Sterpaglie, rifiuti e piume in fiamme: colonna di fumo nel centro abitato. Ma nessuno si è lamentato...

Non può bastare il resoconto dei Carabinieri, intervenuti sul posto, per contestare la intollerabilità del fumo, provocato dall’opera di incenerimento di rifiuti e sterpaglie. Necessario che vi siano rimostranze specifiche dalle persone che vivono in quella zona.

Colonna di fumo – sgradevole, fastidiosa e potenzialmente pericolosa – verso il cielo pronto l’intervento dei Carabinieri. Ma il solo racconto dei militari dell’Arma non può bastare per contestare la intollerabilità delle immissioni provocate da un incendio di sterpaglie e di rifiuti. Sarebbero state necessarie, piuttosto, le lamentazioni delle famiglie che vivono in quella zona Cassazione, sentenza n. 45307, Terza sezione Penale, depositata oggi Fumo . Emergenza ambientale, almeno sulla carta, per le famiglie di un centro abitato. A far scattare l’allarme è una colonna di fumo, sgradevole e fastidiosa , provocata dall’ incenerimento di sterpaglie e di rifiuti . Ad accorrere per fare chiarezza sono i Carabinieri, che prendono contezza dell’ incendio, rilevato sul terreno , provvedendo a porvi rimedio e soprattutto individuandone l’autore. E nei confronti di quest’ultimo scatta l’accusa, poi divenuta condanna, per aver provocato emissioni pericolose , dando alle fiamme, per giunta, rifiuti e scarti di animali . Eccessivamente rigida, però, questa visione, secondo l’uomo, che, difatti, sottolinea, innanzitutto, che nessuna rimostranza , per la colonna di fumo , era arrivata da parte dei proprietari confinanti . E comunque, aggiunge ancora l’uomo, l’opera di incenerimento aveva riguardato oggetti che non rientrano nella categoria dei rifiuti , come sterpaglie e piume. Tollerabilità . Ebbene, dinanzi ai giudici della Cassazione, le rimostranze dell’uomo trovano accoglimento, seppur solo parzialmente. Vittoria, quindi, solo a metà più precisamente, viene stabilito che il giudizio sulla intollerabilità delle emissioni si è basato esclusivamente sulla deposizione dei Carabinieri , i quali, però, si sono limitati a riferire dell’esistenza di una colonna di fumo e della presenza di un incendio di sterpaglie e rifiuti, tra cui anche piume . Ciò comporta che non è da ritenere provata l’intollerabilità delle immissioni . Di conseguenza, decade completamente questa accusa nei confronti dell’uomo. Resta intatta, invece, la contestazione relativa alla attività di gestione di rifiuti non autorizzata . Difatti, sempre alla luce della ricostruzione fatta dai Carabinieri, è stato acclarato che l’attività di incenerimento a terra ha riguardato non solo le sterpaglie ma anche piume di uccelli, cioè scarti da tessuti di animali, e anche altri rifiuti . Si può parlare, quindi, a ragion veduta, di una vera e propria operazione di smaltimento , realizzata senza alcuna autorizzazione. Ecco perché è da confermare la condanna come sancita dai giudici del Tribunale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 ottobre – 11 novembre 2013, n. 45307 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 8.11.2011 i1 Tribunale di Tivoli ha ritenuta I.B. colpevole dei reati di cui agli artt. 674 cp e 256 D. Lvo n. 152/2006 e lo ha condannato alla pena di giustizia, rilevando che l'incenerimento di sterpaglie e di rifiuti generava una colonna di fumo sgradevole e fastidiosa nei pressi di un centro abitato e che la necessità di accertare il superamento dei limiti legali di tollerabilità ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 674 cp si pone solo per le attività autorizzate che producano immissioni moleste, mentre nei casi di attività non autorizzate è sufficiente la semplice idoneità delle emissioni a creare molestia alle persone. Ha poi osservato che l'incenerimento a terra dei rifiuti speciali non pericolosi integra la contravvenzione di cui all'art. comma 1 lett. a dell'art. 256 del D. Lvo cit. 2. Per l'annullamento della sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato denunziando con unico motivo l'inosservanza della legge penale perché l'art. 674 cp richiede che le immissioni abbiano carattere effettivamente molesto e dannoso per le persone interessate, mentre nel caso di specie non risulta nessuna rimostranza da parte dei proprietari confinanti. Ha rimproverata inoltre al Tribunale di avere ritenuto erroneamente la sussistenza della contravvenzione di cui all'art. 256 lett. a del D. Lvo n. 152/2006 perché gli oggetti dati alle fiamme non rientravano nella categoria dei rifiuti, atteso che la cenere viene ampiamente utilizzata in agricoltura come concime naturale e disinfettante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato sotto il primo profilo. Come già affermato da questa Corte, l’evento del reato di cui all'art. 674 cp consiste nella molestia, che prescinde dal superamento di eventuali limiti previsti dalla legge, essendo sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 c.c. se manca la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l'intensità delle emissioni, il giudizio sull'esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti cass. Sez. 3, Sentenza n. 37037 del 29/05/2012 Ud. dep. 26/09/2012 Rv. 253675 . Nel caso in esame, come si evince dalla sentenza impugnata, il giudizio sulla intollerabilità delle immissioni si è basato esclusivamente sulla deposizione dei Carabinieri intervenuti sul posto, i quali però, pur se a conoscenza diretta dell'incendio - per averlo rilevato sul terreno - nulla avevano affermato circa l'intollerabilità delle immissioni di fumo, essendosi limitati a riferire dell'esistenza di una colonna di fumo e della presenza di un incendio di sterpaglie e rifiuti, tra cui anche piume. Il giudice di merito dunque si è discostato dal suddetto principio, avendo ritenuto provata l'intollerabilità delle immissioni benché mancasse un giudizio di intollerabilità fondato sull'oggettiva percezione da parte dei testimoni e non potendosi attribuire alcun rilievo alle circostanze da essi apprese precedentemente ed indirettamente consegue necessariamente l'annullamento della sentenza in ordine al reato di cui all'art. 674 cp perché il fatto non sussiste. 2. Quanto alla ritenuta sussistenza della violazione dell'art. 256 D. Lvo n. 152/2006, che punisce anche l’attività di gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi cfr. comma 1 lett. a , la sentenza non merita censura perché il giudice di merito, sempre sulla scorta della deposizione dei militari intervenuti, ha accertato che l'attività di incenerimento a terra posta in essere dall'imputato riguardava non solo le sterpaglie ma anche piume di uccelli cioè scarti da tessuti animali CER 02.01.02 e anche altri rifiuti. Corretta è, dunque, la decisione perché è evidente che l'attività di incenerimento a terra di scarti animali quali appunto le piume di volatili e di altri rifiuti integra una operazione di smaltimento cfr. punto D 10 Allegato B alla Parte IV del D. L.vo n. 152/2006 e quindi il ricorso va per il resto rigettato. Al sensi dell'art. 620 lett. I cpp la Corte di Cassazione ben può provvedere alla rideterminazione della pena attraverso la semplice eliminazione dell'aumento di €. 1.000,00 per la continuazione aumento disposta dal primo giudice sulla pena base di €. 3.000,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 256 D. Lvo n. 152/2006, contestato al capo B e ritenuto più grave , P.Q.M. annulla senza rinvia la sentenza impugnata in ordine al reato di cui al capo A della rubrica art. 674 cp perché il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di €. 1,000,00 di ammenda rigetta per il resto il ricorso.