Posto che il delitto di furto mira a tutelare non solo la proprietà o i diritti reali personali o di godimento ma anche il possesso, il titolare di tale posizione giuridica è legittimato a proporre querela in quanto qualificabile come persona offesa del delitto.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 37765/18, depositata il 3 agosto. Il caso. La Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di prime cure, rideterminava la pena inflitta ad un imputato per il reato di furto, rigettando la censura relativa al difetto della condizione di procedibilità per mancanza di querela. Era infatti stata la commessa del negozio in cui si era verificato il furto a porre querela in forza di delega formalizzata dalla legale rappresentante dell’esercizio commerciale. L’imputato ricorre dunque in cassazione reiterando l’eccezione relativa alla carenza di poteri di rappresentanza in capo alla commessa querelante. Procedibilità. Il Collegio ricorda che il delitto di furto mira a tutelare il bene giuridico non solo della proprietà o dei diritti reali personali o di godimento ma anche del possesso – quale relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si configura anche in assenza di un titolo giuridico. Ne consegue che il titolare di tale posizione giuridica è legittimato a proporre querela in quanto qualificabile come persona offesa del delitto. La giurisprudenza ha infatti da tempo riconosciuto al responsabile di un supermercato la legittimazione a proporre querela, come accaduto nel caso di specie. La commessa querelante infatti aveva specifica legittimazione sia in virtù della delega rilasciata dalla titolare dell’esercizio commerciale, che in ragione della circostanza che la stessa era presente nel negozio nel momento in cui si era verificato il fatto. Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 31 luglio – 3 agosto 2018, numero 37765 Presidente Di Nicola – Relatore Montagni Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Grosseto il 16.05.2016, nei confronti di B.A. , in riferimento ai reati di furto e altro indicati in rubrica, rideterminava la pena originariamente inflitta e confermava nel resto. Il Collegio rilevava l’infondatezza del motivo di censura con il quale l’appellante lamentava il difetto della condizione di procedibilità, rispetto al reato di furto. Sul punto, in sentenza si evidenzia che la querela era stata sporta da M.P. , in forza di delega formalizzata dalla rappresentante legale dell’esercizio commerciale ove il furto era stato consumato e che la M. , quale responsabile del negozio, aveva pure autonoma legittimazione alla proposizione della querela, secondo l’insegnamento espresso dal diritto vivente. 2. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore. Con unico motivo la parte deduce la violazione di legge, in relazione all’articolo 337 cod. proc. penumero . L’esponente reitera l’eccezione relativa alla carenza dei poteri di rappresentanza in capo alla commessa che ebbe a sporgere querela. A sostegno dell’assunto la parte richiama arresti giurisprudenziali sui poteri del legale rappresentante di una persona giuridica, rispetto alla proposizione dell’atto di querela. E rileva che, nel caso di specie, la delega in favore della persona fisica che ebbe a formalizzare la querela, risulta generica e di incerta provenienza. Cita infine una sentenza di merito, ove si è affermato che la legittimazione a proporre querela in relazione a reati patrimoniali commessi ai danni di una società spetta solo al legale rappresentante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno da tempo chiarito che il bene giuridico protetto dal delitto di furto è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità - che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela. In applicazione del richiamato principio, le Sezioni Unite hanno riconosciuto al responsabile di un supermercato la legittimazione a proporre querela Sez. U, numero 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, Rv. 255975 . Si tratta di insegnamento costantemente seguito dalle sezioni semplici della Corte regolatrice. Infatti, si è pure affermato che il diritto di querela per il delitto di truffa spetta, indipendentemente dalla formale attribuzione del potere di rappresentanza, anche all’addetto di un esercizio commerciale che si sia personalmente occupato, trovandosi al bancone di vendita, della transazione commerciale con cui si è consumato il reato, assumendo egli, in quel frangente, la responsabilità in prima persona dell’attività del negozio e rivestendo pertanto la titolarità di fatto dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice Sez. 2, numero 50725 del 04/10/2016 Filannino, Rv. 26838201 . 2.1. E bene, il ricorso che occupa risulta manifestamente infondato, posto che il ricorrente omette di confrontarsi con i richiamati principi, espressi dal diritto vivente, che vengono specificamente in rilievo nel caso in esame. La Corte di Appello, invero, nel censire il motivo di doglianza oggi riproposto dalla difesa, ha chiarito che la legittimazione a proporre querela, in capo alla dipendente M.P. , discendeva sia dalla delega versata in atti rilasciata dal titolare del negozio, sia dalla circostanza che fu la stessa M. , presente nell’esercizio commerciale nel momento in cui si consumava il fatto criminoso, ad accorgersi che un cliente, il quale si stava provando un paio di occhiali, si era repentinamente allontanato dal negozio, facendo scattare l’allarme. In sentenza si precisa inoltre che fu la M. a verificare che la mancanza di una montatura per occhiali marca Prada e a fornire ai Carabinieri la descrizione del cliente, resosi responsabile del furto. Come si vede, la censura afferente al difetto della condizione di procedibilità del delitto di furto, basata sulla genericità dell’atto di delega, oltre che manifestamente infondata, risulta pure del tutto aspecifica, rispetto al percorso motivazionale posto a fondamento della sentenza impugnata. 3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.