L’INPS lamenta davanti alla Suprema Corte che i Giudici di merito, dichiarando prescritto il suo diritto alla restituzione di ratei pensionistici indebitamente percepiti, non abbiano considerato la condotta dolosa dell’imputato, il quale aveva rilasciato dichiarazioni false in relazione al mancato svolgimento di attività lavorativa all’estero. La Cassazione approfitta della controversia, oggetto di ricorso, per chiarire gli oneri probatori per la sussistenza del dolo.
Sul punto la Cassazione con ordinanza numero 12077/18, depositata il 17 maggio. Il fatto. Il Giudice di secondo grado, in parziale riforma della decisione di prime cure, dichiarava prescritto il diritto dell’INPS alla restituzione di ratei pensionistici indebitamente percepiti dall’assicurato. Contro la decisione di merito l’Ente previdenziale ha proposto ricorso per cassazione lamentando, con un unico motivo, che il Giudice di appello, ritenendo decaduto il diritto alla restituzione, non abbia considerato il dolo nella dichiarazione dell’assicurato contrastante con la realtà dei fatti in relazione al mancato svolgimento di attività lavorativa all’estero. Presunzione di condotta dolosa consapevole e volontaria. Secondo i Giudici di legittimità la censura del ricorrente è fondata. Infatti la sentenza impugnata è in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte secondo cui «la condotta dolosa dell’interessato si verifica anche quando quest’ultimo rilasci all’Ente “dichiarazioni false idonee ad ingenerare l’erronea convinzione della regolarità dell’erogazione della prestazione». In relazione a detti comportamenti, secondo la Cassazione, vi è «una sorta di presunzione di una condotta consapevole e volontaria» che comporta l’onere di provare che la condotta dipende da sola colpa. Nella fattispecie in esame, per queste ragioni, la prescrizione del diritto è rimasta sospesa fino a quando l’Ente previdenziale non è venuto a conoscenza della reale situazione previdenziale dell’assicurato attraverso una lettera con la quale lo Stato estero ha comunicato la posizione contributiva accreditata. In conclusione la Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello che dovrà provvedere al ricalcolo degli importi non ripetibili dall’INPS e alla liquidazione delle spese di giudizio di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 7 marzo – 17 maggio 2018, numero 12077 Presidente Doronzo – Relatore Di Paola Fatto e diritto Rilevato che con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione del primo giudice, è stato dichiarato prescritto il diritto dell’Inps a ripetere, per il periodo fino al 14.2.2003 , importi corrisposti a C.M. a titolo di ratei pensionistici non dovuti per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’Inps, affidato ad un unico motivo C.M. è rimasto intimato è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio. Considerato che il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata l’Inps - denunciando violazione degli articoli 2935 e 2941, numero 8, c.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. - si duole che il giudice di appello, ritenendo prescritta la pretesa alla restituzione dei ratei pensionistici indebitamente percepiti dall’assicurato per il periodo dal 2000 fino alla data del 14 febbraio 2003, non abbia ritenuto ravvisabile il dolo nella dichiarazione, in data 7.7.2000, dell’assicurato medesimo, contrastante con la realtà dei fatti, di mancato svolgimento di attività lavorativa all’estero. Ritenuto che la censura è fondata, poiché la sentenza impugnata non è in linea con l’insegnamento di cui è espressione Cass. numero 8609/1999, ove è affermato che la condotta dolosa dell’interessato si verifica anche quando quest’ultimo rilasci all’Ente dichiarazioni false idonee ad ingenerare l’erronea convinzione della regolarità dell’erogazione della prestazione. Per tali comportamenti, infatti, vige una sorta di presunzione di una condotta consapevole e volontaria - in altri termini dolosa - a fronte della quale incombe al pensionato l’onere di provare che la sua condotta dipende da mera colpa e specificamente da una non completa e attenta valutazione delle circostanze che hanno determinato detta condotta. Nel caso di specie - relativo all’indebita erogazione delle maggiorazioni pensionistiche di cui all’articolo 1 della legge numero 140 del 1985 - la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto doloso il comportamento della pensionata consistente nell’aver omesso intenzionalmente di indicare nell’apposito spazio del modello R.D.E. 85/MS, ponendo una barra sul riquadro corrispondente, gli altri redditi di cui era titolare e, in particolare, per non aver indicato che, oltre alla pensione oggetto della maggiorazione, percepiva da tempo altra pensione superiore al minimo erogata dal medesimo Ente la prescrizione è pertanto rimasta sospesa fino a quando l’Istituto non è stato posto in condizione di conoscere, a seguito della lettera con la quale lo Stato estero ha comunicato la posizione contributiva accreditata, la reale situazione previdenziale dell’assicurato il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, che provvederà al ricalcolo dei ratei non ripetibili dall’Inps ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.