C’è abuso di ufficio, ma solo in presenza di tutti i presupposti

In tema di abuso di ufficio, il sindaco e l’assessore all’urbanistica non hanno il dovere di astenersi dalle delibere di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, sia individuali che pubblici.

Sicché il provvedimento ha un contenuto di carattere generale, attenendo all’assetto territoriale nel suo complesso mentre tale obbligo di astensione sussiste se il voto espresso dagli amministratori riguarda la destinazione della singola area o la specifica prescrizione, in particolare, quando il voto riguarda una variante e la relativa opposizione alla variante, concernente un’area in relazione alla quale è riconoscibile un interesse personale, anche indiretto del pubblico amministratore. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14457 del 27 marzo 2013. Omessa astensione e presenza di un interesse proprio . La Corte di Appello di Venezia, in riforma della precedente sentenza assolutoria emessa dal giudice di primo grado di Belluno, condannava per il reato di abuso di ufficio l’imputato, per avere, in qualità di Sindaco di un piccolo Comune, omesso di astenersi, in presenza di un interesse proprio nella fattispecie, aveva prestato assistenza tecnica, come perito, stendendo un progetto per la realizzazione di un albergo e la predisposizione di un contratto di permuta tra i propri clienti e altri soggetti dalla partecipazione a due sedute del Consiglio Comunale in cui erano state approvate, rispettivamente, nella prima, una variante del piano regolatore generale l’area dei suoi clienti era stata trasformata da area a destinazione turistico-alberghiera ad area residenziale e, nella seconda, rigettate tutte le osservazioni critiche ed i rilievi mossi in relazione alla precedente delibera di approvazione di variante. Tale condotta, avrebbe fatto conseguire a tali soggetti un vantaggio patrimoniale derivante da un incremento edificatorio. La Corte, condannava, rilevando come le emergenze processuali avessero provato la colpevolezza dell’imputato, avendo lo stesso, dopo la sua elezione a Sindaco, continuato ad occuparsi, in qualità di perito, di quelle questioni tecniche che riguardavano i soggetti assistiti, non essendosi astenuto dal partecipare alle indicate assemblee consiliari che avevano procurato il detto ingiusto vantaggio. Sulla non configurabilità dell’abuso di ufficio . Il ricorso dell’imputato si è articolato in una lunga serie di motivi, deducendo, in primo luogo, come l’attività dello stesso si era in realtà concretizzata tutta in un periodo anteriore alla sua elezione a sindaco in secondo luogo, che la Corte di merito, in realtà, aveva erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse obbligato ad astenersi dal partecipare alle due sedute, posto che tale obbligo, invece, non opera per l’adozione di deliberazioni di carattere generale, limitatamente all’eventuale presenza di interessi concorrenti propri o di parenti e affini entro il quarto grado, tenuto conto che le due deliberazioni non avevano connessione con la sua precedente attività di progettazione tecnica in terzo luogo, poi, riteneva erroneo quanto ulteriormente ritenuto dalla Corte di Appello, secondo la quale l’adozione delle delibere consiliari avesse procurato vantaggio ai suoi clienti, laddove, invece, si era trattato di un modesto vantaggio economico, comunque inferiore a quello indicato in imputazione e che, in ogni caso, non era stato un vantaggio acquisito contra legem, non potendo la relativa ingiustizia essere dedotta dal mancato rispetto dell’obbligo di astensione infine, che vi era stato travisamento della prova, non avendo l’imputato violato l’obbligo di astensione richiesto, avendo preso parte alla seconda assemblea solamente alla fine, senza avere nemmeno votato. Non basta un minimo vantaggio economico . La Suprema Corte, con questa pronuncia, dichiarando inammissibili ed infondati alcuni motivi, ha tuttavia, ritenuto fondati i motivi di parte relativi al contestato requisito della doppia ingiustizia ed alla astensione dalla partecipazione alla seconda seduta del Consiglio Comunale. Partendo dall’assunto della corretta applicazione dei principi di diritto, da parte della Corte di merito, circa la ritenuta omessa astensione in presenza