Persona ai domiciliari, permesso lavorativo in ballo: nessuna indicazione obbligatoria dell’orario da parte dell’azienda

Questione riaperta, ora, dai giudici di Cassazione, che considerano non indispensabile il dettaglio dell’orario nella dichiarazione di disponibilità all’assunzione da parte del datore di lavoro. Ciò che conta, difatti, è l’autenticità della proposta, oltre, ovviamente, alla veridicità dello stato di indigenza della persona.

Pur di fronte a un’offerta lavorativa generica – ma certa –, è doveroso concedere alla persona costretta ai domiciliari la possibilità di garantire un sostentamento alla propria famiglia. Ciò che conta è l’autenticità dell’opportunità di impiego, non i dettagli relativi all’orario giornaliero e settimanale Cassazione, sentenza numero 1480/2013, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Carcere-casa-lavoro? Accuse gravi nei confronti di un uomo a suo carico il presunto coinvolgimento in un «consolidato sodalizio criminale». Così si motiva la decisione, emessa dal Giudice per le indagini preliminari e confermata dal Tribunale della libertà, di optare per la «misura custodiale carceraria». A distanza di tempo, poi, la situazione, per l’uomo, migliora Difatti, la custodia cautelare in carcere viene sostituita con gli «arresti domiciliari presso l’abitazione familiare». Ma ulteriori concessioni sono assolutamente impensabili, secondo il Gip e secondo il Tribunale difatti, viene respinta la richiesta di autorizzazione a «prestare attività lavorativa» presso un centro sanitario. Tale niet è confermato nonostante la «dichiarazione di disponibilità all’assunzione» da parte del centro sanitario e nonostante la documentazione «attestante l’assoluta indigenza del nucleo familiare» dell’uomo. Decisiva, secondo i giudici, la ‘caratura’ criminale dell’uomo, certo, ma anche la «carenza di presupposti formali della richiesta di autorizzazione al lavoro». A questo proposito, vengono evidenziati due aspetti la «dichiarazione di disponibilità all’assunzione non risultava adeguatamente aggiornata», e, soprattutto, essa «non specificava l’orario di lavoro giornaliero e settimanale». Poi i dettagli Questione chiusa? Non certo per l’uomo, spinto a cercare un lavoro vista «l’oggettiva difficoltà di mantenimento» del proprio nucleo familiare. Ecco spiegata, quindi, la decisione di ricorrere per cassazione, contestando il provvedimento di «diniego di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa in regime di arresti domiciliari». Nodo gordiano è, anche nel ricorso proposto dall’uomo, la presunta carenza di dettagli nella dichiarazione resa dal datore di lavoro carenza che non può essere colmata, secondo i giudici, dalla «istanza proposta dalla difesa» carenza che, invece, secondo l’uomo, è assolutamente secondaria. Ebbene, per i giudici di Cassazione, la «specificità dell’offerta lavorativa non rileva ai fini dell’autorizzazione ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per svolgere tale attività». Ciò che è da verificare, difatti, è «l’autenticità» della proposta di impiego, mentre «l’orario, giornaliero e settimanale, rileva ai fini delle prescrizioni», e quindi dei dettagli, che «l’autorizzazione può contenere» nella versione definitiva. Quindi, approfondendo la vicenda in esame, poiché la «situazione di indigenza economica» dell’uomo è «provata», non può essere valutato come prioritario l’«orario di lavoro» rispetto alla «concessione del permesso» per questo motivo, il provvedimento di diniego viene ora rimesso in discussione, la questione è riaffidata ai giudici del Tribunale, destinati ad attenersi alla visione indicata dai giudici della Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 dicembre 2012 – 11 gennaio 2013, numero 1480 Presidente Gentile – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. B.A., imputato nel procedimento numero 15088/07 R.G.N.R. presso il Tribunale di Bologna in relazione ai reati p.e.p. dagli articolo 74 I, II e III comma d.p.r. 9 ottobre 1990 numero 309, 110 c.p. e 73, I comma d.p.r. 9 ottobre 1990, era