Iniziative per l’utilizzo del risparmio previdenziale a sostegno dell’economia

La Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale e le casse private di previdenza

La Commissione parlamentare ha pubblicato la relazione sulle iniziative per l’utilizzo del risparmio previdenziale complementare a sostegno dell’economia reale del Paese, leggibile nell’allegato. La relazione prevede anche interventi sulle Casse private dei professionisti. Preliminarmente va detto che la legge di stabilità 2014 legge numero 147/2013 ha ampliato l’ambito di vigilanza della Commissione bicamerale di controllo estendendolo al riscontro dell’efficienza contabile e finanziaria dei fondi gestiti dall’intero sistema previdenziale, inteso come l’intero settore previdenziale ed assistenziale, in senso allargato, con un’attività di analisi e valutazione finalizzata a verificarne non solo la coerenza con le esigenze dell’utenza, ma anche con la scelta di modalità gestionali delle risorse finanziarie che risultino macroeconomicamente utili a garantire lo sviluppo dell’economia nazionale. In virtù di ciò, l’attività di vigilanza della Commissione bicamerale, oltre ai fondi pensione della previdenza di secondo pilastro, ha preso in esame anche le Casse di previdenza dei professionisti. La Commissione bilaterale è partita da una premessa calata nel particolare momento storico in cui viviamo secondo la quale «il risparmio previdenziale può costituire un’importante risorsa per favorire lo sviluppo del Paese». La Commissione bicamerale auspica quindi interventi per modificare taluni aspetti della normativa relativa alle Casse private, sia per incentivare il settore e favorire il consenso di tali soggetti previdenziali ad investire in iniziative di supporto all’economia reale, sia per convogliare tali risorse finanziarie verso iniziative di sviluppo che possono utilizzare il risparmio previdenziale. In questa ottica la Commissione ipotizza tre linee di intervento - interventi fiscali per stimolare gli investimenti in iniziative di sviluppo del Paese - interventi ordinamentali concernenti la normativa - modalità finanziarie della destinazione del risparmio previdenziale a sostegno di investimenti nell’economia reale, attraverso investimenti diretti ovvero ampliando il ruolo della Cassa depositi e prestiti per favorire l’impiego di interventi strutturali a sostegno dell’economia. La Commissione auspica un intervento legislativo che chiarisca, in maniera definitiva, la declaratoria della natura pubblicistica o privatistica delle Casse dalla quale dipende la definizione di una serie di questioni sul regime di attività stessa delle Casse. Riforma della governante. Altro tema rilevante è quello della riforma della governance secondo un modello di governance duale, con i rappresentanti elettivi delle categorie presenti negli organi di indirizzo e controllo e la presenza nel CdA di manager ed esperti di previdenza e finanza e la cessazione della presenza di designati dagli organi di vigilanza ministeriale negli organi decisionali, per ovviare alla possibile commistione tra vigilato e vigilante. Per non incorrere in errori di valutazione è bene riprendere integralmente le conclusioni della relazione della Bicamerale b Per quanto riguarda, le Casse di previdenza è da tempo che si propone l'esigenza di una più precisa definizione della loro configurazione istituzionale. Nel procedere in tal senso, non si può dimenticare quella che è stata la premessa della legislazione che le riguarda. Tale premessa, come è noto, consiste nella dichiarazione dello Stato, coerentemente seguita in fase attuativa, di assoluta e completa estraneità al finanziamento delle Casse. Premessa che, ad essere coerenti, spiega e al tempo stesso legittima l'autonomia delle Casse, sul piano gestionale/amministrativo e anche della regolazione. Lo Stato, peraltro, attraverso la legge impone l'obbligatorietà delle adesioni alle Casse e questo concorre a confermare che le Casse, dalla legge considerati soggetti di diritto privato, hanno la responsabilità di condurre regimi previdenziali di rilevanza pubblica, riconducibili