di un interesse proprio, ha affermato che tale obbligo, nel caso concreto, non fosse originato dalla statuizione di una specifica causa di incompatibilità, quanto dalla previsione generale dell’esistenza di un proprio interesse quale quello di essere il tecnico che aveva continuato a seguire le pratiche edilizie dei soggetti avvantaggiati proprio in relazione a quei lotti di terreni che erano stati interessati dalla specifica variante al piano regolatore generale. Tuttavia, ritiene la Corte, che affinchè possa configurarsi il reato di abuso di ufficio, oltre al requisito della omissione, sia necessaria l’ingiustizia del vantaggio patrimoniale procurato o del danno arrecato, elementi questi ultimi che, nel caso specifico, non sono stati rivenuti, poiché è stato implicitamente riconosciuto che la decisione di mutamento zonale nei termini indicati, non poteva considerarsi contra legem e, dunque ingiusta, tenuto conto che ne veniva conservato il carattere fondamentale della edificabilità, venendo mutata solo la destinazione d’uso dei relativi costruendi fabbricati. Sotto altro profilo, poi, la Corte aveva travisato la prova, non avendo, in effetti considerato come in occasione della seconda seduta consiliare, l’imputato, si astenne dal prendere parte alla discussione ed al voto relativamente alla questione di che trattasi, subentrando solo successivamente al vice sindaco nella presidenza della seduta.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 - 27 marzo 2013, n. 14457 Presidente Agrò Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Venezia, in accoglimento dell'Impugnazione del P.M. ed in riforma della pronuncia assolutoria di primo grado emessa il 28/09/2011 dal Tribunale di Belluno, condannava alla pena di giustozia D.M.T.L. in relazione al reato di cui all'art. 323 cod. pen., per avere, quale sindaco del comune di omissis , omesso di astenersi in presenza di un interesse proprio, essendo egli tecnico di fiducia di A A.L. e di L.S D.L.D. , e per avere intenzionalmente procurato a sé ed agli stessi coniugi A.L. un ingiusto vantaggio patrimoniale derivante da un incremento edificatorio, con corrispondente decremento edificatorio per le parti offese C. e Z. in particolare, omettendo di astenersi e partecipando a due sedute del consiglio comunale, quella del 30/06/2006 nella quale era stata adottata la deliberazione n. 8 di variante al piano regolatore generale, con la quale la zona di proprietà dei coniugi A.L. era stata trasformata da area a destinazione turistico-alberghiera in zona residenziale e quella del 30/11/2006 nella quale era stata adotta la deliberazione n. 19 con cui erano state rigettate tutte le osservazioni critiche ed i rilievi mossi in relazione alla precedente delibera di approvazione di variante. Rilevava la Corte territoriale come le emergenze processuali avessero provato la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato contestatogli, avendo dimostrato che il D.M. , dopo la sua elezione a sindaco del comune di omissis il omissis , aveva continuato ad occuparsi, nella sua veste di perito, delle questioni tecniche concernenti i suoli di proprietà dei coniugi A.L. , e che, perciò, aveva omesso di astenersi dal partecipare alle due indicate sedute del consiglio comunale nel corso delle quali erano state adottate le deliberazioni che avevano procurato un ingiusto vantaggio ai due coniugi. Quanto alle parti civili, pur riconoscendo la loro legittimazione alla partecipazione al giudizio di secondo grado, la Corte di appello ne disattendeva le pretese sostenendo che era risultato provato che le stesse non avevano subito alcun pregiudizio, ma forse un vantaggio, dall'adozione di quelle due deliberazioni consiliari. 2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l'imputato D.M. , con atto sottoscritto dai suoi difensori avv. Giorgio Morales e avv. Paolo Neri, il quale ha dedotto - formalmente articolati in diciannove distinti motivi - la violazione di legge ed il vizio di motivazione, di seguito raggruppati nei seguenti sei punti. 