stato inizialmente destinatario di ordinanza applicativa della misura custodiale carceraria emessa in data 8/4/2011 dal Gip del Tribunale di Bologna, confermata in sede di riesame dal Tribunale della Libertà di Bologna con ordinanza numero 488/11 dell’ 8/4/2011. La misura della custodia cautelare in carcere era poi stata sostituita in data 19/9/2011 con quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione familiare. Con una prima istanza ex articolo 299 c.p.p. la difesa chiedeva che B.A. fosse autorizzato a prestare attività lavorativa presso il Centro Sanitario Ortopedia Estense come da dichiarazione di disponibilità all’assunzione e documentazione attestante l’assoluta indigenza del nucleo familiare. Il Pubblico Ministero esprimeva parere contrario. Il Gip con ordinanza in data 3/2/2012 rigettava la domanda “rilevato che in ragione del coinvolgimento del B. all’interno di un consolidato sodalizio criminale la misura in essere era l’unica adeguata, idonea e proporzionata rispetto alle ricorrenti esigenze e alla gravità delle imputazioni. 2. Avverso l’impugnata ordinanza interponeva appello la difesa che insisteva nella originaria richiesta sulla base delle medesime argomentazioni. Il Tribunale con ordinanza del 5 marzo 2012 rigettava l’appello rilevando in particolare la carenza di presupposti formali della richiesta di autorizzazione al lavoro. 3. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’impegnata ordinanza. Considerato in diritto 1. Il ricorso - con cui il ricorrente lamenta l’illegittimo diniego di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa in regime di arresti domiciliari - è fondato. 1.2. Nell’impugnata ordinanza il tribunale di Bologna ha considerato che, se lo stato di assoluta indigenza, costituente presupposto per l’applicazione dell’articolo 284, comma 3, c.p.p. era stato idoneamente attestato tramite svariata documentazione allegata dalla difesa che dimostrava l’oggettiva difficoltà di mantenimento del nucleo familiare da parte di B.A., la dichiarazione di disponibilità all’assunzione a firma di V.G., datata 22 dicembre 2011, non risultava adeguatamente aggiornata. Inoltre la stessa non specificava l’orario di lavoro giornaliero e settimanale che il prevenuto avrebbe dovuto osservare, essendo tali specificazioni contenute solo nell’istanza proposta dalla difesa, che non poteva essere sostitutiva della dichiarazione resa in merito dal datore di lavoro. In assenza di detti elementi l’istanza di autorizzazione al lavoro richiesta non poteva - secondo il tribunale - essere adeguatamente valutata ai fini della sua concedibilità. 1.2. Deve però considerarsi che l’articolo 284, comma 3, c.p,p. prescrive, ai fini della concessione del permesso lavorativo, che se l’imputato agli arresti domiciliari non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa. Il tribunale di Bologna considera provata la situazione di indigenza economica del ricorrente sicché è integrato il presupposto per la astratta concedibilità del beneficio. Non rileva invece, in termini ostativi alla concessione del permesso lavorativo, l’orario di lavoro giornaliero e settimanale, che attiene alle modalità di fruizione del permesso stesso. La censura del ricorrente coglie quindi nel segno la specificità dell’offerta lavorativa non rileva ai fini della autorizzazione, o no, ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per svolgere tale attività. Il giudice deve invece verificare l’autenticità della stessa, mentre l’orario di lavoro, giornaliero e settimanale, rileva ai fini delle prescrizioni che l’autorizzazione può contenere. Anche sotto altro profilo l’ordinanza impugnata appare difettosa nella misura in cui ha ritenuto che l’offerta lavorativa non fosse aggiornata ancorché la stessa, in quanto datata 22 dicembre 2011, fosse sufficientemente prossima all’istanza di autorizzazione. Sotto entrambi questi profili quindi l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al tribunale di Bologna per nuovo esame, P.Q.M. la Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Bologna.