all'articolo 38, comma 2, Cost. che per tutti i lavoratori, anche i lavoratori che esercitano professioni, riconosce il diritto ad una tutela previdenziale adeguata. Essendo queste le complesse indicazioni normative riguardanti le Casse, si comprende l'interesse dello Stato a verificare, tempo per tempo, la stabilità e solvibilità anche prospettiche dei regimi previdenziali delle Casse, dato che stabilità e solvibilità sono condizioni dell'effettività di forme di previdenza che fruiscono dell'obbligatorietà in quanto attuano il diritto costituzionale di cui all'articolo 38 Cost Autonomia alla Casse Al tempo stesso, per il dovere di coerenza di cui si è detto, la legge è tenuta a riconoscere autonomia alla Casse per quanto attiene al come regolare e amministrare, sotto i vari profili, regimi previdenziali in grado di fondare la propria effettività, nell'immediato come nel lungo termine, sull'equilibrio finanziario. Ciò, peraltro, sapendo che il carattere pubblico/obbligatorio dei regimi previdenziali amministrati fa direttamente riflettere su di essi alcuni principi costituzionali, come quello di solidarietà fra gli appartenenti al gruppo organizzato a fini previdenziali. Sulla scorta di queste considerazioni, si ha modo di apprezzare ipotesi di revisione ordinamentale presenti nella relazione sulla base degli stessi si può pensare ad una più ampia revisione della legislazione che auspicabilmente rimuova le cause del contenzioso giudiziario che ha avuto come protagoniste le Casse o che, per altri aspetti, ha visto le Casse contraddette da interventi giudiziari proprio quando hanno virtuosamente posto in essere riforme dei regimi previdenziali. Contenzioso, quest'ultimo, certamente favorito da normative non proprio ineccepibili si pensi alla formulazione iniziale dell'articolo 3, comma 12, L. numero 335/1995 . c Nel momento in cui si auspica un'attività di investimento in determinate direzioni, è giusto interrogarsi su quali possano essere i meccanismi da adottare allo scopo, sapendo che in termini generali si può pensare a meccanismi di tipo incentivante o, all'opposto, a meccanismi di tipo vincolistico. In termini altrettanto generali, appaiono da privilegiare i meccanismi di tipo incentivante, come risulta anche dai contributi ricevuti dalla Commissione. In questa prospettiva, assumono rilievo le agevolazioni di carattere fiscale, su cui la relazione e, prima ancora, i contributi inviati alla Commissione si sono ampiamente cimentati. L'idea generale è quella di applicare un prelievo attenuato sui rendimenti per investimenti infrastrutturali di lungo periodo, effettuati per finalità sociali, a favore delle imprese contribuenti ai fondi, a sostegno di progetti pubblici o privati che favoriscano lo sviluppo dell'occupazione, della produttività e della valorizzazione del capitale umano nel territorio nazionale. Questo delle agevolazioni fiscali differenziate è un punto particolarmente delicato, non privo di problematicità cfr., in particolare, le audizioni dei prof. Geroldi e Pizzuti . In primo luogo, non si può pensare alle convenienze fiscali come ad un vantaggio capace di rendere congruo un investimento solo perché, in astratto, può assicurare rendimenti meno gravati dal carico fiscale. Anche nella prospettiva che vogliamo rendere concreta, rimane fermo che gli investimenti devono essere attuati solo se ed in quanto intrinsecamente congrui rispetto alle politiche di investimento che la forma pensionistica decide avendo fra l'altro presente la composizione demografica dei propri iscritti. Questo è bene sottolinearlo sia perché non si può pensare alle convenienze fiscali differenziate come meccanismo che legittimi le forme pensionistiche a deviare rispetto al loro delicato compito di definire proprie adeguate linee di investimento, sia perché l'apprezzabile interesse a favorire il travaso di risorse nell'economia reale nazionale non può spingere a pensare ad una molteplicità di incentivi fiscali. La premessa giusta da cui partire è che le forme pensionistiche destinano maggiori risorse ad investimenti in Italia e questo, in primo luogo, perché tali