Condannato per mafia, riabilitazione negata: decisivo il mancato risarcimento al Comune

A distanza di oltre quindici anni la domanda avanzata dall’uomo viene respinta. Anche in terzo grado viene condivisa la linea del Tribunale di sorveglianza fondamentale corrispondere all’ente territoriale i danni subiti, a livello d’immagine e di economia, per la presenza dell’organizzazione criminale. Passano in secondo piano buona condotta e pagamento delle spese di giustizia.

Riabilitazione per l’uomo condannato per mafia? Prima, però, deve risarcire il Comune di appartenenza, la cui immagine è stata lesa dall’abbinamento mediatico con l’organizzazione criminale Cassazione, sentenza numero 35630, prima sezione penale, depositata oggi . Sedici anni non posson bastare Datata 1994 la condanna per il delitto di «partecipazione ad associazione di tipo mafioso», datata 2010 la domanda di riabilitazione, che, però, viene respinta dal Tribunale di sorveglianza di Palermo. Come si spiega questa decisione? Col mancato risarcimento dei danni lamentati dal Comune che si era trovato costretto a subire la presenza del sodalizio mafioso. Senza questo passaggio, sostiene il Tribunale, l’ipotesi della riabilitazione non ha alcun fondamento. Riparazione fondamentale. Secondo l’uomo, condannato per mafia, però, diversi elementi sono stati trascurati nella decisione di rigetto dell’istanza di riabilitazione. Più precisamente, le «precarie condizioni economiche» e la conseguente «impossibilità incolpevole dell’adempimento» – testimoniata anche dalla mancanza di reddito dell’uomo e dalla convivenza ‘obbligata’ con la madre, «titolare soltanto di pensione» –, il «ruolo marginale nell’associazione» e, infine, la «mancata percezione», all’epoca dei fatti, del «danno arrecato all’ente territoriale». Questi i puntelli del ricorso proposto in Cassazione, che, però, non ricevono valutazioni positive dai giudici. Per questi ultimi, il danno patrimoniale arrecato alla comunità e, di conseguenza, al Comune è acclarato evidenti le ripercussioni negative, a livello economico e a livello di immagine, pensando, ad esempio, al turismo. Allo stesso tempo, è certo anche il mancato risarcimento da parte dell’uomo, omissione, questa, che, secondo i giudici, non può essere giustificata, in maniera generica, a una «incapacità economica». Di fronte a questa lacuna, gli ulteriori elementi da valutare per la riabilitazione, ossia «buona condotta e pagamento delle spese di giustizia», passano in secondo piano. Legittima, quindi, e confermata, anche in terzo grado, la decisione del Tribunale di sorveglianza di respingere la domanda dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 maggio – 18 settembre 2012, numero 35630 Presidente Siotto – Relatore Mazzei Ritenuto in fatto 1. C.C. ricorre per cassazione, tramite il difensore di fiducia, avvocato A.M. del foro di Marsala, avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Palermo, deliberata il 18 novembre 2010 e pubblicata il successivo 17 dicembre, con la quale è stata respinta la sua domanda di riabilitazione dalla condanna inflittagli con sentenza della Corte di appello di Palermo del 19 marzo 1994, irrevocabile il 27 marzo 1995, per il delitto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso. Il Tribunale ha motivato il rigetto con il mancato adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal delitto associativo nei confronti del comune di Campobello di Mazara, che ha ritenuto danneggiato nell’immagine e nelle potenzialità economiche e turistiche dall’insistenza sul suo territorio del sodalizio mafioso, rilevando che il C. non aveva dimostrato e, neppure, allegato alcuna attività risarcatoria a favore dell’ente, né dedotto di trovarsi in una situazione di incapacità economica. 2. A sostegno del ricorso il C. adduce due motivi. 2.1. Con il primo motivo lamenta la violazione ed erronea applicazione dell’articolo 179 cod. penumero , per avere il Tribunale omesso di accertare l’impossibilità incolpevole dell’adempimento, attese le sue precarie condizioni economiche, essendo privo di reddito e convivente con la madre, titolare soltanto di pensione, e, inoltre, per non aver considerato il suo ruolo marginale nell’associazione e la mancata percezione, al tempo del commesso reato, dei danno arrecato all’ente territoriale. 2.2. Con il secondo motivo denuncia la mera apparenza della motivazione per avere il Tribunale omesso di verificare se il danno non risarcito fosse effettivamente esistente se altri correi avessero provveduto ad adempiere la relativa obbligazione se le condizioni economiche dell’istante permettessero il pagamento. Aggiunge il ricorrente la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione per avere il Tribunale considerato solo gli elementi sfavorevoli all’accoglimento della domanda e non anche quelli ad essa favorevoli, come la buona condotta tenuta dopo il fatto e l’avvenuto pagamento delle spese di giustizia. 3. Il pubblico ministero ha chiesto il rigetto del ricorso a fronte di un danno sicuramente arrecato all’ente pubblico dal sodalizio criminoso di cui il C. era stato membro, senza che l’istante abbia compiuto alcun atto riparatorio, né morale né materiale, limitandosi ad allegare una situazione di incapacità della quale non aveva offerto alcuna dimostrazione. Considerato in diritto 4. I motivi di ricorso sono infondati. 