Sequestro conservativo: basta che il depauperamento del patrimonio del debitore sia anche solo potenziale

In tema di misure cautelari reali, nel sequestro conservativo richiesto dal creditore privato, la sussistenza del periculum in mora deve essere alternativamente valutata in riferimento all’originaria inadeguatezza o insufficienza del patrimonio dell’imputato, in relazione all’ammontare delle pretese risarcitorie e del complesso dei crediti che gravano su tale patrimonio, tale da evidenziare la necessità di assicurare un privilegio ai creditori da reato. Può essere considerata anche l’insorgenza di un rischio di dispersione o diminuzione della garanzia patrimoniale, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri in precedenza indicati, l’esigenza di applicare un vincolo reale idoneo ad assicurarne la conservazione. Ciò anche con riferimento ad una situazione, almeno potenziale, desunta da elementi certi ed univoci, di depauperamento del patrimonio del debitore.

Lo ha stabilito la seconda sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7046, depositata il 13 febbraio 2014. La disciplina del sequestro conservativo Ai sensi dell’art. 316 c.p.p., il sequestro conservativo può essere richiesto dal Pubblico Ministero se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese del procedimento e di ogni altra somma dovuta all'Erario dello Stato. L'art. 316 c.p.p., tuttavia, prevede che la richiesta di sequestro conservativo possa essere anche formulata dalla parte civile a garanzia delle obbligazioni civili derivanti dal reato. Esso, pertanto, potrà avere ad oggetto il presunto profitto o prodotto del reato, o anche l'equivalente in denaro dello stesso, sempre che si tratti di beni appartenenti al debitore e non siano di proprietà di terzi in buona fede. La possibilità per il creditore privato di ottenere l’applicazione della predetta misura cautelare reale non è, invece, contemplata dalla disciplina relativa alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. L’art. 54, d. lgs. n. 231/2001 contiene, infatti, la precisa scelta del legislatore di non prevedere, nel procedimento per l'illecito amministrativo dipendente da reato, la possibilità di costituzione di parte civile, in quanto, da un lato, il tenore letterale dell'art. 54 citato esclude che le ulteriori previsioni dell'art. 316 c.p.p. possano trovare ingresso in virtù del richiamo alle norme del codice di procedura penale ex art. 34 dello stesso decreto e, dall'altro, risulterebbe del tutto illogico che, una volta ritenuta ammissibile la costituzione di parte civile, la stessa sia privata di uno degli strumenti di maggior rilievo finalizzato ad assicurare le garanzie del soddisfacimento delle sue pretese. ed il requisito del periculum in mora. Come confermato dalla sentenza in commento, il periculum in mora nel sequestro conservativo richiesto dal creditore privato va valutato, oltre che con riguardo all'entità del credito del richiedente, anche con riferimento ad una situazione almeno potenziale, desunta da elementi certi ed univoci, di depauperamento del patrimonio del debitore, da porsi in ulteriore relazione con la composizione del patrimonio stesso, con la capacità reddituale e con l'atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo. Ne consegue che il periculum in mora non può essere giustificato sulla sola considerazione che la cosa sequestrata si identifichi in un'ingente somma di denaro, per sua natura suscettibile di pericolo di dispersione. Del pari, il ricorso alla cauzione, pure ammesso ex art. 319 c.p.p., è una scelta volontaria del creditore privato interessato, che presuppone la sussistenza di tutti gli elementi giustificativi del sequestro conservativo, compreso il periculum in mora di dispersione delle garanzie, il quale non può essere desunto dalla sola mancata attivazione della procedura prevista dall'art. 319 citato. La sovrabbondanza del sequestro conservativo è rilevante? Secondo la prospettazione difensiva del ricorrente da ritenersi assolutamente condivisibile , il provvedimento di sequestro conservativo non deve essere inutilmente vessatorio, ma deve essere disposto nei limiti in cui il vincolo imposto serve a garantire il soddisfacimento delle pretese creditorie del privato danneggiato. In altri termini, e più in generale, i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall'art. 275 c.p.p. per le misure cautelari personali, devono ritenersi applicabili anche alle misure cautelari reali, e devono costituire oggetto di valutazione preventiva e non eludibile da parte del giudice nell'applicazione delle cautele reali, al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata. Ne consegue che, qualora detta misura trovi applicazione, il giudice deve motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato della misura cautelare reale con una meno invasiva misura interdittiva. Per contro, secondo l’estensore della sentenza in commento, è legittimo il sequestro conservativo disposto a tutela di un credito il cui importo non sia determinato ma sia determinabile con qualche approssimazione, e su beni di cui manchi una stima puntuale, essendo sufficiente una valutazione complessiva, di natura sintetica, dei loro valori, in relazione al presumibile danno arrecato agli