Vendita di prodotti finanziari: gravano sulla banca gli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza

Dal Tribunale di Massa «il contratto di intermediazione finanziaria è annullabile ai sensi dell’articolo 1429 n.2 c.c. qualora l’intermediario finanziario abbia fornito al risparmiatore informazioni erronee in merito alle qualità essenziali dell’oggetto della prestazione. In tal caso il risparmiatore avrà diritto alla restituzione delle somme corrisposte, anche a titolo di spese, in esecuzione del contratto». Per il Tribunale di Livorno «la violazione della normativa di settore, che pone a carico degli Istituti di credito dei precisi obblighi di informazione in merito alle caratteristiche del prodotto finanziario, comporta la risoluzione del contratto con conseguente diritto del risparmiatore al risarcimento del danno».

Entrambe le sentenze in epigrafe, seppur aventi ad oggetti prodotti finanziari diversi ‘4 You’ e ‘121 Soluzione futuro’ , affrontano una delle problematiche giuridiche di primo piano in materia di vendita e collocamento di prodotti finanziari al risparmiatore c.d. non istituzionale. Più in particolare, con le pronunzie de quibus vengono esaminati dal Tribunale di Massa e dal Tribunale di Livorno gli obblighi informativi e comportamentali gravanti sugli istituti di credito nonché le conseguenze della violazione degli stessi. Diligenza, correttezza e trasparenza l’informazione necessaria ed adeguata. La problematica principale emersa nel contenzioso instauratosi negli ultimi anni tra risparmiatori ed istituti di credito è, indubbiamente, quella concernente le asimmetrie informative tra le parti contraenti. L’intermediario, infatti, a differenza del risparmiatore, è il contraente in possesso di maggiori informazioni ed, in ogni caso, è colui che ha maggior possibilità di accesso alla conoscenza delle caratteristiche dei beni oggetto della trattativa. E’, quindi, necessario che l’investitore, già nella fase precontrattuale, sia reso edotto, in modo completo ed esaustivo, di tutte le informazioni concernenti la singola operazione negoziale in modo tale da poter, così, porre rimedio alla sua naturale posizione di debolezza negoziale dovuta alla carenza informativa. Al riguardo, un ruolo centrale è, indubbiamente, rivestito dall’articolo 21 d.lgs. numero 58 del 24 febbraio 1998 Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria - TUIF , in virtù del quale nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono «a comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati b acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati c svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati». Già da una semplice lettura della norma, si evince che il legislatore non ha specificato quali siano le informazioni da acquisire e da rendere, identificando generalmente le prime in quelle ‘necessarie’ e le seconde in quelle ‘adeguate’. Al di là di tali osservazioni, è indubbio che l’articolo 21 riprende il principio generale sotteso allo svolgimento di ogni attività giuridicamente rilevante, vale a dire quello di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, soprattutto nella fase informativa, intesa in senso ampio in modo tale, cioè, da poterle adoperare nei singoli casi di specie adattandoli al profilo del risparmiatore ed alle caratteristiche dell’investimento. Data, quindi, questa sua caratteristica di norma dal contenuto generale, l’articolo 21 deve essere letto in combinato disposto con le norme contenute nel regolamento Consob Intermediari, Libro III, parte II, titolo I, Capo I, numero 11522/98 il quale ha esplicitato i principi contenuti nel TUIF. Più in particolare, l’articolo 26 Reg. Consob prevede la c.d. know you merchandise rule, imponendo agli operatori di acquisire una conoscenza degli strumenti finanziari, dei servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi di investimento, propri o di terzi, da essi stessi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire. Importanza fondamentale riveste anche il successivo articolo 28, comma 1, che prevede la c.d. know your customer rule, per il quale gli intermediari e le banche hanno l’obbligo di consegnare all’investitore il documento informativo sui rischi generali e, prima della stipula del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell’inizio della prestazione di tali servizi e di quelli a questi collegati, devono chiedere al risparmiatore notizie