La remunerazione dell’attività di redazione di un parere scritto sull’opportunità di promuovere il giudizio d’impugnazione, richiede in ogni caso l’iscrizione nell’apposito albo degli avvocati abilitati al patrocinio presso le magistrature superiori. In alternativa, la mancata iscrizione dà luogo a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente così da non poter legittimare l’avvocato a richiedere l’azione per il pagamento della retribuzione.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 11446, depositata il 3 giugno 2015. Il caso. L’avvocato citava in giudizio il suo cliente per aver ricevuto il mandato di redigere ricorso al Consiglio di Stato, e al contempo di predisporre un «parere preventivo diretto ad illustrare i margini di successo del proponendo appello». L’avvocato, pur avendo ripetuto al suo cliente di non essere abilitato al patrocinio presso le magistrature superiori, assicura comunque la difesa al suo assistito chiarendo di essere in contatto con diversi studi legali specializzati nel settore, che avrebbero potuto sottoscrivere l’atto da lui predisposto. Non si può appaltare a terzi la redazione di un parere e poi richiedere la remunerazione al cliente. Una volta ricevuto l’assenso del suo assistito, l’avvocato provvedeva all’inoltro della versione definitiva dell’atto di appello ad un altro studio legale e successivamente avanzava richiesta di corresponsione dell’acconto alla sua cliente. Dopo diversi solleciti, la convenuta gli comunicava che aveva mutato volontà e non intendeva più promuovere il giudizio, così l’avvocato chiedeva al giudice che fosse accertato il diritto di egli attore di ricevere il compenso per l’attività espletata. Sia in primo che in secondo grado viene rigettata la richiesta dell’avvocato, così ricorre in Cassazione. In mancanza dello jus postulandi l’avvocato non può formulare nessun parere connesso all’attività giudiziale. I giudici di legittimità hanno risolto tale questione chiarendo che dal momento in cui «la richiesta del parere era strettamente connessa e preordinata alla redazione del ricorso, ovvero di un’attività riservata agli iscritti negli albi professionali» e l’avvocato non risultava iscritto, l’atto redatto è da considerarsi privo di efficacia con la conseguenza che il professionista non può esercitare alcuna azione per il pagamento della retribuzione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 marzo – 3 giugno 2015, numero 11446 Presidente Bursese – Relatore Abete Svolgimento del processo Con atto notificato in data 13.9.2002 l'avvocato F.R. citava a comparire innanzi al tribunale di Roma A.R.D Esponeva che per il tramite del dottor R.P. aveva ricevuto incarico dalla convenuta di redigere ricorso al Consiglio di Stato, onde interporre appello avverso la sentenza numero 7901/2001 del t.a.r. della Puglia, sezione II di Lecce, con cui era stato respinto il ricorso in prime cure esperito dalla medesima convenuta, ed, al contempo, di predisporre un parere preventivo diretto ad illustrare i margini di successo del proponendo appello così ricorso, pag. 2 che, fin dall'inizio, aveva precisato di non essere abilitato al patrocinio presso le magistrature superiori pur chiarendo di essere in contatto con numerosi studi legali specializzati in diritto amministrativo così ricorso, pag. 2 che, in data 31 gennaio 2002, dopo aver ottenuto la disponibilità a sottoscrivere l'atto da parte di uno degli studi legali con cui era in contatto così ricorso, pag. 3 , aveva inviato all'indirizzo di posta elettronica in precedenza fornitogli il richiesto parere che il 4 febbraio 2002, nel corso di una conversazione telefonica, la dottoressa A.R.D. di persona gli aveva dato conferma dell'incarico, invitandolo alla redazione dell'atto di appello che in data 14 e 19 febbraio 2002 aveva provveduto all'inoltro della versione definitiva dell'atto di appello e alla richiesta di corresponsione dell'acconto che, incomprensibilmente, all'esito di diversi solleciti, la convenuta gli comunicava che così ricorso, pag. 4 . Chiedeva che l'adito giudice