Pomo della discordia la cessione dei diritti di oltre trenta pellicole. Limiti contrattuali superati attraverso la diffusione anche con la televisione on demand? Assolutamente no, secondo i giudici, i quali sottolineano la fluidità del concetto di videogramma, impiegato nel contratto, concetto che può comprendere non solo il supporto materiale ma anche l’opera vera e propria.
Come il vecchio far-west, anche la tecnologia è una zona di frontiera in perenne esplorazione. E bisogna tenerne conto, soprattutto quando ci si trova a gestire, meglio a cedere, i diritti di sfruttamento su opere audio-visive. Anche perché oggi la diffusione ha a disposizione canali inimmaginabili fino a qualche anno fa Cassazione, sentenza numero 18038/2012, Prima Sezione Civile, depositata oggi . Televisione del futuro. Definizione tecnica video on demand. Definizione pratica da casa il telespettatore non deve scegliere all’interno di un palinsesto predefinito – quello, cioè, tipico della televisione tradizionale –, ma può, a richiesta, ottenere la proiezione di una determinata pellicola di suo gradimento. A sperimentare, in questo settore, in Italia, anche Telecom Italia spa, con la famigerata ‘Cubovision’. E proprio rispetto a questo esperimento nasce lo scontro tra un’azienda di produzione e un’azienda di distribuzione in ballo i diritti di sfruttamento su oltre una trentina di pellicole. Secondo l’azienda di produzione, difatti, l’utilizzo dei diritti è stato oversize, eccessivo rispetto ai limiti contrattuali, perché l’azienda di distribuzione «aveva sub licenziato anche diritti di comunicazione al pubblico a distanza, a mezzo internet», con particolare riferimento ad alcune pellicole poi immesse online da Telecom Italia. Contratto da rescindere, con relativo risarcimento dei danni? Non per i giudici, che, sia in primo che in secondo grado, valutavano come legittimo l’utilizzo dei diritti. Fondamentale, in questa ottica, la previsione, nel contratto, dell’utilizzo di ogni «sistema tecnico e distributivo» e di ogni «supporto meccanico» o di ogni «altra forma tecnica già scoperta o eventualmente inventata in futuro». Concetto fluido. Per giunta, secondo i giudici, è senza fondamento anche la tesi ‘restrittiva’ della casa di produzione sul significato del termine ‘videogramma’ utilizzato, a livello contrattuale, per identificare gli strumenti di diffusione delle pellicole è da escludere, sempre secondo i giudici, che quel termine inglobi solo i «supporti mobili contenenti la registrazione» delle pellicole. Ma è proprio su questo tasto che batte, nuovamente, in Cassazione l’azienda di produzione difatti, il ricorso proposto è centrato sulla «interpretazione del concetto di ‘videogramma’ adottato nel contratto per identificare l’oggetto dei diritti ceduti», che renderebbe illegittimo l’utilizzo compiuto dall’azienda di distribuzione. Per i giudici di Cassazione, però, tale prospettiva non è accoglibile, come l’intero ricorso. Perché, pur considerando acclarata la mancanza di un «significato legale tipico» del concetto ‘videogramma’, emerge che, in realtà, esso può comprendere sia il «contenente» che il «contenuto», ossia sia il supporto materiale che l’opera vera e propria. Assolutamente legittima, quindi, la diffusione delle pellicole, anche attraverso la piattaforma ‘video on demand’, ben individuata a livello di contratto.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 settembre – 19 ottobre 2012, numero 18038 Presidente Carnevale – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 15 e il 18 gennaio 2005 la A.G. Productions s.p.a. conveniva dinanzi al Tribunale di Roma la Videa/CDE s.p.a. e la Telecom Italia s.p.a., esponendo - che con due separati contratti, stipulati in data 23 gennaio 2002, aveva concesso alla Videa/CDE i diritti di sfruttamento audiovisivi a mezzo videogrammi, rispettivamente, di numero 34 e numero l films per la durata di anni sette per il territorio dell’Italia - che la Videa/CDE aveva abusivamente sublicenziato anche diritti di comunicazione al pubblico a distanza, a mezzo Internet, di alcuni dei films immessi, poi, nella rete on-line, dalla Telecom Italia s.p.a. senza la previa verifica dei limiti di utilizzazione consentiti - che inoltre la Videa/CDE, in violazione di un obbligo a suo carico, aveva omesso di inviare i rendiconti periodici semestrali del fatturato complessivo, ai fini della verifica del volume delle vendite e dei noleggi e dell’eventuale raggiungimento della soglia di fatturato oltre il quale la G. aveva diritto ad un compenso aggiuntivo, pari al 20% dell’eccedenza. Tutto ciò premesso, la G. chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento, con