2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 192 e 546 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte territoriale omesso di fornire un'adeguata motivazione circa la ricostruzione in fatto della vicenda storica, e senza tenere conto delle osservazioni formulate dalla difesa dell'imputato con la memoria del 12/06/2012, depositata nel corso del giudizio di secondo grado, alle cui argomentazioni la Corte di merito non aveva riservato alcuna attenzione e per avere omesso di chiarire che l'assistenza tecnica assicurata dal D.M. ai loro clienti, i coniugi A.L. , sì era concretizzata in attività quali la stesura di un progetto per la realizzazione di un albergo e la predisposizione di un contratto di permuta tra gli stessi A.L. ed i coniugi C. -Z. , tutte anteriori alla sua elezione del 10/06/2004 a sindaco del comune di omissis , senza neppure definire, oppure indicandole in maniera imprecisa, le condotte che l'imputato avrebbe tenuto in epoca posteriore a quella elezione. 2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 323 cod. pen., 77 e 78 d.lgs. n. 267 del 2000, e vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale erroneamente ritenuto che il D.M. fosse obbligato ad astenersi dal partecipare alle due sedute del consiglio comunale indicate nell'imputazione, posto che, in generale, tale obbligo non è operante per l'adozione di deliberazioni di carattere generale, quali quelle aventi ad oggetto i piani urbanisti, e che tale obbligo dalla legge è limitato all'eventuale sola presenza di interessi concorrenti propri o di parenti ed affini, entro il quarto grado, del pubblico amministratore e che, più in particolare, le due adottate deliberazioni di variante al piano regolatore generale, concernenti i terreni di proprietà dei coniugi A.L. , non avevano alcuna connessione con l'attività di progettazione tecnica che il D.M. aveva in precedenza svolto in favore di quei coniugi. 2.3. Violazione di legge, in relazione all'art. 323 cod. pen., e vizio di motivazione, per contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte veneta erroneamente ritenuto che l'adozione delle delibere consiliari in argomento, senza comportare alcun vantaggio per lo stesso imputato ovvero un danno alle parti civili, avessero procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale ai coniugi A.L. , laddove le prove acquisite avevano dimostrato che il vantaggio per i predetti era stato modesto , comunque inferiore rispetto a quello indicato nell'imputazione contestata, e che, in ogni caso, non era stato un vantaggio contra legem, non potendo la relativa ingiustizia essere desunta esclusivamente dal mancato rispetto dell'obbligo di astensione. 2.4. Violazione di legge, in relazione all'art. 323 cod. pen., e vizio di motivazione, per mancanza o contraddittorietà, per avere la Corte veneziana erroneamente ritenuto la sussistenza in capo all'imputato di un dolo specifico, comunque inesistente, in luogo del dolo intenzionale richiesto dalla suddetta norma incriminatrice. 2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale ingiustificatamente omesso di concedere all'imputato i benefici della sospensione condizionale della esecuzione della pena e della non menzione della condanna, benché lo stesso fosse stato giudicato meritevole, in ragione del suo stato di incensuratezza e della limitata gravità del fatto, del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed anche considerato che la sentenza di condanna era stata emessa in secondo grado in riforma della pronuncia assolutoria adottata dal primo giudice. 2.6. Vizio di motivazione, per travisamento della prova, per avere la Corte di merito ritenuto che l'imputato avesse violato l'obbligo di astensione, partecipando alla seduta del consiglio comunale del 30/11/2006, benché dal testo della deliberazione adottata fosse risultato assente ed il teste T. aveva riferito che il sindaco D.M. era arrivato nella sala delle riunioni solo alla fine della discussione, senza però prendervi parte né partecipando alla votazione finale. 3. Con memoria depositata il 26/02/2013 l'imputato è tornato a sollecitate l'annullamento della sentenza impugnata, evidenziando che il delitto contestatogli non è configurarle in quanto con le due deliberazioni indicate nel capo d'imputazione il consiglio comunale aveva adottato e confermato l'adozione della citata variante urbanistica, ma non anche approvato la stessa, con effetti meramente sospensivi di eventuali successive decisioni di rilascio di titoli edilizi contrastanti deliberazioni che, in ogni caso, non avevano procurato alcun incremento edificatorio per i terreni interessati, né di conseguenza avevano procurato alcun vantaggio o arrecato danno ad altri. 