sulla sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le stesse deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore. L’articolo 28, comma 3, del citato Regolamento Consob impone, poi, alle Banche di informare subito e per iscritto l’investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant , ma anche azioni e obbligazioni, da lui disposte abbiano subito una perdita, effettiva o potenziale, pari o superiore al 30%. In virtù dell’articolo 29 dello stesso Regolamento, infine, il quale prevede la c.d. suitability rule, le Banche e gli intermediari devono astenersi dall’effettuare operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensioni - con o per conto degli investitori – e devono tempestivamente informare l’investitore di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione cfr. articolo 29 Reg. Consob numero 11522/98 . Devono rilasciare, per gli ordini e le revoche dei medesimi ricevuti presso la sede o le dipendenze, un’attestazione cartacea contenente il nome dell’investitore, l’orario e la data di ricevimento dell’ordine nonché tutti gli elementi essenziali dello stesso e le eventuali istruzioni accessorie cfr. articolo 60 Reg. Consob11522/98 . Devono, altresì, trasmettere agli investitori, entro sette giorni lavorativi successivi, la nota informativa dell’operazione effettuata cfr. articolo 61 Reg. Consob numero 11522/98 . E, infine, prima di eseguire l’ordine per conto proprio, cioè movimentando il proprio portafoglio, le banche e gli intermediari sono tenute ad informare il cliente sulle condizioni di esecuzione, senza poter percepire alcuna commissione. Le conseguenze della violazione degli obblighi di informazione. Le sentenze in esame sebbene esaltino entrambe il ruolo fondamentale degli obblighi di informazione gravanti sull’intermediario nella tipologia contrattuale de qua, giungono a conclusioni differenti per quanto concerne le conseguenze della violazione riscontrata in entrambe le fattispecie di tali obblighi. Il Tribunale di Livorno ha, infatti, sancito la risoluzione del contratto con conseguente condanna al risarcimento danno in favore del risparmiatore, ponendosi, così, nel solco della giurisprudenza maggioritaria registratasi in materia. Il Tribunale di Massa, invece, ha ravvisato nel caso di ‘informazioni erronee’ una ipotesi di errore essenziale su una delle qualità dell’oggetto della prestazione, annullando, di conseguenza il contratto ai sensi dell’articolo 1429, numero 2, c.c. e condannando l’intermediario alla restituzione in favore del risparmiatore delle somme corrisposte, anche a titolo di spese, in esecuzione del negozio.

Tribunale di Livorno, sentenza 14 ottobre 2011 – 25 gennaio 2012, numero 949 Giudice dott. Roberto Urgese Fatto conveniva in giudizio la Banca chiedendo dichiararsi - la nullità ovvero l’annullamento del contratto denominato “4you” stipulato tra le parti in data 24.6.2001 per violazione degli articolo 21 d.lgs. 58/98, 26, 27, 28, 29, 32 reg. Consob 11522/98 e comunque ex articolo 1418 per contrasto con gli articolo 1669 bis, 1469 ter e1469 quater c.c., ovvero ai sensi degli articolo 1428, 1439, 1394 e 1395 c.c. per dolo e/o errore essenziale, oppure ai sensi dell’articolo 1322 c.c. per non essere il contratto meritevole di tutela per contrarietà a norme imperative c.c. in subordine - l’inefficacia della clausola penale di cui all’articolo 8 sez. II del predetto contratto e del pegno su fondo comune ex articolo 1469 bis III comma e 1469 quater c.c. con restituzione della somma maggiore pagata rispetto all’equo prezzo di mercato per l’obbligazione inserite nel piano, con sostituzione del tasso di interesse applicato al cliente con quello di legge. In ogni caso chiedeva la condanna della banca alla restituzione di quanto pagato pari ad euro 16.113,76, oltre al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale pari alla somma di euro 5.000,00 a quella ritenuta di giustizia. L’attore lamentava in particolare che il prodotto gli era stato presentato come strumenti di previdenza integrativa, con versamento di una piccola rata mensile quindici anni che al momento della stipula aveva sottoscritto una sola pagina ultima del contratto , con assicurazione che a breve gli sarebbe pervenuta tutta la documentazione che gli era stata assicurata la possibilità di sciogliersi in ogni momento dal contratto che successivamente apprendeva che il prodotto acquistato consisteva non già in un piano