investimenti sono di per sé congrui e convenienti anche perché – e questo è un punto essenziale – possono realizzarsi utilizzando strumenti finanziari che proprie caratteristiche ben rispondono alle esigenze di quei particolari investitori che sono le forme pensionistiche. Alla luce di queste considerazioni, risalta come questione prioritaria quella attinente all'offerta degli strumenti finanziari disponibili. Una ricognizione critica di tutti questi va fatta, e peraltro spunti al riguardo sono presenti nei contributi ricevuti dalla Commissione, anche perché è proprio utile pervenire ad una conclusione circa la sussistenza, o meno, dell'esigenza di introdurne di nuovi che siano calibrati appositamente per le forme pensionistiche. Solo vedendo così i problemi a cui vogliamo dare soluzione si evita di sovraccaricare di attese l'uso della leva fiscale, evitando di prospettare soluzioni destinate a risultare irrealistiche anche perché in grado di aggravare il problema delle coperture già di per sé difficile v. audizione del sottosegretario Baretta . d Restando fedeli al principio che l'impiego delle risorse delle forme pensionistiche deve rispondere esclusivamente agli interessi degli iscritti, si ritiene che tali interessi possano essere meglio soddisfatti incrementando le risorse riversate nelle imprese italiane. Ovviamente, tanto più questo si realizzerà quanto più gli investimenti andranno a collocarsi in imprese che, rafforzate sul piano finanziario, almeno nelle attese sono in grado più di altre di assicurare i ricercati effetti macro-economici. Dove investire? L'individuazione dei settori e delle aree, non delle singole imprese, in cui è più utile investire è un problema generale, che travalica le valutazioni di ogni singola forma pensionistica ove, per l'appunto, si voglia che dagli investimenti scaturiscano il massimo delle utilità generali che si perseguono. Per questo, sarebbe opportuno che alle forme pensionistiche venga fornito come ulteriore oggetto di valutazione una griglia di indicazioni, che potrebbe essere elaborata e messa a loro disposizione dal Ministero dello sviluppo economico, che aiuti ad individuare con precisione i settori, le aree, le traiettorie tecnologiche da privilegiare. Altrimenti, potrebbe anche aversi un incremento delle risorse destinate al sistema economico nazionale, ma magari le risorse, indirizzate verso settori che non hanno un grande futuro o che comunque mal si collocano in una politica industriale nazionale e europea volta a favorire uno sviluppo di qualità, non innescherebbero nella maniera migliore il circolo virtuoso di cui è detto. Il protagonismo di ciascuna forma pensionistica va, dunque, guidato a proposito di queste fondamentali opzioni, anche perché è ben possibile che solo il travaso di una massa di risorse di una certa entità in specifici settori e in particolari aziende può assicurare quei salti di qualità nell'innovazione e, più in generale, nella riorganizzazione che si ricercano in funzione dello sviluppo. In un quadro in cui non si pensa a soluzioni dirigistiche, si tratta di offrire all'insieme delle forme pensionistiche elementi e ragioni per concentrare le risorse verso direzioni prioritarie ai fini dello sviluppo, evitando che si disperdano in tanti rivoli. Una volta definiti i criteri generali di orientamento, opera che si sta considerando prioritaria, la valutazione degli strumenti finanziari disponibili e la stessa rideterminazione dell'insieme delle agevolazioni fiscali potranno fruire di utili punti di riferimento e tutto si potrà regolare e gestire in maniera complessivamente coerente ed efficace. In particolare, dimostrare che, dando seguito a indicazioni provenienti dall'istituzione pubblica competente, gli accresciuti investimenti delle forme pensionistiche in Italia si collocano sulla frontiera più avanzata, dove si combatte la battaglia per la competitività e il rilancio delle imprese nazionali, non può che concorrere a sdrammatizzare il problema della copertura delle agevolazioni fiscali. Investimenti in grado di produrre positivi effetti macro-economici. Non si può ignorare