4. Contro la medesima sentenza hanno presentato ricorso anche le parti civili G C. e M Z.N. le quali, con atto sottoscritto dal loro difensore avv. Maurizio Paniz, hanno censurato la decisione impugnata, lamentandone la carenza di motivazione per non avere i Giudici di merito tenuto conto dei danni di natura morali che esse avevano subito in conseguenza della commissione del reato da parte del sindaco D.M. . Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di D.M.L. vada accolto, nei limiti e con le precisazioni che seguono. 2. I motivi del ricorso, riportati nel punto 2.1. del Ritenuto in fatto , sono inammissibili perché formulati per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge. Il ricorrente solo formalmente ha indicato, come motivo della sua impugnazione, vizi della motivazione della decisione gravata, ma non ha prospettato alcuna reale contraddizione logica, intesa come implausibilità delle premesse dell'argomentazione, irrazionalità delle regole di inferenza, ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le conclusioni né essendo stata lamentata, come pure sarebbe stato astrattamente possibile, un'incompleta descrizione degli elementi di prova rilevanti per la decisione, intesa come incompletezza dei dati informativi desumibili dalle carte del procedimento. Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello di Venezia aveva dato al contenuto delle emergenze acquisite durante l'istruttoria dibattimentale di primo grado, in specie alle prove valorizzate per ricostruzione la vicenda sotto l'aspetto fattuale ed i rapporti tra l'imputato ed i coniugi A.L. . E tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal proporre un travisamento delle prove , vale a dire una incompatibilità tra l'apparato motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell'intera motivazione, è stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di travisamento dei fatti oggetto di analisi, sollecitando un'inammissibile rivalutazione dell'intero materiale d'indagine, rispetto al quale è stata proposta dalla difesa una spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale nell'ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente. Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., ad opera dell'art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n, 46, mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova , che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto permesso dedurre il vizio del travisamento del fatto , stante la preclusione per il giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che, in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione così, tra le tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623 Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215 . La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede una sintetica ma stringente e completa capacità persuasiva, e nella stessa non sono riconoscibili vizi di manifesta illogicità, né violazioni delle norme processuali attinenti all'impiego dei criteri di valutazione delle prove e di rendicontazione nella motivazione del provvedimento decisionale avendo la Corte veneta analiticamente spiegato come il D.M. , dopo la sua elezione a sindaco del comune di OMISSIS , solo formalmente aveva esaurito la sua attività professionale svolta in favore dei coniugi A.L. per i quali aveva progettato un albergo e predisposto una bozza del contratto di permuta, poi dai suoi clienti stipulato con i coniugi C.Z. dai quali, secondo le intese, aveva pure ricevuto un assegno che non aveva, però, incassato , avendo in realtà continuato ad occuparsi delle questioni tecniche relative alla edificazione di quei suoli, posto che, nel marzo del 2006, in una lettera del legale che stava seguendo gli A.L. nella controversia civile instaurata dai C.Z. , il D.M. era stato espressamente indicato come il tecnico dei primi, come, peraltro, l'A. aveva pure finito per ammettere nel corso del suo esame dibattimentale v. pagg. 10-11 sent. impugn. . 