previdenziale, bensì nella concessione di un finanziamento finalizzato all’acquisto di titoli di pertinenza dello stesso gruppo MPS che l’obbligazione negoziata non sarebbe quotata su mercati regolamentari che per uscire dal piano finanziario si sarebbe dovuta pagare una consistente penale di estinzione non immediatamente comprensibile in quanto calibrata sulla differenziale tra il tasso di finanziamento e il tasso di attualizzazione. Si costituiva la banca convenuta contestando la domanda attrice e chiedendone il rigetto. Diritto Per ciò che attiene alla dedotta nullità del contato, si ritiene che non possa ravvisarsi tale vizio per contrarietà del contratto stesso a norme imperative, dato che tale vizio deve attendere ad elementi intrinseci del negozio che riguardano la struttura o il contenuto del medesimo v. Cass. numero 19042/2005 . Per ciò che attiene alla nullità della causa, infatti, non può escludersi a priori che il fine socio-economico sotteso all’accordo fosse rispondere ad interessi meritevoli di tutela, dato che il risulto dell’operazione possono apprezzarsi solo alla scadenza. Parimenti non può accogliersi la domanda di annullamento per vizi del consenso non potendosi dagli atti apprezzare a la prova della intenzionalità del comportamento della banca finalizzato all’induzione in errore della controparte ovvero che l’errore sia scaturito direttamente da una eventuale condotta truffaldina della banca. Si ritiene, viceversa, fondata la doglianza relativa alla violazione degli obblighi posti a carico dell’intermediario in punto informazione. Dagli atti risulta che il contratto è scritto in clausole stampate in modo fitto ed a caratteri piccoli, senza adeguata evidenziazione e che la stessa proposta in adesione risulta sottoscritta solo nell’ultima delle otto pagine da cui è composta e composta da clausole di oscura intelligibilità, alcune contenenti addirittura formule matematiche v. clausola numero 8 . La stessa intestazione della proposta di adesione al piano finanziario, poi, non consente di apprezzare immediatamente che nel piano è ricompresa l’accensione di un mutuo e la prima pagina del piano non è compilata nella parte relativa alla esperienza in materia di investimenti finanziari del cliente, come richiesto dalla legge articolo 23 TUF . La banca poi non ha fornito la prova di avere consegnato al cliente, prima della stipula ed in tempo congruo per un completo ed effettivo esame, il documento sui rischi generali. Per l’acquisto del fondo nessuna specifica ed esauriente informazione risulta fornita anche in relazione alla tipologia delle obbligazioni della Banca da acquistare. Dal complesso degli atti risulta, quindi, la violazione del dovere effettivo di informazione del cliente soprattutto in rapporto alla complessità dello strumento finanziario oggetto di contatto e la violazione anche delle prescrizioni formali di legge, quali l’evidenziazione anche grafica del conflitto di interessi, a mancata acquisizione di informazioni sulla propensione al rischio per la consegna in tempo congruo dei documenti sul rischio generale. Si ritiene, quindi evidente la violazione del dovere di informazione di cui all’articolo 21 d.lgs. numero 58/98 e 28 delibera Consob 11522/98. La violazione dell’obbligo di informazione costituisce sicuramente un grave inadempimento ai sensi degli articolo 1453 e 1455 c.c., per cui il contratto deve dichiararsi risolto, con obbligo di restituzione all’attore della somma investita, oltre accessori di legge. Per ciò che attiene al risarcimento del danno l’attore non ha offerto di provare un danno effettivo causato dalla condotta contrattuale della banca, in assenza di elementi per ritenere sussistente un lucro cessante ovvero un danno non patrimoniale conseguente. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. Definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da nei confronti di Banca Dichiara risolto il contratto denominato “4you” numero stipulato tra le parti in data 26.4.2001. Condanna la convenuta al pagamento in favore del’attore della somma di euro 16.113,76, oltre interessi legali rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dalla data della stipula al saldo. Condanna la convenuta a rimborsare all’attore le spese processuali, che liquida in euro 1.500,00 per onorari di avvocato, euro 800,00 per diritti di procuratore, euro 186,73 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA come per legge.

