La nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto con ricorso al Tribunale avverso il suddetto provvedimento in quanto tale giudizio non ha per oggetto il provvedimento stesso, ma il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 11754, depositata l’8 giugno 2016. Il caso. La Corte D'appello respingeva il gravame proposto avverso la decisione del Tribunale che aveva respinto il ricorso dell'appellante avverso il diniego di protezione internazionale pronunciato dalla competente Commissione territoriale. Veniva proposto ricorso per cassazione con un unico articolato motivo con il quale, come sottolineato nell'ordinanza dalla stessa corte suprema, il ricorrente non considerava che la cognizione in materia doveva riguardare il diritto su cui si affermava la tutelabilità e non la nullità del provvedimento amministrativo. Il ricorrente, infatti, denunciava l'illegittima reiezione dell'eccezione di nullità del provvedimento della Commissione tralasciando che la legge in materia stabilisce che la decisione del tribunale può contenere, alternativamente, il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, e non prevede il puro e semplice annullamento del provvedimento della Commissione. La Cassazione dichiarava pertanto inammissibile il ricorso. Impugnazione e decisione sulla spettanza o meno del diritto alla protezione. La nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto con ricorso al tribunale avverso il suddetto provvedimento. Infatti nel giudizio introdotto avanti il tribunale l'oggetto non è l'annullamento del provvedimento di diniego della Commissione territoriale competente, ma è il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata. Il Tribunale quindi deve pervenire a tale decisione, ovvero sulla spettanza o meno del diritto di protezione, dello status di rifugiato o di persona a cui deve essere accordata la protezione sussidiaria e non può limitarsi al semplice annullamento del provvedimento di diniego contestato.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 gennaio – 8 giugno 2016, numero 11754 Presidente Ragonesi – Relatore De Chiara Premesso in fatto Che è stata depositata relazione ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., nella quale si legge quanto segue 1. - La Corte d’appello di Napoli, respingendo il gravame del sig. Y.N. , di nazionalità pakistana, ha confermato la decisione del Tribunale con cui era stato respinto il ricorso dell’appellante avverso il diniego di protezione internazionale pronunciato dalla competente Commissione territoriale. Il sig. M. ha proposto ricorso per cassazione articolando un solo, complesso motivo. L’amministrazione intimata non ha svolto difese. 2. - Con l’unico motivo di ricorso, denunciando vizio di motivazione e violazione di norme di diritto, si lamenta che la Corte d’appello a abbia ingiustificatamente ritenuto che l’appello è manifestamente infondato ad anzi ai limiti della inammissibilità d’altronde l’atto di gravame è articolato alla stregua di un ricorso amministrativo, senza considerare che la cognizione in materia è pur sempre sul diritto di cui si afferma la tutelabilità , statuendo poi, contraddittoriamente, la compensazione delle spese processuali b abbia illegittimamente respinto l’eccezione di nullità del provvedimento della Commissione per difetto di traduzione in lingua nota all’interessato c abbia affermato che non vi sono ragioni per concedere la tutela richiesta, sia pure nella forma della protezione sussidiaria l’appellante non ha offerto alcun riscontro probatorio di quanto dichiarato. Comunque la vicenda narrata, essenzialmente vicende estorsive della mafia sono di rilevanza strettamente privata, da risolvere con l’aiuto della polizia Per il resto egli svolge mere illazioni così andando contro la verità, poiché il ricorrente aveva invece dimostrato la veridicità delle proprie affermazioni, e violando gli arti. 738, comma terzo, 345, comma terzo, e ss., 359 e 184 c.p.c. per la mancata assunzione dell’audizione dell’appellante, nonché la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e il protocollo aggiuntivo di New York del 31 gennaio 1967 e i criteri di accertamento al riguardo elaborati dall’UNHCR, che rimandano ampiamente a poteri istruttori ufficiosi dell’autorità chiamata a decidere sulla domanda di protezione e riconoscono, in difetto, il beneficio del dubbio in favore del richiedente d abbia negato altresì il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, pur spettante all’appellante ai sensi dell’articolo 3 della CEDU, che, vietando i trattamenti inumani e degradanti, impedisce altresì il rimpatrio degli stranieri in paesi ove correrebbero il rischio di essere sottoposti a siffatti trattamenti e abbia negato, infine, il riconoscimento del diritto di asilo ai sensi dell’articolo 10, comma terzo, Cost 3. - La censura sub a è inammissibile, poiché, per un verso, non è attinente alla ratio della decisione impugnata, con la quale alla fine l’appello è stato rigettato nel merito, non già dichiarato inammissibile, e, per altro verso, è generica. La censura sub b è inammissibile perché la nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto con il ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento. Tale giudizio, infatti, non ha per oggetto il provvedimento stesso, bensì il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata dunque non può concludersi con il mero annullamento del diniego amministrativo della protezione, ma deve pervenire comunque alla decisione sulla spettanza o meno del diritto alla protezione infatti la legge in origine l’articolo 35, comma 10, d.lgs. 28 gennaio 2008, numero 25 e attualmente l’articolo 19, comma 9, d.lgs. 1 settembre 2011, numero 150 stabilisce che la decisione del tribunale può contenere, alternativamente, il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, e non prevede il puro e semplice annullamento del provvedimento della Commissione cfr. Cass. 18632/2014, 26480/2011 . La censura sub c è inammissibile perché, a prescindere dalla considerazione che i poteri di c.d. collaborazione istruttoria del giudice della protezione internazionale sono disciplinati, più puntualmente, dall’articolo 3 d.lgs. 19 novembre 2007, numero 251 e dall’articolo 8 d.lgs. numero 25 del 2008, cit., non invocati dal ricorrente, quest’ultimo omette di indicare, se non genericamente, i fatti sui quali si sarebbero dovuti esercitare tali poteri del giudice. Inoltre La medesima censura è altresì infondata nella parte in cui fa leva su un preteso - ma insussistente - obbligo del giudice di disporre l’audizione del richiedente asilo. La censura sub d è inammissibile perché il riferimento all’articolo 3 CEDU, e dunque a fatti costituenti trattamenti inumani o degradanti, è nuovo di esso non vi è traccia nella sentenza impugnata, né il ricorrente indica in quale atto del giudizio di merito sia contenuta la relativa allegazione e, per di più, non argomentato. La censura sub e è infondata, avendo questa Corte già avuto occasione di chiarire che il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste dai tre istituti dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al d.lgs. 19 novembre 2007, numero 251 e di cui all’articolo 5, comma 6, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286 con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’articolo 10, terzo comma, Cost. Cass. 10686/2012, richiamata dallo stesso ricorrente ” che tale relazione è stata ritualmente comunicata agli avvocati delle parti costituite che non sono state presentate memorie. Considerato in diritto Che il collegio condivide quanto esposto nella relazione di cui sopra che pertanto il ricorso va rigettato che in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.P.R 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall’articolo 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, numero 228, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.