Gli scambi tra San Marino e Italia non configurano il contrabbando doganale. Questo perché si tratta di operazioni effettuate in esenzione di dazi.
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 34256/2012 depositata il 7 settembre, ha sottolineato il principio secondo cui, a seguito dell’istituzione dell’Unione Doganale tra la Comunità Europea e San Marino, quest’ultimo deve considerarsi una parte di area di libero commercio. Il caso. Il Tribunale di Rimini, ritenendo sussistenti i reati di contrabbando doganale e di connessa violazione all’Iva all’importazione articolo 70 d.p.r. numero 633/1972 , rigettava la richiesta di riesame proposta contro un decreto di sequestro preventivo di una imbarcazione da diporto. Esiste una Unione Doganale tra San Marino e CEE. L’indagato propone ricorso per cassazione rimarcando l’esistenza di una vera e propria unione doganale e di libero commercio. Venendo meno, pertanto, «l’astratta configurabilità del reato di contrabbando, essendo l’imbarcazione circolata nell’ambito dell’Unione doganale» Cass., sent. numero 42073/2011 . La stessa Cassazione ritiene fondato il ricorso e precisa che l’accordo di Cooperazione ed Unione Doganale tra la CEE e la Repubblica di San Marino - istituito con Regolamento CEE numero 2913 del 12 ottobre 1992 - prevede l’inserimento del piccolo Stato nel territorio doganale della Comunità Europea. Barche immatricolate a San Marino da italiani? Tutto ok. Gli Ermellini aggiungono che «gli scambi commerciali tra la Comunità e la Repubblica di San Marino vengono effettuati in esenzione da tutti i dazi all’importazione e all’esportazione, comprese le tasse di effetto equivalente». Inoltre, ribadisce quanto statuito dalla Corte di Giustizia europea sent. del 25 febbraio 1988, causa C-299/1986 «l’Iva all’importazione costituisce un tributo interno e non una tassa ad effetto equivalente al dazio doganale». Di conseguenza la sua eventuale evasione non può congiurare il contrabbando doganale. Pertanto, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Rimini.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 luglio – 7 settembre 2012, numero 34256 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 19.10.2011 il Tribunale di Rimini rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di I.P. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Rimini in data 4.8.2011 di una imbarcazione da diporto, immatricolata presso il registro delle imbarcazioni della Repubblica di San Marino, nella disponibilità di I.P. e di proprietà della Erwidcol Fiancial Services s.a, ipotizzandosi a carico dell'I. e del coindagato C. il reato di cui agli articolo 110 c.p., 292, 295 u.co. DPR 43/1973, articolo 70 DPR 633/1972. Rilevava il Tribunale che, secondo l'ipotesi accusatoria, l'I. , formalmente detentore dell'imbarcazione in forza di un contratto di locazione con la società di diritto sammarinese Coloy srl, amministrata dal C. società a sua volta locataria dell'imbarcazione in forza di contratto di locazione finanziaria concluso con la proprietaria Erwidicol Financial Services anche essa amministrata dal C. , fosse in effetti il proprietario. Veniva quindi ipotizzata la simulazione della locazione e la dissimulazione del trasferimento di proprietà. Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di misure cautelari reali in ordine alla sufficienza che l'ipotesi accusatoria sia astrattamente sussumitele in una fattispecie di reato, assumeva il Tribunale che nella contestazione del reato di cui agli articolo 292, 293 e 295 DPR 43/73 debba ritenersi compresa l'evasione dell’IVA all'importazione, che si caratterizza come un diritto di confine, trattandosi di imposta di consumo a favore dello Stato. Riteneva, inoltre, il Tribunale che il Codice Doganale comunitario, istituito dal reg. CEE numero 2913/1992, che considerava San Marino parte del territorio doganale della Comunità, fosse stato modificato dal Reg. CEE 82/97, per cui l'ipotizzato passaggio del bene da una società sammarinese ad una italiana integrava una importazione da un paese extracomunitario ad un paese comunitario tanto non era escluso dall'Accordo di cooperazione e di Unione Doganale tra L'Unione Europea e San Marino del 16.12.1991, in quanto l'articolo 5 fa salvi gli impegni esistenti fra la Repubblica di San Marino e la Repubblica Italiana in virtù degli scambi di lettere del 21.12.1972, sia perché il reg. CEE numero 82/97, nello stabilire che il territorio di San Marino non può essere considerato parte del territorio doganale della Comunità, chiarisce che l'accordo definisce semplicemente i territori in cui detto accordo si applica. Irrilevante infine, secondo il Tribunale, era la circostanza che l'imbarcazione prima di essere immatricolata a San Marino fosse stata immatricolata in Italia. Sussisteva, pertanto, il fumus del reato ed il periculum in mora, essendo prevista la confisca obbligatoria in caso di condanna. 