Quando passato e presente non vanno d’accordo serve “fare pulizia”

Diritto all’oblio, accesso civico generalizzato e sguardi indiscreti delle banche sui conti correnti

Sono queste le questioni su cui il Garante per la protezione dei dati personali mette un punto. Lo si legge nella newsletter n. 431 dell’8 agosto 2017. La volontà di un funzionario di cadere nell’oblio. Il Garante per la protezione dei dati personali, ancora una volta, torna ad occuparsi del diritto all’oblio, con protagonisti un alto funzionario pubblico e Google. La questione? Sempre la stessa, far sparire pezzi oscuri della propria vita dai risultati di ricerca ottenuti dal famosissimo motore di ricerca. Innanzitutto, l’Autorità, in linea con la sentenza Google Spain , afferma la necessità nelle istanze di deindicizzazione di prendere in considerazione tutti gli url raggiungibili effettuando una ricerca a partire dal nome. Entrando, poi, nel merito il Garante ha ordinato a Google di deindicizzare l’url che rinviava all’unico articolo avente ad oggetto, in via diretta, la notizia della condanna penale inflitta al ricorrente, ritenendo che il tempo trascorso e l’intervenuta riabilitazione non rispondessero più alla situazione attuale. Per tutti gli altri articoli ai quali rinviavano gli ulteriori url indicati dal ricorrente, il Garante non ha ritenuto fossero da deindicizzare poiché, pur richiamando la stessa vicenda giudiziaria, inserivano la notizia in un contesto informativo più ampio, all’interno del quale venivano fornite anche ulteriori informazioni legate al ruolo ricoperto attualmente dal funzionario, di indubbio interesse pubblico. Quando il datore di lavoro non può mettere il naso negli affari dei dipendenti. In materia di privacy, ogni trattamento di dati deve essere effettuato nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, tenendo conto anche dei diritti alla reputazione, all’immagine, al nome, all’oblio e in generale ai diritti inviolabili della persona. È questo l’assunto da cui prende le mosse il parare del Garante Privacy relativamente alla richiesta di accesso civico generalizzato agli atti di una sanzione disciplinare inflitta ad un dipendente, avanzata da un cittadino e negata dallo stesso Comune. È infatti il no la risposta data prima dall’Ente, poi confermata dal Garante, al richiedente l’accesso civico generalizzato alla sanzione disciplinare del dipendente, in quanto, tale accesso avrebbe potuto determinare un concreto pregiudizio alla tutela della protezione dei dati personali di quest’ultimo. Banca e conti correnti occhio agli sguardi indiscreti. È partita da una donna la segnalazione del comportamento illecito di un dipendente della banca che aveva effettuato una serie di accessi indebiti al suo conto corrente. Ed è a seguito di questa che il Garante Privacy si trova a ribadire il principio, già affermato, secondo cui gli istituti di credito devono svolgere controlli interni, con cadenza almeno annuale, per verificare la legittimità e liceità degli accessi ai dati da parte dei propri dipendenti . Da tale assunto discende l’ordine dell’Autorità alla banca in questione di adottare ulteriori misure per aumentare i controlli sulla legittimità degli accessi e di sensibilizzare i dipendenti al rispetto delle regole.