere le proprie generalità.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 – 30 giugno 2014, numero 28140 Presidente Di Virginio – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con sentenza del 3.5.2012 la Corte di appello di Napoli - a seguito di gravame interposto dall'imputato C.I. avverso la sentenza emessa il 23.6.2011 dal Tribunale di Napoli - ha confermato detta sentenza con la quale l'imputato è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'articolo 337 c.p. e 651 c.p. e condannato al pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione personalmente l'imputato deducendo 2.1. difetto, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione avendo travisato la prova in relazione alla deduzione difensiva in appello circa la irrilevanza causale della condotta ascritta all'imputato rispetto all'impedimento dei uno specifico atto di ufficio, essendo quella contestata successiva al compimento di quest'ultimo consistito nella sua avvenuta identificazione. Invero, la Corte territoriale nel rispondere che la procedura di identificazione non era ancora completata ha travisato il contenuto della prova desumibile dal verbale di arresto dello stesso imputato che, invece, dava per avvenuta la identificazione inoltre, non ha dato conto della sproporzione dell'atto di accompagnamento in vinculis degli arrestati rispetto alle esigenze di ufficio. 2.2. inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 349 c.p.p e 4 d.leg.vo 288/44 e mancanza di motivazione rispetto alla doglianza mossa in appello circa la arbitrarietà dell'accompagnamento in vinculis siccome non giustificata da elementi che potessero far ritenere che il C. avesse fornito false generalità. 3. Il ricorso è inammissibile. 4. Il primo motivo è inammissibilmente volto a riproporre una questione di fatto alla base della analoga doglianza in appello ed alla quale la Corte territoriale, nel rigettarla, ha dato incensurabile risposta considerando che le violenze e le minacce del ricorrente sono state poste in essere nel corso della procedura di identificazione e prima che questa si completasse mediante i necessari rilievi dattiloscopici e fotografici da effettuarsi presso i competenti uffici ove il ricorrente - dopo la denuncia sporta dagli addetti al traffico ferroviario - era stato accompagnato, siccome sprovvisto di documenti d'identità. 5. Quanto al secondo motivo, costituisce «jus receptum» che ai fini dell'applicazione della causa di giustificazione prevista dall'articolo 4 del D.Lgt. 14 settembre 1944, numero 288, non basta che il pubblico ufficiale ecceda dai limiti delle sue attribuzioni, ma è altresì necessario che tenga una condotta improntata a malanimo, capriccio, sopruso, prepotenza nei confronti del privato destinatario. Fattispecie relativa all'esclusione della scriminante in un caso di resistenza a pubblico ufficiale, in cui gli agenti di P.G. avevano proceduto all'arresto a seguito dell'abnorme ed ingiustificata reazione posta in essere dall'imputato a fronte di un invito legittimamente rivoltogli ad essere accompagnato in Questura a fini di identificazione Sez. 6, numero 5414 del 23/01/2009, P.G. in proc. Amara Rv. 242917 . 6. Palesemente infondata è, quindi, la doglianza in ordine alla eccepita arbitrarietà dell'accompagnamento in ordine al quale la Corte territoriale si è espressa , evidentemente negandola, allorquando ha giustificato la necessità di esso in ragione dell'assenza di documenti che comprovassero la identità del ricorrente, in un contesto preceduto dal rifiuto di rendere le proprie generalità al personale ferroviario, segnalando altresì correttamente la diversità del caso in esame rispetto a quello oggetto del precedente giurisprudenziale allegato dalla difesa. 7. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.