In tema di incendio e quindi di responsabilità per cose in custodia, il danno deve essere risarcito esclusivamente dal proprietario del fondo limitrofo da cui l’incendio si sia propagato, se quest’ultimo convenuto non abbia fornito la prova del caso fortuito e se manchi la prova del concorso di colpa del danneggiato.
E’, così, legittima la sentenza di merito con cui, premessa la valutazione giudiziale de facto delle prove raccolte, la mancanza di prova, da parte del confinante, di una condotta negligente del danneggiato e dello sviluppo del fuoco nel fondo di altro soggetto e dunque accertato il nesso di causalità, venga disposto il risarcimento in favore del proprietario del fondo contiguo danneggiato, anche se non sia stata rinnovata la c.t.u. stante gli otto anni trascorsi tra l’incendio e l’inizio del processo d’appello ed anche se il danneggiato abbia addebitato la responsabilità del danno al confinante soltanto apparentemente ai sensi di un altro articolo previsto dall’ordinamento giuridico. Il principio si argomenta nella sentenza numero 11349 della Corte di Cassazione, depositata il 22 maggio 2014. Il caso. Un soggetto otteneva il risarcimento dei danni subìti dal fondo di proprietà a causa di un incendio come affermato da apposita c.t.u. sviluppatosi nel fondo del terzo confinante, per inadeguata manutenzione, il quale nella perizia di parte, non contestata dal danneggiato, aveva sostenuto che l’incendio si fosse sprigionato dal fondo di un altro soggetto. La decisione veniva confermata in secondo grado, senza rinnovazione della c.t.u. Responsabilità e risarcimento tra fatto e danno gli adempimenti processuali e sostanziali e la causalità. In primis , vanno richiamati gli articolo 9, 32 e 42 Cost., 832, 1227, 2043, 2051 e 2697 c.c., 156, 183 e 360 c.p.c All’uopo, bisogna stabilire, sul piano logico-formale, oneri, obblighi e diritti di entrambe le parti processuali e i poteri del giudice di merito e di legittimità è necessario, quindi, focalizzarsi sul concetto di illecito, danno, prova ed adempimento. Sotto il profilo formale, varie le osservazioni da effettuare. La prima sull’onere di contestazione dei fatti allegati negli atti introduttivi del giudizio esso è incentrato sul comportamento del convenuto e, quindi, non sussiste per qualsiasi allegazione in fatto compiuta dalla controparte, bensì esclusivamente quando il convenuto ammetta i fatti dedotti dall’attore ma vi aggiunga ulteriori circostanze impeditive, modificative od estintive della richiesta attorea. La seconda sul valore della perizia di parte, quale mera opinione e quindi da non contestare necessariamente, e della consulenza tecnica d’ufficio che non costituisce mezzo di prova, è rimessa alla discrezionalità del magistrato di merito, è rinnovabile se erronea od insufficiente e non vale a sostituire l’onere probatorio gravante sulle singole parti. La terza sui poteri del giudice in sede di merito, vincolato ai fatti prospettati dalle parti e non alle qualificazioni giuridiche dalle stesse formulate, in virtù del principio iura novit curia egli può, quindi, accogliere la domanda in base ad una norma diversa da quella su cui è stato investito a condizione, però, che il ricorrente abbia dedotto gli elementi di fatto tipici della norma poi applicata. Allo stesso modo, non è inammissibile l’atto introduttivo del giudizio affetto da vizio di sussunzione, quando cioè il ricorrente abbia erroneamente inquadrato il presunto errore commesso dal giudice di merito, se nel medesimo atto sia chiaramente individuabile il fatto reclamato e ciò in virtù del principio di validità degli atti processuali idonei al conseguimento dello scopo Cass., SS.UU., numero 17931/2013 . Sul piano sostanziale, va ricordato che trattasi di responsabilità oggettiva, con nesso causale tra cosa ed evento Cass., nnumero 8229/2010, 4279/2008 e 28811/2008 , e non per colpa in tal