La banca intermediaria non può avvalersi della disattenzione o inesperienza del cliente – che compia versamenti con denaro contante o altri strumenti di pagamento che consentano al promotore una indebita appropriazione – per diminuire il proprio grado di responsabilità e per richiamare le regole dell’articolo 1227 c.c.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10645 del 15 maggio 2014. Il fatto. Un cliente di una banca cita a giudizio un promotore finanziario ed un istituto di credito per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’appropriazione, da parte del promotore, di una serie di somme versate dall’attore. Il Tribunale, definitivamente pronunciando in primo grado, accoglie la domanda e condanna i convenuti in solido, riconoscendo, però, l’obbligo del promotore di tenere indenne la banca degli importi che questa avrebbe versato all’attore. Avverso detta sentenza veniva interposto appello, all’esito del quale la Corte territoriale confermava la sentenza di primo grado, rigettando le doglianze degli appellanti ed osservando come, nel caso di specie, dovesse propendersi per l’esclusione di qualsivoglia forma di responsabilità in capo all’investitore derivante dalla circostanza che questi aveva versato somme al promotore finanziario con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle. La banca proponeva ricorso per cassazione affidato, nella sostanza, ad un unico motivo attraverso il quale si lamentava la violazione degli articolo 1227 e 2056 c.c., in particolare, deducendo che, in caso di distrazione indebita, da parte del promotore finanziario, di somme consegnate dal cliente in contanti o con assegni girati in bianco, il risarcimento in favore del cliente che ha patito il danno deve essere diminuito in ragione della gravità della colpa. In particolare, la ricorrente richiamava a sostegno della sua tesi l’orientamento di legittimità già espresso dalla stessa Corte nella sentenza 7 aprile 2006, numero 8229, nella quale si era affermato che l’art 1227, comma 1, c.c. in tema di “concorso del fatto colposo del creditore”, non troverebbe applicazione nell’ipotesi di versamenti eseguiti dal cliente con modalità difformi da quelle indicate dall’intermediario. La banca evidenziava, dunque, come affermato da costante orientamento giurisprudenziale, che l’applicazione del principio sancito dall’articolo 1227 c.c. può dipendere da colpa del danneggiato anche in caso di colpa generica. La Corte rigetta il ricorso. La consegna delle somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui il promotore sarebbe legittimato a riceverle non “giustifica” l’indebita appropriazione da parte di quest’ultimo. Gli Ermellini evidenziano come il principio di cui alla citata sentenza numero 8229/2006 secondo cui «la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe legittimato a riceverle, non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore finanziario, ad interrompere il nesso di casualità esistente tra lo svolgimento dell’attività del promotore finanziario e la consumazione dell’illecito » non preclude, pertanto, la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell’intermediario proponente. La modalità di consegna difforme non è concausa del danno subito dall’investitore. Afferma inoltre la Corte che «un tal fatto può essere addotto dall’intermediario come concausa del danno subito dall’investitore, in conseguenza dell’illecito consumato dal promotore, al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto». La disattenzione o inesperienza del cliente non elude il principio ex articolo 1227 c.c. Gli Ermellini evidenziano che la regola secondo cui il promotore finanziario può ricevere dal cliente soltanto pagamenti con gli strumenti indicati in appositi regolamenti CONSOB è stata posta con l’obiettivo di individuare un obbligo di comportamento in capo al promotore al fine di tutelare gli interessi del risparmiatore. Ciò vale a supportare la conclusione che «la banca intermediaria non può avvalersi della disattenzione o inesperienza del cliente – che compia versamenti con denaro contante o altri strumenti di pagamento che consentano al promotore una indebita appropriazione – per diminuire il proprio grado di responsabilità e per richiamare le regole dell’articolo 1227 del codice civile».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 13 marzo – 15 maggio 2014, numero 10645 Presidente Salmè – Relatore Cirillo Svolgimento del processo l. F.P.R. citò a giudizio, davanti al Tribunale di Avellino, A.C. e la Banca Mediolanum s.p.a. affinché fossero condannati in solido al risarcimento dei danni, determinati in lire 130 milioni oltre interessi e rivalutazione, conseguenti all'appropriazione, da parte del C. che agiva quale promotore finanziario della Banca, di una serie di somme versate dall'attore. Si costituì in giudizio la sola Banca, chiedendo il rigetto della domanda, mentre il C. rimase contumace. Il Tribunale accolse la domanda e condannò i convenuti in solido al pagamento della somma di euro 67.139,40 in favore del R., con rivalutazione, riconoscendo l'obbligo del C. di tenere indenne la Banca degli importi che questa avrebbe versato all'attore. 