Il fatto che il verbale sia stato redatto 9 ore dopo, presso il comando dei carabinieri, nulla toglie alla tempestività dell’intervento nel quale si è fatto luogo materialmente all’arresto.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 12325, depositata il 15 marzo 2013. Il caso. Il Gip di Firenze convalidava l’arresto nei confronti di un uomo, in flagranza del reato di lesione volontaria grave ai danni di un parente, causategli facendolo cadere per le scale con un calcio. L’imputato, vista l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, propone ricorso per cassazione deducendo la carenza del presupposto legittimante l’arresto la flagranza di reato. Il verbale è tempestivo anche se redatto dopo 9 ore. Ma la S.C. ritiene sussistente tale presupposto. Infatti, quando sono intervenuti i carabinieri, l’imputato si trovava ancora all’interno dell’abitazione della vittima, «per cui la condotta criminosa si sarebbe potuta ulteriormente protrarre». E, aggiunge la Corte, il fatto che il verbale sia stato redatto 9 ore dopo, presso il comando dei carabinieri, «nulla toglie alla tempestività dell’intervento nel quale si è fatto luogo materialmente all’arresto». Il fatto è grave e il soggetto pericolo Infine, anche se nel caso di specie la privazione dello status libertatis era, indubbiamente, facoltativa, il giudice di merito ha opportunamente evidenziato la gravità del fatto in ogni suo aspetto e la pericolosità del soggetto. Pertanto, la Cassazione non può far altro che rigettare il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 novembre 2012 – 15 marzo 2013, numero 12325 Presidente Zecca – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 14 aprile 2012 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze ha convalidato l'arresto eseguito dai carabinieri di Figline Val d'Arno nei confronti di G C. , in flagranza del reato di lesione volontaria grave ai danni di G C. , causatagli facendolo cadere per le scale con un calcio contestualmente ha disposto l'applicazione all'indagato della misura della custodia cautelare in carcere. 2. Avverso il provvedimento di convalida dell'arresto ha proposto personalmente ricorso per cassazione il C. , affidandolo a due motivi. 2.1. Col primo motivo il ricorrente deduce la carenza del presupposto legittimante l'arresto costituito dalla flagranza di reato osserva, in proposito, che dal verbale redatto dai carabinieri risulta che l'intervento sul posto delle forze dell'ordine ha avuto luogo alle ore 3.20 circa del giorno 11 aprile 2012, mentre l'arresto è stato eseguito alle ore 17.30, cioè dieci recte nove ore più tardi aggiunge che la polizia giudiziaria è venuta a conoscenza del fatto non già per percezione diretta, ma soltanto attraverso una ricostruzione eseguita in base alle dichiarazioni raccolte dagli interessati. 2.2. Col secondo motivo il C. , evidenziando il carattere meramente facoltativo dell'arresto in relazione al titolo di reato, rimprovera al g.i.p. di non aver motivato la convalida in base alla gravità del fatto o alla pericolosità del suo autore, ma soltanto valutando la legittimità formale dell'arresto, e di essersi addentrato nella disamina delle circostanze del fatto e della personalità dell'indagato soltanto nella parte giustificativa dell'adozione della misura cautelare. 3. Con una memoria depositata il 16 novembre 2012 il ricorrente, in replica alle conclusioni formulate dal Procuratore Generale in sede ex articolo 611 cod. proc. penumero , si oppone alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, sottolineando di avere dedotto motivi di legittimità. Considerato in diritto 1. Preliminarmente è opportuno osservare che la richiesta avanzata dal Procuratore Generale con atto datato 26 giugno 2012 non è indirizzata a una declaratoria di inammissibilità del ricorso perché basato su motivi non consentiti, come mostra di ritenere il C. , ma al rigetto di esso per infondatezza delle censure dedotte a suo sostegno. La memoria depositata dal ricorrente non coglie, pertanto, nel segno. 2. Quanto alle ragioni di critica mosse all'ordinanza impugnata, ne va rimarcata l'infondatezza. 2.1. Sussistono, invero, i presupposti di legge perché possa ritenersi legittimamente effettuato l'arresto in flagranza i carabinieri sono intervenuti sul posto, secondo quanto accertato dal giudice di merito, subito dopo l'episodio lesivo svoltosi in danno di Gi Ca. , quando ancora il C. si trovava nell'abitazione di costui, per cui la condotta criminosa si sarebbe potuta ulteriormente protrarre di ciò gli operanti hanno avuto diretta percezione, così come delle lesioni riportate dalla persona offesa frattura del femore a seguito della caduta per le scale. Il fatto che il verbale di arresto sia stato formalmente redatto alcune ore dopo presso il comando dei carabinieri, secondo una prassi di notoria applicazione, nulla toglie alla tempestività dell'intervento nel quale si è fatto luogo materialmente all'arresto. 2.2. La privazione dello status libertatis del C. era, indubbiamente, facoltativa e di ciò da atto l'ordinanza del g.i.p. ma la motivazione rende conto della valutazione, da parte del giudice, della gravità del fatto in ogni suo aspetto, come emerge dal riferimento a “la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell'azione”, denotanti una particolare intensità del dolo. Quanto alla pericolosità dell'indagato, nel provvedimento sono valorizzati, oltre ai precedenti penali, anche quelli di polizia i quali, secondo la giurisprudenza di legittimità, concorrono a mettere in luce la personalità del soggetto ai fini della determinazione della pena ex articolo 133 cod. penumero Sez. 6, numero 21838 del 23/05/2012, Giovane, Rv. 252881 e, quindi, anche ai fini della valutazione della pericolosità ai sensi dell'articolo 381, comma 4, cod. proc. penumero , che sugli stessi criteri va calibrata. 2.3. Non sussiste, pertanto, la denunciata carenza motivazionale né il provvedimento può dirsi inficiato dal fatto che la motivazione sulla legittimità dell'arresto debba integrarsi con le argomentazioni svolte in ordine all'emissione della misura cautelare, trattandosi di statuizioni assunte in un unico contesto e, come tali, suscettibili di una lettura coordinata. 3. Il rigetto del ricorso, che pianamente consegue a quanto fin qui osservato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.