il conseguente risarcimento del danno. Costituendosi disgiuntamente, le società convenute eccepivano la legittimità dello sfruttamento tramite Internet dei films contemplato nella facoltà espressa di utilizzazione del servizio distributivo mediante la piattaforma ‘‘video on demand’’ confacente solo con tale forma di comunicazione. La Videa/CDE ammetteva di aver omesso l’invio dei rendiconti, ma negava la gravità dell’inadempienza, alla luce del mancato superamento della soglia del fatturato che dava diritto ad un compenso supplementare in favole della concedente. La Telecom chiamava inoltre in garanzia la società My Tv s.p.a. ca cui aveva acquistato i diritti in questione. Con sentenza 29 settembre 2008 il Tribunale di Roma rigettava le domande e condannava l’attrice alla rifusione delle spese di giudizio. Il successivo gravame era respinto dalla Corte d’appello di Roma, sezione specializzata per la proprietà intellettuale industriale, con sentenza 22 marzo 2010. La corte territoriale motivava - che dall’esame dei contratti di concessione emergeva l’attribuzione di ogni diritto di utilizzazione a mezzo videogrammi con qualsiasi sistema tecnico e distributivo e con ogni supporto meccanico, o altra forma tecnica già scoperta o eventualmente inventata in futuro - che l’ampiezza onnicomprensiva della previsione, corredata altresì di una elencazione esemplificativa dei diversi sistemi tecnico-distributivi - tra cui figurava menzionata due volte proprio la modalità ‘‘video on demand’’ - escludeva il fondamento della tesi restrittiva prospettata dalla G., volta ad assegnare al termine ‘‘videogrammi’’ il significato di supporti mobili contenenti la registrazione del films quali le cassette VHS, i DVD, i CD, ecc. - che l’interpretazione estensiva traeva conforto, per contro, anche da passi normativi come, ad es., dall’articolo 71 sexies della legge sul diritto d’autore, nel testo novellato dal d.lgs. 9 aprile 2003 numero 68, che consentiva la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto - che l’ulteriore inadempimento addebitato alla Videa/CDE di omesso rendiconto semestrale, pur incontroverso in punto di fatto, non assurgeva al carattere di gravità richiesto ai fini della risoluzione del contratto, essendo pacifico che non era stato raggiunto il volume di vendite che dava diritto ad un compenso aggiuntivo percentuale in favore della concedente. Avverso la sentenza, non notificata, la A.G. Product ons s.a. proponeva ricorso per cassazione, articolato in tre motivi e notificato il 16 luglio 2010. Deduceva 1 la violazione della normativa vigente in materia di diritto d’autore, nonché la carenza di motivazione in ordine all’esatta interpretazione del termine ‘‘videogramma’’ 2 la violazione degli articolo 1362 e segg. cod. civ. ed inoltre la carenza di motivazione nell’interpretazione del contratto 3 la violazione degli articoli 2030, 1703 e 1712 cod. civile, nonché la carenza di motivazione nel ritenere di scarsa importanza l’inadempimento dell’obbligo di rendiconto semestrale. Resistevano con distinti controricorsi la Videa-Cde s.p.a. e la Telecom Italia s.p.a. Entro il termine di cui all’articolo 378 cod. proc. civ. la A.G. Production s.a. depositava una memoria illustrativa. All’udienza del 17 settembre 2012 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione nell’interpretazione del concetto di videogramma adottato nel contratto per identificare l’oggetto dei diritti ceduti. Il motivo è infondato. La stessa parte riconosce che il vocabolo non è consacrato in una specifica definizione normativa - eventualmente di natura stipulativi - così da acquisire un significato legale tipico, nel contesto dei contratti aventi ad oggetto l’utilizzazione economica di un’opera tutelata dal diritto di autore. Al contrario, dalla disamina di vari spunti dottrinari, oltre che da disposizioni sparse nella legge 22 aprile 1941 numero 633 Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio , emerge un’anfibologia del vocabolo, promiscuamente utilizzato ad indicare talvolta il ‘‘contenente’’ - e cioè il supporto materiale che fissa immagini e suoni dell’opera d’autore - sia il ‘‘contenuto’’ e cioè, la stessa opera nella sua identità artistica e culturale. Da questa premessa concettuale, aderente al dato legislativo, discende come logica conseguenza che rientra negli ordinari canoni ermeneutici la ricostruzione della volontà effettiva delle parti contraenti nel disegnare l’ambito ed i limiti del diritto di sfruttamento di films a mezzo videogrammi ricostruzione, rimessa al prudente giudizio del giudice di merito e non soggetta a sindacato di legittimità, se non inficiata da