2. Ricorre per cassazione P I. , a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta astratta configurabilità del reato di contrabbando. Il Tribunale non ha preso in considerazione i rilievi della difesa in sede di riesame. In forza dell'Accordo di Cooperazione e di Unione doganale del 16.12.1991 in vigore dal 28.3.2002 non trova applicazione l'articolo 558 e ss. del Reg. CE 2454/93, essendo intervenuta una vera e propria unione doganale e di libero commercio. Viene quindi meno l'astratta configurabilità del reato di contrabbando, essendo l'imbarcazione circolata nell'ambito dell'Unione doganale. Tanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 42073 del 16.11.2011 in una vicenda assolutamente analoga. Con il secondo motivo denuncia l'erronea applicazione della legge penale in relazione all'astratta configurabilità del reato di contrabbando relativamente al mancato versamento dell'IVA e alla qualificazione dell'IVA quale diritto doganale o di confine. Secondo la giurisprudenza di legittimità infatti l'IVA non può ricomprendersi nei diritti di confine, per cui l'evasione della stessa non integra il reato di contrabbando. Con il terzo motivo, infine, denuncia la violazione di legge, con riferimento, all’articolo 125, co.3 c.p.p. ed all'articolo 321 co.1 e 2 c.p.p. e la mancanza di motivazione in ordine all'indicazione degli elementi su cui si fonda il fumus del reato ipotizzato a carico dell'indagato. Il Tribunale non ha preso in alcuna considerazione la documentazione prodotta dalla difesa, attestante che proprietaria dell'imbarcazione è la società Erwidcol Financial service che ha concesso il bene in locazione alla società Colony srl e che l'I. è mero detentore. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti e nei termini di seguito indicati. 2. Secondo il Codice Doganale Comunitario, istituito dal Regolamento CEE numero 2913 del 12.10.1992, i seguenti territori, situati fuori dal territorio degli Stati Membri, sono considerati parte del territorio doganale della Comunità, in ragione delle convenzioni e dei trattati che sono ad essi applicabili . c Italia il territorio della Repubblica di San Marino quale è definito nella convenzione conclusa il 31 marzo 1939 Legge numero 1220 del 6.6.1939 - articolo 3 comma 2 lett. c. L'accordo di Cooperazione ed Unione Doganale tra la Comunità Economica Europea e la Repubblica di San Marino firmato il 16.12.1991 ed in vigore dall'1.4.2002 prevede che San Marino sia inserito nel territorio doganale della Comunità Europea ed istituisce formalmente un'unione doganale tra la Comunità Europea e la Repubblica di San Marino per quanto riguarda i prodotti di cui ai capitoli da 1 a 97 della tariffa doganale comune articolo 2 e, come riconosce lo stesso Tribunale, gli scambi commerciali tra la Comunità e la Repubblica di San Marino vengono effettuati in esenzione da tutti i dazi all'importazione e all'esportazione, comprese le tasse di effetto equivalente. articolo 6 comma 1 . Pur dando atto di siffatte previsioni, i Giudici del riesame ritengono che il reg. CEE a 82/1997, nello stabilire che il territorio di San Marino non può in alcun modo essere considerato parte del territorio doganale della Comunità, chiarisce che l'Accordo semplicemente definisce i territori in cui detto accordo si applica pag. 4 ord. , per cui si è in presenza di una importazione da un paese extra CEE ad un paese comunitario, con conseguente conseguente configurabilità del reato di contrabbando doganale per omesso versamento dell'IVA all'importazione. Ma, come ha già affermato questa Corte con la recente sentenza numero 42073 del 6.10.2011, in virtù dell'arto dell'Accordo di cooperazione e di unione doganale tra la Comunità economica Europea e la Repubblica di San Marino stipulato il 16 dicembre 1991 ed in vigore dal 28 marzo 2002 , gli scambi doganali con l'Italia vengono effettuati in esenzione da tutti i dazi all'importazione ed all'esportazione . Né può ritenersi, come assume il Tribunale, che vi sia stata una sorta di abrogazione dell'Accordo per effetto del Reg. CE numero 82/1997, dal momento che, al contrario, detto Regolamento fa salvo l'Accordo di Cooperazione e di Unione Doganale tra la Comunità Economica Europea e la Repubblica di San Marino e si limita ad affermare che il territorio di San Marino non possa, stante la stipula di una convenzione bilaterale, essere considerato territorio doganale della Comunità, ma parte dell'area di libero commercio venutasi a creare a seguito dell'istituzione dell'Unione doganale tra la Repubblica di San Marino e la Comunità Europea. 