istanti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 novembre 2013 – 13 febbraio 2014, numero 7046 Presidente Carmenini – Relatore Macchia Considerato in fatto 1. Con ordinanza in data 4 marzo 2013 il Tribunale di Firenze ha confermato in sede di riesame l'ordinanza emessa il 12 luglio 2012 dal Tribunale di Firenze in composizione collegiale con la quale era stato disposto il sequestro conservativo, a favore di H. International s.p.a., sui beni mobili e immobili, somme di denaro e crediti, fino alla concorrenza di euro 3.000.000,00, nei confronti di C.M.N., imputato dei reati di associazione per delinquere con l'aggravante della transnazionalità e di fabbricazione e immissione in commercio di ingenti quantitativi di prodotti di pelletteria contraffatti con il marchio di H. articolo 473 c.p. . 2. Avverso la predetta ordinanza l'imputato propone, tramite il difensore, ricorso per cassazione. 2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 316 cod. proc. penumero e 125 d.lgs. numero 30 del 2005 codice di proprietà industriale non essendo stati indicati gli elementi concreti in base ai quali era stato effettuata la determinazione del quantum oggetto di sequestro in favore di H. International in 3.000.000,00 di euro, determinazione effettuata peraltro in via equitativa senza indicare quanti fossero, anche in via approssimativa o presuntiva, i beni con marchio contraffatto e il ricavo della loro vendita l'indicazione dell'importo al lordo dei ricavi mensili 135.000,00 euro e il riferimento all'articolo 125 cod.p.i., che fa menzione tuttavia degli utili e non dei ricavi, erano fuorvianti, mentre l'indicazione del quantum debeatur in 3.000.000,00 di euro appariva come il risultato di mere congetture. 2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 125 e 316 cod. proc. penumero nella parte in cui è stato ravvisato il periculum in mora, in mancanza di elementi concreti e specifici circa la prevedibile mancanza o dispersione dei beni dell'imputato. L'esercizio a livello internazionale della condotta illecita contestata all'imputato, peraltro sottoposto alla misura cautelare del divieto di espatrio e non domiciliato anche a New York come erroneamente affermato nell'ordinanza impugnata, non avrebbe giustificato il sequestro conservativo, tenuto conto che l'esistenza di conti correnti all'estero utilizzati per favorire il rientro in Italia dei profitti dell'attività illecita e non per trasferire all'estero denaro era di per sé un elemento neutro, che la consistenza patrimoniale anche immobiliare del C. era sufficiente a coprire le eventuali obbligazioni risarcitorie e che le quote societarie sequestrate non avrebbero potuto essere agevolmente occultate o sottratte. 2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell'articolo 316-bis cod. proc. penumero per essere il sequestro conservativo, disposto in assenza di un effettivo periculum in mora sulle quote societarie di tre società, comunque sovrabbondante rispetto alle reali esigenze del danneggiato andandosi ad aggiungere ad un esteso sequestro preventivo disposto dal giudice per le indagini preliminari ai sensi degli artt. 321 comma 2 c.p.p. e 474-bis cod. penumero su numerosi beni di proprietà del C. o di società a lui riconducibili, tra cui un immobile del valore di circa 8.000.000,00 di euro come da stima depositata dalla difesa all'udienza di riesame, ed avendo la confisca di cui all'articolo 474-bis c.p., per la quale è stato disposto il sequestro preventivo, anche una finalità di soddisfazione delle pretese creditorie. Ritenuto in diritto 3. Il ricorso va rigettato. 3.1. Il primo motivo è infondato. Quanto alla determinazione del danno derivante da reato il Tribunale di Firenze aveva ritenuto che allo stato degli atti e nella presente fase assolutamente iniziale dell'istruttoria dibattimentale essa non può che effettuarsi in modo prudenziale e sulla base di criteri equitativi fondati di massima sulle emergenze dei verbali di esecuzione di sequestro preventivo già concesso . Nell'ordinanza impugnata il giudice dell'appello cautelare ha puntualizzato che il danno costituito dalla pluriennale immissione in commercio o comunque in circolazione su scala mondiale di ingenti quantitativi di prodotti di pelletteria recanti il marchio H. aveva comportato per il titolare dei diritti di privativa quanto meno il conseguimento di minori ricavi e lo sviamento della clientela, nonché la compromissione dell'immagine commerciale, tenuto conto degli standard qualitativi raggiunti e della cura dedicata anche al confezionamento dei prodotti il cui prezzo di vendita non si discostava di molto da quelli originali come risultava dalle intercettazioni telefoniche . Inoltre, si aggiunge nell'ordinanza impugnata, i ricavi delle vendite a B.I. Holding che era solo uno dei principali acquirenti esteri di prodotti contraffatti risultavano essere relativamente all'anno 2010 di circa 135.000,00 euro mensili, come risultava dai documenti contabili ed extracontabili sequestrati all'esito della perquisizione nei locali aziendali della M.C. s.r.l Il giudice dell'appello cautelare ha quindi ritenuto la correttezza della valutazione prudenziale effettuata dal Tribunale, soprattutto con riferimento all'articolo 125 d.lgs. numero 30/2005 codice della