accertasse e dichiarasse il diritto di egli attore di ricevere il compenso di cui all'articolo 1720 c.c. per l'attività espletata e, per l'effetto, di condannare la convenuta alla corresponsione della somma di euro 4.857,10 ovvero, in subordine, di euro 2.500,00 il tutto con il favore delle spese di lite. Costituitasi, A.R.D. instava per il rigetto dell'avversa domanda. Deduceva, tra l'altro, che l'attore era sprovvisto di jus postulandi di fronte alle magistrature superiori così ricorso, pag. 6 . All'esito dell'istruttoria, con sentenza numero 6441/2004 il tribunale di Roma rigettava la domanda. Interponeva appello l'avvocato F.R A sostegno del gravame . contestava la sentenza unicamente nel capo in cui non aveva riconosciuto il diritto a ricevere un compenso per la redazione del parere preventivo così ricorso, pag. 12 . Resisteva A.R.D. proponeva altresì appello incidentale condizionato all'accoglimento dell'appello principale. Con sentenza numero 3500 dei 8.7/9.9.2008 la corte d'appello di Roma rigettava l'appello principale, reputando in tal guisa assorbita la disamina dell'appello incidentale, e condannava l'appellante principale a rimborsare a controparte le spese del grado. Esplicitava la corte distrettuale che come risulta chiaramente dalla narrazione contenuta nell'atto di citazione, l'incarico riguardava, in primo luogo, la redazione dell'atto di appello . e che la richiesta di un parere circa i margini di successo del proponendo appello . era strettamente connessa e preordinata allo svolgimento dell'unico incarico affidato al Ravidà, che consisteva appunto nella redazione del ricorso, ovvero di un'attività strettamente dipendente dal mandato relativo alla rappresentanza e difesa della parte in giudizio e, come tale, riservata agli iscritti negli albi professionali così sentenza d'appello, pag. 3 che come si rileva ancora dall'atto di citazione, è, del resto, lo stesso Ravidà che mostra di ritenere come tale dedotta attività di consulenza sia in realtà complementare a quella propriamente processuale e sostanzialmente assorbita in quella di studio della pratica e di redazione dell'atto, non formulando alcuna richiesta specifica di compenso per una attività riconducibile in senso stretto ad una prestazione di consulenza autonoma e separata da quella di studio e di redazione dell'atto così sentenza d'appello, pag. 3 . Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'avvocato F.R. ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite. A.R.D. non ha svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1709 c.c., 1720 c.c. e 2231 c.c. - la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. e dell'articolo 329, 2° comma, c.p.c. - la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697, 2° comma, c.c. così ricorso, pagg. 14 - 15 . Adduce che ritenere . che il parere acceda all'attività giudiziale, sempre e comunque, si traduce in un evidente vizio delle disposizioni di cui agli articolo 1709 c.c. - ossia, la presunzione di onerosità - e articolo 1720 c.c. relativo all'obbligo di versare il compenso per l'opera prestata così ricorso, pagg. 15 - 16 che, del resto, per superare la presunzione di onerosità del mandato è . necessario che emerga un elemento specifico che consenta di addivenire alla conclusione circa la gratuità della prestazione così ricorso, pag. 15 che, viceversa, detti elementi non sussistevano nel caso di specie atteso che l'Avv. Ravidà e la Sig.ra D. . neanche si conoscevano così ricorso, pag. 15 che, d'altra parte, l'articolo 2231 c.c. è norma di stretta applicazione . , con la conseguenza che la sua applicazione ad un parere redatto anteriormente all'incardinamento di un giudizio si traduce in una patente violazione anche di tale disposizione così ricorso, pag. 16 che, d'altronde, se si ritiene che i pareri preventivi siano privi di una loro autonomia quando siano prodromici alla predisposizione di un atto giudiziario . si deve concludere che se alla redazione di un parere seguisse la determinazione del cliente di non proseguire nell'azione - come è accaduto nel