senso, dovrebbe, quindi, parlarsi di rischio da custodia piuttosto che di colpa nella custodia e di presunzione di responsabilità piuttosto che di colpa presunta . All’uopo, per causalità deve intendersi una qualsiasi azione che abbia posto in essere un antecedente indispensabile per la realizzazione dell’evento ovvero un’azione adeguata - idonea a generarlo. Non è, dunque, rilevante accertare se il fondo fosse o sia , o meno, in buono stato manutentivo e dotato di barriere tagliafuoco ovvero incolto e pericoloso nonchè se il fuoco avesse o abbia , o meno, avuto inizio nel fondo del terzo-convenuto Cass., numero 17471/2007 . Segnatamente, il custode può liberarsi dalla responsabilità “speciale” provando il caso fortuito e non la propria diligenza nella custodia il custode negligente non risponde, infatti, in modo diverso dal custode perito e prudente, se la res ha provocato danni a terzi. E’ da tenere presente, infine, che il giudizio sull’eventuale incidenza del comportamento del danneggiato nella produzione del danno non possa prescindere dalla considerazione della natura della cosa e debba, invece, tenere conto delle modalità che, in concreto e normalmente, ne caratterizzino la fruizione Cass., numero 4476/2011 . L’onere probatorio incide, eziologicamente, sull’imputazione “reale” del nocumento. In ambito di responsabilità civile del proprietario, l’attraversamento, da parte di un incendio, del proprio fondo e la conseguente propagazione costituiscono i presupposti idonei ex lege per la configurabilità del fatto come illecito in termini formali, non ha, peraltro, rilevanza che il danneggiato abbia invocato, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, la responsabilità ex articolo 2043 c.c. e non ai sensi della norma poi concretamente applicata dal giudice nel provvedimento di condanna. Ergo , il ricorso va rigettato.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 gennaio – 22 maggio 2014, numero 11349 Presidente Russo – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Il 3.7.1998 nel territorio del Comune di Augusta SR si verificò un incendio che danneggiò il fondo di proprietà della sig.a G.N. . 2. Nel 1999 la sig.a G.N. convenne dinanzi al Tribunale di Siracusa, sezione staccata di Augusta, i sigg.ri N.C. e N.N.B. alla cui morte, nel corso del giudizio, succederanno gli eredi F.S. , F.F. e Fo.Fa. , allegando che l'incendio si era sviluppato nel fondo di proprietà dei convenuti a causa di una inadeguata manutenzione, e chiedendone la condanna al risarcimento del danno. 3. Con sentenza 13.4.2005 il Tribunale accolse la domanda. La sentenza venne appellata dai soccombenti, ed in via incidentale dalla sig.a G.N. . La Corte d'appello di Catania, con sentenza 21.4.2009 n, 530, rigettò entrambe le impugnazioni. 4. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dai sigg.ri N. - F. , in base ad undici motivi. Ha resistito con controricorso la sig.a G.N. . Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso. 1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sia incorsa in una nullità processuale, ai sensi dell'articolo 360, numero 4, c.p.c Espongono, al riguardo, che costituendosi nel giudizio di primo grado essi avevano depositato una perizia di parte, nella quale si esponevano fatti di per sé dimostrativi della loro incolpevolezza in particolare, in quella perizia di parte si sosteneva che l'incendio foriero del danno si era sprigionato dal fondo di una terza persona, tale C.C. . Aggiungono che, dopo la costituzione dei convenuti, l'attrice non aveva contestato, nel termine di cui all'articolo 183 c.p.c., i contenuti della suddetta perizia di parte. Tali fatti, concludono di conseguenza i ricorrenti, dovevano considerarsi pacifici, acquisiti irreversibilmente agli atti della causa . 