Resiste la nuova geografia giudiziaria ma salta il nuovo assetto delle province

Con due comunicati stampa la Corte Costituzionale ha dato atto di due decisioni che hanno inciso su due importanti riforme organizzative della nostra struttura amministrativa da un lato, il riordino delle province, delle loro funzioni e delle modalità di elezione dei loro organi e, dall’altro lato, la nuova geografia giudiziaria d.lgs. 155/2012 .

Riordino e funzioni delle province. Orbene, con riferimento al nuovo assetto delle competenze delle province e alla disciplina degli organi di governo, elaborato - come si ricorderà sulla base delle esigenze della spending review - la Corte Costituzionale, in primo luogo, ha pronunciato l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, commi 4, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 20 bis d.l. n. 201/2011 c.d. decreto Salva Italia . Si tratta delle disposizioni che, tra l’altro, avevano previsto le nuove modalità di elezione degli organi di governo delle province consiglio provinciale e presidente delle provincia. Il primo, composto da non più di dieci componenti, sarebbe stato eletto dagli organi elettivi dei Comuni ricadenti nel territorio della Provincia. Il secondo, eletto dal Consiglio provinciale tra i suoi componenti si era, quindi, voluta eliminare l’elezione popolare degli organi provinciali. In secondo luogo, poi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 17 e 18 d.l. n. 95/2012 c.d. Spending review . E, cioè, quanto all’art. 17 della norme che, al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio, aveva previsto che tutte le province delle regioni a statuto ordinario esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sarebbero state oggetto di riordino sulla base dei criteri e secondo la procedura prevista dal decreto legge. Quanto all’art. 18, invece, della norma che aveva previsto la soppressione delle Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria con la contestuale istituzione delle relative città metropolitane. Qui la Corte Costituzionale anticipa anche la ragione che ha giustificato la decisione di illegittimità. Ed infatti, per la Consulta lo strumento utilizzato, e cioè, il decreto legge, non è uno utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio . Ne è quindi derivata la dichiarazione di illegittimità costituzionale strumento dell’art. 77 Cost. che consente il ricorso al decreto legge per fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza anche in relazione agli artt. 117, 2° comma lett. p e 133, 1° comma Cost., che definiscono le competenze statali e regionali con riferimento sia alla legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città Metropolitane art. 117, comma 2, lett. p Cost. sia mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove province nell’ambito di una regione art. 133 comma 1 Cost. . Geografia giudiziaria. Per quanto riguarda, invece, il decreto legislativo 155/2012 e, cioè, la riforma della geografia giudiziaria, esso passa praticamente indenne il vaglio di legittimità costituzionale. Ed infatti, il comunicato non lascia alcun dubbio la Corte Costituzionale ha dichiarato, da un lato, non fondate le questioni di legittimità costituzionale come sollevate dai Tribunali di Pinerolo, di Alba, di Sala Consilina, di Montepulciano e di Sulmona. Dall’altro lato, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Friuli Venezia-Giulia. L’unica eccezione è la dichiarazione di illegittimità costituzionale del decreto legislativo con riferimento alla disposta soppressione del Tribunale di Urbino. Si tratta di una pronuncia molto attesa e molto sentita e che giunge in un momento fondamentale per almeno due ragioni. In primo luogo, perché eravamo oramai prossimi al giorno in cui tutto era pronto per recepire gli effetti della riorganizzazione degli uffici giudiziaria in molti uffici, del resto, i presidenti di Tribunale avevano già iniziato a dare disposizioni sui luoghi di celebrazione delle udienze nella sede centrale anziché nella sede distaccata destinata alla soppressione. E qui da più parti si sottolineava che una eventuale e certamente non sperata retromarcia avrebbe potuto avere effetti pratici negativi. In secondo luogo il momento è fondamentale perché sono note le critiche che parte dell’avvocatura aveva mosso alla riforma della giustizia anche da ultimo per effetto del decreto del fare sostenendone l’illegittimità costituzionale. Ebbene, con l’unica eccezione di Urbino, la riforma passa indenne - e, a quanto pare di capire, per motivi di merito - il vaglio di costituzionalità. Non v’è dubbio che questo non potrà che giocare a favore del Governo attualmente in carica nella negoziazione” relativa alla conversione in legge del decreto legge 69/2013 che avverrà in sede parlamentare. Siamo, quindi, prossimi a vedere realizzato quanto scriveva Piero Calamandrei nel lontano 1921 l’amministrazione della giustizia italiana non potrà essere degnamente riordinata, finché non si affronterà con coraggio il problema delle circoscrizioni giudiziarie . Con coraggio perché in Italia se si sopprime una Pretura, c’è da far nascere una rivoluzione proseguiva l’illustre studioso e avvocato.