violazione di parametri normativi articolo 1362 e segg. cod. civ. , o da vizio di logicità. Né l’una, né l’altra censura possono muoversi alla decisione della Corte d’appello di Roma, che con diffusa motivazione ha messo in evidenza il carattere onnicomprensivo dei diritti di utilizzazione concessi dalla A.G. Production s.a., analiticamente elencati nell’allegato B del contratto, e riportati per esteso in sentenza incluso il richiamo alla piattaforma ‘‘video on demand’’ - reiterato due volte nel testo negoziale - apparentemente riferibile proprio alla comunicazione, tramite Internet, utilizzata dalla Telecom Italia s.p.a., tramite il suo sito web ‘‘Rosso Alice’’. Dev’essere dunque esclusa la forzatura di alcun parametro normativo tanto più che il giudice di merito ha pure valorizzato la previsione di chiusura della clausola, inclusiva di ‘‘qualsiasi altra forma e modo e di qualsiasi altro mezzo e processo tecnico, scoperto o che in futuro sarà inventato e per qualsivoglia utilizzazione commerciale, ivi incluso ogni canale di vendita diretta o indiretta ad es., tramite piattaforma video on demand ’’ rilevandone l’ampiezza incompatibile con i pretesi limiti del diritto di utilizzazione legati al mezzo tecnico adottato. Al riguardo, si può anche aggiungere che così facendo la corte ha implicitamente richiamato il parametro legale di cui all’articolo 1365 cod. civile oltre a locuzioni sparse nella stessa legge sul diritto d’autore, a conferma dell’eclettismo semantico del termine videogramma, spesso usato in accezione contenutistica articolo 71 sexies ‘‘E’ consentita la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto art 171, secondo cui è punito colui che ‘‘ a abusivamente duplica con qualsiasi procedimento, ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive’’ . Fuori dell’ambito rigoroso della violazione dei criteri legali di interpretazione e del vizio di logicità - entrambi assenti - la prospettazione di una tesi ermeneutica alternativa, mediante argomentazioni contrapposte di natura retorica, in senso tecnico-giuridico attiene, in ultima analisi, al merito e non può essere quindi oggetto di riesame in questa sede. Con il secondo motivo si censura la violazione degli articolo 1362 e segg. cod. civile, nonché la carenza di motivazione nell’interpretazione del contratto. II motivo ripercorre in gran parte l’iter argomentativo testé vagliato. L’unico argomento davvero aggiuntivo riguarda la pretesa violazione del canone ermeneutico di cui all’articolo 1363 cod. civ. Interpretazione complessiva delle clausole violazione, che discenderebbe dall’omessa valorizzazione della clausola limitativa del territorio in cui si poteva svolgere l’utilizzazione economica dell’opera Italia, Città del Vaticano, San Marino, navi e aerei battenti bandiera nazionale . L’argomento, peraltro, non è punto decisivo, perché la possibilità di un abuso nell’utilizzazione del programma oltre tali confini, col sistema video on demand, abuso, materialmente realizzabile, del resto, anche con i supporti materiali cui sicuramente si riferiva la cessione dei diritti non vale a rendere necessitata l’interpretazione proposta dando luogo, in ipotesi, ad un’inadempienza contrattuale della concessionaria, suscettibile di sanzione. Resta il fatto che la previsione espressa del sistema distributivo indicato con l’acronimo ‘‘vod’’ video on demand corrisponde alla modalità di sfruttamento dei films in questione attuata dalla Telecom Italia tramite il portale ‘‘Rosso Alice’’ e cioè all’acquisizione, da parte dì clienti, della visione, a richiesta, di opere facenti parte del catalogo, senza programmazione predefinita. Il terzo motivo, con cui si denunzia la violazione di legge e la carenza di motivazione nel ritenere di scarsa importanza l’inadempimento dell’obbligo di rendiconto semestrale, è inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione degli elementi di fatto apprezzati dalla corte territoriale, con motivazione adeguata, immune da vizi logici fondata sul rilievo che il rendiconto era strumentale all’eventuale corrispettivo aggiuntivo in caso di superamento del volume predefinito di fatturato. Né del resto la parte ha allegato, nel ricorso, di aver sollecitato l’adempimento, nel corso del biennio di durata del rapporto contrattuale così da dimostrare un interesse attuale, non generico, all’acquisizione dei dati, indipendentemente da alcuna finalità specifica. Il ricorso è dunque infondato e va respinto. L’obbiettiva incertezza della controversia giustifica la compensazione delle spese della fase di legittimità. P.Q.M. - Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali della fase di legittimità.