Tribunale di Massa, sentenza 29 settembre 2011 – 31 gennaio 2012, numero 576 Presidente Sgambati - Relatore Dragotto Motivi della decisione Nel presente giudizio gli attori, di professione lattonieri, hanno esposto di avere stipulato, nell’ottobre 2001, ciascuno un contratto avente ad oggetto un piano finanziario di tipo previdenziale con , cu era poi succeduto la convenuta. La stipula era avvenuta fuori sede a mezzo di un promotore finanziario di nome aveva prospettato loro la possibilità di in vestire una certa somma di denaro, mediante il pagamento di una modesta cifra mensile di lire 462.460, in modo tale da assicurare loro dopo un certo numero di ani un capitale da godere nella vecchiaia. Per circa due anni gli attori avevano pagato ciascuno le sue rate poi, allarmati dal clamore suscitato della vicenda a livello nazionale, avevano interrotto pagamenti e chiesto di poter recedere dal contratto, facoltà questa era stata loro concessa solo in caso di pagamento di una penale assai elevata, stabilita in modo incomprensibile dall’articolo 8 della Sezione II del contatto. Hanno agito quindi gli attori deducendo plurimi motivi di nullità e di annullamento per errore del contatto de quo essi infatti avrebbero creduto di firmare un piano previdenziale di accumulo e non di investire i loro soldi in operazioni rischiose e chiedendo quindi la pronuncia di invalidità dei contatti stipulati, con condanna della Banca alla restituzione delle somme già versate e al rimborso delle spese. La Banca convenuta si è costituita contestando in radice l sussistenza di motivi di nullità o annullamento dei contratti de quo, perfettamente validi ed efficaci, e chiedendo la reiezione delle domande attoree. La causa è stata istruita con l’escussione dell’unico teste ammesso dal collegio tra quelli indicato dagli attori, il promotore finanziario . Agli atti risultano depositati i tre contratti oggetto del giudizio. Si tratta di contratti identici stipulati mediante predisposti dalla Banca, ch gli attori o il promotore per essi hanno compilato a penna nelle parti in cui era previsto nominativo richiedente, importo oggetto della stipula, profilo di rischio dell’investitore, numero e importo rate etc. e firmato di loro pugno in calce. I contratti hanno ad oggetto un prodotto finanziario denominato “121 Soluzione Futuro” che, come altri prodotti del tutto simili ormai noti per l’enorme contenzioso giudiziario cui hanno dato luogo si pensi all’analogo prodotto 4You è strutturato in diverse operazioni che danno luogo a una fattispecie complessa. In sintesi, visto che si tratta di questioni ormai notissime nei Tribunale di tutta Italia, la pattuizione prevede l’erogazione di una somma a titolo di mutuo da parte della Banca al richiedente, l’impiego necessita dell’importo erogato per acquistare obbligazioni di una società estera tale la costituzione in pegno delle obbligazioni a favore della Banca per il caso di mancato pagamento delle rate del mutuo. E’ inoltre notorio e assolutamente pacifico fra le parti che la capacità della Banca estera di onorare le obbligazioni alla scadenza in questo caso l’investimento sarebbe perdurato per quindici anni sarebbe dipesa dalla capacità della Banca stessa di investire in modo proficuo trattandosi comunque di Banca di affari che avrebbe acquistato, con quanto incassato dalla vendita delle obbligazioni, delle quote di Fondi di investimento, aventi ad oggetto prodotti finanziari vari tra cui certamente anche azioni e altri titoli ad alto rischio. Tali informazioni si traggono, più che dal contratto de quo, da altri documenti che la Banca ha prodotto e che asserisce di avere consegnato agli attori, tra cui in particolare un Foglio informativo analitico che fornisce informazioni sull’attività della . Come si intuisce già da questi scarni elementi si tratta certamente non di un piano previdenziale di accumulo con garanzia di recupero almeno del capitale, ma di un investimento assai rischioso, con pericolo di gravi perdite a sfavore dell’investitore. Non a caso nel contratto alla Sezione I Norme Generali paragrafo 6 è imposto all’investitore di dichiarare di essere consapevole che “il rendimento effettivo del piano finanziario è strettamente correlato alle perfomance dei Fondi componenti il paniere al quale sono indicizzate le notes” obbligazioni , ed inoltre che “le operazioni eseguite su strumenti finanziari non regolamentati possono comportar gravi difficoltà di liquidazione le operazioni eseguite su strumenti finanziari derivati sono caratterizzate da rischiosità molto elevata con possibilità di perdite eccedenti l’esborso originariole operazioni di vendita allo scoperto di Strumenti finanziari a diffusione