4.1. La prima censura non contesta il danno arrecato al Comune di Campobello di Mazara, quale ente territoriale rappresentante della collettività che ha subito la forza di intimidazione dell’associazione mafiosa, ivi operante, fino all’agosto 1990 e in epoca successiva, per la partecipazione alla quale il C. è stato condannato come “uomo d’onore”, particolarmente vicino a S.N., capo della cosca di Campobello di Mazara, e disponibile a commettere danneggiamenti a fini estorsivi. Il ricorrente, infatti, si limita a denunciare il mancato accertamento delle sue condizioni economiche, tali da non permettergli di adempiere l’obbligazione risarcitoria nei confronti dell’ente, e l’omessa valutazione del contesto socio-culturale di appartenenza, incompatibile con la rappresentazione del danno arrecato al Comune con la propria condotta illecita, peraltro di rilievo marginale nell’ambito del sodalizio criminale. Rileva la Corte che i predetti elementi sono inidonei ad escludere la ricorrenza della condizione ostativa alla concessione del beneficio, costituita dall’omesso adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal delitto associativo di tipo mafioso per cui è condanna, posto che l’istante, come emerge dalla motivazione del provvedimento impugnato, non specificamente contestata sul punto, non ha dimostrato e neppure allegato la sua incapacità economica di adempiere mentre la sussistenza delle obbligazioni non adempiute va apprezzata oggettivamente e non può dipendere dalla mancata percezione da parte dell’agente, al tempo di commissione del reato, del danno arrecato all’intera collettività stanziata sul territorio di operatività del sodalizio mafioso, né può essere negata per il ruolo marginale che il condannato dichiari di avere avuto nell’associazione criminale. 4.2. Il secondo motivo denuncia un vizio di motivazione che non sussiste. La giurisprudenza di questa Corte ha già ritenuto che il Comune può essere considerato danneggiato dal delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso, in quanto tale reato certamente cagiona un pregiudizio, di carattere patrimoniale e non, almeno all’immagine della città ed allo sviluppo del turismo e delle attività produttive di essa, con conseguente lesione di interessi propri, giuridicamente tutelati, dell’ente che ha la rappresentanza della collettività danneggiata Sez. 1, numero 8381 del 22/06/1992, dep. 24/07/1992, Grassi, Rv. 191448 e, in generale, sulla risarcibilità del danno non patrimoniale arrecato ad enti pubblici Sez. 6, numero 21677 del 05/12/2003 dep. 07/05/2004, Agate, Rv. 229393 Sez. 1, numero 4060 del 08/11/2007, dep. 25/01/2008, Sommer, Rv. 239190 Sez. 3, numero 35457 del 14/07/2010, dep. 01/10/2010, Lavia, Rv. 248632 . Con riguardo al tema specifico delle condizioni per la riabilitazione, la giurisprudenza di questa Corte ha anche precisato che sono ininfluenti, ai fini della valutazione dell’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, sia la circostanza che le persone offese non si siano costituite parte civile nel processo, sia che esse non abbiano chiesto al condannato un ristoro dei danni patiti a causa della sua condotta di reato Sez. 1, numero 47347 del 30/11/2011, dep. 20/12/2011, Fieromonte, Rv. 251421 . Facendo retta applicazione dei predetti principi, il Tribunale ha dunque rilevato, nel caso in esame, innanzitutto la configurabilità del danno arrecato dal delitto associativo di tipo mafioso al Comune di Campobello di Mazara, e l’omesso risarcimento di esso da parte dell’istante, del quale ha escluso il ruolo marginale nel sodalizio criminale per essere molto vicino al capo della cosca mafiosa di Campobello di Mazara, S.N., e impegnato nelle attività illecite dell’associazione. Va aggiunto che il Tribunale non era tenuto a verificare se il danno fosse stato in tutto o in parte risarcito da altri condannati per il medesimo reato, come preteso dal ricorrente, posto che, essendo l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato una condizione di concedibilità della riabilitazione, spetta a colui che richiede il beneficio allegare l’impossibilità economica di soddisfare le medesime obbligazioni ovvero il già avvenuto adempimento di esse, ciò che nella fattispecie non si è verificato per non avere il C. dedotto alcunché al riguardo e, neppure, allegato la sua impossibilità di adempiere, limitandosi solo in questa sede ad una generica protesta di mancanza di redditi. E non vi è dubbio, come da costante giurisprudenza di questa Corte, che incombe al richiedente la riabilitazione la dimostrazione dell’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, da intendersi non solo come impossidenza economica ma anche come allegazione delle situazioni di fatto, non imputabili all’istante, che impediscono l’adempimento v., tra le molte, Sez. 1, numero 6704 del 02/12/2005, dep. 22/02/2006, Pettenati, Rv. 233406 Sez. 1, numero 4089 del 07/01/2010, dep. 01/02/2010, De Stasio, Rv. 246052 onere che, come risulta dalla motivazione del provvedimento impugnato e dal contenuto della domanda di riabilitazione al Tribunale di sorveglianza, non risulta assolto nel caso in esame. L’esistenza delle altre condizioni per conseguire il beneficio buona condotta e pagamento delle spese di giustizia deve, infine, ritenersi irrilevante in mancanza di dimostrazione dell’emenda, come verificatosi nel caso in esame, anche con la disponibilità ad adempiere le obbligazioni civili Sez. 1, numero 43000 del 23/10/2007, dep. 21/11/2007, Ruggeri, Rv. 238122 Sez. 1, numero 9755 del 27/01/2005, dep. 11/03/2005, Fortuna, Rv. 231589 . 5. Da tutto quanto precede deriva il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, a norma dell’articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero , al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.