1.2. Il motivo è manifestamente infondato, per tre ragioni. La prima ragione è che l'onere di contestazione concerne i fatti allegati dalla controparte negli atti introduttivi del giudizio, non nei documenti ad essi allegati. La seconda ragione è che una perizia di parte non è che una mera opinione, e la parte contro la quale viene prodotta non ha alcun onere di contestarla. La terza ragione è che l'onere di contestazione gravante sul convenuto si atteggia in modo diverso, a seconda del tipo di difese sollevate dal convenuto. Se il convenuto ammette i fatti dedotti dall'attore, ma vi aggiunge ulteriori circostanze di fatto impeditive, modificative od estintive della pretesa attorea, l'attore ha l'onere di contestare tali fatti, i quali in mancanza devono ritenersi ammessi. Se, invece, il convenuto nega i fatti dedotti dall'attore, e ne fornisce una versione diversa e contrastante con quella posta a fondamento della domanda, l'attore non ha alcun onere di contestare espressamente tali circostanze, la cui contestazione è in re ipsa nel fatto stesso di coltivare la domanda. Del resto, se così non fosse, si perverrebbe all'assurdo che ciascuna delle parti avrebbe sempre e comunque l'onere di replicare a qualsiasi allegazione in fatto compiuta da controparte, ed il processo genererebbe una sequela interminata di duplicationes e replicationes . Così, ad esempio, se l'attore domandi il pagamento dell'obbligazione, ed il convenuto neghi l'esistenza di questa, a voler seguire la tesi prospettata dai ricorrenti l'attore dovrebbe in questo caso espressamente contestare l'inesistenza dell'obbligazione, a pena di rigetto della domanda e fatto ciò toccherebbe al convenuto tornare ad insistere sull'inesistenza dell'obbligazione, e così via all'infinito. 2. Il secondo motivo di ricorso. 2.1. Col secondo motivo i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia violato l'articolo 2051 c.c., per avere affermato la responsabilità dei convenuti in base al solo rilievo che l'incendio si sia propagato dal fondo di questi a quello degli attori, senza accertare se il fondo dei convenuti fosse stato o meno in condizioni di abbandono tali da favorire lo sviluppo o la propagazione delle fiamme. I ricorrenti lamentano formalmente il vizio di cui all'articolo 360 numero 4, ma deve ritenersi questa indicazione un evidente lapsus calami , posto che nella illustrazione del motivo si denuncia un tipico vizio di violazione di legge. Lo stesso errore ricorre anche nei successivi nove motivi di ricorso, e varrà dunque anche per essi quanto appena detto. 2.2. Il motivo è manifestamente infondato. Il proprietario di un fondo dal quale si propaghi un incendio che danneggi il fondo finitimo è responsabile del danno ai sensi dell'articolo 2051 c.c. a nulla rilevando se il suo fondo fosse incolto e pericoloso, oppure coltivato e ben tenuto. Nemmeno è rilevante, al fine di escludere la responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c., accertare se l'incendio abbia avuto inizio in un diverso fondo per poi invadere quello del convenuto e, successivamente, quello dell'attore. Sez. 3, Sentenza numero 17471 del 09/08/2007, Rv. 598952 citata dagli stessi ricorrenti che però omettono di dar conto dell'effettivo contenuto precettivo della decisione, ovvero che deve ritenersi infondata la tesi secondo cui presupposto indefettibile [per l'applicazione dell'articolo 2051 c.c.] sarebbe la nascita ab origine dell'incendio nell'immobile oggetto della custodia . Ciò in quanto la circostanza che il fuoco abbia comunque attraversato un fondo per propagarsi a quello confinante è di per sé idonea a far sorgere la responsabilità del proprietario ai sensi dell'articolo 2051 c.c., trattandosi di un danno indubitabilmente arrecato da una cosa in custodia. 3. Il terzo motivo di ricorso. 