3. L'IVA all'importazione non può, però farsi rientrare come sembra ritenere il Tribunale tra i diritti di confine. La giurisprudenza più datata di questa Corte riteneva che nella contestazione del reato di cui agli articolo 292, 293 e 295 DPR 43/1973 ben potesse ricomprendersi 1TVA all'importazione che è uno dei diritti di confine, avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta esclusivamente alla dogana in occasione della relativa operazione di imputazione. La sottrazione dell'IVA all'importazione è, quindi, sottrazione ad un diritto doganale di confine, sanzionata esclusivamente dalla legge doganale come reato di contrabbando cfr. Cass. penumero Sez. 3 numero 1298 dell'8.7.1992 . Tale impostazione è stata da tempo superata perché in contrasto con lo stesso dato normativo che rimanda alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine soltanto quoad poenam l’articolo 70 DPR 26.10.1972 prevede, infatti, che si applicano, per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine . Si è infatti costantemente affermato che l'imposta sul valore aggiunto ha natura di tributo interno che, è, comunque, dovuta anche nell'ipotesi di abolizione dei dazi doganali. La questione è stata più volte esaminate in relazione alle merci importate dalla Confederazione Elvetica a seguito dell'Accordo 19.12.1992 tra la CEE e la Svizzera con cui sono stati aboliti i dazi doganali in senso proprio e le tasse ad effetto equivalente cfr. ex multis Cass. penumero sez. 3 numero 17432 del 22.3.2005 . Nella motivazione di tale sentenza si afferma Il tribunale del riesame ha escluso la configurabilltà del reato di cui all'articolo 70 del D.P.R. numero 633 del 1972 interpretando erroneamente, sia l'accordo del 19 dicembre 1992, stipulato tra la CEE e la confederazione Elvetica, che la sentenza di questa sezione numero 10677 del 2004. Invero l'accordo anzidetto, il quale in base all'articolo 228 del Trattato CEE è vincolante sia per le istituzioni comunitarie che per gli Stati membri, prevede ti divieto e la soppressione graduale ma ormai compiuta dei dazi doganali all'importazione e delle tasse ad effetto equivalente articolo 3 e 6 , ma non dell'IVA all'importazione, trattandosi d'imposta il cui presupposto economico e finanziario è del tutto diverso da quello dei dazi doganali e non costituisce duplicazione di questi pur essendo per motivi di opportunità e di politica fiscale accomunata agli stessi nel sistema di riscossione e nel regime sanzionatorio. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con sentenza del 25 febbraio del 1988, causa numero 299 del 1986, ha statuito che l'IVA all'importazione costituisce un tributo Interno e non una tassa ad effetto equivalente al dazio doganale. Di conseguenza tale tributo è compatibile con il principio di neutralità dell'imposta sancito con l'articolo 95 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, il cui scopo è quello di garantire la libera circolazione delle merci nell'ambito comunitario, con l'eliminazione di tributi interni aventi effetti discriminatori tra merci nazionali e merci comunitarie importate, ad una duplice condizione a che la mercé importata non sia soggetta a doppia imposizione nel Paese d'esportazione ed in quella d'importazione b che l'Infrazione relativa all'IVA all'importazione non sia sanzionata più severamente di quella relativa agli scambi interni. Questa Corte, con riferimento all'Accordo con la Confederazione Elvetica cfr. Cass. sez. 3^, 13 aprile 1994 Antoci numero 6049 del 1998, Rossini, numero 22555 del 2002 , ha già evidenziato una sostanziale Identità di ratio tra gli articolo 3 e 6, che sopprimono i dazi doganali all'importazione e le tasse ad effetto equivalente, e l'articolo 95 del Trattato, giacché entrambe le composite disposizioni normative sono l'espressione dello stesso principio di libera circolazione delle merci ed ha sottolineato che, mentre l'articolo 95 del Trattato vieta agli Stati membri di applicare direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati imposte interne di qualsiasi natura superiori a quelle applicate sui prodotti nazionali similari, l'articolo 4 dell'Accordo con la Confederazione Elvetica stabilisce che le disposizioni relative alla graduale soppressione dei dazi doganali all'importazione sono applicabili anche ai dazi doganali a carattere fiscale e aggiunge che le parti contraenti possono sostituire con una tassa interna un dazio doganale a carattere fiscale o l'elemento fiscale di un dazio doganale . In sostanza l'Accordo, da un lato, estende la soppressione dei dazi doganali anche a quelli di carattere fiscale, dall'altro, allo Stato che abbia soppresso un dazio fiscale concede la facoltà di sostituire il dazio soppresso con una tassa interna. In base all'Accordo anzidetto l'introduzione clandestina di mercé dal territorio elvetico non integra il reato di contrabbando, ma può configurare quello di cui all'articolo 70 D.P.R. numero 633 del 1972 a condizione però che la merce introdotta non sia soggetta a doppia imposizione e cioè non sconti in Italia un'imposta già pagata all'esportazione. La doppia imposizione, infatti, introducendo