quanto oggi prescrive l'articolo 17 l. numero 196/2009 circa le modalità di copertura di nuove spese o di cadute di gettito nell'immediato, ma certamente è avvertita l'esigenza di una riflessione generale circa investimenti in grado di produrre positivi effetti macro-economici anche in termini di prevedibili maggiori entrate. Non c’è dubbio, pertanto, che le forme pensionistiche non potranno che avvantaggiarsi, almeno in prospettiva, ove possano dimostrare di praticare proprio gli investimenti che massimizzano gli effetti positivi della qualificazione dell'apparato produttivo nazionale e della crescita. e Per quanto riguarda la diretta regolamentazione dell'attività di investimento, si pongono questioni diverse a seconda che si considerino i fondi pensione o le casse di previdenza. Per le casse sussiste il problema di addivenire alla definizione di una regolamentazione, tuttora non presente. Nel procedere in tale opera, che opportunamente potrà essere realizzata sulla base di specifiche indicazioni legislative e su di una successiva fonte regolamentare Ministero del lavoro e Ministero dell'economia , ci si potrà ispirare alla disciplina che riguarda i fondi pensione, nella versione più aggiornata. Nel considerare tale disciplina, è prevalsa la valutazione che essa non sia di ostacolo, anche nella parte in cui pone limiti quantitativi, agli investimenti nelle direzioni volute. Un aspetto di particolare rilievo, non a caso segnalato in più interventi, riguarda le particolari capacità e professionalità richieste allorquando si tratta di procedere al tipo di investimenti in questione. A tal riguardo, appare utile pensare ad indicazioni, comunque a maglie larghe, fornite direttamente da una fonte legislativa, che in particolare appare opportuna per consentire/incentivare la collaborazione fra le forme pensionistiche, tanto più utile in considerazione delle dimensioni talora ridotte delle stesse. Ciò per facilitare la formazione di masse di risorse investite di una qualche consistenza e, prima ancora, per agevolare una strutturazione di competenze professionali all'altezza dell'attività da svolgere e, aspetto non secondario, per ridurre i costi connessi. Fornite tali indicazioni, sarà l'Autorità di vigilanza del settore, attualmente la Covip, che potrà provvedere a dettagliare tutto quanto opportuno sotto il profilo della ulteriore regolamentazione e della organizzazione. f Fermo restando quanto si è detto a proposito dell'esigenza di sviluppare la disciplina dell'attività di investimento delle Casse, è da valutare l'opportunità di una parziale revisione dell'articolo 6 del d.lgs. 252/2005 riguardante l'attività di investimento dei fondi pensione. Ci si riferisce, in particolare, alle sue lett. d e c . Invero, la lett. d , riferita ad investimenti nel settore immobiliare, sicuramente merita dei chiarimenti, a causa del suo generico riferimento alla sottoscrizione o acquisizione di azioni o quote di non meglio definite società immobiliari. Più in generale, è da verificare se, dati gli obiettivi che ci si propone e l'arricchimento degli strumenti finanziari registratosi negli ultimi anni anche per quanto riguarda strumenti utilizzabili in funzione degli obiettivi perseguiti, c’è da chiedersi, revisionando le due lettere, se non sia il caso di andare oltre l'indicazione che i fondi possono investire direttamente, oltre che nelle predette società immobiliari, solo in quote di fondi mobiliari chiusi o di fondi immobiliari chiusi. Nel procedere a tale revisione, è anche il caso di mettere a punto un documento descrittivo/valutativo che contenga una completa rassegna degli strumenti presenti nel mercato finanziario italiano, distinguendoli per grado di rispondenza alla finalità di rafforzamento delle imprese aventi sedi in Italia trasparenza onerosità liquidabilità. Un documento del genere, che ovviamente potrebbe raccogliere anche altri elementi, sarebbe particolarmente utile non solo per l'attività legislativa che si è ipotizzata, ma anche per le autonome decisioni di investimento delle forme pensionistiche.

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