caso di specie - al professionista nulla sarebbe mai dovuto così ricorso, pag. 16 ed una simile conclusione sarebbe in netto contrasto con gli articolo 1709 e 1720 c.c. che, per altro verso, il fatto della onerosità del mandato non era mai stato contestato, era stato accertato dalla sentenza di primo grado e, dunque, non essendo stato oggetto di alcun motivo di gravame, era da ritenersi coperto dal giudicato ex articolo 329, 2° comma, c.p.c. così ricorso, pag. 17 che, inoltre, il diritto al compenso è sorretto dalla presunzione di onerosità così ricorso, pag. 18 , sicché la prova idonea al superamento di tale presunzione deve essere fornita dal soggetto convenuto per l'adempimento dell'obbligazione di versamento del compenso ex articolo 1720 c.c. così ricorso, pag. 18 . Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione ex articolo 360 numero 5 c.p.c. così ricorso, pag. 5 . Adduce che alla conclusione per cui il parere redatto dall'Avv. Ravidà sarebbe da considerare accessorio all'attività giudiziale, la Corte di Appello è pervenuta all'esito di una superficiale e lacunosa lettura dell'atto di citazione così ricorso, pag. 20 che l'integrale lettura dell'atto di citazione . dimostra l'evidente lacuna della sentenza oggetto del presente gravame così ricorso, pag. 23 , segnatamente come il parere non assumesse affatto un valore secondario o irrilevante ma fosse stato richiesto al fine di valutare se proporre appello al Consiglio di Stato così ricorso, pag. 23 che quindi dalle risultanze di causa . emergeva con estrema chiarezza come il parere redatto dall'Avv. Ravidà avesse una funzione preventiva, di illustrazione dei margini di successo e, dunque, assumesse una chiara autonomia nell'ambito dell'attività professionale richiesta dalla Dott.ssa D. così ricorso, pag. 27 . I motivi di ricorso sono strettamente connessi. Se ne giustifica pertanto la contestuale disamina. Ambedue i motivi comunque sono destituiti di fondamento. Si osserva innanzitutto, precipuamente in ordine alla prima ragione di doglianza, che le censure ancorate alla presunzione di onerosità del mandato non si correlano specificamente alla ratio decidendi. Invero, siccome si è premesso, la corte romana ha essenzialmente opinato nel senso che la richiesta di un parere . era strettamente connessa e preordinata allo svolgimento dell'unico incarico affidato al Ravidà, che consisteva appunto nella redazione del ricorso, ovvero di un'attività . riservata agli iscritti negli albi professionali così sentenza d'appello, pag. 3 . Al contempo, questo Giudice del diritto non può che condividere il dictum della corte di merito. Difatti questa Corte ha già debitamente puntualizzato che, in tema di onorari di avvocato e procuratore, la redazione di un parere scritto sull'opportunità di promuovere il giudizio di impugnazione deve essere ricompresa nella voce di studio della controversia e consultazioni con il cliente e non può pertanto essere liquidata separatamente quale prestazione stragiudiziale cfr. Cass. 17.5.1991, numero 5579 . Ne discende ulteriormente che la remunerazione dell'attività di redazione del parere preventivo , attività cui con l'atto di appello l'avvocato Ravidà ha inteso circoscrivere la sua pretesa, postulava in ogni caso l'iscrizione nell'apposito albo degli avvocati abilitati al patrocinio presso le magistrature superiori, sicché nel segno del 1° co. dell'articolo 2231 c.c. nulla può competere al ricorrente cfr. Cass. 12.10.2007, numero 21495, secondo cui l' esecuzione di una prestazione d'opera professionale di natura intellettuale effettuata da chi non sia iscritto nell'apposito albo previsto dalla legge, dà luogo, ai sensi degli articoli 1418 e 2231 c.c., a nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto pertanto, il professionista non iscritto in detti albi non ha alcuna azione per il pagamento della retribuzione, nemmeno quella sussidiaria di arricchimento senza causa . A.R.D. non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese dei presente grado. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.