limitata possono presentare difficoltà di copertura e dare luogo ad oneri aggiuntivi”. Sempre non a caso appare compilato da ciascuno degli investitori il personale profilo di rischio doc.ti numero 4.5.6. prodotti dalla Banca , dove ciascuno dei tre lattonieri in questione dichiara di avere altissimi obiettivi di investimento – sia pure con una formula del tutto incomprensibile comunque posta sotto il numero 6 al termine della scala – una esperienza finanziaria approfondita ed alta propensione al rischio. Esaminando per ordine i molteplici profili di nullità dedotti dagli attori si osserva che alcuni non hanno alcun pregio e sembrano essere stati dedotti seguendo una formulazione standard dell’atto di citazione del tutto inapplicabile al caso che si occupa. In particolare i contratti non possono essere viziati per difetto di forma scritta in quanto la documentazione prodotta da entrambe le parti attesta al contrario che furono tutti stipulati per iscritto. Neppure sussiste, a differenza di quanto apoditticamente dichiarato a pag. 30 dell’atto di citazione la violazione della normativa di cui all’articolo 30 sull’offerta fuori sede ed invero al punto 2 pagina 2 parte alta del contratto, ultimo punto l’investitore dichiara di essere stato infirmato che ai sensi dell’articolo 30 comma 6 D.L.vo 58/98 l’efficacia di proposte contrattuali finanziarie fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione dell’investitore e che pertanto egli ha a disposizione sette giorni di tempo per comunicare il proprio recesso. Neppure sussiste violazione dell’articolo 27 regolamento Consob infatti sempre al punto 2 pagina 2 parte alta del contratto, penultimo punto l’investitore dichiara di essere stato infirmato che “gli ordini di acquisto delle notes si riferiscono ad operazioni nella quale Banca potrebbe essere considerata come avente un interesse in conflitto in quanto i titoli in questione sono negoziati in contropartita diretta con la Banca”. Si tratta di clausola che autorizza la Banca a compiere operazioni in conflitto di interesse e le descrive, appositamente inserita nel contratto con indicazione graficamente evidenziata, così come per l’appunto prescrive la norma di cui sopra. Privo di pregio è anche il richiamo agli articolo 1394 e 1395 c.c. sul conflitto di interessi nella rappresentanza. E’ chiaro infatti cha al contratto de quo si applica l’apposita normativa di settore prevista per i contratti finanziari e che nessuno spazio può trovare la disciplina codicistica in questione dettata per ben altri scopi. Ancora gli attori deducono la nullità per indeterminatezza dell’oggetto del contratto pag. 13 atto di citazione -. A seguito di tale tesi affermano apoditticamente che il contratto è talmente oscuro da non potersene neppure comprendere l’oggetto. La censura non appare fondata. Ed invero il tribunale ritiene che, come si evince anche dalla narrativa dello stesso atto di citazione in cui gli attori dimostrano di aver compreso appieno, sia pure a posteriori, quale è l’effettivo contenuto del contratto che, come sopradetto si struttura in tre operazioni ben definite, non si possa in alcun modo parlare di determinatezza del suo oggetto. Il Tribunale non ignora che talune sentenze di merito, pronunciate all’inizio del presente contenzioso, tra gli anni 2005 e 2006 hanno affermato che il contratto de quo viola il principio di trasparenza che è imposto agli intermediari finanziari nello svolgimento della loro attività, ma tali considerazioni si pongono su altro piano, quello della violazione degli obblighi che incombono sugli intermediari con le varie conseguenze che a tali comportamenti si possono attribuire nullità, risarcimento del danno, risoluzione per inadempimento del contatto stesso mentre nulla hanno a che vedere con la determinatezza del contenuto contrattuale. Quanto al profilo relativo al’adeguatezza dell’operazione finanziaria in questione è noto che essa deve essere valutata in relazione al profilo di rischio dell’investitore. A tal proposito gli attori hanno affermato di non avere mai dichiarato di avere altissimi obiettivi di investimento – sia pure con una formula del tutto incomprensibile comunque posta sotto il numero 6 al termine della scala – una esperienza finanziaria approfondita ed alta propensione al rischio come invece risulta dalla “Scheda per l’individuazione del profilo del cliente” prodotta dalla Banca per ciascun investitore, che affermano essere sostanzialmente falsa, senza specificare bene chi si sarebbe reso responsabile di tale falsità loro stesi? Il promotore finanziario? . Hanno aggiunto di essere soci di una società che svolge operazioni di lattoneria e di non avere esperienza