proprietà industriale il quale prevede, al comma 3, quale criterio legale per la determinazione secondo equità del danno da contraffazione l'utile conseguito dal contraffattore. La valutazione contenuta nell'ordinanza impugnata comunque non si limita a richiamare il terzo comma della norma in questione, che fissa un criterio non alternativo a quelli dei precedenti commi il primo comma prevede di ricostruire il danno sommando il danno emergente con il lucro cessante tenendo conto di tutti i fattori rilevanti, compresi i benefici realizzati dall'autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione il secondo comma fissa il limite minimo del risarcimento, che non può essere comunque inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso , ma si aggiunge ad essi rinviando agli utili conseguiti dal contraffattore, che il titolare del diritto leso ha comunque diritto a percepire, per evitare che la contraffazione si traduca in un profitto per coloro che violano i diritti. Dalla motivazione risulta infatti che il giudice di merito ha tenuto conto, nei limiti di una valutazione prudenziale, di elementi ulteriori rispetto a quello dell'utile conseguito dal contraffattore, come la portata internazionale e la durata nel tempo dell'attività illecita e i connessi benefici realizzati dall'autore della violazione desunti dai consistenti ricavi conseguiti e, inoltre, le conseguenze economiche negative e lo sviamento della clientela per la società H. 3.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La sussistenza del periculum in mora è stata adeguatamente motivata, indipendentemente dalla permanenza del domicilio del C. negli U.S.A., attraverso il riferimento alla moglie di nazionalità straniera e alla circostanza che entrambi i coniugi operavano su conti correnti anche accesi all'estero e sui quali riversavano i versamenti degli acquirenti , elemento sufficientemente dotato dei requisiti della concretezza e della specificità, unitamente alla prevedibile entità delle pretese risarcitorie, per esprimere il giudizio prognostico negativo in ordine alla conservazione delle garanzie patrimoniali del debito. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di sequestro conservativo su richiesta del creditore privato, la sussistenza del periculum in mora deve infatti essere alternativamente valutata in riferimento all'originaria inadeguatezza o insufficienza del patrimonio dell'imputato in relazione all'ammontare delle pretese risarcitorie e del complesso dei crediti che gravano su tale patrimonio, tale da evidenziare la necessità di assicurare un privilegio ai creditori da reato, ovvero all'insorgenza di un rischio di dispersione o diminuzione della garanzia patrimoniale, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri in precedenza indicati, l'esigenza di applicare un vincolo reale idoneo ad assicurarne la conservazione anche con riferimento ad una situazione almeno potenziale, desunta da elementi certi ed univoci, di depauperamento del patrimonio del debitore. Cass. sez. II 21 settembre 2012 numero 44148, P.M. in proc. Galofaro sez. VI 15 marzo 2012 numero 20923, Lombardi sez. VI 26 novembre 2010 numero 43660, P.C. in proc. Cesaroni sez. V 16 febbraio 2010 numero 11291, Leone . Del tutto generico è il riferimento del ricorrente alla sufficienza dei beni immobili compresi nel suo patrimonio a soddisfare le ragioni del danneggiato in caso di condanna. Quanto alle quote societarie, di non agevole occultamento o sottrazione, sequestrate in esecuzione del provvedimento di sequestro conservativo, la Corte rileva che la natura dei beni sottoposti a sequestro conservativo è argomento che esula dall'ambito del giudizio di legittimità, circoscritto in caso di ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. penumero , in materia di misure cautelari reali, solo per violazione di legge. 3.3. Il terzo motivo è del pari infondato. Le finalità e le modalità di esecuzione del sequestro preventivo non sono di per sé idonee a realizzare quelle proprie del sequestro conservativo, sicché è ammissibile non solo la coesistenza dei due sequestri sugli stessi beni, ma anche il succedersi nel tempo dei vincoli reali, sempre che ne ricorrano i presupposti di applicazione Cass. sez. VI 16 marzo 2011 numero 13142, Peli sez. V 23 maggio 1995 numero 1432, Giovannini . Peraltro la ratio sottesa al sequestro conservativo è essenzialmente quella recuperatoria di crediti, pubblici o privati ed ha una portata operativa che travalica gli ambiti del tradizionale sequestro preventivo, ma anche quelli del sequestro funzionale alla confisca di valore. Non è del resto necessario che l'importo del credito da garantire con sequestro conservativo sia determinato, essendo sufficiente che sia determinabile con qualche approssimazione Cass. sez. V 8 maggio 2005 numero 28268, Turku Sez. Unumero 26 giugno 2002 numero 34623, Di Donato . Non diversamente, non è necessaria una stima puntuale dei beni sottoposti alla relativa cautela, essendo sufficiente una valutazione complessiva, di natura sintetica, del valore degli stessi, in relazione al presumibile danno arrecato agli istanti Cass. sez. V 25 giugno 2010 numero 35525, Dal Pozzo . 4. Al rigetto del ricorso consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.