3.1. Col terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia violato gli articolo 2051 e 2697 c.c., sia viziata da violazione di legge. Espongono, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe da un lato omesso di accertare se il fondo dei convenuti era o meno in condizioni tali da favorire la propagazione dell'incendio e dall'altro sollevato gli attori dall'onere di provare il nesso di causa tra il fondo N. ed i danni patiti dagli attori. 3.2. Il motivo è manifestamente infondato. Che l'incendio fonte di danno abbia attecchito nel fondo N. , e da questo si sia propagato al fondo G. è circostanza pacifica, e comunque ammessa dagli stessi ricorrenti a pag. 6 del ricorso. Una volta accertato che l'incendio si sia propagato dal fondo dei convenuti quello dell'attrice, sarebbe stato onere dei primi provare che il fatto fosse dipeso dal fortuito. Non avendo i convenuti fornito tale prova, correttamente la Corte d'appello ha posto a carico dei sigg.ri N. la responsabilità dell'accaduto, ai sensi dell'articolo 2051 c.c Nessuna necessità vi era, per contro, di accertare quale fosse lo stato del fondo N. all'epoca dell'incendio, giacché il custode si libera della responsabilità di cui all'articolo 2051 c.c. non già limitandosi a dimostrare di essere stato diligente nella custodia, ma dimostrando che la causa concreta e specifica del danno sia da ricercare nel caso fortuito. Pertanto a il Tribunale non era tenuto ad accertare se il fondo N. fosse ben tenuto o meno, perché tale circostanza non sarebbe bastata ad escludere la responsabilità dei convenuti b il Tribunale non ha affatto sollevato l'attrice dall'onere di provare il nesso di causa tra cosa in custodia al convenuto e danno semplicemente, questo nesso di causa non è mai stato in discussione. 4. Il quarto motivo di ricorso. 4.1. Col quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza sia motivata in modo viziato. La Corte d'appello, secondo i ricorrenti, avrebbe errato nell'accogliere la domanda di risarcimento senza tenere conto del fatto che il fondo N. era in buono stato manutentivo e dotato di barriere tagliafuoco. 4.2. Il motivo è manifestamente infondato. Si è già detto che la responsabilità del custode è una responsabilità oggettiva, non una responsabilità per colpa. Essa è esclusa dalla prova del caso fortuito, non da quella che il custode sia stato diligente nella custodia. Conseguentemente, l'accertamento delle condizioni del fondo N. al momento dell'incendio era del tutto superfluo ai fini dell'accoglimento o del rigetto della domanda. 5. Il quinto motivo di ricorso. 5.1. Col quinto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano - formalmente - che la sentenza abbia violato gli articolo 2051 e 1227 c.c., per avere trascurato di prendere in esame la condotta negligente della danneggiata, la quale aveva costituito una concausa del danno. 5.2. Il motivo, nella sua sostanza e per come illustrato, più che una violazione di legge censura un vizio di motivazione, rappresentato dall'omessa valutazione di vari elementi di prova. Ciò tuttavia non ne comporta l'inammissibilità, alla luce del principio secondo cui nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. vizio di sussunzione e cioè erri nell'inquadrare l'errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall'articolo 360 c.p.c. , il ricorso non può per questa sola ragione essere dichiarato inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l'errore di cui si duole. Depongono in tal senso sia il generale principio di validità degli atti processuali idonei al conseguimento dello scopo articolo 156 c.p.c. sia il generale principio jura novit curia , in virtù del quale è compito del giudice individuare la norma applicabile alla fattispecie anche processuale , a nulla rilevando l'eventuale erronea indicazione compiuta dalla parte sia, soprattutto, i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali -componendo i precedenti contrasti - hanno stabilito che l'erronea indicazione del motivo di ricorso resta ininfluente, quando la motivazione del ricorso contenga comunque un inequivoco riferimento al vizio di cui la parte intende effettivamente dolersi Sez. U, Sentenza numero 17931 del 24/07/2013 . 