di strumenti finanziari e una minima propensione al rischio. Infine di avere firmato il piano finanziario de quo nella certezza di effettuare un piano di accumulo senza nessun rischio di perdita quanto meno del capitale. Nessuno di loro tuttavia ha disconosciuto la firma apposta in calce alla propria scheda do individuazione del profilo di rischio, ne ha fornito, e neppure offerto di dare, prova del suo livello di istruzione o di altro indici da cui potesse desumersi la falsità della dichiarazione di propensione al rischio. La Banca ha affermato che le dichiarazioni erano state regolarmente compilate e firmate dagli investitori. Non essendovi alcun motivo concreto per dubitare di tale affermazione si assumono veritiere le dichiarazioni de quo e quindi adeguata l’operazione contenuta nel piano finanziario al profilo di rischio del cliente. Ancora gli attori hanno dedotto la vessatorietà complessiva del contratto e la vessatori età di singole clausole, ai sensi degli articolo 33 e ss. del D.L.vo numero 205/05 applicabile al caso di specie essendo gli attori certamente dei consumatori come dichiarato in contratto ed essendo le norme invocate certamente in vigore al momento della stipula dell’accordo anche se inserite nel codice civile agli articoli 1469 bis e ss. . Per gli stessi motivi per cui l’accordo sarebbe vessatorio hanno dedotto una nullità che discenderebbe dal trattarsi di un contratto aleatorio unilaterale. Quanto al proprio profilo non pare al Tribunale che il contratto sia vessatorio o unilateralmente aleatorio nel suo complesso, nel senso indicato dall’articolo 33 codice al consumo ammesso, ma appare difficile, che tale norma consenta di enucleare il concetto di vessatori età generale . Ed invero si tratta solo di un’operazione di investimento rischiosa, ma certamente non eccezionalmente rischiosa o rischiosa a tal punto di non essere meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico. In campo finanziario infatti esistono operazioni molto più rischiose di quella in oggetto e tuttavia ammesse dall’ordinamento. L’operazione non comporta solo rischi e obblighi per il consumatore, ma anche per la banca. Un’operazione di mutuo infatti è sempre rischiosa per chi concede l’erogazione del denaro sia pure in presenza di garanzie reali. Nel caso di specie poi la garanzia consiste negli stessi strumenti finanziari rischiosi che la Banca acquista in nome e per conto dell’investitore, sicché è chiaro che il rischio, in caso di utilizzo della garanzia, si trasferisce su di essa. La Banca effettua pur sempre un esborso anticipato anche se il consumatore non viene in possesso del denaro erogato che, come in ogni mutuo di scopo, viene direttamente impiegato per l’acquisto dei beni per cui il prestito è stato erogato. E’ vero che normalmente e cioè in caso di pagamento delle rate del finanziamento, la Banca lucra gli interessi dell’erogazione e non diventa titolare delle obbligazioni per cui non ne assume il rischio , ma ciò non è nulla di diverso di quanto accade in qualsiasi mutuo di scopo dove difficilmente l’erogatore del prestito assume qualche responsabilità in relazione alla bontà del bene acquistato. In sintesi è chiaro che il prodotto finanziario è stato ideato per consentire di investire in strumenti finanziari ad altro rischio, ma remunerativi, anche a chi non ha un capitale da investire e deve farselo prestare dalla Banca. Tutto ciò, in caso di trasparenza, adeguatezza, correttezza dell’operazione rende la pattuizione senz’altro meritevole di tutela. Quanto alla presenza di singole clausole vessatorie gli attori evidenziano che vessatoria sarebbe la clausola che prevede le condizioni del recesso anticipato previsto all’articolo 8 Sez. II del contratto. In effetti tale clausola viola ogni principio di trasparenza e comprensibilità e viola quindi l’articolo 35 comma I del Codice al consumo secondo cui tutte le clausole sottoposte al consumatore per iscritto devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile. I particolare risulta incomprensibile il rinvio, ad un’altrettanto incomprensibile formula matematica per stabilire la somma che deve essere pagata dal consumatore per recedere anticipatamente dal contratto. E’ chiaro che la clausola, così come è formulata non mette il consumatore in grado di comprendere quali conseguenze deriveranno dal suo recesso anticipato, e come tale è nulla e inefficace. Da essa tuttavia non può farsi discendere la nullità dell’intero contratto in quanto l’articolo 36 del codice del consumo recita espressamente che “le clausole vessatorie sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto”. Ne consegue che, non avendo gli attori avanzato domanda di