un trattamento discriminatorio tra merci nazionali e merci importate, violerebbe il principio di neutralità commerciale dell'imposta voluto dall'articolo 4 dell'Accordo e perciò sarebbe inapplicabile per contrasto con l'Accordo stesso, il quale come già detto, a norma dell'articolo 228 del Trattato, è vincolante, non solo per le istituzioni Comunitarie, ma anche per gli Stati membri. La prova di avere assolto il tributo in Svizzera deve essere fornita dall'importatore. La sentenza di questa stessa sezione numero 10677 del 2004 non ha contrastato l'orientamento consolidato dianzi esposto, ma ha escluso la configurabilità del reato di cui all'articolo 70 perché si è ritenuta provata in quella fattispecie la doppia imposizione. Anzi l'orientamento tradizionale è stato recentemente ribadito anche dalla seconda sezione di questa corte con la decisione numero 43473 del 2004 conforme Cass. sez. 3 numero 36198 del 4.7.2007 che sottolinea come, trattandosi di tributo interno e escluso il contrasto del regime dell'IVA all'importazione e le relative sanzioni con l'articolo 95 del Trattato CE in materia di libera circolazione . 4. Non sono stati però minimamente chiariti e precisati, anche alla luce delle deduzioni delle parti, i presupposti che rendevano applicabile, nel caso di specie, l'IVA all'importazione nella misura calcolata di Euro 172.986,25. 4.1. Non c'è dubbio che, a norma dell’articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione possa essere proposto soltanto per violazione di legge. Secondo le sezioni unite di questa Corte sentenza numero 2/2004, Terrazzi , nel concetto di violazione di legge può comprendersi, però” la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'articolo 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'articolo 606 lett. e c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento cfr. anche Sez. Unumero numero 25932 del 29.5.2008 - Ivanov . Quanto ai poteri del Tribunale del riesame, la giurisprudenza di questa Corte cfr. in particolare sez. unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc. Bassi ritiene che nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una piena cognitio del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale risponde all'esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura per un preventivo accertamento sul meritum causae , così da determinare una non consentita preventiva verifica della fondatezza dell'accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la rigida attribuzione di competenze nell'ambito di un medesimo procedimento. L'accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata n quella tipica. Il Tribunale del riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro ex multis Cass. penumero sez. 3 numero 40189 del 2006 – ric. Di Luggo . Il controllo non può quindi limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilità in astratto del fatto indicato dall'accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto attraverso la valutazione dell'antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi conto, nell'accertamento del fumus commissi delicti , degli elementi dedotti dall'accusa risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive. Secondo anche la già citata sentenza sez. unumero numero 23/1997 , non sempre correttamente richiamata, al giudice del riesame spetta quindi il dovere di accertare la sussistenza del c.d. fumus commissi delicti che, pur se ricondotto nel campo dell'astrattezza, va sempre riferito ad una ipotesi ascrivibile alla realtà fattuale e non a quella virtuale principi affermati più volte da questa sezione 3, 29.11.1996, Carli Cass. sez. 3, 1.7.1996, Chiatellino 30.11.199, Russo 2.4.2000, PM. c. Cavagnoli numero 5145/2006 . 4.2. Il Tribunale, senza minimamente tener conto delle deduzioni del ricorrente, si è limitato, dopo aver riportato quanto emergeva dalla richiesta del P.M. di sequestro preventivo . in ipotesi accusatoria s'assume la simulazione d'una locazione e la dissimulazione d'un trasferimento di proprietà dell'imbarcazione, escamotage atto ad evitare il versamento dell'IVA dovuta per l'importazione del bene ad affermare testualmente che dunque l'ipotizzato passaggio di proprietà del bene di cui si tratta, immatricolato nel registro delle imbarcazioni da diporto della Repubblica di San Marino, ceduto da una società commerciale di diritto sammarinese, avente sede in San Marino, ad una società commerciale italiana, ben potrebbe integrare un'importazione da un paese extra CEE ad un paese comunitario pag. 4 ord. . Trattasi, palesemente, di motivazione apodittica, apparente e per di più perplessa . 5. Rimanendo assorbita ogni altra doglianza, l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Rimini per nuovo esame, tenendo conto dei principi di diritto e dei rilievi sopra indicati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Rimini.