5.3. Nel merito, il motivo è tuttavia infondato. La Corte d'appello non ha affatto trascurato di esaminare l'eccezione di concorso colposo della vittima nella produzione del danno l'ha esaminata e l'ha rigettata, ritenendo pag. 8 della sentenza che mancasse nella specie la prova d'una condotta negligente dell'attrice. Tale valutazione, avendo ad oggetto un tipico giudizio di fatto, è ovviamente incensurabile in questa sede. 6. Il sesto motivo di ricorso. 6.1. Col sesto motivo di ricorso i sigg.ri N. - F. allegano che la sentenza impugnata sia affetta da un vizio di motivazione, nella parte in cui ha escluso un concorso di colpa della vittima, senza tenere conto del fatto che questa avesse vanificato la protezione garantita da un muro tagliafuoco, lasciando che sopra ed accanto ad esso crescesse la vegetazione. 6.2. Il motivo è manifestamente infondato. Come già detto, infatti, la Corte ha adeguatamente motivato il rigetto dell'eccezione di concorso colposo della vittima nella produzione del danno, ritenendo non fornita la prova di tale concorso colposo. Quanto, poi, alla allegazione attorea secondo cui i fatti costitutivi della colpa dell'attrice dovessero ritenersi provati perché descritti dal consulente di parte dei convenuti in una propria perizia giurata, essa è del tutto infondata per le ragioni già indicate supra, p.1.2. 7. Il settimo motivo di ricorso. 7.1. Col settimo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata avrebbe violato l'articolo 2051 c.c., nella parte in cui ha rigettato la domanda formulata dai convenuti odierni ricorrenti nei confronti del terzo chiamato in causa, sig. C.C. . Deducono, al riguardo, che per un verso la responsabilità di questi si sarebbe dovuta affermare ai sensi dell'articolo 2051 c.c. e per altro verso che comunque l'istruttoria compiuta nei gradi di merito aveva dimostrato che le condizioni di incuria in cui versava il terreno di proprietà del sig. C.C. avevano contribuito alla propagazione dell'incendio dal fondo di quest'ultimo a quello dei convenuti. 7.2. Il motivo è manifestamente inammissibile. La Corte d'appello ha rigettato la domanda proposta dai sigg.ri N. nei confronti del sig. C.C. ritenendo non esservi prova veruna che l'incendio si fosse sviluppato nel fondo di quest'ultimo, e che da qui si fosse propagato dapprima a quello dei sigg.ri N. , e quindi a quello della sig.a G. . Dunque nessuna violazione dell'articolo 2051 co vi fu da parte della Corte d'appello, ma una semplice e legittima valutazione in facto delle prove raccolte, incensurabile in sede di legittimità. 8. L'ottavo motivo di ricorso. 8.1. Con l'ottavo motivo di ricorso i sigg.ri N. - F. lamentano che la sentenza impugnata sarebbe sorretta da una motivazione insufficiente, nella parte in cui ha rigettato la domanda da essi proposta nei confronti del terzo chiamato in causa C.C. . Tale motivazione sarebbe insufficiente perché, secondo i ricorrenti, non avrebbe tenuto conto dei fatti descritti nella perizia giurata del proprio consulente di parte, che - in quanto non contestati - dovevano ritenersi accertati in via definitiva. Sarebbe, altresì, contraddittoria, perché il giudice avrebbe adottato la propria decisione senza previamente rinnovare la consulenza tecnica d'ufficio, come richiesto dagli odierni ricorrenti. 8.2. Il motivo è manifestamente infondato, per l'inaccettabilità dell'assunto su cui si fonda e cioè che i fatti descritti in una perizia di parte debbano darsi per ammessi se non tempestivamente contestati. Della erroneità di tale testi si è già detto supra, p.1.2, e non mette conto ripetersi. Quanto alla scelta di non rinnovare la consulenza tecnica d'ufficio, essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, ed è insindacabile in sede di legittimità. 