accertamento della legittimità del loro recesso, ma solo di nullità o annullamento dell’intero contratto, la nullità della clausola di cui all’articolo 8 Sez. II del contratto è priva di interesse ai fini che qui interessano. Da ultimo occorre esaminare la causa di nullità su cui più diffusamente si sofferma l’atto di citazione e cioè la carenza di trasparenza e correttezza nelle informazioni fornite dalla Banca agli investitori in relazione al prodotto finanziario oggetto del contratto, in violazione dell’articolo 21 D.L.vo 58/98 e dell’articolo 28 del Regolamento Consob. Si è già detto che gli attori assumono di essere stati contattai da un promotore finanziario di nome che aveva prospettato la possibilità di investire una certa somma di denaro, mediante il pagamento di una modesta cifra mensile si lire 462.406, in modo tale da assicurare loro dopo un certo numero di anni un capitale da godere nella vecchiaia. L’operazione presentata sembrava avere carattere previdenziale,come si evinceva anche dal nome del prodotto finanziario proposto denominato “121 Soluzione Futuro” in ogni caso era stato loro assicurato che non vi era alcun rischio di perdita del capitale investito. Tutte caratteristiche dell’investimento poi rivelatesi inesistenti. La banca dal suo canto ritiene che, come risulta dalla documentazione consegnata ai clienti e da loro regolarmente sottoscritta, le informazioni sul prodotto finanziario venduto siano state corrette ed esaurienti che quindi i clienti, che non sono degli stupidi e neppure degli analfabeti e conoscono la lingua italiana, sono stati messi in grado di comprendere esattamente quanto andavano ad acquistare, compreso il rischio che assumevano. In effetti, come già sopra rilevato, il testo scritto del contatto è abbastanza chiaro nel mettere sull’avviso gli investitori circa il livello di rischio assunto vedi Sezione I Norme generali paragrafo 6 sopra riportato . Va però precisato da un lato che informazioni così rilevanti sono letteralmente sepolte in una congerie di norme affastellate in carattere piccolo in ben nove pagine di contratto senza che ad esso venga dato alcun particolare rilievo tranne la stampa in grassetto per una parte limitata di esse e comunque modalità utilizzate anche per mote altre clausole e informazioni, così da non evidenziarsi in alcun modo sicché è possibile ed anzi probabile che gli investitori non ne abbiano avuto effettiva conoscenza. Dall’altro che – anche qualora tale conoscenza, vista la sottoscrizione del contratto, debba darsi per assodata – è risultato chiaro a seguito dell’assunzione della testimonianza del promotore finanziario che sono state date altre informazioni incompatibili con quanto riportato nel testo scritto, certamente idonee, nella migliore delle ipotesi, a creare confusione nel consumatore medio. In realtà è notorio che le informazioni date al consumatore da un operatore fisicamente presente assumono importanza molto maggiore di quelle contenute nel testo scritto del contratto. Giustamente, stante l’obbligo di corretta informazione che grava sul professionista, il consumatore è portato a fidarsi del suo interlocutore, e a ritenere che nel contratto siano riportate le stesse informazioni. Nulla di tutto ciò è accaduto nel caso di specie ove , sentito come teste, ha candidamente affermato per ben due volte di avere garantito agli attori che “gli strumenti finanziari acquistati dalla Banca per conto del cliente avrebbero garantito a quest’ultimo la restituzione dl capitale più gli interessi, alla scadenza del piano” capitolo 2 Sul capitolo 4 ha affermato di avere riferito agli attori che non vi era alcun rischio di perdere il capitale versato se si giungeva alla scadenza del piano, con il pagamento di tutte le rate del mutuo. Infine sul capitolo 6 ha ammesso di non avere neppure informato gli investitori delle norme e delle caratteristiche delle obbligazioni che la Banca avrebbe acquistato per loro conto. Non è chi non veda come le informazioni fornite dal promotore finanziario agli attori fossero insufficienti e no corrisponde sere alla realtà dei fatti e come è altamente probabile ed anzi certo che proprio sulla base di tali false affermazioni gli attori siano stati indotti a firmare il contratto in questione. In conclusione la Banca, che risponde oggettivamente dell’operato del promotore, può senza dubbio ritenersi inadempiente al suo obbligo di fornire al cliente informazioni trasparenti e veritiere avendo al contrario e nella miglio delle ipotesi fornito informazioni insufficienti e contraddittorie, idonee a trarre in inganno il consumatore e certamente inidonee a chiarirgli che cosa andava acquistando. La difesa degli attori