2. Proposto appello dalla Banca soccombente, la Corte d'appello di Napoli, con sentenza del 27 marzo 2007, ha rigettato il gravame, confermando l'impugnata sentenza e condannando l'appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. Ha osservato la Corte territoriale, per quanto ancora di interesse in questa sede, che doveva essere esclusa ogni responsabilità in capo all'investitore, alla luce della più recente giurisprudenza, per il fatto che questi avesse versato somme al promotore finanziario con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe legittimato a riceverle. 3. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli propone ricorso la Banca Mediolanum s.p.a., con atto affidato ad un solo complesso motivo e supportato da memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione l. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli articolo 1227 e 2056 del codice civile. Osserva la ricorrente che fin dal primo grado essa aveva evidenziato come i danni arrecati dal C. al R. sarebbero stati di certo minori se questi avesse consegnato al primo soltanto assegni non trasferibili all'ordine della società destinataria dell'investimento - ossia la Gestione fondi Fininvest s.p.a. - assegni che il C. non avrebbe potuto incassare. Il motivo, poi, si snoda attraverso una lettura in chiave critica della sentenza 7 aprile 2006, numero 8229, di questa Corte, richiamata dalla Corte d'appello di Napoli, secondo la quale l'articolo 1227, primo comma, cod. civ. non è applicabile in caso di versamenti eseguiti dal cliente con modalità difformi da quelle indicate dall'intermediario. Osserva la Banca ricorrente che l'esatta portata dell'articolo 1227 cod. civ. è stata chiarita da altre pronunce di questa Corte - fra le quali le sentenze 6 luglio 2006, numero 15383 e numero 15384 - le quali hanno riconosciuto che l'applicazione di detta norma può dipendere da colpa del danneggiato anche in caso di colpa generica. Conclude quindi la parte ricorrente nel senso che, in caso di distrazione indebita, da parte del promotore finanziario, di somme consegnate dal cliente in contanti o con assegni girati in bianco, il risarcimento del danno a favore del cliente danneggiato dovrà essere diminuito in considerazione della gravità della sua colpa. 1.1. Il motivo non è fondato. La Corte d'appello si è richiamata, nel rigettare il secondo motivo di gravame proposto davanti alla stessa, al principio di cui alla citata sentenza numero 8229 del 2006 di questa Corte, secondo cui la mera allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme di denaro con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe legittimato a riceverle, non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra lo svolgimento dell'attività del promotore finanziario e la consumazione dell'illecito, e non preclude, pertanto, la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell'intermediario preponente. Né un tal fatto può essere addotto dall'intermediario come concausa del danno subito dall'investitore, in conseguenza dell'illecito consumato dal promotore, al fine di ridurre l'ammontare del risarcimento dovuto. Questa pronuncia, che la Banca ricorrente cerca di indebolire e di criticare, si fonda su di una pluralità di argomentazioni che non mette conto ripetere in questa sede. Va soltanto ricordato che la Corte in quell'occasione ha evidenziato che la regola secondo cui il promotore finanziario può ricevere dal cliente soltanto pagamenti con gli strumenti indicati in appositi regolamenti CONSOB è stata posta con il solo obiettivo di individuare un obbligo di comportamento in capo al promotore e, soprattutto, al fine di tutelare gli interessi del risparmiatore. In altre parole, la banca intermediaria non può avvalersi della disattenzione o inesperienza del cliente - che compia versamenti con denaro contante o altri strumenti di pagamento che consentano al promotore una indebita appropriazione per diminuire il proprio grado di responsabilità e per richiamare le regole dell'articolo 1227 del codice civile. È appena il caso di ricordare che i principi di cui alla sentenza numero 8229 del 2006 sono stati ribaditi e confermati più volte in seguito v., tra le altre, le sentenze 24 luglio 2009, numero 17393, 25 gennaio 2011, numero 1741, e 24 marzo 2011, numero 6829 . Né possono essere invocate - a sostegno di un ipotetico mutamento della giurisprudenza di questa Corte - altre pronunce le quali hanno riconosciuto la possibilità di configurare un concorso di colpa da parte dell'investitore in presenza di situazioni, del tutto diverse, dalle quali risulti con evidenza che egli era perfettamente a conoscenza delle attività non trasparenti del promotore. In tali casi, infatti, l'utilizzo del denaro contante come mezzo di pagamento è indice di una situazione anomala che, se non può essere qualificata come collusione, di certo è indice di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore sentenze 11 giugno 2009, numero 13529, e 13 dicembre 2013, numero 27925 . Ma è evidente che i principi contenuti in queste ultime pronunce - le quali non sono affatto in contrasto con le altre sopra richiamate - non si adattano in alcun modo al caso di specie. 1.2. I richiami contenuti nel ricorso ad ulteriori pronunce di questa Corte, fra le quali le sentenze 6 luglio 2006, numero 15383 e numero 15384, sono del tutto inconferenti, in quanto si tratta di pronunce riguardanti la fattispecie, del tutto diversa, dell'obbligo di custodia dell'amministrazione pubblica in relazione ai beni demaniali. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.