3. Infondati sono i motivi riportati nel punto 2.2. del Ritenuto in fatto . La norma che incrimina l'abuso di ufficio, nella parte relativa all'omessa astensione In presenza di un interesse proprio dell'agente o di un prossimo congiunto, ha introdotto nell'ordinamento, in via diretta e generale, un dovere di astensione per i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che si trovino in una situazione di conflitto di interessi. Dunque l'inosservanza di tale dovere comporta l'integrazione del reato anche quando faccia difetto, per il procedimento ove l'agente è chiamato ad operare, una specifica disciplina dell'astensione, o nei casi in cui la disciplina eventualmente esistente riguardi un numero più ridotto di ipotesi o sia priva di carattere cogente Sez. 6, n. 7992/05 del 19/10/2004, Evangelista, Rv. 231477 . Di tale principio di diritto la Corte di appello di Venezia ha fatto corretta applicazione sottolineando, con una motivazione priva di vizi di illogicità, come l'obbligo di astensione a carico del sindaco D.M. derivasse, nel caso di specie, non dalla statuizione di una specifica causa di incompatibilità, bensì dalla previsione generale dell'esistenza di un proprio interesse, quale quello di essere il tecnico che aveva continuato a seguire le pratiche edilizie dei coniugi A.L. proprio in relazione a quel lotti di terreni che erano stati interessati dalla specifica variante al piano regolatore generale. Né è sostenibile che un obbligo di astensione non sussistesse in capo all'odierno imputato con riferimento all'approvazione di deliberazioni che, riguardando uno strumento urbanistico quale il piano regolatore generale, avevano una valenza di carattere generale, poiché le stesse avevano, in realtà, ad oggetto una ben determinata variante a quel piano, direttamente riferibile ai lotti di terreno dei suddetti coniugi. In tal senso, la soluzione privilegiata dalla Corte territoriale risulta conforme all'indirizzo della giurisprudenza di legittimità per il quale, in tema di abuso di ufficio, il sindaco e l'assessore all'urbanistica non hanno il dovere di astenersi dalla delibera di approvazione del piano regolatore generale, trattandosi di un atto finale di un procedimento complesso in cui vengono valutati, ponderati e composti molteplici interessi, sia individuali che pubblici, sicché il provvedimento ha un contenuto di carattere generale, attenendo all'assetto territoriale nel suo complesso mentre tale obbligo di astensione sussiste se il voto espresso dagli amministratori riguarda la destinazione della singola area o la specifica prescrizione, come è accaduto nella fattispecie nella quale il voto aveva avuto ad oggetto una variante e poi la relativa opposizione alla variante, concernente un'area in relazione alla quale è riconoscibile un interesse personale, anche indiretto, del pubblico amministratore in questo senso Sez. 6, n. 44620 del 26/10/2004, P.C. in proc. Silini ed altri, Rv. 230600 Sez. 6, n. 11600 del 15/02/2000, Cerullo, Rv. 220802 Sez. 6, n. 2662 del 23/09/1998, Brescia, Rv. 211752 . 4. Fondati appaiono, invece, I motivi denunciati dal ricorrente con riferimento al requisito della c.d. doppia ingiustizia ed alla astensione dalla partecipazione alla seduta del consiglio comunale del 30/11/2006, di cui rispettivamente ai punti 2.3. e 2.6. del Ritenuto in fatto . Costituisce oramai espressione di un consolidato orientamento interpretativo il principio secondo il quale, ai fini dell'integrazione del reato di abuso di ufficio, anche nel caso di violazione dell'obbligo di astensione, è necessario che a tale omissione, già fonte di una violazione di legge, si aggiunga l'ingiustizia del vantaggio patrimoniale procurato o del danno arrecato così, tra le diverse, Sez. 6, n. 47978 del 27/10/2009, P.G. in proc. Calzolari, Rv. 245447 Sez. 6, n. 26324 del 26/04/2007, P.M. in proc. Borrelli, Rv. 236857 Sez. 6, n. 11415 del 21/02/2003, Gianazza, Rv. 224070 . Ora, nel caso in esame la Corte distrettuale aveva rilevato come, per effetto dell'adozione della deliberazione di variante del piano regolatore generale, l'area di proprietà dei coniugi A.L. , interessata ad una trasformazione zonale, mutata da zona turistico-alberghiera a zona residenziale, avesse sicuramente beneficiato di un situazione di vantaggio con riflessi di natura patrimoniale dato che, con