9. Il nono motivo di ricorso. 9.1. Col nono motivo di ricorso i sigg.ri N. - F. lamentano che la sentenza impugnata sarebbe sorretta da una motivazione viziata, ai sensi dell'articolo 360, numero 5, c.p.c Il vizio deriverebbe dalla decisione istruttoria con cui la Corte d'appello, dopo avere disposto una consulenza tecnica d'ufficio, ha rigettato sia l'istanza formulata dagli odierni ricorrenti di sostituzione del consulente sia quella di rinnovazione delle indagini di consulenza. 9.2. Il motivo è manifestamente inondato, posto che a la c.t.u. non è un mezzo di prova, è rimessa alla discrezionalità del giudice e non può essere utilizzata per aggirare l'onere probatorio gravante sulle parti b una consulenza tecnica può essere rinnovata quando è erronea od insufficiente, non quando non abbia fornito gli esiti sperati da una delle parti c l'incendio si verificò nel 1998, ed il processo d'appello iniziò nel 2006 otto anni sono un tempo più che sufficiente per distruggere qualsiasi traccia di un incendio, sicché corretta fu la motivazione con la quale la Corte d'appello ritenne inutile, a causa del tempo trascorso, disporre una nuova consulenza. 10. Il decimo motivo di ricorso. 10.1. Col decimo motivo di ricorso i sigg.ri N. - F. lamentano un vizio di extrapetizione, ai sensi dell'articolo 360, numero 4, c.p.c Si dolgono, in particolare, del fatto che la Corte d'appello abbia affermato la loro responsabilità ai sensi dell'articolo 2051 c.c., mentre l'attrice con l'atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado ne aveva invocato la responsabilità ai sensi dell'articolo 2043 c.c 10.2. Il motivo è manifestamente infondato. Quel che vincola il giudice sono i fatti prospettati dalle parti, non le qualificazioni giuridiche da esse formulate. Dunque il giudice investito da una domanda di risarcimento del danno formulata ai sensi dell'articolo 2043 c.c. può accoglierla in base all'articolo 2051 c.c., se chi la formulò dedusse comunque gli elementi di fatto tipici della responsabilità del custode e cioè rapporto di custodia, qualità di custode e nesso di causa tra cosa e danno . Allo stesso modo, e converso, il giudice investito da una domanda di risarcimento del danno formulata ai sensi dell'articolo 2051 c.c. può accoglierla in base all'articolo 2043 c.c., se nella domanda siano compiutamente descritti i fatti costitutivi della responsabilità aquiliana e cioè condotta colposa, nesso di causa e danno . Nel caso di specie, dall'esame dell'atto di citazione - consentito dalla natura processuale del vizio denunciato - si rileva che la sig.a G.N. a allegò che i convenuti erano proprietari del fondo e ne avevano altresì la detenzione allegò, quindi un tipico rapporto di custodia b allegò che il fuoco si era propagato al proprio fondo da quello dei sigg.ri N. allegò, quindi, un tipico danno causato dalla cosa . Pertanto, di fronte a queste allegazioni di fatto, correttamente la Corte d'appello ha fatto applicazione dell'articolo 2051 c.c., né bisogno alcuno v'era che tale norma fosse espressamente invocata dall'attrice, in virtù del noto principio jura novit curia . 11. L'undicesimo motivo di ricorso. 11.1. Con l'undicesimo motivo di ricorso i sigg.ri N. - F. censurano la sentenza impugnata nella parte in cui li ha erroneamente ed ingiustamente condannati alle spese del doppio grado di giudizio. 11.2. Il motivo è inammissibile perché, pur deducendo un error iuris , non è concluso dal quesito di diritto prescritto dall'articolo 366 bis c.p c, applicabile ratione temporis . 12. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell'articolo 385, comma 1, c.p.c P.Q.M. la Corte di cassazione - rigetta il ricorso - condanna N.C. , F.S. , F.F. e Fo.Fa. in solido alla rifusione in favore di G.N. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 4.500, di cui 200 per spese vive.