fa discendere dalla violazione dell’obbligo di informazione la nullità del contrato in questione. Non avanza alcuna domanda di risoluzione del medesimo e/o di risarcimento del danno. La domanda proposta di nullità è tuttavia inaccoglibile perché come ha chiarito una volta per tutte la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con l’ormai famosa sentenza numero 2672/07, “la violazione dei doveri di informazione del cliente omissis può dare luogo a responsabilità contrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione può poi dar luogo a responsabilità contrattuale ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento e disinvestimento compiute in esecuzione del contratto di intermediazione finanziaria. In nessun caso in difetto di previsione normativa in tal senso la violazione dei su accennati divieti di comportamento può però determinare la nullità del contratto di intermediazione o dai singoli atti negoziali conseguenti a norma dell’articolo 141 comma 1 c.c.” contrarietà a norme imperative di legge . Come noto la Sentenza in questione si appoggia alla classica distinzione fra norme di comportamento dei contraenti e norme di validità del contratto, sostenendo che le prime riguardando la fase precontrattuale o di ed esecuzione del contratto non possono riguardare l’invalidità dello stesso, determinata invece dalle norme che ineriscono sulla struttura, alla causa o al contenuto del regolamento negoziale delineato dalle parti. Gli attori avrebbero pertanto dovuto formulare domanda i risarcimento del danno per violazione della buona fede precontrattuale, domanda non proposta e quindi non esaminabile. L’ultima domanda proposta dagli attori in via subordinata che a questo punto, vista la reiezione della domanda di nullità, deve essere presa in esame, è la domanda di annullamento del contratto per errore. Gli attori sarebbero stati indotti in errore dal comportamento ingannevole sopra descritto del promotore finanziario e dallo stesso confermato in sede di deposizione testimoniale, oltre che a causa dell’uso scorretto e dolosamente preordinato ad ingannare il consumatore di parole come “piano finanziario” molto simile al prodotto previdenziale detto “piano di accumulo”, e del nome dl prodotto “Soluzione Futuro” che egualmente induce a pensare ad un prodotto previdenziale. La domanda appare fondata e deve essere accolta. Si tratta infatti di errore essenziale e riconoscibile. L’errore è essenziale ai sensi dell’articolo 1429 numero 2 c.c. perché cade on tanto sull’oggetto della prestazione ma senz’altro su una qualità essenziale della stessa che secondo il comune apprezzamento deve ritenersi determinante del consenso. E’ chiaro infatti che gli attori, a seguito delle informazioni erronee ricevute credevano di acquistare un prodotto finanziario a bassissimo rischio mentre ne acquistavano uno ad alto rischio, e che non avrebbero firmato il contratto se avessero saputo cosa realmente andavano ad acquistare. Il che si desume dall’insistenza con cui il promotore dovette mettere in chiaro che non vi era alcun pericolo di perdita del capitale, rassicurazione questa che senza dubbio gli attori richiesero più volte al promotore. L’errore era altresì certamente riconoscibile da Banca , ovviamente sempre a mezzo del suo promotore finanziario. Data la posizione professionale di quest’ultimo non può infatti certo ritenersi che non sapesse quali fossero le effettive caratteristiche del prodotto che stava vendendo e che non potesse accorgersi, viste le informazioni che dava, che i clienti credevano invece di acquistare ben altro. Deve quindi e in conclusione pronunciarsi l’annullamento per errore del contratto de quo e accogliersi di conseguenza la domanda di restituzione delle somme versate dai clienti contratto 25 rate da euro 238,86 ciascuna in esecuzione del contratto invalido. La Banca potrà invece trattenere gli strumenti finanziari eventualmente comprati in nome e per conto degli attori. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunciando, nella causa civile in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e difesa rigettata così decide Annulla i contratti di intermediazione finanziaria intervenuti fra ciascuno degli attori e la Banca convenuta e per l’effetto condanna s.p.a. a restituire agli attori le somme da loro pagate in esecuzione del contratto anche a titolo di spese, oltre interessi legali dalle date dei singoli pagamenti al saldo. Condanna s.p.a. a rifondere agli attori le spese processuali che liquida in complessivi euro di cui euro per spese euro per diritti e euro per onorari, oltre al 12,5% su diritti e onorari per spese generali e oltre Iva se dovuta e Cpa come per legge.