Il giudice chiamato a decidere sulla convalida dell’arresto di un indagato non può basarsi sulle informazioni acquisite dalla parte offesa.
Lo ha affermato la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 45909 depositata il 26 novembre 2012. La fattispecie. Arrestato mentre, in concorso con altre persone, poneva in essere una rapina a mano armata, ma subito rimesso in libertà dal Tribunale di Salerno, in sede di convalida dell’arresto. Il PM ricorre per cassazione lamentando che il Tribunale aveva deliberato sulla richiesta di convalida dell’arresto dell’indagato dopo aver sentito la persona offesa e l’ufficiale di P.G. che aveva proceduto all’arresto. E – sostiene il PM - proprio sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, che non considerava certa la compartecipazione dell’indagato, il Tribunale aveva deciso di non convalidare l’arresto. Ma tale modo di procedere – sempre secondo il ricorrente – risulterebbe in contrasto con le norme che disciplinano l’arresto in flagranza di reato e la relativa procedura di convalida. Il giudice deve valutare la sussistenza del fumus commissi delicti La S.C., nella sentenza numero 45909/2012, ricorda che il vaglio a cui è tenuto il giudice nella fase di convalida dell’arresto attiene solamente alla verifica del ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quindi «alla sussistenza, con una valutazione ex ante, di quelle condizioni che legittimavano la privazione della libertà personale». non può basarsi sulle dichiarazioni della persona offesa. In sostanza, ai fini della decisione, non può acquisire – come avvenuto nella specie - ulteriori informazioni oltre a quelle risultanti dal verbale di arresto, dalle dichiarazione dell’arrestato e dai documenti prodotti dalle parti, essendogli preclusa l’audizione dei testimoni. L’ordinanza impugnata viene pertanto annullata senza rinvio.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 – 26 novembre 2012, numero 45909 Presidente Cosentino – Relatore Carrelli Palombi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 6/2/2012 il Tribunale di Salerno non convalidava l'arresto di T.A. effettuato dalla Polizia Giudiziaria nella flagranza del reato di cui agli articolo 110, 628 commi 2 e 3 numero 1 cod. penumero , ordinando l'immediata liberazione dello stesso, se non detenuto per altra causa. 2. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il P.M. presso il Tribunale di Salerno, sollevando i seguenti motivi di gravame 2.1. violazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lett. b cod. proc. penumero , in relazione agli articolo 391 e 449 cod. proc. penumero rileva al riguardo l'abnormità del provvedimento con il quale il tribunale ha effettuato l'esame della persona offesa prima della convalida ed ha deciso in ordine alla convalida sulla base di tali dichiarazioni. 2.2. violazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'articolo 606 comma 1 lett. b cod. proc. penumero in relazione agli articolo 380 lett. f , 391 e 449 cod. proc. penumero rileva, al riguardo, che il tribunale, ha effettuato una valutazione dell'esame della persona offesa, che gli era preclusa in sede di convalida, dovendo il relativo giudizio basarsi soltanto sugli atti esistenti nel fascicolo. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta fondato e merita accoglimento con riferimento al secondo motivo proposto. Segnatamente dalla lettura del provvedimento impugnato emerge che il Tribunale ha deliberato sulla richiesta di convalida dell'arresto di T.A. dopo avere sentito la persona offesa e l'ufficiale di P.G. che aveva proceduto all'arresto ed ha ritenuto, proprio sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, di non convalidare l'arresto, non considerando certa la compartecipazione del T. all'episodio delittuoso sotto il profilo del contributo causale arrecato dallo stesso all'azione posta in essere dal coindagato M.M. . Tale modo di procedere, come argomenta correttamente il P.M. ricorrente, si pone in evidente contrasto con le norme che disciplinano l'arresto in flagranza di reato e la relativa procedura di convalida. Difatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, in sede di convalida il giudice deve compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del fumus commissi delicti, allo scopo di stabilire se l'indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli articolo 380 e 381 cod. proc. penumero , dovendosi escludere che possa riguardare l'esistenza dei gravi indizi ovvero la responsabilità per il reato contestato, attraverso un'indagine ricostruttiva dell'episodio in tutti i suoi elementi costitutivi, in quanto un tale accertamento è riservato alle successive fasi processuali sez. 6 numero 8029 del 11/12/2002, Rv. 223963 sez. 6 numero 21172 del 28/3/2007, Rv. 236672 . In sostanza il vaglio a cui è tenuto il giudice in questa fase attiene soltanto alla verifica del ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quindi alla sussistenza, con una valutazione ex ante di quelle condizioni che legittimavano la privazione della libertà personale. Se queste sono le finalità del giudizio di convalida dell'arresto o del fermo, a ciò consegue che il giudice non possa acquisire, ai fini della decisione, ulteriori informazioni, oltre a quelle che risultano dal verbale di arresto, dalle dichiarazioni rese dalla persona arrestata, dai documenti prodotti dalle parti, essendogli sicuramente precluso di disporre l'audizione di testimoni. Difatti il procedimento di convalida dell'arresto o del fermo, pur presentando, come sopra visto, sue proprie peculiarità, non si sottrare ai principi generali che caratterizzano l'attuale ordinamento processuale penale, tra i quali quello sancito dall'articolo 190 cod. proc. penumero , che vieta al giudice di assumere prove ex officio, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, sez. 6 numero 4336 del 9/11/1994, Rv. 200657 . Il primo motivo di ricorso, fondato sulle medesime ragioni giuridiche poste alla base del motivo testé esaminato, ma volto a far dichiarare l'abnormità del provvedimento adottato dal tribunale, è, invece infondato difatti l'ordinanza impugnata, pur essendo stata emessa in violazione di legge, per le ragioni sopra evidenziate, non può essere considerata abnorme, essendo possibile esperire avverso di essa, come è avvenuto nel caso di specie, ricorso per cassazione a norma dell'articolo 391 comma 4 cod. proc. penumero . 4. Sulla base delle su esposte considerazioni l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio con riferimento al secondo motivo di ricorso con trasmissione degli atti al tribunale di Salerno. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Salerno.