quel mutamento, era stato incrementato, sia pur in maniera minima, l'indice di fabbricabilità, e l'area sarebbe stata direttamente edificabile senza necessità dell'approvazione di un piano attuativo e con oneri di urbanizzazione inferiori ma, a differenza del Giudice di prime cure che aveva escluso la ricorrenza dell'ingiustizia del vantaggio sottolineando come l'approvazione di quella variante non aveva comportato alcuna violazione delle norme oggettive regolanti l'assetto del territorio - v. pag. 7 sent. 1^ grado , la Corte di secondo grado aveva sostenuto la ricorrenza di tale requisito per il fatto che la variante era stata attuata mediante un ampliamento della zona residenziale a scapito della zona, ovviamente di interesse generale, destinata a favorire il turismo v. pag. 12 sent. impugn. . Affermazione, questa, nella quale è riconoscibile una manifesta illogicità nel percorso argomentativo, poiché è stato implicitamente riconosciuto che quella decisione di mutamento zonale nei termini indicati non poteva considerarsi propriamente contra legem e, dunque, ingiusta, tenuto conto che ne veniva conservato il carattere fondamentale della edificabilità e mutata sola la destinazione d'uso dei relativi costruendi fabbricati, utilizzabili non più per finalità alberghiere, bensì per scopi residenziali ingiustizia del vantaggio che è stata desunta esclusivamente da un generico interesse della collettività a che a quella zona venisse conservata ad una destinazione esclusivamente di tipo turistico. Si tratta di una lacuna motivazionale - tanto più evidente in ragione del fatto che la seconda sentenza di condanna, pronunciata in riforma della prima di assoluzione, avrebbe dovuto avere una forza persuasiva superiore, tale da permettere di superare ogni ragionevole dubbio - che impone l'annullamento della sentenza di condanna senza rinvio, in quanto un eventuale giudizio di rinvio, per la puntuale e completa disamina del materiale acquisito e utilizzato nei pregressi giudizi di merito, non potrebbe in alcun modo colmare la situazione di vuoto probatorio storicamente accertata in senso conforme Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, P.G., Andreotti e altro, Rv. 226100 . Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento all'ultimo motivo del ricorso presentato nell'interesse dell'imputato, poiché dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, oltre che dagli atti allegati all'atto di impugnazione, risulta con certezza che, in occasione della seduta del consiglio comunale del 30/11/2006, l'imputato D.M. si astenne dal prendere parte alla discussione e al voto sul primo punto all'ordine del giorno, quello avente ad oggetto le osservazioni critiche mosse contro la precedente decisione di variante al piano regolatore generi, ed interne fisicamente, entrando nell'aula delle solo nella fase finale in quanto, come chiarito dal teste T. , interessato a subentrare al vicesindaco nella presidenza della seduta ed a partecipare alle attività del consiglio per la trattazione dei successivi punti all'ordine del giorno. Resta, così, assorbito l’esame dei motivi riportati nei punti 2.4. e 2.5. del Ritenuto in fatto . 5. I ricorsi delle parti civili C.G. e Z.N.M. sono inammissibili in quanto presentati il 31/10/2012, senza il rispetto del termine di quarantacinque giorni, di cui all’art. 585 comma 1 lett. c cod. proc. pen., decorrente dal 16/09/2012, e cioè dal primo giorno successivo all’intervallo di sospensione durante il periodo feriale, essendo stata la motivazione della sentenza depositata entro quel periodo e nel rispetto del termine indicato dalla Corte di appello nel dispositivo ai sensi dell’art. 544 comma 3 del codice di rito. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna delle parti civili al pagamento in favore dell’erario delle spese del presente procedimento ed a quello in favore della Cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare per ciascuna nell’importo indicato nel dispositivo che segue. P.Q.M. In accoglimento del ricorso dell’imputato, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Dichiara inammissibili i ricorso delle parti civili e condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuna della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.